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Autore: SidRevo    17/08/2011    11 recensioni
Lo so che la dovrei smettere di intasare questo fandom stressando il resto del mondo con la mia malsana dipendenza, e che farei meglio a chiamare uno psicologo...ma Britin porta anche a questo!
Ci sono migliaia di raccolte sulla suddetta coppia, me ne rendo conto, ma anche stavolta non sono riuscita a resistere dal propinarvi la “roba” – appunto – che zampetta nella mia testa a riguardo, e che per ovvi motivi di trama non posso inserire nella long che sto scrivendo.
Ogni capitolo è scollegato dall’altro, portando quindi a raiting, timeline, generi e ambientazioni diversi. Un grosso e casuale agglomerato di Britin per intendersi, che spero vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Brian Kinney, Justin Taylor
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Message.


Raiting: Verde.
Timeline: Post 5x13.


*'*'*

“Message”
[betato da Trappy]


“A message” - Coldplay


Sali sulla tua Corvette perfettamente pulita e impeccabile com’è sempre stata – tralasciando il triste episodio in cui l’hai prestata a Michael per il suo drammatico tentativo di fuga con il suo figlioccio, che ti ricorda di non concedergliela mai più – e giri rabbiosamente la chiave per metterla in moto.
Ti abbandoni contro il sedile in pelle, godendoti il suo potente rombo, come se potesse invaderti la testa e far piazza pulita di tutti i pensieri che ti si arrovellano dentro.
Ti chiedi cosa ti sia passato per la mente il giorno in cui ti sei convinto ad aprire una tua agenzia, quando potevi firmare quel cazzo di contratto con Gardner e startene buono al tuo posto, senza troppe rotture a fracassarti il cervello e le palle, finché un sorriso spunta sulle tue labbra.
Lo sai fin troppo bene che non ne saresti mai stato capace, ma lo stress lavorativo è davvero difficile da sopportare, soprattutto adesso che, quando rientri a casa, non c’è Justin ad aspettarti con il suo sorriso che disperde in un attimo ogni tua congettura, lasciandoti pervadere solo dalla voglia di sentirlo ridere, sussurrare e ansimare, sempre e solo stretto tra le tue braccia, in un groviglio complicato delle lenzuola o dei cuscini sparpagliati sul parquet.
Inutile mentire: ti manca più dell’aria; ti è necessario anche più dell’aria, ma non puoi far altro che aspettare e guardarlo splendere in mezzo ai suoi continui successi.
Sei orgoglioso, fottutamente orgoglioso...e sai di averlo “cresciuto” nel migliore dei modi, ma neanche tu sai cosa pagheresti perché ti venisse lasciato più tempo da trascorrere con lui, senza doverglielo chiedere; senza dover combattere con i sensi di colpa che si aggrovigliano e ti si stringono allo stomaco ogni volta che ti senti di rubargli tempo, ogni volta che ti senti di troppo.
Lanci un’occhiata al cellulare silenzioso gettato sul sedile accanto e desisti dal comporre il suo numero, inserendo la marcia e immettendoti nel traffico.
Vorresti sentire la sua voce, ma temi d’interromperlo durante uno dei suoi momenti d’ispirazione e sai che non potresti perdonartelo, anche se lui farebbe e direbbe di tutto pur di rassicurarti e non farti sentire in colpa.
Raggiungi il tuo palazzo e senza troppo entusiasmo sali fino all’ultimo piano, facendo scorrere la grossa porta e muovendo i primi passi in quell’enorme spazio chic, quanto vuoto e apatico.
Sembra che, da quando lui non vive più lì, ci sia fin troppo ordine, che tutto sia perfettamente statico, immobile e impegnato a prendere polvere – proprio come te – nell’attesa del suo ritorno.
La cucina non l’hai praticamente più usata, se non per prepararti qualche caffè la mattina, mangiando un boccone sempre e solo fuori, perché qualsiasi cosa sembra essere insapore senza il suo sorriso compiaciuto, mentre gusta la sua ennesima prova culinaria perfettamente riuscita; e il frigo è sempre praticamente vuoto - tanto che sei convinto abbia perfino l
’eco - ora che fare la spesa ti sembra inutile e noioso.
Nel bagno non hai mai spostato niente di suo. Lo spazzolino è al suo posto, così come l’asciugamano gemello del tuo o la schiuma da barba.
Solo il bagnoschiuma nella doccia o lo shampoo ti sei concesso di usarli qualche volta, per sentirti addosso qualche traccia del suo odore, anche se non sarà mai lo stesso se non è sulla sua pelle; e anche se odorarlo senza poterti stringere a lui fa ancora più male.
Nel terzo cassetto – quello che non apri mai, quasi fosse off-limits per te – c’è ancora qualcosa di suo, così come nella parte sinistra dell’armadio: cose che ha lasciato; tracce della sua presenza nel loft, per ricordarti che presto tornerà e che potrete godervi quegli sporadici momenti al massimo, senza alcuna stupida scusa, giustificazione o rimpianto, pensando solo e soltanto a voi stessi e tagliando letteralmente fuori il resto del mondo da quel posto perfetto e magico in cui potete vivere solo voi due.
Sbuffi scocciato, lanciando la ventiquattrore sul divano per poi toglierti la costosa giacca dal taglio perfetto, che sembra modellarsi come una seconda pelle sul tuo corpo, e allenti la cravatta.
Lanci un’occhiata al telefono e, dopo aver notato la luce lampeggiante della segreteria, premi il pulsante e ti versi un bicchiere di Jim Beam, ascoltando il susseguirsi di messaggi, senza troppa attenzione.
