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Autore: Vespa    02/04/2006    1 recensioni
Se Hitomi tornasse su Gaea?
E se all'orizzonte si prospettasse una nuova guerra?
Bhe', se volete trovare risposta a questi interrogativi, basta leggere.
Buon divertimento.
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Hola gentaglia ^__^.
Mi scuso per il ritardo con cui posto questo capitolo ma: 1) Sono stata in gita con la scuola (che bello :DDD, il vero degenero !!!)
2) Avevo gli altri capitoli già pronti, quindi, d'ora in poi, invierò un capitolo per settimana ( un lasso di tempo indicativo, dato che sono una ritardataria cronica...ne sanno qualcosa i miei amici -__-'')
3) In questo periodo sono piena di compiti in classe O_O, non trovo manco più il tempo di uscire col mio ragazzo T__T (maledetti profe, si sono coalizzati!). La prossima settimana ho, addirittura, due compiti di latino!!! Ma siamo pazzi????
Mi scuso, inoltre, per gli eventuali errori di battitura, ma non ho Word. ( pc da rottamare, povero!)
Perdonatemi T__T.
In questo capitolo ho cercato di usare meno ripetizioni, dato che gli altri chap. ne sono pieni.
Tornando alla Fanfic, devo trovare un modo per far resuscitare Folken, io adoro quell'uomo, non doveva morire ç__ç. Folken, amore mio, dove seiiii? Ti voglio fare tante coccole....( Aiuto...questa mi vuole stuprare!!! ndF; *sbav, sbav* nda; Che fai? Guarda che ti mollo! Non mi puoi tradire per uno con i capelli verdi! ndmioragazzo; O_O ndtutti)
La storia sta andando per i cazzi sua! Decido di impostarla in un modo e, alla fine, scrivo tutt'altro!
Oh my garden!
Bene, la smetto di ciarlare e mi butto a capofitto nel 5° capitolo!
Mi raccomando, commentate, fate i bravi!


