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Autore: ChiaBBlack    25/08/2011    1 recensioni
Un rifacimento della famosa storia di Dickens
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Ma se era sveglio, era perché qualcosa nella sua camera, di nuovo, l'aveva svegliato.

 

Stravolto dai ricordi che gli erano appena stati mostrati, non capì subito chi fosse quella presenza.

Ma poi lo guardò meglio e vide che anche intorno a quest'uomo dai capelli rossi aleggiava una nebbiolina argentea e allora capì.

“Che vuoi?”

“Sempre gentile eh, Sev? Posso chiamarti Sev, vero?”

“Non fa alcuna differenza” disse Piton, in realtà parecchio infastidito da tutta quella confidenza.

 

“Beh, allora... io sono il Fantasma del Natale Presente, su' che non abbiamo tutta la notte!”

 

Una sensazione ormai familiare prese lo stomaco di Piton, mentre la stanza girava -o forse erano loro a farlo- e scompariva, lasciando il posto ad un'altra casa, più piccola e fredda.

Loro erano fuori da una finestra ad osservare una famiglia che mangiava il cenone di Natale.

Era la famiglia del suo impiegato, Weasley.

 

Severus riconobbe George, il figlio per cui Arthur doveva comprare le medicine.

Era visibilmente malato, il viso era esangue e i capelli opachi; eppure sorrideva alla sua numerosa e, Piton non poteva fare a meno di pensarlo, povera.

 

Poveri e felici.

 

È sicuramente una maschera, non si può essere felici se non si hanno i soldi.

 

“Ma tu, ricco, sei felice?”

Fu come se il Fantasma gli avesse letto nel pensiero; ma lui non rispose.

 

La scena cambiò ancora e Severus si trovò davanti a diverse famiglie sedute a tavola, felici.

Tutte famiglie diverse, tutte felici.

Vide madri sole con la loro figlia, vide giovani coppie e anziani circondati di nipoti.

Vide marinai che pensavano felici alle loro fidanzate, vide i bambini dell'orfanotrofio che cantavano. Felici.

 

Assurdo.

“Chiediti piuttosto perché tu non lo sei, Sev.”

 

Questo fantasma era decisamente sempre più fastidioso.

Non potevano semplicemente lasciarlo in pace? Il suo Natale sarebbe stato come tutti gli altri.

Solitario. Da quanto tempo era solo?

 

Infine arrivarono alla casa di Draco, stavano già tutti ballando; com'era bella la sua fidanzata e come si amavano. Era evidente.

Doveva essere costata un sacco quella festa. Tutti ridevano e si scambiavano regali, nessuno pensava al lavoro e nessuno era solo. Piton sentì la voce di Draco; “Chissà cosa sta facendo mio zio..”

“Sarà a casa sua a contare i suoi soldi” in parecchi si intromisero nella conversazione..

“Mi spiace che non gli piaccia il Natale, ma così è davvero ridicolo, cosa c'è di brutto in questa festa? ”

“Forse solo il fatto di non avere nessuno con cui passarlo”

“Ma..” insistette Astoria “avrebbe noi”

“Certo, se solo non fosse così avaro e cinico.”

 

Ormai tristissimo, Piton si accorse che ogni colore sbiadiva e che la ridente e ormai familiare immagine del Fantasma era scomparsa.

 

Abbandonandosi all'immagine di lui invecchiato ancora e sempre più solo, Severus non si accorse che qualcuno era alle sue spalle.

Era inverno, certo. E faceva freddo. Ma ad un tratto il freddo cambiò e si fece più pungente e fu come se fosse arrivata la notte.

 

Piton si girò.

 

Vide un uomo dai capelli scuri e piuttosto lunghi; dall'aspetto trascurato, ma osservandolo bene, Severus capì che doveva essere stato un uomo bellissimo.

Gli occhi marroni erano profondissimi e lo guardavano con disprezzo.

Piton si soffermò su quello sguardo, stupito.

Il corpo del Fantasma era avvolto da un mantello nero che lo rendeva inquietante e faceva intravedere la sua figura esile.

