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Autore: Astry_1971    19/03/2006    4 recensioni
Impietosamente le parole di Potter lo riportarono indietro, sentì la sua voce mentre pronunciava l’Avada Kedavra e vide il raggio verde scaturire dalla sua bacchetta con una potenza spropositata strappando via la vita del vecchio mago. In quel momento anche quello che restava della sua anima moriva con lui.
Seguito di “Traditore”; Piton sopravvissuto allo scontro con Voldemort decide di affrontare il processo per l’omicidio di Silente. Riuscirà ad evitare il bacio del Dissennatore? Gli avvenimenti narrati si svolgono dopo la caduta di Voldemort, ma prescindono dal settimo libro, ancora inedito quando questa storia è stata scritta.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Minerva McGranitt, Remus Lupin, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Ciao chiara T questo capitolo chiarirà la posizione di alcune persone, Draco per esempio, ma per soddisfare pienamente la tua curiosità temo che dovrai soffrire fino alla fine della ff.
Ciao mavi sono contenta che tu abbia deciso di commentare, è sempre un piacere sapere cosa pensano gli altri. Non preoccuparti se non hai recensito prima, l’hai fatto ora e va benissimo lo stesso, ne sono felicissima. Riguardo alla tua domanda, come ho gia detto a Chiara, la risposta la saprai solo alla fine, in realtà questa ff è aperta a varie soluzioni, Piton potrebbe restare in prigione, potrebbe essere dissennato, potrebbe… be’ lo vedrai. Io so come va a finire perché il finale l’ho già scritto, ma la decisione l’ho presa solo alla fine e sarò muta come un pesce fino all’ultimo capitolo.;-)

Buona lettura!


CAP. 2: Rabbia e dolore

Mentre la folla si accalcava verso l’uscita, Hermione costrinse il suo amico verso un angolo del corridoio.
“Ti senti bene, Harry?”
Il ragazzo aveva un’aria stanca, la guardò, ma non disse niente. In realtà non sapeva cosa dire, non sapeva come si sentiva.
Avrebbe dovuto sentirsi felice per la sentenza? Non lo era: niente avrebbe potuto riportare in vita i morti, Piton non avrebbe pagato mai abbastanza.
D’un tratto si sentì afferrare per un braccio e sbattere contro la parete, Draco Malfoy era di fronte a lui, livido in volto.
Lo fissava con odio e, ignorando completamente Hermione, gli rivolse la parola con la voce soffocata dalla rabbia.
“Ti diverti, Potter? Ti diverte giocare con la vita delle persone, non è vero?”
Harry fece per afferrare la bacchetta, ma si ricordò di averla dovuta consegnare all’ingresso.
“Lasciami in pace, Malfoy.”
“Lasciarti in pace? Credi davvero di poter vivere in pace con la vita di un uomo sulla coscienza?” disse Draco, scoppiando in una risata forzata.
“Di un assassino vorrai dire, io non vado in giro ad uccidere la gente col volto coperto da una maschera.” rispose aspro Harry.
“No, Potter tu lo fai dal banco di un tribunale.” ringhiò il ragazzo biondo, prendendolo per il colletto della camicia.
“Draco smettila, sei sconvolto.” Hermione lo aveva afferrato per un braccio e cercava di separare i due giovani.
“Nessuno ha chiesto il tuo parere, Mezzosangue!” urlò con disprezzo, allontanandola con uno spintone poi, rivolto nuovamente a Potter: “Ora, voglio sapere un’altra cosa, voglio sapere perché non hai fatto il mio nome? Perché non gli hai detto che c’ero anch’io sulla torre quella notte?”
“Ora basta!” Harry lo spinse con forza facendogli perdere l’equilibrio, ma non riuscì a fare pochi passi che Draco lo afferrò nuovamente per il colletto.
“Non sei tanto svelto senza la tua bacchetta, vero Potter?” lo schernì. “Non hai ancora risposto alla mia domanda: perché non hai fatto il mio nome?” Continuò, scandendo ogni sillaba.
“E va bene! Ho sentito quello che hai detto a Silente, insomma, il discorso su tua madre e Voldemort che aveva minacciato la tua famiglia.”
Questa risposta sembrò irritare ulteriormente Draco. Le sue mani presero a stringere nervosamente il colletto della camicia dell’altro, che, inutilmente, provò a fargli mollare la presa.
“Non voglio la tua pietà.” Soffiò a pochi centimetri da viso di Harry.
“Lascialo, non sai quello che dici.” Hermione aveva aggiunto le sue mani a quelle di Harry e, come lui, cercava di strappare alla stretta di Draco la camicia dell’amico, ormai ridotta ad uno cencio spiegazzato.
“Smettila! Andiamo, lascialo!”
Con un gesto di stizza, Draco mollò il colletto di Harry, ma non distolse lo sguardo dal viso dell’altro.
I due giovani maghi rimasero a fissarsi per diverso tempo, nessuno dei due voleva cedere e abbassare lo sguardo, ma furono i nervi di Draco a cedere per primi.
“Ti odio!” mormorò fra i denti, mentre i suoi occhi stavano diventando lucidi.
Si voltò di scatto: Potter non lo avrebbe visto piangere per la seconda volta. L’ultima cosa che voleva era mostrarsi debole di fronte alla Granger e, soprattutto, di fronte a Harry Potter.
Ormai stava per esplodere: i suoi genitori erano ad Azkaban, sua zia Bellatrix era morta nell’ultima battaglia e ora Piton.
Il giovane mago si rese improvvisamente conto di essere rimasto solo.
Si era messo contro suo padre, contro Voldemort, aveva rischiato la vita per la sua scelta, ma aveva avuto sempre il sostegno del suo professore. Adesso Potter gli stava portando via anche quello. Sapeva che non c’era speranza, ma aveva bisogno di sfogare la sua rabbia, aveva bisogno di reagire in qualche modo, avrebbe urlato, se fosse servito, si sarebbe aggrappato al suo insegnante pur di impedire a quegli esseri immondi di rubare la sua anima.
Intanto le lacrime, ormai incontrollabili, cominciarono a scivolare sulle sue guance pallide.
Fece ancora un ultimo tentativo di rendere ferma la sua voce.
“Tu non sai niente di me, Potter, e non sai niente di Severus Piton.” disse senza voltarsi e poi si allontanò velocemente.


