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Autore: Defyingravity    29/07/2011    2 recensioni
E se Kurt non fosse disposto ad aspettare Blaine per sempre?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!
Mi scuso profondamente per il ritardo di questo capitolo, ma quesot ultimo periodo è stato un delirio e non ho avuto molto tempo per scrivere! Spero in ogni caso che leggiate, e spero con tutta me stessa di sapere cosa ne pensate!
è un immenso piacere sapere cosa ne pensate! :)

*****

Chapter 5: Coffee


Il rumore della sua moto sportiva nera che sfrecciava ad alta velocità, scansando con agilità le macchine lungo la strada; il vento che sbatteva contro il casco nero e la giacca di pelle: questo era tutto ciò che sentiva Jack Bullet.
Un ultimo incrocio e poi avrebbe avuto strada libera fino al Lima Bean.
Semaforo rosso.
“Merda” imprecò nella sua mente, poggiando un piede a terra.
Era già in ritardo di dieci minuti, non poteva tardare ancora, non il suo primo giorno di lavoro.
Impaziente spostava più e più volte lo sguardo sul semaforo nell’attesa che quello cambiasse colore. Sgassò diverse volte, mentre la pazienza si faceva sempre meno.
Si sistemò la chitarra che portava alle spalle, e finalmente poté partire, continuando a dritto nella sua via.

*****


«Kurt, svegliati! Kurt, PRONTO!?» Il ragazzo chiamato sussultò. Sentendosi urlare nell’orecchio da Riker. «Ehi, non volevo spaventarti.»
«Cosa vuoi?» domandò Kurt, mettendosi a sedere.
«Buongiorno bell’addormentato!» urlò dal bagno Nick, mentre l’altro si stiracchiava «Fatto dei bei sogni?»
«Kurt» chiamò la sua attenzione il biondo «Non per metterti fretta ma le lezioni iniziano tra un quarto d’ora. E...»
«Che cosa!?» il ragazzo castano scattò verso la sveglia, che trovò spenta. «Perché diavolo non mi avete svegliato!? Questa sveglia si deve essere scaricata durante la notte!»
Senza aspettare una risposta Kurt balzò giù dal letto, buttò Nick fuori dal bagno ed iniziò a prepararsi.
«Ehi!» esclamò Nick con lo spazzolino in mano «Non avevo ancora finito.»
«È colpa vostra se non mi avete svegliato prima! Diavolo, ed ora come faccio!?»
«Fammi almeno sciacquare la bocca!» urlò l’altro, sbattendo più volte un pugno contro la porta di legno.
«Voi avete fatto l’errore, voi pagate!»
«Che c’entriamo noi!?» esclamarono in coro i due ragazzi.
«Dovevate svegliarmi!»
«Kurt, c’è Nick che sta sbavando tutto il suo dentifricio. Ti prego, fallo entrare.» lo implorò Riker con tono disgustato.
«Tienitelo.»
«Si sta spostando sulla tua divisa!»
Ed in quello stesso istante la porta del bagno si aprì, mostrando un Kurt innervosito e molto allarmato.
«Non provare a sputare quella roba sui miei vestiti.» sibilò «Vieni subito qui e sputa nel lavandino! Mi restano poco più di dieci minuti per fare tutto. Sbrigati!» gli urlò poi, mentre Nick si sciacquava velocemente la bocca, questo sollevò lo sguardo sullo specchio, sorridendo per guardarsi tutti i denti.
«Oh, per favore! Muoviti!» lo affrettò Kurt, avvicinandosi con aria furiosa.
«Me ne vado, me ne vado!» borbottò Nick, uscendo dal bagno a grandi passi e testa bassa.
Si sentì la porta sbattergli alle spalle e scambiò uno sguardo con Riker: entrambi scoppiarono a ridere.
«Scusa Nick, che ore sono?» chiese il biondo, facendo il finto vago.
«Oh... Tranquillo, manca ancora un’ora alle lezioni.» rispose Nick, scambiandosi un cinque con il suo compare.

