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Autore: Scar    28/07/2011    0 recensioni
[Alles was zählt] Fan fiction in 8 capitoli che tiene conto, non degli ultimi spoiler, ma solo degli episodi correnti fino a metà luglio. Come sarebbero andate le cose se, una volta fallito il Centro Steinkamp, Roman avesse deciso di lasciare Essen e cercare la sua fortuna altrove? Avrebbe dimenticato Deniz per sempre?
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2/8

Mano a mano che si avvicinava al suo obiettivo, la temperatura diventava sensibilmente più bassa, eguagliando quella lasciata fuori il Centro. Con il gelo gli arrivò anche il suono di due voci che echeggiavano nel palazzetto. Una di quelle voci non l'aveva mai dimenticata.

“Sto morendo di fame” si lamentava la prima.
“Un ultimo giro e ho finito” rassicurava l'altra.

Roman si nascose dietro la curva delle gradinate inferiori, una postazione ottimale per osservare la scena senza essere visto. Il cuore cominciò a battere all'impazzata. Deniz era poggiato con la schiena alle protezioni di plexiglas e, con aria apparentemente assorta, seguiva l'esibizione di un giovanissimo skater. Era lui, certamente, il vincitore della Essen Cup e futura promessa del redivivo Steinkamp Sport&Wellness. Capelli chiari, fisico minuto, vent'anni al massimo. Se non fosse stato così giovane e così biondo l'avrebbe potuto scambiare per una copia di se stesso all'apice della carriera.
Il ragazzo eseguì un triplo lutz perfetto, tanto che lui dovette mordersi le labbra per non esultare. Poi, dopo un grazioso atterraggio, pattinò fino al bordo pista affiancando Deniz. I due scambiarono poche parole che lui non riuscì ad afferrare. Deniz lo aiutò ad indossare la medaglia d'oro, che ovviamente aveva vinto poche ore prima e, servendosi del nastro, lo attirò a sé in un bacio appassionato.
Roman chiuse di riflesso gli occhi, le tempie presero a pulsare ritmicamente e qualcosa di affilato cominciò a fargli a fettine lo stomaco. Riaprì gli occhi e i due si stavano ancora baciando; poi vide Deniz prendere il ragazzo per mano e condurlo proprio nella direzione del suo nascondiglio improvvisato.
Roman indietreggiò con passi cauti, per poi affrettarsi nel raggiungere gli spogliatoi; per abitudine aprì quello maschile e vi si chiuse dentro. Dopo qualche minuto, capì che non era stata una mossa intelligente. Le voci di Deniz e dell'altro ragazzo si avvicinavano man mano, e Roman scoprì terrorizzato che stavano per entrare.
“Merda!” sibilò tra le labbra.
Dopo pochi secondi di panico, in cui non vedeva alcuna via d'uscita, decise di nascondersi dietro gli armadietti, pregando in cuor suo di non essere scoperto. Fece appena in tempo, quando la porta si aprì. Dalla sua posizione Roman non poteva vederli, ma sfortunatamente aveva un ottimo udito: lo schioccare umido dei baci, il fruscio dei vestiti che venivano sfilati, il respiro pesante dell'eccitazione erano suoni che gli erano fin troppo familiari, soprattutto in quel luogo. Quando sentì lo scroscio dell'acqua e le loro risate, avrebbe voluto morire.
Ma prima avrebbe ucciso Annette.
Perché non gli aveva detto che Deniz si vedeva già con qualcuno?
Non appena udì il richiudersi sferragliante della tenda che chiudeva il vano doccia, Roman sortì in punta di piedi da dietro la fila di armadietti e si apprestò ad aprire con cautela la porta chiusa a chiave.
Purtroppo, mentre era intento a non fare il minimo rumore, con movimenti lenti e studiati, dovette sorbirsi l'audio sempre più frenetico che proveniva dal cubicolo.
“Vieni qua!”
“Lo sai che dovremo contenerci in vista delle regionali, signor Öztürk ?”
“Il sesso è un doping naturale, lo sanno tutti.”
L'altro ragazzo prese a ridere fragorosamente.
Roman represse un singhiozzo. La chiave era stata girata del tutto, ora toccava alla maniglia. Intanto udì di nuovo la voce di Deniz, forte e limpida tra i rumori dell'acqua scrosciante.
“E poi tu sei il migliore. Il migliore di sempre”.
Roman restò pietrificato, rimanendo aggrappato alla porta aperta come se avesse timore di cadere. Le lacrime gli offuscarono gli occhi in un istante. Quando sgusciò sul corridoio, sentì un immenso fuoco ardere nel petto e brividi per tutto il corpo.
