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Autore: KikiWhiteFly    11/08/2011    4 recensioni
[AkitoSana; Sana centric principalmente]
«Ricordati che... Los Angeles è vicina. Vicina... vicina.»
Mi costrinsi a non piangere, strizzai gli occhi con tutta la forza che possedevo. L'aveva detto in modo incerto, trapelava un po' di insicurezza nella sua voce. Più ripeteva quella supplica sottovoce, tanto più sembrava crederci, così decisi di adottare quel metodo anch'io. E ci ritrovammo a parlare sottovoce, per infinitesimali secondi, forse quella era l'unica parola sensata da dire in quel momento.
«Se lo ripeto, funziona davvero.»
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VII.



«Se io lo vedessi adesso, soffocherei».











«Davvero tornerai a recitare?».

Naozumi, dall'altro capo della cornetta, sembra possedere un tono così speranzoso che deludere le sue aspettative mi pare d'un tratto un delitto.

«Vorrei. Sto aspettando l'aggancio giusto...».

Rispondo molto vagamente, tornare a recitare sarebbe bellissimo ma vorrei farlo nel modo giusto. Vorrei, cioè, potermi impegnare come un tempo e dare il massimo – il ché, a conti fatti, significherebbe dover essere in piena forma.

«Sana, devo proprio andare».

«Oh, d'accordo. Ci sentiamo, allora».

Un breve mugugno – quel che basta per definirsi un cenno d'assenso – e la linea cade.



Chiacchierare con Naozumi è sempre piacevole, sembra volermi sostenere in qualunque cosa – a volte mi chiedo quale effetto avrebbe avuto sulla mia salute innamorarmi di Naozumi. Poi, ricordo, è un pensiero davvero infelice.

In ogni caso, vorrei davvero poter pensare alla mia carriera: mi mancano i tempi in cui ero in grado di lavorare persino dieci ore al giorno, sembrerebbero passati secoli ma, invero, mi distanziano solo alcuni anni.

Forse avevo solo meno pensieri.

È proprio quello che mi manca, alcune volte: i tempi in cui avevamo tanta fretta di diventar grandi e non vedevamo l'ora di fare progetti, viaggiare, esplorare questo vasto ed ingarbugliato mondo. E c'è ancora molto tempo per farlo, lo so, tuttavia preferisco ieri a domani, perché ieri i miei pensieri non erano così... fragili.

Ora si scontrano contro la dura realtà, sembra quasi di vederli affogare a volte – dovrei stare attenta, in ogni caso, a non andare a picco assieme a loro –, ho imparato a domarli, però.


«Sana!».

Rei oltrepassa la soglia di casa con un sorriso raggiante, reca in mano dei documenti apparentemente importanti.

«Abbiamo un aggancio! E credo che ti piacerà moltissimo».

Mi invita a sedere, si toglie persino gli occhiali – diamine, penso, dev'essere proprio una questione vitale.

«Non dirmi che dobbiamo andare ad Hollywood!».

Ridacchio tra me e me.

Osservando l'espressione di Rei, però, mi rendo conto di non aver fatto una battuta divertente.

«Ti hanno offerto un ruolo da protagonista in un telefilm che dovrà essere lanciato l'anno prossimo. E, indovina, qual è la patria dei telefilm?».

Boccheggio ripetutamente per qualche secondo, mi rendo conto solo in quel momento di aver appena ricevuto una “proposta internazionale”.

L'America, sì, a qualche passo di distanza.

«Stai scherzando?».

Rei nega placidamente con il capo, quello sembra tutto fuorché uno scherzo.

«Affatto», afferma, «Ma non ti ho ancora detto tutto, Sana: alloggeremo a Los Angeles».



Rei sembra gioire di felicità, gonfia addirittura il petto; io, invece, non riesco proprio ad abituarmi a quella notizia: dovrei essere felice, euforica, dovrei precipitarmi alla cornetta del telefono e comporre quel numero.

Dovrei e vorrei, invero, ma la paura mi impedisce di muovermi.

È la fragilità, più che la paura, a piegarmi – inevitabilmente.

È una forza che non riesco a controllare, è il mio cuore che rimbalza in bocca, è la mano che trema di spavento, è lo sguardo disorientato, è la lacrima che, insolente, scalfisce lo zigomo.

E, tuttavia, ci sarebbero milioni e milioni di ragioni per essere felice: Akito, la mia ancora di salvezza, è improvvisamente raggiungibile... potrei respirare il profumo della sua giacca al vento sulla mia pelle, potrei toccare con mano i nostri sentimenti.

Sarebbe bellissimo, davvero, se non fosse che gli ultimi due anni sono stati un vero e proprio inferno: il mio cuore ha sentito la mancanza di Akito e, non solo, si è anche ribellato; è stata dura, durissima, riemergere da quell'abissale vuoto senza fine nel quale si era costretta la mia anima – e tornare a sorridere, lavorare ed amare senza colpa alcuna.



Negli ultimi due anni, in pratica, ne ho passate davvero di tutti i colori e adesso che, finalmente, ho capito di non dover addossarmi nessuna colpa il mio spirito sembra essere nato nuovamente, aver ritrovato la luce nel lungo e tortuoso cammino che ho percorso, sino ad ora, nell'ignoto.