* * *



“Ventiquattro ore, ventiquattro interminabili ore.” pensò, mentre aspettava di vedere dalla minuscola grata della sua cella il primo raggio di sole che avrebbe annunciato il suo ultimo giorno. Ventiquattro ore, era quello il tempo che gli era stato concesso dal giudice.
Sospirò: per quale stupido motivo le sentenze non venivano eseguite immediatamente?
Quanto tempo era passato dal processo? Forse dieci ore? Forse meno?
Fuori era ancora buio. Se solo avesse potuto, avrebbe chiesto al sole di sorgere più in fretta.
Prese a torcersi nervosamente le mani, quando un rumore di chiavi e di passi lo distolse dai suoi pensieri.
Allorché la porta della sua cella si aprì, non si voltò per vedere chi fosse. Data la sua abilità di legilimante, infatti, riconobbe immediatamente quel torrente in piena che erano le emozioni di odio di Harry Potter. Lo assalirono quasi fossero corporee.
Il mago continuò a fissare lo sguardo sulla inferriata, anche quando il ragazzo gli rivolse la parola con voce carica di disprezzo.
“Volevo vederla, volevo vedere per l’ultima volta la sua faccia, per potermela ricordare, quando non sarà che un guscio vuoto.” disse, poi, avvicinandosi di più:
“Il bacio in fondo è una fine fin troppo pietosa per lei, ma mi accontenterò… come disse al mio padrino? Ah sì! Dicono che sia quasi insopportabile da vedere… ma io farò del mio meglio!”
Pose l’accento su quest’ultima frase quasi a voler imitare la voce del suo odiato professore, ma Severus non si voltò finchè la mano di Harry lo afferrò per un braccio e lo costrinse a girarsi e guardarlo in faccia.
“Assassino maledetto!” gridò. “Perché, perché?”
In quel momento Severus si accorse che un'altra persona si trovava in quella cella con Potter.
Il mago alzò lo sguardo oltre la testa del ragazzo e riconobbe, appoggiata alle sbarre, un’insolita Hermione.
Cosa ci faceva lì la Granger? I Grifondoro si erano forse dati appuntamento nella sua cella per una festa di addio? Pensò con crescente disgusto.
Scansò rozzamente Potter e si diresse verso di lei.
“Un bello spettacolo vero Granger?” sibilò. Tuttavia, senza il suo mantello nero, non sembrava più tanto spaventoso e Hermione si sorprese a contemplarlo come se non fosse reale, lo guardava come avrebbe guardato il molliccio di Neville.
Improvvisamente tutta la crudele realtà di quella situazione le balenò davanti agli occhi, il viso del suo ex professore era lì, a pochi centimetri dal suo, e lo riconobbe per quello che era: l’uomo più severo, freddo e intrattabile che avesse mai incontrato, ma anche un uomo disperato.
Nel frattempo, Potter si era precipitato verso l’uscita della cella, richiamando l’attenzione del mago di guardia, perché lo tirasse fuori di lì al più presto.
Ad un cenno di Hermione di voler restare ancora, fece un gesto di stizza e s’infilò attraverso la porta aperta.