 

“Sei un Fantasma anche tu, vero?”

Ma niente dell'uomo si mosse. Non parlò e non spostò il suo sguardo che però si faceva sempre più duro.

Quando finalmente si mosse, lo fece in silenzio e guidò Piton attraverso Londra, nel freddo e nel buio.

Arrivarono in una taverna e ascoltarono la conversazione di due uomini.

“Finalmente quel vecchio ha tirato le cuoia, eh?”

“Si, infatti; ho sentito dire che è morto come è vissuto, da solo. L'hanno trovato dopo due giorni che già i suoi impiegati facevano festa per quella sua vacanza”

“E il funerale? Immagino sia comunque nostro dovere andarci...”

“Certo, andarci a mangiare al banchetto, sempre che abbia qualcuno che glielo organizzi; sennò farei anche a meno di sorbirmi la cerimonia”

Un giovanotto si intromise: “Oh, anche voi parlate di lui? Beh io gli dovevo un po' di soldi.. e per fortuna che ora è morto!”

Le risate riempirono l'aria del locale.

 

Piton si sentiva strano. Di chi parlavano? Chi era tanto sfortunato? Di chi si facevano gioco?

 

Continuarono per la strada principale e, una volta arrivato in fondo, vide davanti alla chiesa il capezzale del morto ma non volle scoprirne la salma. Il coraggio gli mancò e un dubbio si era ormai insinuato dentro di lui; vedendo la sua casa.

Era stata venduta.

Ci si avvicinò ma fu trattenuto dal Fantasma. Il suo sguardo rideva di lui e della sua stupidità.

 

Perché forse ancora sperava di non capire.

E allora finalmente il fantasma parlò.

 

Patetico-

 

Quella parola risuonò nella sua testa.

 

Insieme si diressero verso il cimitero della città. Appena entrati Severus vide una lapide che sembrava nuova, ma era più trascurata delle altre.

 

Non c'era foto ed era ancora aperta, in attesa.

Finalmente di decise ad alzare lo sguardo sul nome, scritto in maiuscole, senza grazia;

 

Severus Piton

 

Colpito al cuore da quell'immagine che gli si era fissa nella mente, l'uomo cambiò. Fu un cambiamento decisivo e repentino, che era però già iniziato alla vista del bambino che studiava da solo.

 

Le lacrime scorrevano senza freni, lui era scosso dai singhiozzi e il Fantasma rideva piano e senza pietà.

Parlò di nuovo; “Ognuno ha quello che si merita.”

 

Pentito, Piton supplicò di riportarlo indietro, nella sua infanzia; e di lasciarlo ricominciare.

Ma al rifiuto evidente scritto sul viso del Fantasma, si abbandonò sulla neve, solo.

 

Quando, pochi secondi dopo, si costrinse a rialzarsi, quasi cadde al vedersi steso nel suo letto.

Era mattina.

Era Natale.

Il cambiamento era arrivato e albergava nel suo cuore, sorrise.

Sentiva gli stessi canti natalizi del giorno precedente, ma ora li ascoltava con gioia.

 

Si vestì e uscì per strada, sorridendo a tutti quelli che incontrava e dando un po' di soldi agli orfanelli che lo guardavano stupiti.

 

 

Entrò in uno dei pochi negozi aperti e ordinò un tacchino molto grande, che fece portare alla famiglia Weasley.

Tornò in strada e continuò ad urlare: Buon Natale, Buon Natale!

 

Arrivò fino ad una stradina secondaria, apparentemente silenziosa, da cui però proveniva una musica elegante e aleggiava aria di festa.

Radunò la sua fora ed entrò. Era la casa di Draco.

“Zio Sev! Che ci fai qui?”

“Volevo scusarmi e chiederti scusa. Mi piacerebbe davvero avere l'onore di partecipare alla tua festa di Natale”

 

Tutto lo osservavano piacevolmente sorpresi e lui sorrideva, sorrideva a tutti; felice di poter festeggiare il Natale con la sua famiglia.

Con coloro che, adesso, amava.

  
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