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Autore: Lilith82    07/08/2011    7 recensioni
Questa storia è stata "necessaria" per me. Necessaria da scrivere. Necessaria da condividere. E' la prima fan fiction che abbia mai scritto in vita mia. L'ho cominciata quasi due anni fa. Rileggerla ora, mi fa un certo effetto, lo ammetto. Ma la amo come il primo giorno! Ed anche se, probabilmente, farò delle piccole modifiche, la lascerò intatta il più possibile. E' il mio seguito di Breaking Dawn, necessario, appunto, perché non sapevo rassegnarmi alla fine della saga. E' la storia di Renesmee, di Jacob, di Edward e di tutti gli altri.
Spero vi piaccia. Fatemi sapere.
dal primo capitolo:
"Poi riuscii a muovere le dita di una mano, non che lo avessi voluto, ma quel piccolo movimento mi permise di riprendere contatto coi miei confini fisici, sentii le gambe sfiorate da gambe infuocate, sentii il petto vicino ad un altro torace, grande e ardente, sentii le guance tenute in due grandi mani brucianti, sentii le mie labbra contro le sue grandi labbra scure, come ghiaccio avvolto dal fuoco e capii:
Jacob Black mi stava baciando!"
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Jacob Black, Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Intact world'
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Ohi... l'ho detto che avevo voglia di portarvi... a casa... no?! ;-)
E poi... mi avete taaaAAAnto incoraggiata con le vostre recensioni! <3
grazie grazie grazie <3 <3 <3
Fatemi sapere che ne pensate ed io farò in modo di non lasciarvi prima di avervi portate ad un punto... decisamente interessante...
:-P
Lilla <3



CAPITOLO 13: CASA

Il viaggio procedeva tranquillo, non c’era affatto traffico e Jacob poteva portare il suo piccolo bolide fino ai limiti della potenza del suo nuovo motore. Seth era l’immagine della spensieratezza: armeggiava con il suo iPOD, con il suo GB portatile, si girava e rigirava in preda all’entusiasmo e, forse, per trovare un modo confortevole di tenere piegate le sue lunghissime gambe nell’angusto spazio del sedile posteriore. Leah sembrava di buon umore anche se, di tanto in tanto, qualche nuvolone oscurava il suo cielo sereno. Quanto a me, mi chiedevo perché mai avessi acconsentito ad indossare quel vestito: troppo formale e frusciante, secondo me, perfetto per il viaggio, secondo zia Alice. E ci aveva aggiunto anche un bello stivale col tacco per cui aveva dovuto litigare con papà.
“Ricorda che mi devi un favore!” aveva detto per spuntarla.
Suo fratello aveva sospirato e scosso la testa.
“Eccoli! Ci siamo gente!” esclamò Seth riportandomi al mio sedile.
“Alla vostra sinistra potete ammirare i monti Olimpici!”
Non lo avevo mai visto così eccitato.
Quanto lo faceva soffrire star lontano da casa?!
“Piantala, Seth!” fece Jacob.
Aveva ancora il muso.
Ma gli sarebbe passata...
“Ehi...” gli dissi avvicinandomi “non sei felice di essere a casa?”
Io ero felice, accanto a lui, in viaggio, come dei ragazzi qualunque di ritorno nei luoghi della loro infanzia meravigliosa.
L’auto sembrò sbandare leggermente, Jake scrollò il suo sguardo dal mio e sospirò.
“Certo che sono felice, Ness... Abbiamo cinque giorni!”
Si voltò per guardarmi, sorridente.
Cinque giorni...
Il nostro viaggio...

Prima che riuscissi a dare un senso ai miei pensieri aveva allungato il braccio sulla mia spalla e si era messo a giocare con uno dei miei riccioli color bronzo. Gli presi la mano e respirai il suo odore.
Qualcuno, dal sedile posteriore, si lamentò piano.
Non ci badai.
Osservai le dita lunghe e affusolate e le feci combaciare con le mie, piccole e pallide.
Mi strinse la mano e la portò insieme alla sua sul cambio.
Non ci staccammo: continuò a guidare con tre mani.