*****


Jack entrò di corsa nel Caffè, avvicinandosi al bancone.
«Salve.» disse subito all’uomo lì vicino, intento a scrivere su un foglio «Sono Jack Bullet, il nuovo--»
«Sei in ritardo.» disse questo senza rivolgergli lo sguardo. Era un uomo sulla cinquantina, robusto dai capelli corti e brizzolati, occhi scuri intenti a leggere sul foglio di fronte a sé.
Sulla targhetta del grembiule nero il ragazzo intravide il nome Paul.
«Lo so, è il traffico.» mentì con tono convincente.
«Ti perdono perché è il tuo primo giorno, giovanotto. Vediamo di non far accade mai più cose del genere.» Finalmente l’uomo sollevò lo sguardo e lo piantò senza esitazione su quello del ragazzo. «Fai il giro del bancone, quella porta è della cucina; attraversala ed arriverai alla stanza dello staff. Ti consiglio di sbrigarti, a diverse persone piace prendere il caffè la mattina a colazione.» disse con tono burbero, indicandogli velocemente la porta poco distante, per poi tornare a scrivere.

*****


Elizabeth Hoover stava sola nel silenzio della sala insegnanti in piedi, appoggiata al bancone, girando il cucchiaino nella tazza bianca del caffè. Incrociò le gambe, mentre iniziò a sorseggiare pensierosa.
Soffermò il suo sguardo sul tavolo di fronte a lei, erano passati anni eppure se lo ricordava come se fosse stato ieri.


«E mi ha chiesto di sposarlo!» esclamò Elizabeth, mostrando fieramente il suo anello sul suo anulare. «Oh mio Dio! E tu me lo dici adesso!?» sua sorella sorpresa, incapace di dire una parola, prese la mano della ragazza fra le sue.
«Me l’ha chiesto stamattina, te l’ho detto!»
«Sì, ma... sono così felice per te» esclamò con un enorme sorriso Margaret «Me lo devi presentare per bene, comunque. È impossibile che non abbia mai avuto una conversazione con lui!»
«Guarda che è solo colpa tua, cara mia.» ridacchiò Elizabeth.
«Sì, lo so... è che sai con tutte le lezioni, questi alunni sono davvero impegnativi!»
«Lo so bene.» le due si scambiarono un sorriso ed un’allegra risata, quando la campanella suonò ed entrambe, dopo diversi saluti, andarono alle proprie lezioni.


Silenziosamente continuò a sorseggiare il caffè, quando sentì la porta aprirsi: Margaret era appena entrata in sala professori. I loro sguardi si incrociarono per qualche attimo, ma fu Elizabeth la prima a distogliere il proprio, tornando a bere il suo caffè; troppe emozioni contrastanti da provare, dopo tutto ciò che avevano vissuto assieme. Sentì un rumore di tacchi avvicinarsi, del liquido versato in una tazza e qualcuno mettersi accanto a lei.
«Questo caffè porta a diversi ricordi, non credi?» chiese la voce di Margaret al suo fianco.


Erano sedute nella sala della presidenza, una accanto all’altra con una tazza di caffè in mano.
«Cosa avrà da dirci secondo te?» domandò Elizabeth preoccupata.
«Non ne ho idea.» rispose Margaret.
In quel momento il preside entrò nella stanza; era un uomo ormai sulla sessantina, anche se non li dimostrava grazie al suo fascino. Aveva dei capelli brizzolati, occhi azzurri ed un sorriso smagliante. «Buongiorno ragazze.» salutò sedendosi sulla sedia opposta alla loro.
«Buongiorno» rispose seccamente. Nella stanza alleggiava un’aria di tensione.
L’uomo sollevò un sopracciglio, mantenendo un sorriso.
«State tranquille, non avete nulla di cui preoccuparvi.»
Le due ragazze si scambiarono uno sguardo, rassicurate da quelle parole, finalmente si sentivano più rilassate.
«Non farò tanti giri di parole, sarò diretto.» sollevò lo sguardo sulle due Hoover «Me ne vado.» disse chiaramente.
Le due bionde non mossero un muscolo, incredule di ciò che avevano appena sentito.
«Co-- Come» riuscì a balbettare Elizabeth.
«Non prendetela male, ma è l’ora che me ne vada in pensione. Inizio a sentire l’età che ho.» disse scherzosamente.
«Il motivo per cui vi ho convocate è per dirvi che vorrei che una di voi due prendesse il mio posto.»
«S—Siamo lusingate, ma...» Margaret fu interrotta.
«Sceglierò io chi.» disse bruscamente l’uomo, guardando entrambe.

