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Autore: ClaireAnn_M    29/07/2011    0 recensioni
Questa qua è per te, che non ti puoi spegnere,
non hai mai avuto tempo - devi troppo vivere.
E' per te, questa qua, per la tua golosità;
ti strofini contro il mondo, tanto il mondo non ti avrà.
Perché sei viva, viva, così come sei:
quanta vita hai contagiato, quanta vita brucerai.

-
Storia riveduta, corretta e ripostata in un momento di ispirazione.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questo capitolo, invece è per il mio migliore amico
che è davvero l’unico che riesce sempre a salvarmi,
e mi tiene in riga, e mi riempie la testa di illuminanti discorsi.
Ti amo, E.
 
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Il primo bengala.

 
«Se avete intenzione di affogare i vostri problemi nell'alcool,
tenete presente che alcuni problemi sanno nuotare benissimo.»
 Robert Musil.
 
 
 
«Pensi davvero che mi farò scopare come ripiego?», soffiò Emanuele, sarcastico, insieme a un rivolo di fumo.
Lux sbuffò, abbandonata sul letto, e lui salì cavalcioni su di lei, continuando a ridacchiare.
Spense la sigaretta a metà nel bicchiere di whiskey semi-vuoto che Lux si era versata appena messo piede in casa sua, e iniziò a baciarla con estrema lentezza.
«Io non sono un ripiego. E non mi piace essere usato come bambola per far ingelosire un coglione come Marco De Michele». Quel ragazzo era così pieno di sé che Lux quasi temette di restare schiacciata dal peso del suo ego. «Ma… Tu mi piaci».
«Tu mi piaceresti di più se facessi meno chiacchiere», rispose sfacciata sulle sue labbra. «Sono seminuda e sdraiata nel tuo letto. Il fatto che tu preferisca parlare e parlare è a dir poco offensivo».
«Touchè», ghignò.
Emanuele riprese a baciarla con foga, spogliandola di quel poco che ormai le restava, mentre lei faceva lo stesso e si illudeva che avrebbe finalmente avuto il suo diversivo.
Per Lucilla, il sesso era ormai diventato un’arma contro Marco. Se non poteva averlo, se lui non l’amava, allora voleva che la odiasse. E funzionava. Ogni volta che lei stava con qualcuno, ogni volta che si comportava da puttana, lui la odiava e spariva dalla sua vita, almeno per un po’. Poi tornava - tornava sempre - ma le lasciava il tempo di leccarsi le ferite e di riprendersi perché, nonostante lei non potesse fare a meno della sua vicinanza, quella vicinanza la uccida.
Dopo qualche minuto, Ema si staccò definitivamente da lei, cadendole a fianco.
«Qualsiasi cosa ti abbia fatto», le sussurrò all’orecchio, «non ne vale la pena».
All’improvviso, quasi come se il ragazzo avesse pronunciato una formula magica, Lux iniziò a piangere, e si addormentò così, con la camicia di Ema addosso e lui che la cullava.
 
La mattina dopo fu svegliata dal suono insistente del suo cellulare, e sentendo Emanuele sopprimere a stento un’imprecazione, Lux si trascinò giù dal letto e si affrettò a rispondere.
«Tesoro!», trillò Gin in risposta al suo biascicato “pronto”.
«Ginevra Parisi, che diavolo di ore sono?», borbottò, ostile.
«Mezzogiorno!», ridacchiò l’altra. «Ha chiamato tuo padre. Benedetto ingenuo! L’ho fatto parlare col mio, che l’ha convinto che eri beatamente addormentata nel letto accanto al mio».
«Sei la mia salvezza, tesoro».
«Piuttosto, dove sei?», le chiese con tono inquisitore.
«Mmmh… poi ti spiego. A dopo». Riattaccò senza permetterle di replicare.
Quando si voltò di nuovo verso il letto, trovò Emanuele seduto a fissarla, come una visione semi-nuda.
«Buongiorno!», sorrise Lux iniziando a rivestirsi.
Le labbra di Ema s’incresparono in un ghigno. «Dove credi di andare?»
«A casa, direi.»
Ridacchiò. «Non così in fretta», e in un attimo la tirò sopra di sé. «Sei bellissima».
Lei lo guardò con un sopracciglio inarcato, divertita. «Cosa c’è, Ema, ti sei pentito di aver perso la tua occasione, ieri sera?».
Ed Emanuele Ferri si aprì nel primo, vero sorriso che gli avesse mai visto fare. «Oh, ieri ho fatto tante cose, ma perdere un’occasione non era fra queste».
Baciò Lux con una dolcezza infinita e, per la prima volta in sei mesi, lei fece sesso con un ragazzo senza pensare a Marco.
 
