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Autore: fleurboheme    19/07/2011    0 recensioni
Alyssa e Ethan si conoscono fin da piccoli e sono ottimi amici. Le situazioni che si presenteranno li faranno avvicinare sempre di più. Elisia incomincia ad insospettirsi quando non riceve più notizie da parte di suo padre, il quale svolgendo la professione di archeologo, è all’estero, e cerca in tutti i modi di mettersi in contatto con lui, aiutata da Ethan, che intanto inizia a provare qualcosa per Alyssa. Ethan è sempre più convinto dei forti sentimenti che prova per la ragazza, ma proprio quando decide di dichiarasi entra in scena un misterioso ed affascinante ragazzo, Cedric, del quale Alyssa ne è subito attratta. Nel frattempo accadono cose strane nella cittadina di Hidden Hills: morti inspiegabili, corpi dissanguati, attacchi di animali. A causa di alcuni casuali avvenimenti Alyssa scopre che Cedric è un vampiro e collega la sua natura agli strani incidenti e per questo si allontana bruscamente e rompe tutti i rapporti con lui...
Non voglio dirvi altro! Scoprirete tutto da soli ;)!
Genere: Horror, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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RITORNO A HIDDEN HILLS

 
 
 
 
 
  Aveva appena buttato giù il quinto bicchiere di whiskey, quando fu tentato da chiederne un sesto. Lo sbatté con forza sul bancone e subito una donna sensuale gli si piombò dinanzi con una bottiglia di Jack Daniels in mano, pronta a versarglielo.
«No. Per oggi basta così, altrimenti chi la vuole sentire mia moglie!», disse seccato, scostando il bicchiere.
  La giovane donna sorrise e ansimò amichevolmente come se quella fosse l’ennesima volta che lui faceva visita al locale per affogare i suoi dispiaceri coniugali o chissà quali altri problemi che lo spingevano a comportasi in quel modo. O forse era soltanto il solito marito disperato, insoddisfatto della propria vita matrimoniale, attratto dalle belle donne e pronto a rimorchiare qualsiasi cosa si muova, abbia due gambe ed un bel davanzale! D'altronde chi poteva biasimarlo? La barista era davvero una bella donna. Tutti gli uomini che frequentavano quel bar ne erano ammaliati, probabilmente per la folta chioma rossa che sfoggiava soddisfatta alla clientela. Che dire: astuta mossa! Dopotutto le mance erano anche alte.
«Come vuoi John.», rispose la donna ridacchiando.
  L’uomo si alzò di scatto dallo sgabello e barcollante si allontanò verso l’uscita. Percorse l’intera sudicia sala vuota e prima di andarsene dal locale, accennò il suo solito saluto fugace e con un “ci si vede” si congedò.
  Di notte le strade di Hidden Hills erano sempre deserte. Nessuna anima viva. Solo il misero John reduce da una sbornia, fermo, lì, sul ciglio della strada. La gelida notte taciturna di Dicembre faceva sentire la sua presenza: il freddo penetrava nelle ossa e raggelava le vene, impedendo di respirare liberamente. Inerme, rabbrividì e con passi spediti ed incalzanti attraversò la strada e si prestò verso l’auto posteggiata nel piazzale antistante il bar.
  D’improvviso un sordo tonfo in lontananza. John sobbalzò e si voltò di scatto.
«Chi c’è?», urlò; e subito si ritornò immersi nel silenzio che avvolgeva le tremanti membra.
  Rapidamente affondò le mani sudate ed impacciate nelle tasche per recuperare le chiavi. Aprì la portiera e nelle vicinanze un altro tonfo spezzò la quiete. Sussultò. «Chi c’è?», ribadì con voce tremolante. Il viso si impallidì.
  Poi un susseguirsi di tonfi, sempre più vicini. Il cuore incominciò a battere pressante e all’impazzata, a tal punto che il corpo quasi non avvertiva più l’aria gelida che la sera nutriva.
  Successivamente si udì un tenue fruscio di fronde provenire dal fondo del vicolo. Lentamente John si allontanò dall’auto e si approssimò a passi felpati verso i cespugli, addentrandosi nella buia foschia che impregnava il luogo. «Allora? Chi c’è?», insisté. Il panico si innalzò e lo si percepiva fortemente dal tono assillante della voce. Altri sfruscii. Poi sbucò dal nulla: un gatto, che infastidito si gonfiò drizzando il pelo, sentendosi quasi minacciato.
«Stupido gatto!», sbraitò, con il cuore in gola.
  Irritato, l’uomo montò in macchina e sospirò pesantemente. Per un attimo gli sembrò che il suo cuore si fosse fermato, solo per una frazione di secondo. Scuotendo la testa rassegnato, fu sul punto di partire, quando intravide scorgere da lontano una sagoma nera avvicinarsi a rilento.
«Ma che diavolo..?»
Poi un tonfo assordante sul parabrezza, un tappeto di detriti e vetri schiantati, fiumi di sangue che straripavano, ed infine urla mozzate di dolore che, riecheggiando nell’aria stantia, salutavano la notte.

