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Autore: SassyUnicorn    10/08/2011    10 recensioni
Eravamo lì, su una di quelle panchine in marmo a chiederci in silenzio il perchè di tante cose senza renderci conto che qualcosa, da lì a poco, sarebbe cambiato. Una fitta allo stomaco mi fa gemere, Gerard mi stringe sperando con me che tutto sia solo un brutto sogno.
[Mpreg] [Sequel]
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'What if I'm pregnant?'
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#2

La nuova divisa è anche peggiore di quella vecchia. Giacca a quadri, stile scozzese di un rosso e un verde deprimenti.
Le mie occhiaie non danno segni di volersene andare. Ogni notte è peggio. Ogni notte un nuovo pezzo. Ogni notte il suo viso. Ogni notte la sua morte.
Sto per impazzire.
Sono le sei del mattino e sono già pronto. La scuola è alle sette. Che bella merda..
Scendo il cucina, mia madre dorme ancora. Ultimamente sta cercando di capirmi o più semplicemente quel figlio di puttana del terapista fa la comara con lei raccontando i miei fatti.
Quel tipo non sa niente, non sa un cazzo di niente.
Non sa nulla di quello che provo, nulla di Gerard, nulla della musica e nulla di mio padre. Sa solo della droga il che non serve a nulla.
Prendo del caffè e accendo la piccola tv sul mobile cercando i canali di musica.
La musica. L’unica cosa rimasta o forse l’unica che ho fatto restare.

Mikey è morto.
Ray.. Ray non lo sento da un po’ . Mi ha scritto, continua a farlo ma io continuo ad ignorare il telefono. Anzi, non so nemmeno dove sia, non lo vedo da un po’ ma lo sento squillare ogni tanto.
Bob.. Bob è semplicemente sparito dopo che ho mandato a quel paese lui e la sua gallina.
Gerard.. Gerard non so nemmeno che fine abbia fatto.
Prendo lo zaino color merda, si esatto, color merda, dall’ingresso ed esco di casa anche se è troppo presto la scuola non è vicinissima ma non mi va di restare a casa.
Se non si è capito la mia vita sta andando a farsi fottere ma.. I don’t care.
Non c’è più nulla che mi interessa.
Nulla che mi faccia pensare ad un futuro migliore.
A volte penso che forse è meglio finirla, darci un taglio. Ma poi penso a mia madre, alla mia fottuta paura del dolore, a Gerard.. si penso anche a lui.

 

La scuola è sterile. E’ bianca, fuori e dentro. Le suore sono cattive.
Si merda, il mito della suora cattiva è vero.
Sono perfide, apatiche e sante. Se, finte sante.
Gonnelle alla caviglia. Non tanto alla caviglia quando suora Nancy se la fa col preside però.
La maggior parte degli studenti in questa scuola sono figli di direttori di banche e ragazzine disadattate. Niente di interessante nemmeno nelle attività.
Preferirei restare tutti i giorni in punizione pur di ritornare alla vecchia scuola.
E invece no. Mia madre ha scelto la scuola cattolica per farmi rigare diritto. Si, diritto tra le mani di una lametta o una bottiglia di vodka. Che donna dolce.
Mi ha proibito di uscire i primi tempi, poi ha capito che non sarei uscito comunque e la punizione è andata scemando. Poi la stupidata della terapia. Poi il discorsetto su Gerard. Poi il discorsetto sulle mie richieste assurde in fatto di cibi.
Ho fame, sempre fame.
Credo sia per il nervoso.
Ho messo su qualche chilo ma come ho detto non mi interessa più di tanto.
La scuola inizia, la preghiera del mattino in palestra e poi le altre 5 ore dedicate al signore, come dicono loro. Mi chiedo cosa si impari in questa scuola se tutto ciò che viene insegnao viene insegnato legandolo alla religione. L’assassinio di Kennedy ad esempio. La religione a cosa la vuoi legare?!
Mi sento finalmente libero quando suona l’ultima campana e trovo mia madre ad aspettarmi fuori, strano.
         -Come mai da queste parti?- chiedo appena entro in macchina. Spero solo che non sia stata chiamata dal preside perché fumo. Si, fumare è un peccato.
         -Andiamo dal dottore.- dice senza tono.
         -A fare?- dal dottore? Non capisco.
         -Frank sei strano e non mentire, stanotte hai vomitato.- mi punta un dito contro senza distogliere lo sguardo dalla strada.
         -Si ma penso che mi abbia fatto male qualcosa, non è poi così grave.- scrollo le spalle. A dire il vero non è la prima volta che vomito in piena notte o di mattina presto, come stamattina. Penso sia tutto a causa dell’incubo ma questo evito di dirlo.
         -Comunque una visitina non ha mai ucciso nessuno, no?- dice ironica. Non le rispondo. La visita dal medico mi mette una strana sensazione, mia madre sospetta qualcosa e io sospetto che lei sospetti qualcosa che io non sospetto.
‘Fanculo le madri!
Penso non avrò mai un figlio, non sono tagliato per fare il padre. Proprio no.
Sorrido ripensando a Gerard, quella volta che mi ha confessato che se mai avrà un figlio lo tratterà come un qualcosa di prezioso, la cosa più preziosa al mondo e che proverà a fargli vivere la migliori delle infanzie. Aveva un luce bellissima negli occhi mentre lo diceva. In quel momento il mio cuore stava scoppiando d’amore. Lo fa pure ora ma ora è decisamene diverso.. non sono fra le sue braccia e non sono nella sua macchina.
Mi rannicchio sul sedile aspettando che mia madre arrivi in ospedale.
Poi c’è l’ospedale, quel parcheggio.. Terry e la torcia, i finestrini appannati.. un covo d’amore, ecco.
Ma l’ospedale ha un altro ricordo, che non c’entra nulla con un covo d’amore, con Terry e la torcia e con dei finestrini. Anzi con dei finestrini si, quelli che si sono frantumati addosso a Mikey durane l’incidente.
Varchiamo la porta principale e mi si stringe il cuore. Rivivo per un attimo quella scena di me in preda al panico, dell’infermiera che mi porta in quel dannato corridoio dove Gerard ha lasciato l’anima. Sono sicuro che se torno in quel posto la trovo ancora lì accovacciata affianco alla porta in attesa di qualche notizia. In attesa della notizia.
Ma no, non tornerò mai il quel corridoio. Mai.
Mia madre chiede di un certo Dr. Leto. E un’infermiera ci indica il piano.
Ho paura di incontrare la madre di Gerard in ospedale e non oso immaginare come si possa sentire a passare la maggior parte del suo tempo nell’edificio dove il figlio è morto.

