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Autore: _blackpearl    27/07/2011    0 recensioni
Ed eccomi qui, reduce anche dall'altra mia FF, scrivo anche questa nuova perchè mi è stata chiesta da una persona. Una persona molto speciale per me ed un'evenienza altrettanto importante, ovvero il suo compleanno.
E parliamo della mia migliore amica.
Quindi alla fine ho deciso di postare questo nuovo schizzo di psicopatia pura anche qui ;)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Freddo.
Ecco cosa sentivo mentre l’aria gelida soffiava delicatamente sulla mia pelle, scostando dolcemente i miei capelli.
"Perché sono qui?"
Me lo chiedevo spesso eppure non riuscivo che a darmi una sola risposta:
E' tutta colpa loro…


Era una fredda mattina invernale e spalancai senza pensarci due volte quelle finestre chiuse ormai da una settimana. L’aria gelida attraversò velocemente l’intera stanza, sfogliando le pagine di quel diario dove ormai scrivevo ogni mio singolo pensiero, emozione.
Ero già lì da un mese ormai e ancora non riuscivo a crederci. Mi sembrava ancora di sognare, proprio come accadeva fino ad mese prima. Fissai il bianco paesaggio, ripetendomi che non stavo sognando.
-Gemeeeeeeeee!
… no, non si trattava certamente di un sogno.
Ilenia aprì distrattamente la porta del bagno, sbadigliando sonoramente e spalancando tanto la bocca farmi quasi vedere il suo stomaco.
-Grazie per la bella visione geme…- le dissi sciacquandomi la bocca.
Ilenia era una delle mie migliori amiche e ci eravamo promesse che il giorno in cui avrebbe terminato gli studi, io mi sarei assunta tutte le responsabilità e l’avrei portata con me in Germania per una "vacanza speciale", da considerarsi come un premio per il suo compleanno. Era un tipo dal carattere deciso e vivace, sempre pronto alla battuta, ma che mostrava anche grande maturità per la sua età.
-Cristo Sara! Hai spalancato la finestra! Cioè c’è un freddo artico e tu apri le finestre? Ma ti sei fatta di crack stamattina?- mi disse correndo a chiuderla.
-Ma suvvia Ile! Un po’ d’aria fresca fa bene al cervello!
-Quale?
-Quale cosa? O_O
-Quale cervello? Non sapevo ne avessi uno!
Scoppiai a ridere e la schizzai con l’acqua che usciva fresca dal lavandino.
Eravamo in quel piccolo appartamento di Berlino da un paio di giorni, spinte da chissà quale voglia, con un affitto da pagare davvero basso per la zona… sarà che Ilenia aveva fatto colpo sul proprietario però comunque era un prezzo stracciato… soprattutto diviso in due!
Per una volta il destino ci stava sorridendo: viaggio economico, da sole, appartamento di lusso e posto molto carino.
E come ciliegina sulla torta due biglietti per un parterre di un concerto da sogno.
Stava andando tutto fin troppo bene visto che le persone coinvolte qui siamo io e la mia amica… ovvero due grandi sfortunate di prima categoria.
Ma era meglio non pensare al peggio.
-Geme!- eccola di nuovo che urlava scuotendomi e facendomi voltare.
-Cosa ora Ilenia? COSA?- le dissi massaggiandomi una tempia.
-Dove diavolo hai intenzione di andare vestita così? O_O
-Così come?
-Ti pare possibile fare una fila con gonna e scollatura? Ma sei impazzita? E la Sasi carina ed acqua e sapone che mi sono portata dietro dall’Italia dov’è finita?
-Be ormai ho anche 20 anni! Dovrò darmi una mossa! Se oggi li becchiamo non parto svantaggiata! U_U/
-Tu stai fuori… e questo cos’è?!- chiede prendendo il sacchetto di abiti con sopra il suo nome.
-Li ci sono i tuoi pantaloncini e la tua maglietta…- dissi mentre sercavo di mettermi la matita evitando di rimanere cieca all’occhio sinistro.
-Geme questi sono stracci! Pezzi di stoffa! Non sono vestiti! Fa freddo e non voglio sembrare una troia Cristo!
-Ile basta con le bestemmie! Ora muoviti che già è tardi… ci saranno 10000 tedesche li fuori!
-Certo ovvio… e come corriamo? Con i tacchi poi?- fece l’ironica.