“Fanculo” mormorò tra i denti.
Richiuse la porta sbattendola e facendo quanto più fracasso possibile; infine, si allontanò di corsa.
Al suo rientro al loft, Ingo e Annette si rincorrevano sulla scala di ferro che conduceva alla loro camera da letto. Ai due coniugi bastò guardarlo un secondo per capire che qualcosa fosse andato storto, e immaginarono entrambi cosa potesse essere.
“Voi due. Giù. Subito!”
Nonostante le rimostranze di Ingo, che già si pregustava una nottata di fuoco, i due cominciarono a percorrere la scala a ritroso, posizionandosi di fronte al loro amico con l'aria di due scolaretti sorpresi a combinare una marachella.
“Che cosa possiamo fare per te...” esordì Ingo con un tono mellifluo; diede una veloce occhiata al suo orologio da polso e lo fissò poi negli occhi con aria sostenuta “alle dodici e un quarto antimeridiane?”
“Perché non mi avete detto che Deniz si vedeva con quel... quel...” incespicò Roman a causa del nervosismo.
“Justin” intervenne Annette in suo aiuto.
“Justin?” Roman fece schioccare la lingua, storcendo le labbra dal disappunto.
“Göbel ” completò velocemente Ingo.
“Avreste dovuto dirmelo. Me li sono ritrovati a due passi. E io? Non ho avuto niente altro di meglio da fare che darmela a gambe!”
Ingo arricciò le sopracciglia stranito, ma contemporaneamente un sorrisetto malizioso affiorò sulle sue labbra.
“Perché sarebbe scappato il nostro piccolo Hase?”
Annette si sporse verso di lui. “È di nuovo in tilt per Deniz” gli sussurrò, quasi avesse timore che Roman la sentisse.
Ingo allargò la bocca in una 'O' perfetta. “No!Non è possibile!”
“Non è stato divertente!” puntualizzò Roman, stringendo le labbra dalla stizza.
Ingo fece un lungo sospiro, gli circondò le spalle con un braccio e l'obbligò a sedersi sul divano accanto a lui. Annette li seguì, accomodandosi sul lato opposto.
“Hase” fece il suo amico con tono affettuoso e gioviale. “Quanti anni sono che sei andato via, lasciandoti alle spalle Essen, i tuoi amici e soprattutto... Deniz?”
“Ma che c'entra adesso?” si oppose Roman, con aria imbronciata.
Ad un tratto l'espressione di Ingo era tutt'altro che gioviale.
“Due anni” si arrese e, prima che l'amico potesse interromperlo, aggiunse: “Ma ho pensato a lui tutto il tempo”.
“Mentre stavi con un altro?” Ingo gli afferrò il mento tra indice e pollice e glielo sollevò di scatto, obbligandolo a guardarlo dritto negli occhi. “Lo sai in quanti pezzi si trovava quando te ne sei andato?” Roman tentò d'intervenire, ma l'altro gli sigillò la bocca con il palmo della mano. “Lo sai cosa abbiamo dovuto fare per rimettere tutti quei pezzi insieme? E non credo che il lavoro sia stato eseguito alla perfezione”.
“Quello che Ingo vuole dire” intervenne Annette, e Roman fece scattare la testa nella sua direzione, liberandosi finalmente della mano del suo amico sulla propria bocca “è che Deniz si è appena rimesso in sesto. Ha lavorato come un mulo in questi anni, ha dovuto emigrare in America e...”
“Faceva il modello in America, non il minatore” precisò Roman con decisione.
“Ma lui non avrebbe voluto andarci” continuò Annette. “Voleva restare qui... con la sua famiglia, i suoi amici e soprattutto non avrebbe voluto tornare a fare il modello. Aveva giurato di chiudere con quel mondo, ma quando Nina lo ha chiamato da L.A. con questa proposta non si è potuto tirare indietro. Si trovava ancora con troppi debiti e lavorare al Centro in quel periodo non dava certezze a nessuno; tu te n'eri andato. Che altro avrebbe dovuto fare?”
“Non è stata colpa mia se si era messo nei guai” proruppe Roman, irritato.
“No, certo” convenne Ingo. “Ma avrebbe desiderato trovarti al suo fianco, e invece era stato abbandonato dalle persone a cui teneva di più. Hai una pallida idea dello stato in cui fosse in quel periodo?”
Roman si strinse nelle spalle. “E io allora? Ero senza casa, senza lavoro. Avevo anch'io i miei problemi”.
“E adesso perché vuoi crearne altri?” chiosò Ingo con fare retorico. “Amburgo ha perso ad un tratto tutte la sua attrattiva per il povero Hase?”
“Lui e Marc sono in pausa” lo informò sua moglie, sottovoce.
“Io e Marc ci siamo lasciati!” proruppe Roman, dimentico che in casa ci fosse qualcuno che già dormiva.
