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Autore: deliradubbiosa    18/08/2011    0 recensioni
Alcuni miei sogni :D
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Viareggio - la stazione ferroviaria negli anni '30 Pictures, Images and Photos
Se Alice non avesse sbagliato traversa, sarebbe arrivata dritta dalla donna (una Regina?) che la aspettava e non nel Paese delle Meraviglie.
Io lo so, e lo faccio. La seconda a sinistra, non la prima. Erbetta fresca, funghi rossi a pois bianchi e famiglie di coniglietti. Tutto molto fiabesco, non c'è che dire.
Ad accogliermi all'arrivo c'è la direttrice di un hotel di lusso che mi porta dentro e mi spiega i miei compiti - lavoro lì. Con qualche gaffe stile Charlie Chaplin, ma a colori, ogni tanto, ma me la cavo.
Le mie colleghe mi avvisano: non bisogna salira al piano superiore dell'hotel, succedono cose strane. Mi incuriosisco e progetto di salire; le mie colleghe mi accompagnano.
Le scale sono state bloccate col nastro dei lavori in corso, sul quale è stampata la scritta "area socialmente" qualcosa. Dai colori crema e rosso scuro dell'hotel si passa al grigio della scala. Saliamo e anche noi diventiamo in bianco e nero.
Mi aspetto di trovare il luogo deserto, così mi viene quasi un infarto quando vedo degli uomini, in bianco e nero anche loro, che parlottano... sembrano impegnati in temi di elevato spessore culturale, come nei caffé durante l'Illuminismo. Si bloccano quando ci scorgono. Mi fanno il segno della svastica: io ricambio. C'è anche un segno di "ammonizione", cioè di disaccordo.
"Ora li ammonisco", fa una mia compagna.
"Sei matta, vuoi farti ammazzare? Ferma!", sussurro concitatamente.
Entriamo con fare disinvolto nella stanza grigia, poi ci appiattiamo alle pareti.
A un certo punto, tutti si voltano verso le scale: Mussolini fa la sua entrata trionfale, in divisa. Ad immortalarlo, al centro della sala, c'è il primo fotografo beneventano (di cui non ricordo il nome e sul quale ho svolto infruttuose ricerche).
Io e le mie colleghe ci nascondiamo dietro a fogli e giornali, per due ragioni: innanzitutto, non vogliamo essere riconosciute in giro da quei tizi e, in secondo luogo, non vogliamo passare alla storia come sostenitrici del fascismo.
"Perché non ci mandano via, visto che siamo donne?", chiede qualcuna.
"Le donne esano ammesse", rispondo: almeno, mi sembra di aver letto qualcosa del genere da qualche parte.
Dopo un po' il duce se ne va e anche noi non vediamo l'ora di fuggire: gli uomini ci guardano male. Ad ogni modo, ci troviamo fuori. Eccoci qui, in piena Italia fascista.
Studiamo come non farci riconoscere.
"Non ci hanno visto granché", dice una.
Mi tocco i capelli rossi. "Forse dovrei tingerli, è un colore troppo riconoscibile".
Le mie amiche mi accompagnano da un parrucchiere (beh, più che altro un barbiere) che mi guarda come se avessi parlato arabo. "'Tingerli'? Cioè?"
"Come, cioè?" Lo guardo a mia volta confusa. Poi capisco. "In America è una cosa normale. Forse qui non si fa ancora". Tiriamo fuori il nuovo mondo, và. Non so neanche se è stata inventata, la tintura per capelli.
"Sei stata in America?", chiede il parrucchiere.
"Una mia parente emigrata me ne ha parlato in una lettera, ma per me una persona che ha abbandonato la patria è come morta", rispondo assecondando il protezionismo mussoliniano.
Usciamo di fretta dal salone in cerca di nuove idee. Guardando un cartello con su stampato un 8, una mia collega dice: "Ci manca un uomo!"
La mia prima percezione è che voglia camuffare il numero 8 da uomo. Andiamo invece in cerca di abiti maschili, di un cuscino per fare la pancia e quindi bilanciare il seno e di un paio di baffi finti. Per qualche ragione, ora che una di noi è camuffata da uomo, ci sentiamo irriconoscibili e al sicuro.
Per controllare di non essere apparse in nessuna foto scattata in presenza di Mussolini, ci rechiamo in una specie di emporio a comprare un giornale. Chiedo all'emporista delle uova (per maggiore tranquillità: non deve sospettare che ciò che ci interessa davvero è il quotidiano).
"Uova"?, ripete lui, immerso nella lettura di una rivista.
"Sì, uova", ripeto.
Il tizio stacca da un pannello sul muro una bambola senza testa e la butta sul bancone. Deve essere una nuova marca di giocattoli, la Uova.
La mia compagna vestita da uomo chiede acidamente: "Da queste parti sapete cos'è un Corriere della Sera?"
L'emporista ci getta un giornale. Troviamo l'articolo che ci interessa, ma la foto è tagliata e noi non compariamo.
Usciamo, ma non siamo ancora tranquille. E' ormai sera; ci rechiamo in un altro emporio, gestito da un signore ben più cordiale, che ci presenta alcune interessanti specialità gastronomiche. Purtroppo nessuna basta per ŧutte, così rifiutiamo e ci limitiamo a chiedere il Bollettino Fascista. Non compaiono nostre foto. Perfetto.
La scena torna a colori; sono nel camerino di un negozio vintage. Mi sfilo un vestito degli anni '30, e con esso tutte le immagini in bianco e nero.
~Maria}
   
 
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