CAP 5


Allen era spiazzato, che ne sapevano quegli individui del Power Spot?
Tentò di ricordarsi dov' era finito quello scrigno, ma la memoria non scavava così a fondo.
"Allora?" esclamò un Guymelef rivale, acido.
Allen non sapeva cosa fare, se avesse opposto resistenza quei due avrebbero distrutto Palais.
Ma, d' altro canto, non sapeva minimamente dove fosse l' ambito oggetto e, anche se ne fosse a conoscenza, non sarebbe stato disposto a separarsi da un ricordo del padre.
Strinse gli occhi, concentrandosi sull' ombra del Guymelef che si trovava a pochi centimentri da lui.
Accidenti, non riusciva a scorgere nulla in quella oscurità sovrannaturale.
Combattere in quelle condizioni era decisamente impossibile, non contando il fatto che era nettamente svantaggiato.
Uno contro due.
Inoltre, a differenza sua, pareva che i nemici fossero capaci di giostrarsi nel buio più profondo.
"Non abbiamo più tempo da perdere!" esclamò lo stesso Guymelef, preparandosi all' attacco.
"Non ho idea di cosa sia quello che state cercando!" mentì Allen, provando a guadagnare tempo.
"Basta, mi sono stancato; Micheal va al castello, mi occuperò io di costui!" concluse l' avversario, rivolgendosi al compagno.
Il Guymelef restato in disparte spiccò un salto e si recò verso la reggia, che era diventata un brulichio di gente impaurita.
Allen fece per bloccarlo ma l' altro si mise in mezzo, colpendolo di striscio su di un fianco.
Allen fece un sorrisetto, con aria di sfida.
Non c'era modo di ragionare, l'unica cosa possibile era combattere.
Il duello ebbe inizio.
Allen si fece guidare dai rumori che provocava il nemico, ma l' impresa era assai ardua e il concentrarsi suoi suoni gli impediva di offendere ma solo di difendersi.
Non sarebbe durato a lungo in quelle condizioni.
" Maledizione! Devo sbrigarmi o per me e tutta Palais sarà la fine!" mugugnò, stringendo i denti.
I muscoli, solo dopo pochi minuti di battaglia, si fecero doloranti e la fatica lo abbrancava, opprimente.
Era madido di sudore.
Allen fece un balzo all'indietro per schivare l'ennesimo assalto e si accorse, suo malgrado, di essere con le spalle al muro.
Il nemico incombeva lento, gustandosi il momento della vittoria.
Un ghigno soddisfatto fuoriuscì dalla cabina di pilotaggio.
"Allora, noto, con dispiacere, che tutto ciò che si dice sui cavaliere celesti di Asturia è una menzogna..." lo schernì quello, portando la lama alta nel cielo, pronto a scagliare il colpo di grazia.
Allen ebbe un sussulto, aspettando di essere penetrato da parte a parte.
In quel momento, il cielo fu rischiarato da una luce rossastra, seguita da odore di combustione.
Allen tirò un sospiro di sollievo, schiavando abilmente la spada avversaria, muovendosi a sinistra.
La falce colpì un fabbricato, al cui tocco crollò immediatamente.
Lo schermidore di Asturia scrutò l'area circostante e i suoi occhi si sbarrarono dallo sgomento.
"No..." esclamò sussultando. Il palazzo stava andando a fuoco.
"No, è pieno di persone!!!" urlò, furioso.
Rivolse uno sguardo agghiacciante al nemico, che si stava rimettendo sull' attenti. Non l'avrebbe fatta franca.
In un attimo gli fu addosso. Strinse le labbra in una smorfia.
"Prega gli dei che la tua anima sia risparmiata!" lo allertò e senza aspettare la sua risposta lo colpì al petto.
Quello cascò di botto e una pozza di sangue vermiglio coprì il suolo limitrofo.
"Questa è la fine che si meritano i pusillanime!" disse asciutto, rivolgendosi a colui che non lo poteva più udire.
Un attimo dopo era già lontano dal luogo in cui si era consumato quel breve scontro.
Si proiettò verso il castello, sebbene le sue membra implorassero venia.
Non era concepibile, il bel palazzo di Palais avvampava. Vedeva le scintille zampillanti diffondersi allegre.
L'aria s'era fatta torbida per il bollore.
Tutte le reminiscenze della sua verde età risiedevano lì. Quei ricordi gioiosi.
Entrò nel palazzo cheto, se non fosse stato per gli scoppiettii delle fiamme.
Una vampata di calore lo avvolse, facendolo vacillare per un istante. Si impose di continuare. Doveva trovare l'altro dannato e assicurarsi che non vi fossero superstiti.
Maledizione, aveva tradito la promessa fatta a Millerna.
Passò da sale ricoperte da carcasse rattrappite.
Sale i cui splendidi soffitti stavano franando.
Prima stanze sontuose e accoglienti, ora ammassi di cenere.
Entrò nell' ala più interna del palazzo; ivi l'atmosfera si faceva ancor più rovente e l'ossigeno all' interno dello Scherazade stava diminuendo in maniera esponenziale.
Presto l'aria avvelenata sarebbe entrata nei polmoni di Allen, il tempo scarseggiava.
Si guardò attorno, sforzandosi di mantenere una parvenza di autocontrollo; iniziò a salire al piano superiore ma si bloccò al secondo scalino.
I polmoni cominciarono a bruciargli, era un' algia straziante. Lo spirito di sopravvivenza ebbe la meglio e si lanciò verso l'uscita.
Rivolse un ultimo sguardo a ciò che lo contornava, i pochi edifici scampati alla strage parevano ermi e senza vita.
Tutti coloro baciati dalla fortuna erano ovviamente fuggiti.
Si allontanò con il cuore a pezzi, ma la sorte non gli risparmiò la sofferenza di avvistare il castello collassare su sé stesso, sotto la pressione di quel fuoco infernale.