Il primo è di Michael che, isterico come al solito, ti impone di richiamarlo al più presto, mentre ti accusa di essere letteralmente sparito e di aver dato l’ennesimo forfait alla cena che aveva organizzato per ieri sera.
Non è per essere stronzo – o forse sì – ma proprio non ti passa neanche nell’anticamera del cervello di trascorrere ore in compagnia di suo marito, futuro Dalai Lama, e di quel ragazzino complessato, sessualmente confuso e isterico del suo figlioccio.
Ti riprometti di richiamarlo, ma le tue buone intenzioni svaniscono rapidamente, come fumo nel vento, nel dimenticatoio, col cambiare della voce riprodotta dalla segreteria; stavolta è Linz.
Sorridi, appoggiandoti a una delle travi, mentre la sua voce squillante riempe il loft e senti il cuore alleggerirsi quando ti comunica che tra cinque giorni, lei e il tuo piccolo Gus, voleranno fino a Pittsburgh perché tuo figlio non resiste più dallo starti lontano; e neanche immagina quanto per te sia lo stesso.
Posi il bicchiere per afferrare il cordless e richiamarla immediatamente, anche solo per sentire per qualche minuto la voce del tuo bambino, quando un altro “bip” si diffonde nell’aria, per informarti del terzo e ultimo messaggio.
«Ciao.» senti pronunciare con voce incerta, e il tuo cuore sembra sprofondare dentro di te, prima di risalire all’improvviso e partire per una maratona di pulsazioni a rotta di collo. «Avrei voluto chiamarti al cellulare ma avevo paura di disturbarti al lavoro, così ti ho chiamato a casa.» lo senti soffermarsi per un attimo e ne approfitti per chiudere gli occhi e respirare profondamente, immaginando di vedere i suoi capelli dorati e lisci, e quei lapislazzuli splendenti dei suoi occhi che ti guardano con lo stesso immutato e grande amore. «Non c’è un vero motivo...avevo solo bisogno di dirti ‘ben tornato a casa’ anche se non sono lì, perché è tra le cose che mi mancano di più quando rientro. Mi manca dirtelo e sentirti chiedere come mi è andata la giornata, prima che tu mi racconti la tua e ti lamenti per ore dei tuoi facoltosi clienti che ti arricchiscono ogni giorno di più.» lo senti ridacchiare, anche se con una lieve punta di amarezza, e non puoi far altro che ricambiare con un sorriso. «Ci sono giorni in cui qualsiasi cosa io faccia o veda, ho l’istinto di voltarmi e parlarti. Mi sento un idiota, ma mi viene naturale. È naturale per me cercarti con lo sguardo anche in una città in cui non abiti, per ridere con te di qualcosa di buffo che vedo, proprio come quando passeggiavamo per Liberty Avenue, o chiederti un consiglio quando c’è qualcosa che mi turba...» lo senti sospirare e diventa difficile anche per te continuare a respirare. «...ed è naturale perfino voltarmi nella doccia, convinto di trovarti lì per me o cercarti tra le lenzuola per abbracciarti.» la sua voce s’incrina e tu vorresti solo averlo vicino per abbracciarlo forte e sussurrargli che va tutto bene; tutto perfettamente bene e di non preoccuparsi; e come ti aspetteresti dall’uomo che hai cresciuto, trova ancora il coraggio di parlare senza piangere: «Mi manchi, Brian.» confessa candidamente e ti trattieni a stento dal pronunciare un “mi manchi anche tu”, solo perché sai che non potrebbe sentirti e che quindi sarebbe inutile. «Semplicemente mi manchi da morire, e voglio che tu lo sappia...che te lo ricordi sempre, e che tu sappia anche che non vedo l’ora di tornare a Pittsburgh.» un’altra breve pausa e la sua voce torna ancora a cullarti. «Ok, credo di aver sparso sdolcinatezze a sufficienza e, prima che tu decida di prendermi a calci la prossima volta che ci vediamo, è meglio se mi decido a riattaccare e a riprendere a dipingere...anche se non sai cosa darei perché tu fossi qui...ok, basta, la smetto!» ride e tu ridi con lui. «Allora...ci sentiamo presto. Ciao...» pronuncia, ma il messaggio non è ancora finito. «Ah, Brian...ti amo.»
L’ultimo “bip” ti riscuote fastidiosamente dal limbo piacevole in cui ti eri rifugiato ascoltando la voce di Justin, ma le sue parole sono bene impresse nella tua mente.
Incapace di pensare ad altro accendi il computer e prendi a cambiarti frenetico: un paio di jeans scuri, una semplice t-shirt e un maglione verde scuro.
Tiri fuori il primo borsone che trovi nell’armadio e, dopo aver effettuato un paio di click con il mouse ottenendo ciò che cercavi e aver chiamato un taxi, lo riempi delle prime cose che trovi, gettandole alla rinfusa.
Spegni il computer e tutte le luci, afferri il borsone e componi un numero che conosci a memoria mentre esci in strada. Pochi squilli e la stessa voce che poco prima ti ha rischiarato la giornata, risponde: «Brian...» lo senti mormorare un po’ sorpreso. Forse non si aspettava una tua chiamata così tempestiva.
«Ehi...» lo saluti, con il cuore che batte vivace nel petto.
«Hai sentito...»
«Sì, l’ho sentito.» lo interrompi e, nel sentire la sua voce felice, ti sembra di vederlo sorridere, e capisci che per una volta tanto nella tua vita stai facendo la cosa più giusta. Hai un disperato bisogno di lui, proprio come sai che lui ne ha di te, e stavolta il resto mondo con i vostri impegni dovrà andarsene a 
fanculo e lasciarvi fuggire nel vostro piccolo spazio di felicità. «Ripetimi un po’ com’è il tuo indirizzo? Tra due ore sono a New York.»  