-No dai… le scarpe da tennis le teniamo! Su preparati veloceee!- dissi chiudendo la porta e non dandole modo di replicare. Riuscii solamente a sentire il suo “Stronza…” bisbigliato.
Era bello vivere quell’avventura con Ilenia, essendo lei un tipo molto energico e spensierato. Mi faceva stare bene trascorrere quel tempo con lei.
Ormai la conoscevo da 3 anni buoni e avevamo preso a chiamarci “Geme”, gemella, perché lei era tutto quello che ero io e io ero tutto quello che era lei. Dire che l’adoravo è poco.
Dopo nemmeno mezz’ora, cosa impossibile e incredibile da raccontare in giro, sentii la porta del bagno aprirsi ma nessuno uscirne.
-Geme io così non ci esco.
Risi già solo vedendo la sua faccina rossa affacciarsi dal bagno.
-Dai esci!
-No Geme sembro una battona… e ho le gambone…e il naso grosso… e una brutta faccia… e…
-BASTA! Tu e questo vizio di sentirti un cesso! BASTA!- dissi prendendo i cornetti appena riscaldati e i nostri cappotti con le borse, prendendo lei per un braccio.
-Io non vengo Sasi!- ma non potè più dire nulla quando sentì la porta di casa chiudersi alle sue spalle.
-Ti odio!- mi disse mentre sbuffava e borbottava qualcosa tra se e se.
-No che non mi odi. E mi odierai di meno stasera… fidati… mi amerai come è giusto sia…- le dissi mentre ancora la trascinavo.
-Almeno dammi il cappotto demente! O_O- disse quando ormai i nostri piedi erano nella neve.
Stavamo correndo a perdifiato per quel paesaggio innevato, prendendo metro e taxi, tutto per inseguire il nostro sogno.
Perché si, eravamo li per rendere fede ad una promessa fattaci ormai da 2 anni e che non vedevamo l’ora di realizzare.
Si.
Sembrerà banale eppure stavamo andando ad un concerto. Non uno qualunque. Il concerto che aspettavamo ormai da anni, quello dei Tokio Hotel, che aspettavamo di vivere insieme… in nostro concerto insomma.
Ormai eravamo davanti il luogo scelto per il concerto, situato proprio a Berlino, in piena comodità per i gemelli.
C’era una lunga fila fuori i cancelli d’entrata: tende appena smontate, rifiuti di pasti consumati li all’aperto e decine, miliaia di ragazzine urlanti ogni sorta di frase o canzone. Una cosa che le teneva unite? I Tokio Hotel.
-Bene Geme… ora che facciamo? – mi chiese mettendosi a braccia conserta, già sul punto di sbuffare.
-Ora non iniziare… cerchiamo Beth e si vede.
Beth era una nostra amica tedesca, li presente in fila ormai da giorni e giorni, che ci stava tenendo il posto. La chiamammo e ci facemmo dire dove andare. Per nostra fortuna le tedesche, vedendo che eravamo italiane, ci fecero passare avanti senza creare troppi problemi e raggiungemmo miracolosamente quasi i cancelli.
Era assurdo.
Tutto per il meglio…. Guardai Ilenia che aveva un radioso sorriso a 32 denti e l’abbracciai contenta di condividere una simile esperienza con lei.
L’attesa non fu lunga. In un paio d’ore, passate a cantare a squarcia gola, a ridere e scherzare sulle abitudini e i vizi dei ragazzi della band, la sicurezza si mobilitò per iniziare a farci entrare.
Quando vidi il cancello aprirsi e il bodyguard che staccare il mio biglietto, sentii l’adrenalina salire. Presi per mano Ilenia ed iniziai a correre.
Come una matta.
Più veloce che potevo, come se in quel momento avessi dovuto spiccare il volo e arrivare fino in cielo, sin sulle nuvole.
La vedevo, la prima fila era libera.
Era assurdo.
Tutto filava fin troppo liscio.
Era come se stessimo vivendo una favola, piena di emozioni che coloravano quell’avventura che stavamo vivendo.
Quando però le mie mani toccarono la fredda barra della transenna della prima fila mi bloccai.
Tutto scomparve intorno a me.
Sentii il gelo pervadermi, proprio come era accaduto quella mattina spalancando la finestra.
Persi contatto con quello che mi circondava e alzai lentamente la testa, come ad aver paura.