* * *



L’uomo di guardia richiuse la cella alle spalle di Harry e, mentre lo accompagnava fuori, urlò rivolto alla Granger.
“Non più di cinque minuti, signorina!”
Piton era ancora a pochi centimetri da lei, ma sembrava che la rabbia avesse ceduto il posto alla rassegnazione.
“Cosa vuole da me, Granger?” disse con voce atona.
“Anche lei è qui per pregustare lo spettacolo?”
Il mago si diresse curvo verso il muro e appoggiò le mani e la fronte alla parete umida.
Hermione sembrò riprendersi da uno stato di trance e poi…
“La professoressa McGranitt mi ha pregata di fargliela avere.” esclamò, tutto d’un fiato, come se volesse al più presto togliersi un peso dallo stomaco, mentre mostrava al mago l’ampolla che stringeva in mano.
A quelle parole Piton ebbe un sussulto, si girò di scatto verso la Grifondoro e allungò una mano tremante verso la boccetta, esitando, come chi ha paura di afferrare un sogno perché quest’ultimo non svanisca tra le dita.
“Dammela!” mormorò, come se la voce gli si fosse fermata in gola.
“Ti prego…dammela!”
Gli occhi del mago erano due tizzoni ardenti.
Istintivamente Hermione si tirò indietro, ma lui fu più veloce e afferrò l’oggetto che agognava, strappandoglielo dalle mani.
“So cosa pensa di fare.” Disse la ragazza, aspettandosi una reazione che, però non arrivò.
Piton si era allontanato da lei e ora stava cercando di valutare la qualità del liquido contenuto nell’ampolla alla fioca luce proveniente da una candela.
Hermione non fu comunque scoraggiata da quel comportamento: era abituata ad essere ignorata da Piton.
“Forse… Forse c’è un altro modo.” continuò, ma lui non la degnò di uno sguardo.
“Mi ha sentito? Non può volere che finisca così.” gridò.
A quel punto il mago si voltò lentamente scrutando la sua interlocutrice con aria di sfida.
“Ho forse una scelta, Granger?” ruggì.
Poi, avvicinandosi fino a sovrastare la minuta Grifondoro con tutta la sua imponenza, continuò con un tono di falsa cortesia.
“Ora… sarebbe una vera gentilezza da parte sua non importunarmi ulteriormente.”
Hermione lo fissò ancora per qualche istante, dopo di che, apparentemente rassegnata, si voltò e fece un cenno alla guardia perché le aprisse la porta della cella. Fece qualche passo, ma si bloccò di nuovo e, senza voltarsi, ribadì:
“C’è un altro modo… ma sta a lei decidere.”
La porta della cella si richiuse dietro di lei.


Continua…


E dueeee! Be’, vi state preoccupando? Fate bene. Intanto io vi do appuntamento al prossimo capitolo dal titolo “Inseguendo la verità”, nel frattempo mi raccomando recensiteeee!
Ciao a presto!




  
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