Basta.
Chiudo gli occhi cercando di mandare via questi brutti pensieri e anche le lacrime che stavano arrivando. Basta.
L’ufficio del Dr. Leto è al terzo piano, è un ufficio discreto. Qualche foto sulla scrivania, due riconoscimenti appesi al muro per mostrare la sua bravura. E una targa sulla scrivania “Dr. J. Leto”. Non so nemmeno che tipo di medico sia.
Mia madre gli stringe la mano, io dopo di lei. Non spiccico parola mentre mia madre dice i miei “sintomi”.
         -Mi scusi signora, posso restare un attimo da solo con il ragazzo?- ascoltando la sua voce mi volto verso di lui con un viso senza espressione. Mia madre annuisce, mi accarezza i capelli ed esce.
         -Frank, Frank, giusto?- annuisco per dargli conferma. Mi accorgo solo ora di come sembri giovane. –Bene Frank, dimmi.. è da molto che avverti il senso di nausea e di eccessiva fame?-
         -Qualche settimana credo, non c’ho fatto caso.-
         -Potresti essere un po’ più preciso su cosa avverti prima della nausea?- mi chiede scribacchiando qualcosa su un blocco. Ci penso bene ma non ricordo particolari dolori o altro. Tranne qualche fitta ogni tanto. Vorrei tenere la boca chiusa e dire “no, sto bene. Arrivederci.” Facendo il bambino scazzoso ma qualcosa mi dice di aprire la mia fogna.
         -Niente di particolare, quando sto troppo seduto a volte.-
         -Va bene. Hai anche giramenti di testa o altri dolori fisici?-
         -Mi gira raramente la testa e ogni tanto ho delle forti fitte alla pancia.-
Scribacchia ancora poi mi fissa forse incerto se scrivere o meno qualcosa.
         -Posso sapere precisamente le fitte dove ti colpiscono?- mi chiede ancora con la penna a mezz’ora. Ci penso un po’ poi mi tocco il ventre indicando i punti dove le fitte mi colpiscono più spesso. Leto mi fissa ancora.
         -Frank.. non vorrei essere indiscreto ma posso sapere se sei ancora vergine?-
Arrossisco, oh si se arrossisco. I ricordi di quella sera mi colpiscono come uno schiaffo e mi buttano a terra dicendomi che sono solo ricordi e che mai riavrò le mani di Gerard sulla mia pelle.
         -N-No..-
         -No, non sei più vergine?- ma cazzo, vuoi rigirare il coltello nella piaga brutto figli di puttana?
         -No. Non sono vergine.- gli vorrei sputacchiare in faccia.
         -Bene, allora dovrai fare qualche altro accertamento.-
         -Mi scusi, mi sta dicendo che ho una malattia venerea?- la domanda mi esce fuori da sola. Non riesco a pensare ad altro dopo la domanda “sei vergine?”.
         -Ma cosa.. no! Frank no, non parlo di una malattia venerea.- ma Leto è specializzato in suspance?
         -E allora cosa? Non capisco l’essere vergine o meno cosa c’entri. Parli chiaro, mi sto stufando.- se mia madre fosse stata presente mi avrebbe già mollato due sberle.
         -Frank, temo che tu sia incinto.-