«Già.» sibilò Elizabeth, guardando il suo caffè «Fin troppi.» aggiunse, andandosene con passo deciso dalla sala.

*****


«Prendi.» Jack sentì la voce dell’uomo del bancone e la faccia colpita da qualcosa, che presto scoprì essere un grembiule «Questo è il menù.» continuò l’uomo indicando una lavagnetta nera sopra le loro teste «Oggi abbiamo due specialità, che trovi là.» ed indicò un altro cartello.
Il ragazzo con il naso verso l’alto, stava leggendo tutte le portate del bar, le specialità non erano altro che dei strani miscugli di caffè assieme a qualche cosa ipercalorica come panna montata sulla bevanda, cioccolata calda e a parte dei pancakes con sciroppo d’acero. Jack si chiedeva in continuazione chi mangiasse talmente tanto cibo e quel genere di cibo a quell’ora. Sarà stato il suo animo sportivo ma non era mai riuscito a mangiare tanto di prima mattina.
«In ogni caso,» lo riportò alla realtà la voce dell’uomo «A te basta ricordarlo alla clientela, porta l’ordine qui e servi ciò che hanno ordinato.» spiegò «Sul tavolo ci sono i numeri, ricorda di scriverlo nell'ordinazione.» in tono burbero Paul spiegava al ragazzo cosa avrebbe dovuto fare.
«Sì.» rispose l’altro «So come funziona.» aggiunse con leggero disprezzo nella sua voce, il tono con cui si rivolgeva Paul non gli piaceva affatto. Quando in un secondo momento si accorse di ciò che aveva fatto e lo sguardo che l’uomo accanto a lui gli stava lanciando, si ricompose, cercando di riparare all’errore. «Grazie comunque.»
Paul storse il naso, sollevò entrambe le sopracciglia, per poi avvicinarsi all’orecchio del ragazzo.
«Ti converrebbe rispettare i tuoi datori di lavoro.» mormorò con gli occhi scuri su quelli color ghiaccio del ragazzo, dopo di che si allontanò da lui, per avvicinarsi alla porta di servizio «Stai attento a chi entra, ti conviene.» disse senza guardarlo, per poi sparire nella stanza.
«Merda.» imprecò in un sussurro, poteva esistere un inizio peggiore?