La pedana era li, a nemmeno due metri da noi.
Sentii il mio cuore congelare, come se una morsa invisibile stringesse la mia anima.
Presi la mano di Ilenia senza nemmeno pensarci su e la strinsi forte, cercando di trasmetterle la mia emozione.
Quando mi voltai verso di lei che era li al mio fianco,vidi il suo volto incredulo, i suoi occhi brillare.
Stavamo disegnando il nostro sogno pian piano e nel momento in cui i nostri sguardi si incrociarono, calde lacrime rigarono le nostre fredde guance. La sua mano strinse la mia ed urlammo di gioia, per poi guardare senza sosta il palco, aspettando, pregando, che quelle luci si spegnessero al più presto.
La nostra attesa fu ripagata. Presto la sala divenne buia, nera come la pece, e solamente il suono di quei battiti cardiaci, ormai familiari a tutte le fans li presenti, riempirono lo spazio in linea d’aria.
L’adrenalina era a mille e quando la voce di Bill arrivò alle mie orecchie, mi sentii quasi scoppiare per l'esaltazione.
Quando le luci tornarono ad illuminare il palco, accompagnate dai rift di Tom come una tempesta, lo vidi.
Il mio cuore guizzò fuori dal petto, per rubare il posto ad una stella.
Il mio sguardo si posò su quel corpo così perfetto ed esile, così bello ai miei occhi.
La mia mano si allungò involontariamente verso di lui, come se sperassi in un contatto, in un minimo di considerazione.
Ed eccolo, quel sorriso meraviglioso che Bill ormai mi riservava ad ogni concerto. Bastava così poco per rendermi così felice.
Ilenia iniziò a percuotermi ed iniziammo ad agitarci come pazze, felici di quei momenti.
I maxischermi proiettano le loro fresche figure e tutte le ragazze presenti urlano i nomi dei quattro ragazzi tedeschi, saltano e cantano a squarcia gola i versi di Break Away, canzone che aprì quel sogno!
Il cantante salutò tutti contento, emozionato da quel calore e quella partecipazione. Così non ci restò che gioire con loro. Io e Ilenia eravamo quasi a due passi da loro e ci facemmoo trasportare da quelle emozioni cantando, urlando, ballando. Non avevamo più freni.
E nemmeno Bill ne aveva. Correva qui e li, si scatena con i suoi fans e spesso accenna a noi, che ci divertiamo come non mai.
Caldi e conturbanti fiamme illuminano il palco durante "Schrei", pezzo forte della serata. Tutte urlano seguendo le indicazioni del testo della canzone, c’è chi addirittura caccia un megafono come se avesse la tasca di Doraemon.
Ed ecco uno delle canzoni che più amo farsi largo tra le urla.
“Heilig sein…” intona il frontman e si avvicina lentamente alla pedana.
Io lo guardo e prego.
Prego dentro di me che il suo sguardo incroci il mio.
E come se davvero ci fosse un Dio li su che veglia su di me, Bill si volta, come se qualcuno lo chiamasse, e guarda me e la mia Ilenia, che lo fissiamo li in silenzio, sprovviste della forza necessaria per cantare con entusiasmo, tanto siamo prese dal testo.
Dura forse un paio di secondi ma in quell'istante il mio cuore si stringe, ricordando l‘attesa e la gioia provata fino ad allora.
Ancora qualche pezzo e dopo ben due ore di live, arriva il turno di “Ich bin Da”, il mio singolo preferito.
Stringo la mano di Ilenia, fisso Bill piena di gioia e cantando contenta quei versi di dolcezza pura. Quando anche i coriandoli riempiono la sala, vanno ad incorniciare quel quartetto meraviglioso e così perfetto su quel palco.
E poi… tutto finisce.
Così.
Quegli anni di attesa finiscono in men che non si dica, quelle due ore sembravano ora durate pochi minuti e il vuoto cercava di prendere il sopravvento.
La band si avvicina, saluta il pubblico, ci applaude e torna a prendere quelle bottigliette d’acqua per bagnare la folla. Bill si avvicina e mi sorride, bagnandomi in pieno viso, quasi a voler scherzare volontariamente, e si allontana, ricordando all’ultimo minuto di lanciare il suo asciugamano. Io lo guardo andare via dietro le quinte e inizio già a sentirmi persa.