«Allora?».
Lucilla se la prese molto comoda, prima di rispondere alla domanda della sua migliore amica. Si sistemò gli occhiali da sole - maledicendo, ancora una volta, la luce del giorno - e finì il suo caffè.
«A dir poco… fantastico», gongolò.
«Ah! Allora non sono tutte voci di corridoio quelle su Emanuele Ferri!», ridacchiò Ross.
«Tesoro», la riprese Gin, «Non sono mai solo voci di corridoio».
«Andiamo, ragazze!», Arianna fissava le sue amiche, mentre sorseggiava il suo tè - a volte, Lux pensava che Ari fosse davvero nata nella parte sbagliata di mondo, per via di quei suoi atteggiamenti così british - e cercava di concentrare in quel gesto tutta la sua disapprovazione. «Lux, non puoi andare a letto con un ragazzo che quasi non conosci!».
«E perché mai?», ghignò l’altra. «Perché non lo conosci! Non sai niente di lui! Fare l’amore dovrebbe essere qualcosa di romantico fra due persone che si amano!».
Lux scoppiò a ridere. «Ehi! Non è vero che non so niente di lui!», Ari la guardò, scettica. «So che scopa divinamente. E questo mi basta! E poi», si sistemò ancora gli occhiali, con un gesto nervoso, «non ho pensato a Marco», concluse con un filo di voce, accendendosi un’altra sigaretta. La quinta del pomeriggio, precisò Gin.
«A proposito di Marco», iniziò Giuli a bassa voce, «ha dato parecchio… uhm, di matto, dopo che te ne sei andata».
«Ha dato di matto anche prima, se è per questo», rispose Lucilla quasi in un ringhio, ripensando a quello che lui le aveva detto la sera prima. «Beh, l’ho visto buttare giù due bottiglie intere di rum con una facilità allarmante!», riprese Giulia.
«Ah! Al diavolo! Sta con quella bimbetta? E allora non venisse a infastidire me! Non devo assolutamente rendergli conto della mia vita privata», borbottò Lux, sempre più rancorosa.
«Su tesoro», la rassicurò Gin, «conosci Marco. Domenica prossima a quest’ora sarà qui con te a rallegrarsi per essersi liberato dell’ennesima scocciatura».
Tutte annuirono in coro all’evento prognosticato da Gin con sicurezza.
«E, sì, insomma, ieri io e Andrea ci siamo baciati», borbottò Giulia, arrossendo furiosamente.
Rossella quasi si strozzò con la sua coca-cola, per l’emozione. «Oh, ma è una cosa fantastica, Giuli!», sorrise Arianna, mentre dava qualche colpetto alla schiena di Ross.
«Beh, forse, probabilmente, beh… », ammise lei contrariata, «ma, comunque, continuo a non fidarmi. Penso che aspetterò che faccia un passo falso che lo riveli per il maiale egoista che - avendo un cazzo - non può non essere, e nel frattempo, beh, potrei uscirci insieme, qualche volta, tanto per».
Le altre quattro scoppiarono a ridere. La malafede di Giulia, che sul cervello di un ragazzo non ci avrebbe scommesso un centesimo, stava assumendo proporzioni cosmiche.
«Di che parlate, bellezze?».
Prese com’erano dal broncio di Giuli, le Divine non si erano accorto dell’arrivo di Alex, chiamato dalla sua migliore amica per una riunione d’emergenza - altresì chiamata Impediamo a Lucilla di assecondare i suoi istinti suicidi-omicidi scatenati da Marco. Il ragazzo prese una sedia, la piazzò accanto a Gin e si sedette con noncuranza, facendola sbuffare.
«Che c’è, Ginevra?», ghignò. «Ale», lo rimbeccò lei, acida, «quante volte devo ripeterti di tenere una distanza di sicurezza di almeno due metri?».