Pianse.
Con quell' incendio non era solo stata distrutta Palais, ma anche la sua puerizia beata.
Sfrecciò veloce tra le foreste, saettò attraverso le rigogliose montagne Floresta.
Via, via, via.
Via lontanto da quella vampa che gli stava bruciando l' anima.
Un lampo di lucidità lo trapassò.
"Celena!". Come aveva fatto a scordarsi della sorella? Fece dietro front verso Palais, sebbene l'istinto gli comandasse tutt'altro.
Man mano che tornava indietro vedeva il fievole bagliore provenire dalla sua città farsi sempre più intenso.
Si fermò, cercando di coordinare tra loro i pensieri che si ammassavano disordinati dentro la sua testa.
Imboccò un sentiero ciottoloso alla sua sinistra. " Fa che non le sia successo nulla!".
Corse ratto, implorando quegli Dei a cui non aveva mai creduto.

Scorse il piccolo agglomerato di case in cui viveva che, da quanto era piccolo, non aveva nome.
Tirò un sospiro di sollievo notando che tutto era tranquillo, come sempre.
Scese dallo Scherazade, lasciandolo incustodito nel fitto di un boschetto lì vicino, non aveva la più pallida idea della reazione di Celena alla vista improvvisa di un Guymelef.
Entrò con foga nella modesta, ma graziosa, dimora. Si stupì nel vedere la sorella sveglia, seduta sul letto, scrutare dalla finestra, tesa.
"Celena..." la richiamò, piano, il fratello.
"Sento sulla tua pelle l'odore della battaglia" moromorò lei, senza distogliere gli occhi dall'orifizio.
Allen si avvicinò al letto della ragazza e il suo sguardo si posò attraverso i vetri.
Boccheggiò. Da quella postazione si poteva scorgere il fumo denso provenire dalla città, ciò che era accaduto si palesava, inequivocabile, davanti ai loro occhi.
"Celena, non è niente. Un pagliaio è andato a fuoco, nulla di grave." recitò, per giustificare quel miasma diabolico.
"Davvero fratello?" chiese, con occhi imploranti la giovine.
"Si Celena, non ti preoccupare." le rispose, cercando di essere il più credibile possibile.
Doveva proteggere sua sorella da tutti quegli orrori. Si era già, ampiamente, redenta dai peccati di cui si era sporcata.
La fanciulla annuì, ora più tranquilla.
Aveva solo fatto finta di credere al fratello.
Non era stupida, quell' esalazione portava alta nel cielo la cenere di chi un tempo era stato uomo.
Ma era meglio così, crogiolarsi nelle bugie, autoconvincendosi che tutto andasse bene, che la vita fosse bellissima.
Poi, non voleva far penare Allen, era fin troppo premuroso e attento ad accontentare ogni suo recondito desiderio.
"Bene, allora posso coricarmi nuovamente." concluse la fanciulla con un sorriso dolcissimo.
Quando il fratello le era accanto si sentiva protetta e gli incubi smettevano di tormentarla.
Allen la guardò smarrito, come dirle che dovevano andarsene da lì?
D'altra parte il peggio era, pressoché, passato; partire subito o all'alba non avrebbe inciso sulle loro sorti o su quelle di Gaea.
Decise, quindi, di rimandare il viaggio alla mattina successiva: non voleva agitare la sorella, alterando il suo precario equilibrio.
"Si, certo. Torna pure a dormire." le sussurrò, baciandole la fronte.
"Buonanotte fratello." lo salutò lei, prima di addormentarsi, cullata dalle braccia di Morfeo.
"Buonanotte sorella." le rispose di rimando, chiudendo la porta della linda cameretta.
Andò in cucina, il suo locale preferito e accese il lume ad olio, per farsi luce.
Stette qualche minuto ad osservare la fiamma rossa che tremava leggermente sotto il suo respiro profondo, con la mente sgombra.
La vampa crepitò riscuotendo Allen dal suo torpore. Uno scoppiettio malefico, identico a quello che aveva distrutto la reggia. Spense il lume, turbato.
Gli avvenimenti di quella sera lo avevano stravolto, sembrava esser passato così tanto tempo da quando era stato accolto al palazzo da Millerna. Fece mentalmente il conto.
A quest'ora la regina dov'eva già essere giunta a Fanelia, confidò che tutto fosse andato per il meglio.
" Sono certo che stanno tutti bene, Gadeth e i suoi non mi hanno mai deluso" si autoconvinse, stropicciandosi gli occhi azzurri che non volevano restare vigili.
Il sole, ancora timido e impacciato, stava sorgendo ad est, rischiarando le tenebre che avevano avvolto la notte appena conclusa.
L'alba.
Allen guardò ammirato quello spettacolo incantevole, la natura con le sue magie riusciva a placare gli animi più scossi.
Si addormentò, un po' più sereno, ricurvo, con la testa poggiata sul tavolo e le lunghe ciocche bionde che gli incorniciavano il bel viso.

