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Autore: Astry_1971    02/05/2006    7 recensioni
Impietosamente le parole di Potter lo riportarono indietro, sentì la sua voce mentre pronunciava l’Avada Kedavra e vide il raggio verde scaturire dalla sua bacchetta con una potenza spropositata strappando via la vita del vecchio mago. In quel momento anche quello che restava della sua anima moriva con lui.
Seguito di “Traditore”; Piton sopravvissuto allo scontro con Voldemort decide di affrontare il processo per l’omicidio di Silente. Riuscirà ad evitare il bacio del Dissennatore? Gli avvenimenti narrati si svolgono dopo la caduta di Voldemort, ma prescindono dal settimo libro, ancora inedito quando questa storia è stata scritta.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Minerva McGranitt, Remus Lupin, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Ciao Lukk Wow, così mi fai davvero arrossire, di terrore però, non vorrei deludere le tue aspettative, comunque grazie dei complimenti. Riguardo alle somiglianze fra Harry e Draco sì quei due hanno molto in comune, Voldemort gli ha tolto la possibilità di vivere serenamente la loro giovane età. Dopo il sesto libro ho provato una gran pena per il povero Draco coinvolto in qualcosa più grande di lui, costretto a diventare un’assassino solo perché è un Malfoy. In fondo non è diverso dall’essere il “Prescelto”. Ti posso dire che il futuro di entrambi dipenderà dal finale di questa storia, le cose che hanno in comune sono legate fra loro tanto che da una dipende l’altra. Sono stata abbastanza criptica? No? Hai capito tutto? Comunque visto che manca solo un’altro capitolo non ti dirò di più, spero che continuerai a recensire, così mi dirai se non ti ho deluso
Ciao mavi Oddio, questo capitolo sarà duro da digerire per te, ma ti prego resisti. Sì in effetti sono cattiva e ti accorgerai fino a che punto ma…
Ciao starliam Eheheheh! Sette vite come i gatti, io adoro i gatti sai?
Grazie Morgan Snape sono felice di sapere che continuerai la tua fic, anche il mio pc fa spesso i capricci, ma per colpa mia che sono proprio allergica alla tecnologia. Per quanto riguarda la mia storia, in realtà io non vorrei fare alcun male al povero Severus, sul mio buon cuore puoi contare, ma non so quanto si possa contare sulla mia capacità di salvarlo dopo averlo messo in un tale guaio. Parlando di trattenere il fiato forse sarà meglio fare qualche esercizio di apnea prima di immergersi in questo cap. Alla salute dei miei lettori ci tengo eheheh!
Ah, in bocca al lupo per gli esami ;-)

Buona lettura!




CAP. 5: Il bacio del Dissennatore



La maga sentiva la rabbia crescere dentro di lei, diventando incontrollabile. Afferrò con entrambe le mani l’anta della sua finestra sbattendola con forza. La vetrata decorata vibrò rumorosamente.
Turbata dalla sua stessa reazione, Minerva si tirò indietro con uno scatto. Sembrava molto più vecchia. Si sentiva più vecchia.
Fissò il cielo plumbeo attraverso quei vetri colorati. Le braccia lungo i fianchi e le mani strette a pugno. Si sentiva quasi un’estranea in quella che era stata per tanti anni la sua casa, non era mai stata così in disaccordo con quel luogo. Troppi ricordi, troppe cose erano successe, e ogni pietra di quel castello ne serbava la memoria.
L’ufficio di Silente, che lei aveva voluto restasse chiuso da quel triste giorno e anche l’ufficio di Piton nel sotterraneo: il suo successore aveva preferito trasferirsi in un ambiente più luminoso. Tutto era rimasto intatto, come il dolore.
Non aveva chiuso occhio quella notte e i suoi capelli, solitamente raccolti in un impeccabile chignon, ora erano sparsi disordinatamente sulle spalle. Si portò una mano al petto, cercando di regolare il respiro, si sentiva soffocare.
In quel momento più che mai avrebbe voluto avere al suo fianco la presenza rassicurante di Silente, aveva disperatamente bisogno della sua saggezza e della sua bontà.
Anche nei momenti peggiori il suo amico le era stato vicino, ma ora era sola: dal giorno della sua morte la responsabilità della scuola e degli studenti era ricaduta sulle sue spalle.
Durante un lungo anno di guerra che aveva lasciato non poche cicatrici, centinaia di ragazzi avevano affidato a lei la loro vita, ma mai nessuno le aveva affidato la sua morte.
L’anziana maga si appoggiò con entrambe le mani al vetro e si lasciò scivolare in ginocchio.
“Cosa ho fatto?” gemette, rannicchiandosi sotto il davanzale.