*****


«Ordine, ordine, vi prego!» Wes batté più volte il martelletto nella speranza di far tornare il silenzio nella stanza popolata da Warblers.
«È impossibile che ogni volta ci debba essere tutta questa confusione.» borbottò Francis esasperato con la mano poggiata sulla sua fronte.
«Vuoi dire che ogni volta è così?» domandò Kurt, che stava seduto al suo fianco, incredulo.
«Oh, sì.» intervenne Nelson «E questa è forse tra le meno peggio. Non capirò mai tutta questa tensione tra di loro.»
Kurt spalancò gli occhi, era abituato a cose del genere, ma normalmente nelle New Directions era solo Rachel a mettere becco nelle decisioni musicali e come un’ossessa si metteva a criticare ogni singola azione di ogni singola persona, ma il fatto che fossero tutti a criticare le decisioni di ogni persona del club, era una cosa nuova e inaspettata.
«Insomma che canzone scegliamo per le Provinciali?» chiese Riker.
«Dobbiamo arrivare ad una conclusione il più presto possibile se vogliamo vincere.» continuò Blaine che stava seduto su una poltrona.
«Lo so.» rispose David «Per questo chiedo se qualcuno ha qualche proposta.»
«Scusate, posso?» la voce di Kurt si fece sentire nella stanza, il ragazzo seduto sul divano tra Nelson e Francis si sbracciava, scuotendo una mano in aria.
«Prego, Kurt.» rispose David, facendogli un’elegante gesto della mano. Il ragazzo castano scattò in piedi, incrociò le due mani e guardandosi attorno con un sorriso, iniziò a parlare, sicuro che la sua idea sarebbe piaciuta.
«Io avrei questa proposta. Lo stile degli Warblers è magnifico, ma pensavo che forse potesse essere utile qualcosa di più movimentato, per questo avevo pensato ad una canzone dei Duran Duran.» propose eccitato.
Nella sala regnava il silenzio, nessuno osava aprire bocca, tutti guardavano i tre ragazzi seduti dall’altra parte della lunga scrivania scura, eccetto Blaine che sorrideva guardando Kurt.
«Credo che...» Wes si guardò intorno un paio di volte, indeciso sul come formulare quella frase, poco dopo sospirò «Sicuramente prenderemo in considerazione la tua proposta, ma credo... credo che dovremo pensare ancora alla canzone.» spiegò, aggiungendo un piccolo sorriso.
«Oh.» borbottò Kurt, lasciando la bocca leggermente aperta. Non era sconvolto del fatto che avessero declinato la sua idea, probabilmente ormai era abituato con Rachel nelle New Directions; era stata forse colpa della sua speranza, della sicurezza se adesso ci era rimasto male.

*****


«Due macchiati ed uno speciale.» disse Jack alla ragazza rossa al bancone.
«Arrivano subito.» rispose gentilmente questa, voltandosi verso la macchinetta del caffè.
«C’è sempre questo pienone di solito?» chiese il ragazzo appoggiato al bancone con la schiena, si guardava attorno, osservando come tutti i clienti si stessero godendo le loro ordinazioni, o la loro giornata appena iniziata.
«Non sempre, ma diciamo che abbiamo il nostro giro.» spiegò la ragazza che adesso si era appoggiata con i gomiti sul bancone.
«Questo spiega molto.» borbottò Jack.
«Tu devi essere il novellino, giusto?» chiese la rossa.
«Sì.» rispose voltandosi «Sono io.»
«Benvenuto.» disse in un sorriso smagliante l’altra. Jack non poté non notare che era un bellissima ragazza, statura media e fisico non troppo magro, accentuato dalle sue curve formose, aveva un viso tondo dai tratti infantili, ma il suo sorriso smagliante e gli occhi verdi accentuati dal mascara la tradivano, lasciando intuire la sua vera età: doveva essere più grande di Jack di qualche anno. Il ragazzo si chiese cosa facesse una ragazza così bella a lavorare in quel caffè.
«Grazie.» rispose comunque velocemente, distogliendo lo sguardo per portarlo verso la sala.
«Sono Jaimie.» si presentò, cercando di attirare la sua attenzione «Tu come ti chiami?» chiese.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio, tornando a guardare verso la ragazza, con la sua esperienza sapeva quando una ragazza ci provava con lui, ed il tono ed il modo con cui questa gli si era rivolta, poteva far intendere solo quello.
«Jack.» ripose velocemente, allontanandosi di un passo. Jaimie sorrise, scuotendo leggermente la testa:
«Tranquillo non mordo.» ridacchiò «Che ne dici di prendere un-- » non riuscì a terminare la frase che l’altro la interruppe.
«Credimi, non sarei il tuo tipo.» disse lui chiaramente.
«Bullet!» la voce burbera di Paul McDowell si fece sentire poco vicino. Adesso lo chiamava anche per cognome? Jack era tornato a scuola? Cosa voleva quell’uomo?
Il ragazzo si avvicinò al suo datore di lavoro, senza badare all’espressione sorpresa e senza parola di Jaimie di fronte a sé.
«Sì?» chiese Jack, cercando di mascherare il più possibile il suo disprezzo verso quell’uomo in quel momento.
«Non ti pago per civettare con qualche ragazza, ci sono dei tavoli che devono essere puliti con lo straccio bagnato. Vedi di fare il tuo lavoro.» lo rimproverò in tono burbero, senza rivolgergli un secondo sguardo tornò a pulire il bancone con il suo straccio.
Jack spostò velocemente il suo sguardo dal tavolo all’uomo che gli aveva appena dato la mansione, quando vide che questo non lo degnava più di alcuna attenzione, si avviò con il suo straccio bagnato in mano verso i tavoli che si erano da poco liberati.
Sbuffò pesantemente quando iniziò a pulire il primo ripiano di legno, l’unica cosa che lo teneva ancora lì era il ripensare il motivo per cui era lì: aveva bisogno di soldi se voleva andare al college l’anno successivo e quella era l’unica maniera che aveva trovato per metterne da parte.
Odiava essere sotto gli ordini di qualcuno, soprattutto di qualcuno di così autoritario e pensante, per non dire odioso; Jack era fatto per essere un cavallo solitario o il capobranco, lo era sempre stato, non gli era mai piaciuto sottomettersi e mai lo avrebbe fatto.
L’unica nota ironica di quella mattina era il fatto che sia quella Jaimie che Paul avevano pensato che potesse essere interessato alla ragazza.