Quando si destò il sole non era più timido e splendeva prepotente, facendo filtrare caldi raggi dalle finestre del vano.
Allen si alzò di scatto, quanto aveva dormito? Si spostò in camera di Celena e vide che era perfettamente in ordine.
Uscì dall' edificio; aveva perso troppo tempo, era giunta e passata da un pezzo l'ora della partenza.
Trovò la sorella seduta, tra l'idillio dei fiori dalle mille tonalità, che giocava, spensierata, con una farfalla altrettanto colorata.
Si preparò mentalmente un discorso per giustificare quel viaggio verso Fanelia.
Celena sentì dei passi alle sue spalle e si girò.
"Fratello..." esclamò felice, invitandolo con un gesto della mano a sedersi accanto a lei.
Allen rispose al sorriso luminoso della fanciulla con una brutta copia e le si accomodò vicino.
"Sorella, oggi avrei piacere di farti conoscere un mio caro amico: Van Slanzar de Fanel. Te ne ho parlato qualche volta in questi anni. Ha la tua età, è un ragazzo taciturno come te, scommetto che vi troverete d'accordo. Hai bisogno di incontrare qualcuno con cui dialogare, oltre me."
"Si, mi ricordo... il re di Fanelia, giusto?" mormorò Celena, rabbuiandosi.
Come poteva chiederle di incontrare colui a cui aveva distrutto la patria?
Colui che, sotto le spoglie di Dilandau, aveva cercato di uccidere.
Non sarebbe stata in grado di sopportare la sua vista, di reggere il confronto.
Si sentiva troppo in colpa verso quel ragazzo.
"Si, proprio lui..." replicò Allen, in tono rassicurante, cingendole le fragili spalle con un braccio.
"Ti prego Celena, comprendimi!" pensò, notando il dolore che si era impossessato degli occhi della ragazza.
"Partiremo subito. Prepara le tue cose. Andremo con lo Scherazade." concluse, alzandosi.
"Lo Scherazade?" esclamò lei, sbigottita.
"Si, è il mezzo più veloce per arrivare a Fanelia." mentì, con finta disinvoltura e noncuranza.
Celena, se questo era possibile, si rabbuiò ancor di più. Non sopportava la vista dei Guymelef.
Quei colossi portatori di morte.
"Come vuoi fratello." esaudì e si recò dentro casa per organizzare il minimo indispensabile.
I due fratelli, mano nella mano, salutarono, per sempre, l' angusto paese e si recarono nel fitto del bosco da cui ne uscì, poco dopo, l'imponente Scherazade.
Un vecchio contadino, che si stava recando nei campi, guardò la scena con la bocca spalancata per lo stupore. In quel luogo non succedeva mai niente, per una volta avrebbe avuto una notizia succosa di cui parlare.