*

  Il sole aveva quasi abbandonato le alture di Hidden Hills e si preparava a nascondersi silenziosamente tra i colli, che a loro volta scherzavano con lui e si divertivano a stare al suo gioco. I dolci raggi filtravano intimamente tra curiosi alberi che si affacciavano con discrezione e con delicatezza sul viale vestito di ciottoli. Accarezzati dalle ruote dell’auto, i sassi scricchiolavano gradevolmente ed insieme alla leggera brezza, che allietava gli animi dei passanti,  davano vita ad un’amabile melodia.
  Il viaggio per Crescent Lake era stato lungo e stressante, ma almeno ne era valsa la pena. Ritornare nei luoghi d’infanzia aveva fatto riaffiorare ad Alyssa tutti gli incantevoli ricordi che aveva di quel posto; ad esempio le giornate estive trascorse al lago o tra i boschi con i suoi cugini, Alan e Dean. Erano gemelli monozigoti, anche se del tutto diversi caratterialmente: Alan, introverso, timido, taciturno, se ne stava sulle sue, anche se spesso, proprio per questo suo aspetto, veniva preso di mira dai ragazzini più scontrosi del paese; Dean, invece, disinvolto, temerario, coraggioso, prendeva sempre le difese del fratello. A volte, però, capitava che Dean derideva Alan, con la differenza che la sua motivazione era del tutto innocente. Rammentò quella volta in cui Alyssa e Dean abbandonarono Alan, a sua insaputa, nel bosco da solo e lasciarono che stesse tutto il giorno a cercarli per mari e monti, dovunque, anche nei posti più impensabili.
  E come poter dimenticare la sua prima cotta? Si chiamava Emir, un bambino turco di 10 anni. E lei, che ne aveva appena 7, se ne invaghì totalmente. Era, tuttora, impressa nitida nella mente la sua figura: carnagione mulatta, occhi grandi e scuri, e quei suoi riccioletti neri, con i quali riusciva a conquistare tutti. Insomma, era difficile che passasse inosservato. Poi d’un tratto tutto svanì: la famiglia di Emir si trasferì e da allora non l’ha più rivisto, così come non seppe se ricambiasse i suoi sentimenti. Non aveva mai raccontato a nessuno del suo piccolo grande amore idilliaco. Forse per l’imbarazzo che avrebbe provato qualora l’avesse confessato a qualcuno, o forse per paura che potesse venir derisa per la sua ingenuità ed innocenza. Comunque sia, le resta un delizioso ricordo, tra tutti gli altri che porta sempre con sé di quel luogo, e che mantiene stretto nel cuore.   
  «Buongiorno bella addormentata!», commentò Ethan sorridendo.
«Ehi..» Alyssa si strofinò gli occhi lacrimanti e sbadigliò fragorosamente. Notò che i suoi occhi avevano un colore diverso dal solito, forse dovuto alla luce penetrante del sole. Erano di un verde cristallino, che andavano sfumando piacevolmente verso un tenue ambrato e che si intonavano perfettamente con i corti e arruffati capelli biondo scuro-cenere.
«Che ore sono?», domandò ancora assonnata.
«Credo le sette e qualcosa. Ci vorrà ancora un po’ di tempo.» La osservò dolcemente. «Dormi ancora. Quando arriviamo ti sveglio io.»
«No, basta. Non mi va più.» Alyssa si ricompose sul sedile e si stiracchiò delicatamente. «Comunque grazie ancora per il passaggio. Non avrei saputo come fare senza di te.»
«Alyssa figurati! Per me è un piacere. E poi lo so che non puoi vivere senza di me!», dichiarò Ethan con aria da playboy.
«Non c’è niente da fare.. Più si va avanti con il tempo.. E più diventi stupido!», gli sussurrò divertita. Rivolse lo sguardo fuori dal finestrino e constatò che era ancora lunga la strada da percorrere.