* * *



Era tornata a Hogwarts subito dopo il processo e aveva chiesto a Hermione di raggiungerla. Sapeva che Harry aveva ottenuto il permesso di vedere Piton in cella e la sua amica lo avrebbe seguito.
Aveva aspettato la ragazza nel sotterraneo, in piedi davanti all’armadio delle Pozioni di Piton.
Hermione non si era fatta attendere. Appena ricevuto il messaggio della sua insegnante si era precipitata a Hogwarts. Aveva trovato strano che la McGranitt avesse scelto l’ex ufficio di Piton per incontrarla, ma, vista la situazione, non aveva fatto domande.
L’anziana maga era lì, in piedi, vestita di nero come faceva ormai da un anno, dal giorno della morte di Silente. Quella sera però i suoi abiti sembravano ancora più scuri come se la donna fosse circondata da un’ombra cupa, un’ombra di morte.
“Professoressa?” la voce di Hermione era incerta e preoccupata.
Minerva aveva richiamato tutto il suo autocontrollo, cercando di dare alla sua voce il solito tono autoritario.
“Signorina Granger, ho bisogno di chiederti un favore. So che Potter ha ottenuto il permesso di vedere…” la voce si era rotta in un singulto, mentre lo sguardo si posava sulla scrivania di Piton. “… di… di vederlo.” No, non riusciva a pronunciare il suo nome, sentiva che, se lo avesse fatto, sarebbe scoppiata in lacrime.
Hermione aveva annuito, continuando a fissare la sua insegnante. La donna sembrava non trovare fiato sufficiente per parlare.
Poi, dopo una lunga pausa, aveva proseguito: “Io… io vorrei che gli portassi una cosa da parte mia.”
La giovane maga l’aveva guardata incredula.
“Ma, professoressa, non è permes…” si era bloccata, gli occhi della sua insegnante stavano diventando lucidi, Hermione si era accorta che tremava, certo, qualunque cosa le stesse chiedendo di portare a Piton doveva essere veramente importante e non sarebbe stato il regolamento della prigione ad impedirglielo.
Aveva abbassato lo sguardo, notando quello che la donna stringeva nervosamente tra le dita. La ragazza si era avvicinata allungando una mano verso quell’oggetto.
“Glielo darò, si fidi di me, riuscirò a farglielo avere.”
Minerva aveva semplicemente annuito, Hermione era stata sempre una ragazza intelligente, aveva intuito certamente di cosa si trattava.
La maga più anziana l’aveva sentita rabbrividire, mentre afferrava la fiala con entrambe le mani, sapeva cosa aveva provato Hermione in quell’istante, nel momento in cui aveva avuto la consapevolezza di cosa avrebbe dovuto portare a Piton, era ciò che aveva provato lei stessa, quando aveva preso l’ampolla dall’armadio: la terribile sensazione di stringere la morte tra le dita.
Dopo un lungo silenzio Hermione aveva sollevato lo sguardo cercando gli occhi della sua insegnante.
“Lui le sarà grato per questo.”
“Lo so!” aveva sussurrato l’altra, voltandosi per non vedere la ragazza che si allontanava con l’ampolla in mano.