“...And i'm not gonna stand and wait, 
not gonna leave until it's too much too late. 
On a platform i'm gonna stand and say, 
that i'm nothing on my own, 
And i love you, please come home! 
My song is love, is love unknown, 
and i've got to get that massage home.


Note dell’autrice

Ebbene sì, sono tornata ad intasare questo fandom con le mie stupidaggini, anche se stavolta è davvero piccina picciò! 
Non so da dove mi sono uscite queste tre righe, e forse sono andata anche un po
’ troppo OOC per il troppo fluffleggiare tra i nostri Britin ma, contrariamente a quello che ho scritto nella long, io sono fermamente convinta che dopo la lacrimosa 5x13, Brian e Justin hanno sicuramente trovato il modo per continuare a vedersi almeno durante il weekend...anche perché un’ora d’aereo non è praticamente nulla per i "tempi americani", considerando che, per spostarsi da una parte all’altra nella maggior parte delle loro città, si può impiegare anche più tempo! 
Perciò confesso...in realtà io ho sempre pensato che la situazione potesse essere un po
’ amara a volte, ma che sarebbero comunque riusciti a gestirla egregiamente... XD e da qui, e da un graditissimo messaggio che mi hanno lasciato in segreteria un po’ di tempo fa, è nata questa OS che, per quanto piccola e forse un po’ insipida, spero vi sia piaciuta comunque. 
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e commentato le precedenti OS e vi auguro di trascorrere al meglio questi giorni che precedono la fine dell
’estate! 

Un bacio e a presto. 
Veronica.

   
 
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