*****


Kurt stava lentamente scendendo le scale a chiocciola della Dalton, con sguardo basso ripensava alla riunione che aveva appena avuto con gli Warblers. Anche qui era stata declinata la sua idea, forse non era esattamente accettato come pensava, quelli erano i momenti in cui sentiva tremendamente la mancanza delle New Directions, sarebbe stata Rachel a declinare la sua idea ed avrebbe potuto sparlarne alle spalle con Mercedes. Il ragazzo sentì dentro di sé un incredibile senso di nostalgia, uno strano senso di vuoto nel suo petto e lo stomaco improvvisamente si fece pesante.
«Kurt, ehi, aspetta!» Sentì una voce fin troppo familiare alle sue spalle, si fermò, voltandosi dietro di sé e vide arrivare a passo svelto Blaine. «Mi dispiace che abbiano respinto la tua idea oggi.» disse arrivandogli al suo fianco.
«È solo un modo diverso di pensare.» cercò di rassicurare, più sé stesso che il suo amico «Non migliore né peggiore, è... è solo una cosa a cui devo ancora abituarmi.»
«E questo lo abbiamo visto, per questo ci piacerebbe invitarti per un’audizione per un assolo.» gli spiegò Blaine, formando un sorriso sul suo viso, fermandosi di fronte al suo amico infondo alle scale.
«Per le Provinciali!?» domandò con entusiasmo Kurt.
«Per le Provinciali.» confermò il moro con un cenno del capo «Porta una bella canzone.» aggiunse andandosene nel corridoio popolato dagli altri studenti.
Il ragazzo castano riuscì a malapena a mantenere il suo entusiasmo, con la bocca aperta si guardò attorno, questa sarebbe stata la sua occasione per farsi notare.
Questa sarebbe stata la sua occasione di essere una stella.