La riserva della tribù Quileute, sulla costa olimpica, era uno di quei posti in cui il tempo sembrava fermo da secoli.
Nulla di strano che fosse la culla di esseri magici capaci di mutare la loro forma da animale ad umana e viceversa.
Era un pomeriggio pieno di sole, quello in cui arrivammo, un sole quasi innaturale, dato il clima caratteristico della zona. La vegetazione sembrava accennare alla primavera ed il sottobosco era pieno di vita. Il mare era incredibile: metallico, splendente e solcato da potenti onde. Il vento pungente ma non sgradevole, almeno... non per i mezzosangue!
D’un tratto, un grosso lupo grigio sbucò dal nulla tagliandoci la strada, l’auto ebbe un contraccolpo ma Jake la riportò in fretta in carreggiata, imprecando: “Paul, sei un idiota!”
“Vado io! Gliela faccio mangiare la sua spacconaggine!” disse Seth sporgendosi dal suo sedile.
“No, Seth!” urlai.
Ma era già saltato fuori dall’auto!
Incurante di noi, si stava togliendo i vestiti per trasformarsi.
Una grossa mano calda coprì i miei occhi che, comunque, si erano già chiusi.
Leah sghignazzò: “Eh... dai! Mio fratello non è uno spettacolo così sconvolgente!”
“Sono circondato da idioti!” sbuffò Jake, sbattendo la mano sul volante.