Il vento scompigliava i chiarissimi capelli, quasi diafani, di Celena. La ragazza teneva gli occhi chiusi, cercando di non pensare al fatto di essere tra le mani di un Guymelef.
Il solo contatto con quella corazza compatta le provocava ribrezzo.
Era già qualche ora che viaggiavano, senza sosta.
Non era convinta che il motivo della partenza fosse imputabile all'improvviso desiderio del fratello di farle conoscere quel Van.
In tutti quegli anni si era, sicuramente, presentata l' occasione di presentarle il re di Fanelia.
Perchè, dunque, questo viaggio del quale non aveva ricevuto un benchè minimo preavviso?
Che avesse a che fare con quel fumo che odorava di morte?

Imbarcazione mercantile - cieli di Gaea.

Un uomo seduto nel suo studio stracolmo di libri, pensava.
Si massaggiò il mento, sentendo la peluria dura della barba pungergli le dita, e si sistemò meglio gli occhialetti tondi sul naso.
Voleva tornare a casa, a volte si chiedeva perchè continuasse a svolgere con tanto onere l'attività di mercante. Era sufficientemente danaroso, su tutta Gaea nessuno lo superava in quanto ricchezze.
Bramava essere tra le braccia della sua adorata consorte.
Di poter toccare quei capelli vellutati.
Si struggeva d'amore al solo pensiero di lei.
Sbirciò dal finestrino, che spettacolo portentoso: fiumiciattoli di acque cristalline si congiungevano per gettarsi dagli strapiombi rocciosi, formando cascate suggestive.
Presto sarebbe giunto nella capitale d' Asturia.
Sarebbe stato al settimo cielo se non fosse per quella piccola punta di inquietudine, Millerna doveva ricevere Allen.
Quando c'era di mezzo il biondo non era mai, del tutto, rilassato.
Non riusciva a capire se la regina rimpiangesse l' amore di Allen Schezar. Si inalberò al formulare quel pensiero.
Ma comprendeva ancor' meno cosa ci trovassero le donne in quello.
Lui era molto più conturbante, sagace e agiato di quel dongiovanni.
"Mha, le donne.... valle a capire." sospirò in modo teatrale, roteando gli occhi.
Un membro dell'equipaggio bussò, discreto, alla porta. " Sua eccellenza, stiamo per atterrare al porto di Rampat."
Dryden si alzò, accantonando quelle riflessioni.
Il mercantile toccò terra qualche minuto dopo. Dryden scese adagio, scortato da due robusti uomini.
"Strano..." mormorò contrariato.
Non vi era nessuna carrozza che lo attendava per condurlo a Palais.
"Eppure siamo arrivati al porto in perfetto orario..." disse tra sé e sé.
"Sua eccellenza, se vuole possiamo portarla con l'imbarcazione fino alle porte di Palais" proferì uno dei due uomini, servizievole.
"No, non ve ne è il bisogno, sono sicuro che tra qualche attimo la carrozza arriverà." lo tranquillizzò Dryden.
"Forse è Millerna che vuole farmi una sorpresina..." pronunciò con l'acquolina alla bocca, immaginandosi Millerna che lo ricopriva di baci passionali.
Ma le ore passavano e né Millerna né il cocchio sopraggiunsero.
Cominciava ad irritarsi, cos'erano questi modi scortesi, per di più nei confronti del re!
"Avviamoci a piedi..." persuase, rivolgendosi ai due individui.
"Come sua eccellenza desidera."
Man mano che si appressava verso Palais, Dryden si capacitava sempre più che qualcosa non andava.
Era tutto troppo silenzioso. I campi, sempre pullulanti di gente, erano abbandonati.
Poi, finalmente, intravide la cittadina e il sangue gli si raggelò nelle vene.
I due uomini che lo accompagnavano furono costretti a sorreggerlo, poiché, a causa del forte shock, aveva perso i sensi.
  
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