“Per il poster?”
“Poster? Quale poster?” chiese Ingo, incuriosito.
“Una gigantografia di quattro per due, un paio mutande e gel per capelli” spiegò sinteticamente sua moglie.
Ingo annuì, fingendo di capire, tanto qualcosa gli suggeriva che non fosse quello il problema reale.
“Le cose tra noi non andavano bene già da alcuni mesi” prese a raccontare Roman. “Dopo che avevamo finito di lavorare allo spettacolo, una mattina, ci siamo guardati e non avevamo nulla da dire. Come due perfetti estranei”.
“E per questo vuoi scombussolare di nuovo la vita a Deniz?” Ingo non attese una sua risposta. Gli circondò la nuca con la sua mano grande e forte e lo attirò a sé, costringendolo a guardarlo negli occhi. “Senti, Hase. Ricordi tutte volte che ti consigliavo di stargli alla larga per il tuo bene e di guardarti intorno in cerca di altri conigli?” Roman annuì afflitto. Rimpiangeva quei tempi. “Ebbene adesso ti do lo stesso consiglio: lascialo stare... per il suo bene”.
“Quello che Ingo sta cercando di dirti” intervenne Annette con calma. “è che Deniz ha appena trovato un suo equilibrio. Non sappiamo se la storia con questo ragazzo sia importante o meno, non è questo il punto. Adesso è sereno, come non lo vedevamo da mesi”.
Annette conosceva abbastanza bene Roman da reputarlo incapace di accettare consigli da chicchessia, quindi ragionò in fretta e decise di vuotare il sacco dal fondo, senza tanti giri di parole (permettendosi solo qualcuno per evitargli un infarto).
“Innanzitutto...” cominciò “Deniz sa che sei stato con Marc per tutto questo tempo”.
“Glielo avete detto!” fece l'amico, incredulo.
“Non c'è stato bisogno” replicò Ingo.
“Ricordi i biglietti che ci avevi mandato per assistere al tuo ice show ad Amburgo?” riprese Annette.
Roman annuì.“Ebbene Deniz, non sappiamo come, lo venne a sapere e insistette per venire anche lui. Voleva tentare di riconciliarsi ancora con te” si sporse al lato di Ingo. “Come furono le sue esatte parole, tesoro?”
“Ora che Roman ha realizzato il suo sogno, forse sarà disposto a parlare di nuovo con me. Non ci credo che sia finita”recitò l'uomo, imitando la voce profonda di Deniz.
Roman deglutì, socchiudendo gli occhi con aria afflitta. Poteva immaginare l'espressione speranzosa di Deniz nel pronunciare quelle parole, e ancor di più quello che doveva essere accaduto in seguito.
“Dopo la fine del primo atto voleva incontrarti, e invece...”
“...mi ha trovato con Marc” concluse Roman con un filo di voce, gli occhi improvvisamente lucidi.
“Non lo abbiamo più visto quella sera” riprese Ingo. “Ha telefonato a me dopo un'ora per dirmi che si trovava sul treno per casa e che aveva deciso di accettare la proposta di Nina a L.A.”
Roman si strofinò il viso con una mano, trattenendo le lacrime che cominciavano a bussare da dietro le palpebre. Al contrario, se avesse visto Deniz quella sera, ne sarebbe stato infastidito, perché credeva di aver trovato finalmente la felicità, insieme a Marc, il proprio 'equilibrio', e non avrebbe permesso a nessuno d'infrangerlo, tanto meno a Deniz e alla sua proposta di riconciliazione. E lui adesso voleva fare lo stesso, proprio come Marc, quando si era presentato a Essen più di due anni prima, mandando all'aria la relazione che aveva in quel momento proprio con Deniz. Era un cerchio che non si chiudeva mai.
“Voglio... voglio” esordì Roman, dopo un profondo respiro. “Voglio solo sapere se è felice, voglio vederlo con i miei occhi”.
Annette sospirò esasperata. “Ma certo che è felice!” La donna indurì i tratti del viso come se stesse per esplodere, scordandosi completamente di sua sorella e del nipotino che riposavano. “Deve esserlo! Ha un ottimo lavoro, soldi, una casa e soprattutto un... figlio!”
Roman s'irrigidì come se avesse appena ricevuto una secchiata d'acqua gelida in pieno viso.
“COSA?”

Nel doppio axel si eseguono, in aria, due giri e mezzo, e come nel caso di quello singolo, si atterra sul filo indietro esterno. La pulizia della tecnica e un perfetto atterraggio in questo tipo di salto sono alla base di combinazioni più elaborate, con sequenze che devono essere altrettanto forti sia dal punto di vista tecnico che da quello interpretativo.
  
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