* * *



La maga scosse il capo, doveva prepararsi per andare ad Azkaban, ma non aveva la forza di alzarsi. Avrebbe voluto rimanere lì per sempre, avrebbe voluto che tutto si fermasse.
Se solo avesse avuto il potere di arrestare il tempo, se avesse potuto far sì che quel momento, il momento nel quale la conseguenza del suo gesto si sarebbe presentata davanti ai suoi occhi, non giungesse mai.
Probabilmente, appena giunta ad Azkaban, l’avrebbero informata, attraverso un freddo messaggio, che il prigioniero era stato trovato morto nella sua cella, così, semplicemente. Per loro sarebbe stato solo un Mangiamorte in meno.
Minerva prese a stropicciare nervosamente la stoffa della sua tunica, non avrebbe sopportato anche questo, era stanca. Stanca di vedere i giovani andarsene, stanca di tutte quelle morti. Non riusciva a togliersi dalla mente gli occhi di Severus, quell’ultimo sguardo che le aveva rivolto, dopo il processo.
Perché non riusciva ad odiarlo? Quell’uomo le aveva portato via la persona che le era più cara al mondo, ma non riusciva a detestarlo; in quegli occhi non aveva visto l’assassino del suo amico, aveva visto solo tanto dolore.
A quell’ora Piton doveva aver già avuto l’ampolla. L’avrebbe usata? Oh, sì, l’avrebbe fatto, la fine che lo attendeva al tramonto sarebbe stata di gran lunga peggiore.
Lei lo conosceva bene, lo aveva ammirato per la sua genialità e ne aveva avuto compassione per la sua infanzia difficile. Lo aveva visto perdere la sua anima e lottare per ritrovarla. Lei lo conosceva e proprio per questo non riusciva a comprendere come quell’uomo avesse potuto compiere un gesto tanto efferato. Non il suo Severus, non il ragazzo che aveva visto crescere come uomo e come mago, l’amico che aveva visto consumarsi, giorno per giorno, nel rimorso; non lui.
Si aggrappò al pesante drappo di velluto rosso che adornava la finestra e cercò di sollevarsi da terra, doveva andare, ormai restava poco tempo. Guardò ancora attraverso la vetrata, sorrise, un sorriso triste.
No, non ci sarebbe stata nessuna esecuzione ad Azkaban quella sera, Severus Piton se ne sarebbe andato a modo suo.
Lei lo conosceva, lo conosceva bene.


* * *



Era quasi il tramonto, Hermione era seduta su una panchina nell’atrio del Ministero, quando il tipico rumore della materializzazione la distolse dai suoi pensieri: Harry era apparso a qualche metro da lei. Appena lo vide la giovane si precipito verso di lui, ma la sua aria afflitta non prometteva niente di buono.
“Dimmi che non è successo ti prego, dimmi che non l’ha fatto.”
Harry abbassò lo sguardo fissando un punto imprecisato del pavimento.
“Non lo so, non mi hanno fatto entrare, e tu, hai parlato con il Ministro?”
Hermione si voltò con uno scatto di rabbia e cominciò a camminare nervosamente avanti e indietro gesticolando.
“Quello sciocco burocrate, sai cosa mi ha risposto? Mi ha risposto che una revisione del processo a questo punto è impossibile, che avremmo dovuto inoltrare una richiesta ufficiale all’ufficio competente dieci giorni prima dell’esecuzione, insomma una cosa pazzesca!”
“Dovevamo aspettarcelo in fondo, be’… meglio per Piton se deciderà di avvelenarsi.”
Harry scrollò le spalle.
“Non vorrai arrenderti così?” “Cosa vuoi che faccia? Non vorrai mica farlo evadere?”
“No… ma mi opporrò all’esecuzione con ogni mezzo.”
“Andiamo Hermione, un omicidio è un omicidio, che differenza fa se è stato Silente a volerlo?”
“Per me fa differenza, Silente era il capo dell’Ordine e Piton un suo subordinato, questo significa che gli doveva obbedienza.”
In quel momento il signor Weasley uscì precipitosamente da una porta laterale.
“Ah! Sei qui Harry. Dobbiamo andare, come testimone principale, hai il diritto di assistere all’esecuzione, ma dobbiamo sbrigarci.”
Poi, guardando Hermione: “Ho ottenuto un permesso speciale per te, se te la senti.” posò una mano sulla spalla della ragazza “Non sarà un bello spettacolo ma credo che Harry avrà bisogno di te”.