Ma ecco che poi compare Tom, più spavaldo e farfallone che mai, con il suo asciugamano in mano.
Torno così alla realtà e mi ricordo di quella sorpresa che volevo fare alla mia amica ormai da anni e che non ero mia riuscita a realizzare.
-Geme! Deve essere TUO!- le urlo voltandomi di scatto.
Lei mi guarda sconvolta e mi chiede:
-Cosa? O_O
-L’asciugamano!- le urlo e chiamo Tom, urlando il suo nome come una pazza, abbassando la scollatura mia e della mia amica.
Tom si voltò e sorrise malizioso. Ilenia cercava di fermarmi ma io ammicco al chitarrista, chiedendo il suo asciugamano con la mano libera.
Lui sorrise divertito e, prendendo tutti alla sprovvista, lanciò proprio a me il suo asciugamano.
Tutte le ragazze dietro di me mi furono addosso e urlarono di prenderlo al mio posto. Ilenia cercò di proteggermi come poteva e io tenni l’oggetto preso di mira da tanta bramosia al sicuro al di là della transenna.
Quando tutti abbandonarono il palco, le fans desistettero dal loro intento e ci lasciarono finalmente libere di tirare un sospiro di sollievo.
Quando tutte le luci si riaccesero, fu come se la magia si fosse spezzata. Si torna alla realtà pura e semplice. Mi girai verso Ilenia, che è estasiata e più felice che mai, l’abbracciai e piansi tra le sue braccia. Anche questa volta era stata un'emozione indescrivibile. Piango di gioia perché era tutto finito e io non potevo chiedere di più.
-Dai Geme! Non piangere o lo faccio anche io! ç_ç- mi disse lei stringendomi forte a se.
Io mi asciugai le lacrime e annuii. Non era il momento di piangere.
Le presi i polsi e le misi l’asciugamano di Tom tra le mani.
-Questo è tuo…
-Ma Geme! Lo hai preso tu! Non posso…- mi disse lei quasi balbettando.
-No Ile… ricordi quando ti promisi ad agosto che per i tuoi 17 anni avrei lottato per un regalo come si doveva… be… eccolo qui. Ti voglio bene.
Buon compleanno Ilenia...
Lei mi guardò con le lacrime agli occhi. Mi abbracciò e scoppiò in un sonoro pianto.

Quando ormai fummo fuori all’aperto, tutto ci sembrò irreale.
Ilenia stringeva avida al petto l’asciugamano, minacciata da ogni singolo sguardo di un passante che lo riconosceva.
Mi strinse un braccio e mi chiese:
-Be ora chiamiamo un taxi e torniamo a casa… è tardissimo Geme! Sono le 2 di notte!
-Geme non ci sono maniaci qui…- la rassicurai.
-Ah no? E quelli li che ci guardano male? Eh? Eh? EH? Ti rendi conto di come siamo vestite? Se ora ci mettiamo per strada ci caricano dopo tre secondi! U_U
-Geme calmati… ora prendiamo il taxi… dai vieni…- le dissi portandola verso la strada principale e aspettando che arrivasse un qualunque mezzo di trasporto.
Quando finalmente la scritta gialla ed abbagliante di “Taxi” apparve all’orizzonte, mi sbracciai dal marciapiede, cercando di prenotarlo prima delle altre persone.
E… missione compiuta! Ecco che l’automobile si ferma proprio davanti a noi ed un simpatico vecchietto ci fa salire chiedendoci la destinazione.
Un secondo di silenzio… era un’idea folle che mi frullava in testa da ormai un paio di giorni ma dovevo provarci…
-All’Hotel…- iniziò Ilenia accomodandosi ai sedili posteriori ma io le tappai la bocca.
Mentre lei si dimenava mugugnando, io trovai la forza di pronunciare quelle parole:
-All’aeroporto…
L’autista partì mentre Ilenia iniziava a sgridarmi:
-Sa!!! Sei pazza?! Dove vai ora alle 2 di notte in aereoporto!!! Ma ti rendi conto di quello che stai facendo??
-Geme rilassati…- le dissi- Ora i Tokio Hotel saranno andati li… domani sono in Spagna… secondo te come ci arrivano? Il jet privato per ora non l’hanno quindi… fai un po’ tu!
-Si ho capito ma sono partiti anche un’ora e mezza buona prima di noi da dove hanno fatto il concerto! Saranno già partiti! E’ una pazzia ed uno spreco inutile di soldi! – mi accusò borbottando e sbuffando senza sosta.