«I-Io non posso...», i miei occhi si riempiono di lacrime, «... Io non posso, Rei, davvero».

Rei mi osserva con disappunto; tutto il suo entusiasmo sembra improvvisamente essere sfumato nel nulla.

«Cosa stai dicendo, Sana? È Akito, il tuo ragazzo...».

Poggia una mano sulla sua spalla ma, dal mio punto di vista, sembra aver appena riaperto una vecchia ferita.

«Se io lo vedessi adesso, soffocherei», affermo, la voce rotta dal pianto, «Soffocherei. Non sarei in grado di tornare a galla».

Rei scuote leggermente la testa, boccheggia ripetutamente – un vano tentativo di trovare le parole adatte – e, infine, sospira laconicamente.

Tutto quel che riempie la stanza è il silenzio.

Le pareti, però, sembra quasi che parlino: di me, di lui, di noi.

Quel noi che, con il tempo, abbiamo imparato ad accettare – persino ad amare –, e che ora siamo costretti ad aspettare.

«Lo capisco. Lo posso capire».

Rei sforza un sorriso, eppure dietro le spesse lenti scure i suoi occhi mi sembrano infinitamente tristi.

Vorrei potergli spiegare che non deve addossarsi alcuna colpa, so che agisce solo in funzione del mio bene; vorrei avere la forza di rivedere Akito a Los Angeles e correre tra le sue braccia ma, infine, mi dovrei rendere conto che il nostro idillio è solo questione di tempo.

I miei occhi si sono riempiti di lacrime, stringo ancora i pugni ma temo che non serva a molto – per quale motivo sono sempre così fragile quando si tratta di lui, eh?


«Lui mi manca. Mi manca da morire», deglutisco, le emozioni mi bloccano la gola come cemento,

«Ma rivederlo, rivederci, renderebbe la sua mancanza ancor più insopportabile».


E Rei prova a dire qualcosa ma, alla fine, quel che resta sulle sue labbra non è altro che un sorriso amaro. Poi, senza neppure rendermene conto, le sue braccia avvolgono il mio collo ed emanano un tepore simile all'amore – l'affetto di un padre, tutto lì.

Le lacrime si sciolgono sulle mie guance, il dolore sfigura le mie espressioni, l'amore non fa altro che caricare le lacrime ed il dolore di intensità.

«L'amore è insopportabile, Rei. È davvero insopportabile».

Tra le braccia di Rei, per una lacrima che si spegne tante altre rinascono e soffrono in egual maniera.

E, ho pensato infine, forse è proprio questo la vita: un ciclo continuo e, tuttavia, vitale per ogni singola esistenza. Una lacrima che si spegne, tante altre che si avvicinano senza pudore.

Non è tutto sprecato, affatto: per qualcosa che cade, c'è sempre qualcosa che resta.

Resta per essere amata, coltivata e fortificata ogni giorno – la mia pena, a quel punto, si fa più sopportabile.





* * * * *







Note.


Mi rendo conto di essere in ritardo .w.

Maggio/Giugno/Luglio sono stati dei mesi terribili, davvero, densi di studio. Alla fine, però, sono riuscita a dare la maturità e ne sono uscita indenne (?). Fino ad Ottobre, quindi, niente impegni. Goduria assoluta. ùù.

Quindi, sì, anche se sono sparita ho scritto parecchio: questo capitolo, sebbene non sia molto lungo, è stato molto impegnativo. Ci sono tante cose all'interno: la fragilità di Sana, il dolore di un amore vissuto a distanza, l'affetto di un padre come Rei – pur non consanguineo.

Ed il dolore, in sottofondo, che sovrasta la protagonista.

Una specificazione: non so quanto “Hollywood” disti da “Los Angeles”, potrebbero essere anche distare parecchio, ma... possiamo far finta che siano vicine? Serviva ai fini della storia, ecco. XD.


Ulteriori informazioni: il prossimo sarà il penultimo capitolo.

Ebbene sì, siamo giunti quasi alla fine di questa “Odissea”.

Vi anticipo solo che sarà solamente Akito/Sana – una lunga telefonata tra i due, quindi troverete molti dialoghi. Parleranno di cose molto importanti, quasi “a cuore aperto”.

L'ultimo capitolo era lungo una decina di pagine – era tutto bello e pronto per l'occasione – ma, indovinate un po'?

Un Trojan – virus letale, vi consiglio di non aprire mai troppe finestre insieme <_< – mi ha bloccato il pc per circa tre giorni. Ed io ho penato per restaurarlo.

Tutte le mie quattrocento fan fiction, più o meno, cancellate.

Non vi dico come ho sofferto. y________y.

E, niente, lo sto riscrivendo – che altro posso fare? XD –, ci vorrà un po' di tempo perché sarà molto lungo ma vi prometto che vi sorprenderà. <3.

Infine vorrei ringraziare tutti voi che commentate con tanto affetto, sia qui che su Facebook, è sempre un piacere parlare con voi.

: ).

A presto,


Kì.


   
 
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