* * *



La passaporta del signor Weasley li trasportò direttamente ad Azkaban, in quello che sembrava una passaggio sotterraneo. La mancanza di finestre e il fumo delle torce alle pareti rendevano l’aria quasi irrespirabile.
L’uomo che li guidava si bloccò improvvisamente.
“Ho saputo cosa avete cercato di fare, le voci corrono in fretta al Ministero.”
Harry ed Hermione si guardarono meravigliati.
“Devo avvisarvi che qui non vedono di buon occhio quelli che difendono i Mangiamorte.”
Harry avrebbe voluto rispondere, ma un’occhiata di Hermione lo dissuase.
Continuarono a camminare in silenzio, seguendo a poca distanza il signor Weasley, fino ad una porta di ferro, rinforzata da grossi chiodi che si aprì cigolando ad un cenno del mago.
Lo spettacolo che si presentò ai loro occhi era impressionante: una grande aula circolare con gradinate lungo le pareti simile all’arena di un circo, al centro una cupola luminosa, senza dubbio formata da Patronus, separava gli spettatori dal luogo dell’esecuzione, tenendoli al sicuro dall’effetto dei Dissennatori.
La luce prodotta dalla barriera, tuttavia, non impediva la visione di ciò che avveniva al suo interno. Alcuni uomini stavano sistemando un grosso palo di legno al centro dell’arena. Sembrava che considerassero questa operazione una sorta di rito così da doverla ripetere ad ogni nuova esecuzione. Harry immaginò che i pali ai quali erano stati legati condannati famosi dovessero essere venduti all’asta a pezzetti, come un macabro souvenir.
I due ragazzi furono accompagnati in quello che doveva essere il posto d’onore, mentre intorno a loro la sala si faceva sempre più affollata.
In mezzo a decine di maghi urlanti, Harry riconobbe la professoressa McGranitt. Era seduta abbastanza lontano dall’arena, dietro di lei un nervosissimo Hagrid non aveva ancora preso posto; camminava avanti e indietro torcendosi le dita. Non vide il suo amico Ron, ma non si stupì: immaginava che suo padre avrebbe fatto di tutto per tenerlo lontano da quel luogo, per lui era ancora il suo piccolo Ronny.
Nella Sala erano presenti molti Auror e altri membri dell’Ordine della Fenice, tra loro, in prima fila, Remus Lupin.
Il mago era immobile, sembrava del tutto disinteressato a quello che avveniva intorno a lui, non si scompose più di tanto, neppure quando un vecchio grasso rischiò di farlo cadere dalla sedia, mentre cercava di prendere posto.
D’un tratto i rumori cessarono, tutti rimasero bloccati quasi trattenendo il respiro, evidentemente, pensò Harry, qualcosa doveva aver attirato la loro attenzione. Aguzzò la vista, ma non sapeva esattamente dove guardare, finché la mano di Hermione non afferrò la sua.
Harry notò che la sua amica era impallidita, mentre fissava una botola sul pavimento dell’arena che Harry non aveva neppure notato.
Da quel buco quadrato provenivano delle luci tremolanti che lasciavano intuire un movimento di fiaccole. Difatti, pochi istanti dopo, una testa spuntò dalla botola seguita dal resto del corpo di un mago alto in tunica bianca che teneva una torcia in mano, dietro di lui un altro mago e poi un altro ancora, sembravano fuoriuscire dal pavimento come arbusti. Concludeva questa insolita processione un uomo magro anche lui avvolto in un’insolita tunica bianca scortato da due maghi robusti.
“Piton!” sussurrò Hermione.
Alla luce della barriera magica la sua pelle appariva ancora più pallida. Il mago fu legato con poco garbo al palo, le sue labbra erano serrate, non parlò neppure quando il vecchio Moody si alzò dal suo posto e si avvicinò a lui scrutandolo con il suo occhio buono, mentre gli mostrava la bacchetta che stringeva in mano.
Harry capì che si trattava della bacchetta di Piton, quando l’Auror si rivolse agli astanti, tenendo l’oggetto sollevato al di sopra della sua testa.
“Per volontà di questa corte, questa bacchetta, appartenente a Piton Severus, dichiarato colpevole di omicidio volontario dalla stessa, sarà ora distrutta di fronte a voi testimoni.
Che questo mio gesto sia di monito a quelli che pensano di usare il potere per fini malvagi.”
Senza abbassare le braccia la spezzò con un colpo secco che fece sussultare Piton.
Severus abbassò lo sguardo contemplando il contenuto della sua bacchetta liquefarsi nel pavimento.
Poi, mentre gli Auror e le guardie, Moody compreso, si allontanavano, la sua attenzione si concentrò su quello che stringeva fra i denti: un piccolo boccone di pane appallottolato, residuo del suo ultimo pasto, nel quale Piton aveva versato qualche goccia del veleno dell’ampolla.
Provò un sottile senso di piacere al pensiero di quello che sarebbe accaduto di lì a poco al Dissennatore che avesse tentato di somministrargli il Bacio.
Dato che era impossibile, infatti, risucchiare l’anima di un uomo già morto, quell’orrida creatura sarebbe stata inghiottita nel suo stesso inferno, e quegli sciocchi maghi avrebbero impiegato parecchio tempo a capire cosa fosse accaduto.
Se doveva suicidarsi, almeno lo avrebbe fatto con stile, ma per uccidere il Dissennatore avrebbe dovuto aspettare fino all’ultimo istante.