  La Maserati sfrecciava veloce ed il vento accarezza i lunghi capelli biondi di Alyssa come una mano materna; si scompigliavano e ciò li rendeva ancora più mossi di quanto già non fossero. Ovunque cadesse l’occhio, di quel preciso luogo lei ne aveva un felice ricordo. Una serie di flashback veloci le passavano davanti agli occhi luminosi e lucidi, animati da una gioia immensa. Riviveva quegli attimi con nostalgia e pensava a cosa le avrebbe riservato il mondo, qualora avesse passato un’infanzia diversa, magari con un padre che ne abbia fatto parte. Si, perché non ha nemmeno un misero ricordo di suo padre risalente ai periodi trascorsi a Crescent Lake. La professione di archeologo lo portavano ad allontanarsi per lunghi periodi dalla famiglia;  non che lui lo desiderasse, ma doveva farlo. Così, le sue conversazioni si limitavano a “Alyssa devo partire per lavoro” e a “Ti accompagno a Crescent Lake dalle zie”. Per Alyssa era sempre stata Sadie la sua unica famiglia. Non erano solamente sorelle, ma soprattutto migliori amiche: si confidavano, uscivano, si divertivano insieme. Probabilmente Alyssa vedeva in lei la madre che non ha mai avuto e non ha mai conosciuto. Morì subito dopo averla messa al mondo e proprio per questo non riusciva a sopportare l’idea di aver potuto provocare una tale disgrazia. Alyssa domandava spesso a Sadie della madre: cosa amasse della vita, quali fossero stati i suoi interessi o per quale motivo fosse morta. Ma quando cercava di avere risposte più dettagliate riguardo la sua morte, Sadie cercava sempre di sorvolare e di sviare l’argomento: parlarne era quasi un tabù. Non poteva rivolgersi nemmeno al padre, soprattutto perché non aveva il tempo di aprir bocca, che lui già si era messo in cammino e si era catapultato in chissà quale altra arcaica epoca. Da tempo si chiedeva quando sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe destato interesse per la vita di sua figlia, o almeno per la sua infanzia; ne era certa che prima o poi sarebbe giunto, d'altronde si trattava pur sempre di passato!
«Ehi, riprenditi!», ridacchiò Ethan scrollandola. «Dai, su col morale! Che tra poco ritorniamo alle nostre umili dimore!»
Alyssa lo scrutò perplessa.
«Definisci umile la tua casa? Avere una gigantesca villa, con giardino, piscina e idromassaggio?»
«Ma questi sono solo semplici dettagli!»
«E li chiami dettagli?», insistette Alyssa strattonandolo scherzosamente. «Scusami ma non vedo niente di umile in questo.»
Ethan rise a fior di labbra. Subito ripiombò il silenzio e notò che Alyssa si eclissò nuovamente.
«Alyssa, tutto bene?», domandò preoccupato.
«Si si, tutto ok. Stavo solo un po’sovrappensiero.»
«E’ per tuo padre, vero?»
«Si.. Chissà cosa starà facendo in questo momento. Non si preoccupa nemmeno di degnarmi di una stupida telefonata. Capisco che è indaffarato, è solo che..»
«Alyssa, non preoccuparti.», la interruppe Ethan, «Vedrai che appena gli sarà possibile chiamerà.»
«Speriamo quanto prima.»
  Non si resero conto delle lunghe ore trascorse in auto e non risentirono nemmeno la stanchezza del viaggio, quando arrivarono alla piccola cittadina di Hidden Hills. Erano trascorsi sei mesi da quando Alyssa non metteva più piede lì e l’unico cambiamento che notò era che la signora Bennet aveva finalmente deciso di divorziare dal suo squilibrato marito. Il loro era stato il tipico matrimonio da favola, quello che tutte le ragazze desiderano avere. Poi si tramutò in incubo: la vita matrimoniale era stata del tutto disastrosa. Con un marito geloso anche della sua ombra non ci si poteva aspettare granché. Insomma, per farla breve, trascorrevano intere giornate tra urla e piatti rotti. E adesso che la signora Bennet si era finalmente liberata di lui, anche i vicini potevano dormire sonni tranquilli.