Alla curva successiva, vedevamo già la piccola casa rossa. Il minuscolo portico sembrava sotto assedio: giovani uomini, donne e bambini stavano lì sotto ad aspettarci. I due ragazzi parlavano fra loro, le donne accudivano i bambini più piccoli, i ragazzini si rincorrevano nel prato.
Davanti a tutti, due uomini guardavano fissi nella nostra direzione.
Jake non riuscì nemmeno a spegnere il motore che nonno Charlie già si sporgeva sul mio sedile: “Renesmee, bambina mia!” gli occhi lucidi, le labbra distese sotto i grandi baffi, i riccioli scuri sempre più radi.
“Ciao, nonno! Mi sei mancato!” lo abbracciai alzandomi.
“Oh... anche tu, tesoro!” fece lui stringendomi più forte che poteva.
“I tuoi genitori ti tengono lontana da me!” si lamentò.
“Non per scelta, nonno. E, poi, ci siamo visti a Natale!” gli ricordai.
“Sì... e tu sei così cambiata!” disse scuotendo la testa piano, come a rimirarmi.
“A me non sembra...”
Non ero cresciuta che qualche centimetro negli ultimi mesi, non doveva esserci una gran differenza!
“Invece, Charlie ha ragione, Renesmee” una voce profondissima accanto a lui “sei proprio bellissima!”
“Billy!” mi abbassai per abbracciarlo, la sua stretta sicura.
“Ehi! E’ mia nipote!” lo rimbeccò mio nonno.
“Chissà...” fece Billy sorridente e guardò Jake che intanto aveva scaricato il nostro bagaglio.
“Ehi... ciao, vecchio! Come stai?” gli fece lui.
“Benone, ragazzo! Starei meglio se potessi abbracciare mio figlio!” gli rispose quell’uomo dallo sguardo millenario.
Guardai Jake con aria di rimprovero.
Lui si avvicinò a suo padre e lo abbracciò come un bambino di sette anni cui sia stato chiesto di farlo.
“Mi sei mancato” gli disse quello.
“Anche tu” fece Jake. Ed era sincero!
“Ciao, Renesmee”
La voce di Sam, il suo sguardo scuro e sereno insieme.
Accanto a lui, come fossero uno lo specchio dell’altra, la sua Emily: “Bentornati!” disse.
Il volto radioso.
Si girò leggermente e lo notai: il grembo tondo e teso, custode di una nuova vita.
“Ci sono novità, come vedi” fece lei, carezzandosi il pancione “Nascerà in estate!”
“Wow...” dissi, senza fiato, e, con la mano, mi sporsi verso di loro, come volessi toccare un miraggio, un miraggio di felicità!
“I muffins sono pronti!” l’urlo veniva dalla finestra della cucina: era Rachel.
Entrammo in casa svelti, ma i bambini ci avevano preceduti: Billy, il piccolo di Rachel e Paul, tre anni, e Leah e Susy, rispettivamente quattro e due anni, le bimbe di Sam ed Emily, avevano circondato la povera cuoca per avere la loro porzione di muffin prima ancora che questi avessero toccato il tavolo!
“Prima dovete lavarvi le mani!” gli intimava lei, ma senza molto successo.
“Paul!” sbraitò cercando di attirare l’attenzione del marito.
Questi era, però, intento ad ingaggiar duello con Jake.
“Sei un idiota!” gli stava dicendo Jacob con la testa dell’amico stretta nella morsa del suo braccio.
“Eri tu ad essere distratto!” faceva lui provando a liberarsi.
“Siete sempre i soliti!” li rimbeccò Quil, dividendoli.
“Paul!” urlò ancora Rachel “tuo figlio ha bisogno di una bella strigliata!”
“Arrivo” rispose lui rassegnato.
“Allora, amico, hai fatto progressi con la... vampira?”
Quil non si era accorto che io li stavo fissando.
Jake sì... grugnì e gli diede una gomitata nel fianco.
“Ehi!” si lamentò lui “Sensibile eh?!” lo provocò senza badare al fatto che erano diventati l’attrazione principale della sala.
“Secondo me, faccio prima io a sposare Claire che tu a concludere qualcosa!”
Non ebbe fatto in tempo a finire la frase che era già volato oltre il divano.
Non fossi stata veloce quanto ero, non sarei riuscita a fermarlo: gli era già addosso!
“Jacob!” feci in modo che mi guardasse.
“Bello... Bello! Fallo ancora, zio Jake!” il piccolo Billy era entusiasta del nuovo gioco.
“Meglio di no, Billy...” dissi io “ora, zio Jake proverà ad acchiappare te. Vero, Jacob?”
Aveva ancora il respiro accelerato. Portai entrambe le mani sul suo petto e si calmò.
“Vero” fece un lungo respiro guardandomi, poi, si volse al piccolo: “Sei pronto?”
Il pulcino annuì. 
“Allora, corri!” lo incitò.
Lasciò che il piccolo scattasse e lo seguì fingendo di non tenere il suo passo.
“Grazie, Nessie” disse Quil rialzatosi.
“Te lo saresti meritato, Quil!” gli feci io, seria.
Jake si fermò e si voltò verso di noi.
“Ora... io prendo te!” disse Billy.
“Ok” gli rispose lo zio tornando a lui più sereno.
“Anch’io! Anch’io!” si accodarono le piccole Uley.
“Ok... vediamo chi riesce a prendere Jacob” proposi ai bimbi.
Jake sorrise, mi mostrò i denti e sgusciò fuori dalla casa di suo padre. Finse di farsi acchiappare dai bambini un paio di volte, per poi sottrarsi, all’ultimo momento, alle loro manine. Gli tesi un paio di agguati, evitando volutamente di prenderlo, poi, un movimento del mio vestito lo distrasse e gli balzai addosso.
“Preso!” gridai trionfante.
“Neanche per idea!” fu la sua risposta. E mi scaraventò tra gli alberi, con una risata.
I bambini applaudirono e io ringhiai dal bosco.
“Ti faccio vedere io” sussurrai mentre già correvo verso di lui.
Ero stata davvero veloce!
Non aveva avuto il tempo di voltarsi e si era ritrovato una quasi vampira coi denti puntati alla sua giugulare.
Si voltò verso di me e l’entusiasmo divenne intensità bruciante, nel suo sguardo.
“Preso...” disse cadendo in ginocchio e portandomi con sé.
Gli sfiorai il collo senza potermi staccare dai suoi occhi, senza potermi staccare da lui.
“Ehi... non dovreste fare certi giochi davanti ai ragazzini!” nonno Charlie stava attraversando il prato.
Sebbene non l’avesse voluto, la sua frase suscitò l’ilarità di tutti gli altri presenti.
Ci raggiunse accigliato e mi aiutò ad alzarmi. Jake sospirò e scosse il capo.
“Sai, Charlie, non pensavo che l’avrei mai detto, ma certe volte mi ricordi Edward!”
Charlie lo fissò perplesso ed anche io.
“Dobbiamo sbrigarci ad andare da Sue.” Billy ci stava raggiungendo.
“Ha preparato la cena per tutti, no?” chiese retorico al nonno.
“Certo. Meglio non farla aspettare!” rifletté lui.

 
  
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