*****


Non poteva crederci, non poteva credere che gli avessero realmente negato l’assolo, non poteva credere che quell’audizione non fosse stata abbastanza. Come poteva essere andato male?
Blaine gli aveva detto che “aveva urlato troppo”, che alla Dalton erano tutti uguali, che bisognava uniformarsi, ma la dura realtà era che una divisa non l’avrebbe mai reso uniforme agli altri ragazzi.
Kurt Hummel non era fatto per dondolare sullo sfondo. L’aveva fatto per fin troppo tempo.
Il ragazzo camminava a passo svelto nel pomeriggio gelato, stretto nel suo doppiopetto caldo nero ed il viso coperto nella sua spessa sciarpa, la strada gelata scricchiolava ai suoi piedi, ma Kurt era fin troppo furioso per darci peso.
In pochi attimi raggiunse il Lima Bean, entrando nel caldo ed accogliente luogo affollato dalla solita gente; notò la numerosa fila, evitò per quel giorno di attendere, era solo e mettersi ad aspettare in piedi non gli suonava proprio a genio. Si mise a sedere al primo tavolo libero che trovò, aspettando la solita ragazza mora che sarebbe passata per prendere le ordinazioni, ma quel giorno fu qualcos’altro, o meglio qualcun’altro, a catturare le sua attenzione.
Un ragazzo alto dai capelli castani e scompigliati, girava per i tavoli, guardandosi attorno con attenzione, fermandosi di tanto in tanto a sparecchiare. La camicia bianca lasciava intravedere un fisico asciutto, e piuttosto muscoloso, ma la cosa che aveva attirato l’attenzione di Kurt non era il suo aspetto tanto più le “vibrazioni” che gli aveva trasmesso, qualcosa gli diceva che quel ragazzo moro non fosse esattamente dell'altra sponda, anche se qualche suo atteggiamento non lo convinceva del tutto.
Lo osservava in ogni sua mossa, doveva analizzarlo, capire bene se le sue sensazioni fossero fondate.
Quando improvvisamente i suoi occhi si incontrarono con quelli stretti e color ghiaccio dell’altro per un istante, almeno finché Kurt non distolse lo sguardo un attimo dopo, imbarazzato di essere stato beccato in fragrante.
“Cacchio!” pensò dentro di sé, dopo di che lentamente sollevò la testa con un sopracciglio inarcato verso il punto dove aveva guardato fino a quel momento, ma trovò la traiettoria occupata da un gruppo di persone ferme a parlare; iniziò a guardarsi velocemente attorno nella speranza di rivederlo, non poteva averlo perso così.
«Benvenuto al Lima Bean.» sentì una voce dalla parte opposta dove stava guardando. Di scatto Kurt si voltò e vide che il ragazzo castano lo stava guardando con un largo sorriso ed un taccuino in mano. «Cosa posso portarti?»
Kurt sentì improvvisamente le punte delle orecchie prendere fuoco, sapeva che stava arrossendo davanti allo sconosciuto. Spostò lo sguardo dal viso del ragazzo, guardando il piano del tavolo: beccato in flagrante, era sicuro che quel ragazzo avrebbe iniziato a prenderlo in giro.
«Il solito...» disse in ogni caso, cercando di ignorare ciò che stava succedendo, mantenendo un tono di voce sicuro e fermo, ma si accorse solo in un secondo momento di ciò che aveva detto «Cioè, sei nuovo vero? Non mi sembra di averti mai visto.»
«Oh, sì.» rispose il ragazzo mantenendo il sorriso «Oggi è il mio primo giorno, a dire il vero. Devo ancora abituarmi al lavoro, alla clientela.... Mi è tutto nuovo.»
Kurt sentì le orecchie bruciare:
«Io prendo il latte macchiato scremato, ma ben caldo, mi raccomando.» riuscì a dire, mantenendo un tono fermo, era incredibile come delle volte riuscisse a mostrare le sue doti recitative dal nulla.
«Ok,» scandì il moro, scrivendo l’ordine «ben caldo.» Per un secondo gli occhi color ghiaccio del ragazzo si posarono su quelli di Kurt e il cameriere sorrise da un angolo della bocca scuotendo la testa, per poi tirare diverse righe sul foglietto «Diciamo bollente
L’altro si sentì infiammare a quelle parole lo guardò con gli occhi spalancati e la bocca leggermente aperta, nell’attesa di trovare delle parole adatte con cui rispondere.
«La sua ordinazione arriverà il prima possibile.» continuò allegramente il cameriere con un largo sorriso, si voltò e andò verso il bancone.
“Cavoli” imprecò dentro di sé Kurt “Possibile che non capisca se sia gay o no?”
  
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