-No dai Geme… proviamoci! E’ una volta nella vita…dai ti prego…- le dissi implorandola.
L’autista sorrise nel vedere poi Ilenia arrendersi e darmi un pizzicotto per ripicca. Sapevo che alla fine mi avrebbe accontentata. Fa tanto la forte ma ha un cuore d’oro.
-Lo faccio solo per l’asciugamano… - disse guardando fuori dal finestrino, leggendo la scritta “Flughafen” arrivare prontamente dopo quei minuti di viaggio.
-Eccoci arrivati… sono 10€…- annunciò l’autista, mentre Ilenia metteva mano al portamonete.
-Ecco buon uomo… e spero lei ne faccia un uso migliore di quanto ne abbiamo fatto noi…
Ed eccoci davanti l’entrata dell’aeroporto.
Deserto.
-Ecco Geme… bene… manco un’anima c’è in giro… ma ci rendiamo conto di cosa mi hai fatto fare? Sono quasi le 3 e noi siamo qui al gelo per cercare persone che non ci sono! Dai entriamo…-mi disse facendosi piccola nel suo cappotto ed entrando prendendomi sottobraccio.
L’interno era nettamente più caldo rispetto all’esterno colpito dal gelo invernale tedesco ed aveva un aspetto molto accogliente.
Ci rinfrescammo un attimo in bagno e tornammo ad essere ben messe e decenti, dopo che la mia amica bestemmiò a sufficienza contro la matita che non colorava come lei sperava.
Quando infine uscimmo dal bagno mi guardo irata e borbottò:
-Adesso mi accompagni a prendere qualcosa di caldo in questo posto sperduto dal mondo! Vieni!- mi ordinò seguendo il suo istinto per le cose dolci e calde.
-Gne gne gne… - le rifeci il verso lamentoso che stava usando.
-E non rifarmi il verso! Sei tu che mi hai trascinata qui! Ora stai zitta! Guarda li! Pare esserci cibo, liquidi e persone… sempre se non sono maniaci o manichini…
Ed ecco che mi ritrovai davanti un’enorme distributore di cioccolata calda, posto al centro della sala d’aspetto.
-E ora me la offri tu! Dammi due euro! Che voglio anche le M&Ms- mi ordinò scegliendo accuratamente se prendere la cioccolata al latte o quella alle mandorle.
Presi la mia borsa e le diedi quello che voleva e, mentre rimettevo il portamonete al suo posto, qualcosa di fin troppo familiare mi giunse alle orecchie… una voce che conoscevo perfettamente e che potevo riconoscere in mezzo a milioni di persone.
-Uffa! L’avevo detto che avremmo perso il volo!- si lamentò la voce maschile.
Una voce calda e molto melodiosa allo stesso tempo, dolce quasi come il miele.
Alzai la testa in direzione di questa e sgranai gli occhi.
Non ci potevo credere.
Non era possibile.
No.
Rimasi li immobile. A fissare la scena come una scema.
La borsa mi cadde dalle mani… era un sogno, sicuramente.
-Geme la vuoi anche tu?... Ma che cazzo fai? E’ tutto a terra! Che ti è preso?- mi urlò chinandosi a raccogliere tutti i miei averi sparsi sul pavimento.
-Geme… Puzzolo… Cuppy… -balbettai.
Lei mi guardò stranita, forse prendendomi per pazza visto che avevo appena nominato gli stupidi soprannomi affibbiati da noi ai gemelli Kaulitz:
-Geme cazzo hai fatto? Puzzolo? Cuppycake? Sei impazzita? Il concerto ti ha fatto male… prendi la mia cioccolata.
Io però rimasi immobile e con il capo le feci cenno di guardare davanti a se. Quando lei lo fece, la sentii emettere un suono strozzato e deglutire a fatica.
-Ge… ge… ge… geme quelli sono… sono…- balbettò anche lei, tenendo in mano la sua tazzina e nell'altra le sue M&Ms.
Ok… poteva trattarsi di un sogno, un’illusione… ma quelli che erano davanti a noi erano i Tokio Hotel in una sala d’attesa di una aereoporto deserto, dove eravamo solo noi e loro.
E’ uno scherzo?
O pura fantasia?
Credo proprio di no…


-CONTINUA-

  
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