Mascella? Mascella?! Qualcuno ha trovato la mia mascella da qualche parte? Temo di averla persa.
         -Che cazz..- insieme alla mascella sto per perdere gli occhi.
IncintO. IncintO?! Ma è umanamente possibile? Oppure sono una donna? Oppure sono uno scherzo della natura, mezzo uomo mezzo donna e magari Gerard ha puntato al… buco sbagliato. Pensando questo arrossisco, e di brutto pure. Oppure non c’è un buco sbagliato, magari è solo uno e io non mi sono mai accorto di avere il ciclo. Dicono questo nei telefilm, no? “una ragazza senza ciclo è una ragazza senza figli!” quindi.. –Ma come cazzo è possibile?- la mia lingua parla da sola.
         -Vedi Frank.. ci sono alcuni casi.. di alcuni uomini che sono in grado di portare a termine una gravidanza. Non sono ancora chiari i procedimenti e ti verrà anche chiesto se vuoi aiutare i medici a studiare questi casi. Fino ad ora nessuno ha accettato perché questo significherebbe abortire. E sappiamo per certo che la gravidanza non è proprio simile a quelle di routin, sempre 9 mesi ma il feto cresce meno lentamente. E sappiamo anche che è possibile partorire solo una volta. Diciamo che insieme al bambino esce fuori questo mini utero che alcuni presentano. I casi non sono rarissimi ma sono abbastanza rari i casi in cui il bambino.. sopravvive.- mi fissa cercando di leggere la mia espressione pietrificata.
Gli uomini possono partorire? Dal culo? Da dove?! Studi? Mini uteri? Bimbi.. morti?
Non so davvero più cosa pensare. Magari ora escono fuori anche gli umpalumpa e mi danno della cioccolata. Umh si, ho voglia di cioccolato.
         -Ma.. siamo sicuri? Insomma che io sia.. incinto.-
         -Ne sono abbastanza sicuro. Se mi segui nell’altra stanza facciamo un ecografia e.. diamo la bella notizia alla mamma.- annuisco ma gli chiedo di non dire nulla a mia madre, per ora, e lui accetta.
Cambiamo stanza, mi spalma del gel puzzolente sulla pancia e accende un macchinario al mio fianco. Inizia a passare sulla mia pancia con questo coso di cui ignoro il nome, sul macchinario iniziano ad apparire cose confuse, non capisco inizialmente poi vedo meglio. Un piccolo feto sta lì nella mia.. pancia. Mi viene un conato di vomito al pensiero che qualcosa sti crescendo dentro di me. Al pensiero che sono uno sfigato, al pensiero che sarò un padre single. Terrò il bambino? Non lo so. Al pensiero di Gerard che.. lo dirò a Gerard? Devo, ma troverò il coraggio?
La mia mente è affollata da mille domande e pochissime risposte. Dubbi su dubbi.
Tutti mi giudicheranno un lurido gay ma non mi interessa più di tanto. Io amo Gerard. Lo amavo mentre facevamo l’amore e creavamo questa.. cosa.. dentro di me.
         -Frank, stai bene?- Leto interrompe i miei pensieri, io annuisco senza spiccicare parola. –Sei sbiancato, sei sicuro? Vuoi ch chiami tua madre?- annuisco ancora, ho bisogno della sua mano.
Leto lascia la stanza e ritorno qualche secondo dopo con mia madre al suo fianco che mi guarda già con gli occhi lucidi.
Non ce la faccio a guardarla, giro il viso fissando il muro bianco dietro il macchinario.
Lei non dice nulla, mi prende la mano e basta. Me la stringe mentre Dr. Leto gli spiega le stesse cose che ha spiegato a me.
Lo ringraziamo, mi da le radiografie che non oso prendere a mano, le prende mia madre, ed usciamo dall’ospedale. Un macigno mi costringe a tenere la testa bassa, mi sento un idiota. Uno sfigato. Un tutto-quello-che-nessuno-vuole-essere.
Mia madre non apre bocca ma non è arrabbiata, poi perché dovrebbe esserlo?
“Non correre.” Mi aveva detto.
Ricaccio via le lacrime ed apro la porta di casa con una busta della spesa in mano. Ho comprato anche il cioccolato.
Non voglio parlare. Non voglio camminare e non voglio fare nulla.
Prendo la mia cioccolata e me ne salgo in camera sperando di morirci.
Ed ecco che il primo pensiero pessimistico della giornata si fa avanti e si unisce a quelle mille domande che ancora mi galleggiano in testa.

E Gerard, come la prenderà?
E io come farò?
Come dirglielo?
E se il bambino morirà?

E se morissi io prima di lui.. ?

 

 

 

 

NOTIZIONA non tanto sciiiiiiiiok visto che l’ho scritto nella trama che questa storia sarà una Mpreg u-u
Allooora ecco questo secondo capitolo, non se che altro aggiungere.
A si, dove solo tutte le belle signore che seguivano l’altra storia? çWç
*va via facendo la finta offesa*
Addio ragazze, 
al prossimo capitolo.

                                                                

 

xoxo

Ann :3

   
 
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