«Perché, hai paura di non riuscire a controllarti e di saltarmi addosso?», Alex adorava innervosirla, iniziava a digrignare i denti in un modo davvero divertente. «Certo, nei tuoi sogni!», rispose Gin.
«Ehi, bimbi!», s’intromise Giulia, «Smettetela di beccarvi, forza».
«Non ho iniziato io!», esplosero contemporaneamente, cosa che fece ridere Alex e alzare gli occhi al ciel a Gin. In quell’istante arrivò Michele, e lei, ringraziando sonoramente il cielo per il provvidenziale arrivo del fidanzato, si alzò per raggiungerlo.
«Dove vai?», Ale la trattenne per un braccio.
«Dal mio ragazzo, Alessandro, che mi ama ed è fedele», disse, scappando via senza nemmeno salutare.
Seguì un silenzio gelido, rotto dopo poco da Ari con un colpetto di tosse. «Anche noi dovremmo andare. Sapete, domani c’è scuola, dovremmo studiare e, Lux, dovresti farlo anche tu!», disse ridacchiando.
Lucilla iniziò a prendere a testate il tavolino, emettendo mugolii disperati. Alex le accarezzò la testa, ridacchiando. «Andate pure, tranquille, cerco di farle passare la depressione e ve la porto fra un po’».
Giulia annuì. «Allora ci vediamo dopo da me!»
Lux alzò la testa, salutò le ragazze e poi abbracciò il suo miglior amico, sconfortata. «Mi serviranno degli anti-depressivi. Forse dovremmo andare a fare un giro nell’armadietto dei medicinali di mia madre».
«Mmm», lui le stampò un bacio sulla fronte, «che ne diresti, invece, di un bel gelato?»
Lei mugugnò un’approvazione. «Beh, direi che mi posso accontentare».
Davanti ad un enorme gelato - amore della vita di Lux - per la ragazza fu più facile incassare la ramanzina di Alex.
«Sai, Lux, che io sono il primo a dire “beviamoci su”, d’altronde tre quarti delle mie sbronze sono causate dalla tua dolce migliore amica, ma, sul serio, non puoi ridurti così. E non sto parlando dell’alcol, o di Ema, o di tutti gli altri con cui sei uscita solo per fare un dispetto a Marco, ma del fatto che… Dio, guardati Lux!», la afferrò per le spalle, «sei uno straccio! I tuoi sbalzi d’umore si sono triplicati, e tutto per colpa di un coglione che non ti vuole!», Alex non era certo un maestro del tatto, ma era l’unico in grado di scuoterla davvero, quando le parlava senza mezzi termini.
Lucilla sospirò. «Pensi che non lo sappia? Maledizione, avrei voglia di picchiarmi da sola. E lo so, lo so, che ormai non mi vede nemmeno più come una ragazza, ma come un’amica e basta. Ma, cazzo, fa certe cose, a volte, che mi spiazzano. Che senso aveva la scenata di ieri?». «Devi smetterla di illuderti», rispose lui, cercando di non suonare troppo duro, «Marco è un ragazzo. Fidati, conosco la categoria. Lui non riflette prima di fare qualcosa, quindi devi smetterla di cercare i significati nascosti in ogni parola che dice!».
«Lo so», sussurrò, abbracciandolo. «Alex, ti voglio bene. Come direbbe Ligabue, sei il primo bengala sparato nel cielo quando mi perdo», ridacchiò, «e riesci sempre a salvarmi».
Lui sorrise tra i capelli della ragazza, odiava vederla in quello stato, ma sapeva bene che - per fortuna - Lux non era una di quelle ragazze che, col cuore spezzato, si rinchiudono in casa a piangere ponderando il suicidio. Era una forza della natura, la sua migliore amica, e se Marco non lo capiva era solo un idiota.
«Anch’io ti voglio bene, Lux».
  
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