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Autore: ManuFury    09/08/2011    4 recensioni
Ciao a tutti... ecco a voi la mia prima ff... spero sia di vostro gradimento e spero di ricevere molti commenti.
Ho pensato... e se i nostri personaggi di Tekken, ormai aldulti, partecipassero con le loro famiglie alla nuova edizione del Torneo?
Curiosi?
Leggete e scoprirete un nuovo mondo... il mio Mondo!
Genere: Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Bryan Fury, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGO: PAESE CHE VAI, USANZA CHE TROVI

 
Due mesi dopo la conclusione della nuova edizione dell’Iron Fist Tournament…
 
Aeroporto di Mosca…
 
Ryan osservò il suo respiro condensarsi davanti ai suoi occhi azzurri come il cielo quel giorno. Persino lui poteva percepire il freddo di quel Paese così pieno di bellezza. Indossava solo una maglietta a maniche lunghe blu scuro, estremamente attillata, tanto che spesso il ragazzo se la pizzicava per allontanarla dai muscoli costretti, sopra di esse portava la cravatta allentata rossa di Selene e quella sua combinazione suscitava spesso l’ilarità dei passanti che lo indicavano ridendo sotto i baffi. Portava anche il suo paio di jeans preferiti: scuri di tessuto con la testa di una tigre ricamata sulla tasca posteriore destra e degli strappi lungo tutta la gamba sinistra. Ai piedi i suoi classici anfibi.
Teneva gli occhi alti verso il cielo chiarissimo quel giorno, era sereno e di una sfumatura particolarmente simile ai suoi occhi. Credo che ci sarà da aspettare. Si disse. Così lasciò cadere pesantemente sulla terra gelata il suo borsone nero, contenente solo qualche cambio.
Un vento gelido spazzava la città e portava profumi e suoni così diversi da quelli di New York. Ryan si passò una mano sul mento privo di peluria. Era proprio all’entrata dell’aeroporto e il continuo via vai di persone che sgambettavano a destra e a sinistra, lo metteva quasi a disagio. Non era abituato a trovarsi in mezzo alla folla. Anzi… l’idea di folla in sé e per sé non gli piaceva niente. 
- Ryan! – Qualcuno lo chiamò e lui si voltò alla sua destra. Una figura avvolta in pesanti abiti bianchi si stava avvicinando veloce a lui. La riconobbe per un particolare: un fazzoletto, un tempo rosso e ora di un pallido rosa, ben stretto attorno al braccio destro.
Lui alzò la destra. – Selene! –
Lei arrivò e gli fu di fronte rivolgendosi un caldo sorriso. Un sorriso vero e puro ben diverso da quella a matita con cui l’aveva conosciuta. Un sorriso magnifico. Ryan le sorrise di rimando.
Le tese la mano ma lei, per tutta risposta, lo abbracciò forte. Allora, un po’ sorpreso, anche lui ricambiò l’abbraccio. Poi, mentre erano abbracciati, lei gli schioccò un lungo bacio sulla bocca che fece arrossire il ragazzo fino alla radice dei capelli bianchi.
- Ma…? – Iniziò lui mentre erano ancora abbracciati.
- Il bacio alla sovietica… ti dice niente? – Chiese lei appoggiandosi al suo petto vigoroso.
- No, buoi totale. –
- Beh, Paese che vai, usanza che trovi! – E che bella usanza! Aggiunse lui con il pensiero.
- La prossima volta… - Le disse lui appena si furono staccati. – Tutte queste scomode ore di volo te le sorbisci tu. – Risero insieme. Lei aveva una risata così bella e cristallina.
- Troppo caldo da voi. Mi rifiuto. – Sorrise Selene.
- Verrai in inverno. – Disse lui.
- Questo si può fare. – Rispose lei.
- Tuo padre… come ha preso la cosa? – Chiese improvvisamente Ryan.
- Bene, direi! – Selene gli fece cenno di seguirlo e lui, afferrato il borsone, la seguì per la via, stando al suo fianco.
- Diresti? –
- Sai quanto è difficile interpretare mio padre…. Mia madre è stata quasi felice. –
- Penso sia un passo avanti. –
- Sì. Un grande passo avanti. –
Mentre si avviarono Ryan ebbe la viscida sensazione di essere osservato.
- Dove si va? – Chiese lui.
- A casa. Ho preferito venire a piedi… venire in macchina con uno dei soldati di mio padre non sarebbe stata una buona idea. A meno che tu non voglia subire un interrogatorio da parte di un soldato degli Spetsnaz addestrato per anni nell’arte degli interrogatori. –
- No, va bene così. – Sorrise lui.
- Mezz’oretta e siamo a casa. – Lo informò Selene. 
- Molto bene. – Ryan non riusciva a togliersi dalla pelle quella sensazione sgradevole di essere spiato. – Sei sicura che tuo padre abbia preso bene la cosa? – Chiese d’impulso.
- Sì, perché? –
- No, niente! Una sensazione! – Le prese la mano e la trovò incredibilmente calda nonostante i guanti di pelle.
Si avviarono insieme per la via leggermente trafficata e spolverata da un sottile strato di neve candida almeno quanto i suoi capelli. Uno sbuffo di vento scompigliò i capelli neri e bellissimi di Selene e lui, con gentilezze, li rimise al proprio posto. Soffermandosi sulla sua pelle candida e morbida. 
 
Sergei Dragunov ripose il binocolo e si concesse un sottile sorriso come una crepa sul ghiaccio del suo volto. Si alzò dalla sua postazione di vedetta sul tetto di un edificio poco distate dall’aeroporto. Mi sembri un bravo ragazzo, Ryan. Commentò mentre si avviava verso le scale. Ma prova solo a spezzarle il cuore… e io ti spezzo lo spirito! E questa è una promessa! E Sergei Dragunov, l’Angelo Bianco della Morte, era una persona che, in un modo o nell’altro, le promesse le manteneva sempre.  
 
 

 
 
Siamo arrivati alla fine. Allora ragazzi, che ne pesante?
Fatemi almeno sapere se posso scrivere il seguito o se è un progetto da mollare.
Fatevi sentire… non limitatevi alla scena muta come Sergei Dragunov.
A presto ragazzi,
Bye Bye

  
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