  Parcheggiarono lungo il vialetto fuori casa di Alyssa e si incamminarono verso l’atrio. Era la tipica casetta in stile vittoriano, molto ospitale e dai toni pastello. Si stendeva una coda di finestre ad arco, disposte in quadrato con delicato intaglio a sostenere i pilastri, che si affacciava su di un discreto giardino alberato. I tetti spioventi, dissimili per ogni stanza, davano un tocco di originalità e individualità. Una piccola rampa di scale accoglievano un portico avvolgente e allettante, dove era situato un delizioso dondolo da giardino. Tutto ciò che la casa presentava era suggestivo agli occhi di chi la osservava.
«Ebbene, eccoci qui», articolò Ethan.
«Eccoci qui», ripeté Alyssa ed entrambi furono sommersi da un sottile alone di imbarazzo. Si rivolsero lo sguardo in silenzio ripetutamente, poi entrambi lo distolsero.
«Bene..», introdusse Alyssa, spezzando quel momento alquanto imbarazzante, «Grazie mille Ethan per il passaggio.»
«Di nulla. Lo sai che se hai bisogno di me..», rispose Ethan elettrizzato, anche se non lo dava molto a vedere. «..puoi sempre contarci.»
«Davvero, grazie mille. Purtroppo Sadie ultimamente è così incasinata con il lavoro, che non poteva assolutamente venirmi a prendere. E domani inizia la scuola, quindi..»
«Dai, per così poco? Non devi preoccuparti». Ethan le rivolse un tenero sorriso e la osservava con i suoi caratteristici occhi dolci, che lui offriva involontariamente. Alyssa capiva cosa trovavano di così affascinante in lui le altre ragazze. Era carino, gentile, premuroso, disponibile. In breve, davvero un ottimo amico. Si, perché per Alyssa lui era solo un amico, niente di più. Sono stati fin da piccoli ottimi amici e per essere più precisi amici di infanzia. Quindi non ha mai pensato o addirittura provato a pensare a lui come più di tutto questo. La loro amicizia era sincera, spontanea, semplice, ma soprattutto speciale e per nulla al mondo Alyssa avrebbe permesso che accadesse qualcosa che avrebbe potuto comprometterla. La pensava così, come anche Ethan d’altronde.
«Sei veramente un fantastico amico.», avvalorò la ragazza.
Compiaciutosi, Ethan tracciò buffamente un inchino, «Messer Dunnigan ai vostri servigi»
«Allora..», ribatté Alyssa e stando al gioco si inchinò a sua volta, «..la vostra Mademoiselle si ritira nelle sue stanze»
Si fissarono per un attimo negli occhi luccicanti ed entrambi scoppiarono in una fragorosa risata.
«Allora ci vede domani a scuola.»
«Si, a domani.». Alyssia lo vide allontanarsi dall’abitazione e, ancora con il sorriso stampato sulle labbra, si prestò a rincasare.
  Si sentirono dei passi spediti provenire dal fondo della casa e improvvisamente sbucò da sinistra un’appariscente chioma rossa.
«Alyssa! Oh mio Dio da quanto tempo! Vieni qui!», sprizzava gioia e allegria da tutti i pori; esuberante, abbracciò energicamente Alyssa, avvinghiandola stretta a sé.
«Sadie! Mi fai male!»,
«Quanto mi sei mancata!»
Alyssa stava decisamente soffocando a causa della calorosa ed eccessiva accoglienza fuor di misura di Sadie, che, invece, non curante, protraeva tranquillamente i festeggiamenti, con la stessa contentezza e spensieratezza di un cane devoto che, sulla porta di casa, accoglie allegramente il padrone di ritorno da lavoro. «Allora, come sei stata dalle zie? Sei stata bene? Alan e Dean che dicono? Stanno tutti bene?», continuò Sadie tutto d’un fiato.
«Sadie.. Non respiro!»
«Uh! Si scusami!»
Affranta, lasciò bruscamente Alyssa. «E’ che sono troppo entusiasta di vederti!»
«Anche io, non sai quanto!»
«Su, dai, che sono curiosa! Raccontami tutto!»



*SOSPESO*
  
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