* * *



Nel frattempo, su una spiaggia lontana, un giovane mago biondo se ne stava immobile, incurante della pioggia gelida che aveva cominciato a cadere ormai da alcune ore.
Draco fissava quelle mura che svettavano in mezzo al mare burrascoso come un unico blocco di roccia nera.
La prigione di Azkaban, vista da lì, assomigliava più ad un enorme scoglio perennemente avvolto dalla nebbia. Nessuna apertura, nessuna luce, sono un’ombra scura che s’innalzava da un abisso altrettanto tenebroso, come se non fosse stata costruita da mani d’uomo, ma un cataclisma naturale l’avesse fatta emergere dal fondo del mare in tutta la sua imponenza.
Al di là di quelle pietre era stato rinchiuso il suo mondo, tutto ciò che amava, i suoi genitori, il suo mentore.
Parte del suo cuore era lì dentro e, infatti, si sentiva come se qualcuno gliel’avesse strappato dal petto e portato al di là delle onde.
Ormai era lì da ore, in attesa, mentre la pioggia continuava ad inzuppare i suoi vestiti, stava tremando, si strinse nel mantello cercando un inutile riparo a quel gelo, ma non erano il vento e la pioggia a farlo tremare.
Era quasi il tramonto e lui non era stato ammesso ad assistere all’esecuzione: come figlio di un Mangiamorte era considerato persona sgradita e potenzialmente pericolosa.
Lucius ormai aveva perso la sua influenza e il suo prestigio. Quello dei Malfoy era diventato un cognome di cui vergognarsi. Anche se condannarlo si stava rivelando un’impresa ardua, il suo processo si era dimostrato più complicato di quello di Piton ed era ancora in corso.
In effetti, suo padre era stato sempre molto abile nel non lasciare in vita scomodi testimoni.
Era perfino riuscito a fuggire dopo la morte di Voldemort, ma era stato catturato insieme a sua moglie nel loro rifugio in Romania, quasi certamente era stata la stessa Narcissa a consegnare sé e suo marito agli Auror, era stanca di nascondersi, non sarebbe mai voluta diventare una Mangiamorte, lei non era come sua sorella, ma da quando quel marchio era stato impresso anche sul suo braccio era stata costretta ad obbedire per il bene di suo figlio.
Solo quello le importava, proteggere il suo ragazzo ed evitare che Voldemort rubasse anche la sua innocenza o, addirittura, la sua vita.
A Draco, rimasto solo e respinto da tutti, non era rimasto altro da fare che attendere su quella spiaggia deserta che tutto fosse finito.
Eppure, anche da lontano gli sembrava di sentire la presenza dei Dissennatori, li sentiva respirare, sentiva il frusciare del loro sudario, sentiva il tintinnare delle catene dei prigionieri o, forse, credeva di sentirli.
Se ne stava in silenzio, impotente, i pugni stretti e le labbra serrate odiandosi per non essere stato capace di evitare tutto quello che era successo; per essere stato tanto sciocco da finire agli ordini di Voldemort, tanto sciocco da credere di non aver bisogno d’aiuto.
Piton aveva ragione si era comportato come un bambino e come un bambino aveva lasciato che qualcun altro sacrificasse il suo futuro e la sua vita per lui.
Guardò il sole, ormai era quasi sparito dietro l’orizzonte, le nuvole si stavano diradando e il cielo aveva assunto un macabro colore rosso e si rispecchiava sul mare facendolo sembrare un’orrida distesa di sangue. Sentì il freddo attanagliargli le viscere, mentre al fragore delle onde si sommò il rumore assordante dei battiti del suo cuore, che sembrava stesse per esplodergli nel petto.
Era ora, forse era già successo.
Sentì il sapore salato delle lacrime, si mescolavano alla pioggia che continuava a scivolare sul suo viso.
Cadde in ginocchio gridando e si lasciò scivolare sulla sabbia continuando a mormorare ossessivamente un’unica parola tra i singhiozzi.
“Perché?”


* * *



L’arena ora era completamente sgombra, tutti i maghi si erano ritirati in luoghi sicuri dietro la barriera. Con uno stridio acuto e sinistro il grande portone che metteva in comunicazione la sala delle esecuzioni con l’esterno si aprì.
L’ingresso dei Dissennatori fu preceduto da una nebbia gelida che scivolò sul pavimento di pietra consumata e nonostante i Patronus riuscì ad infilarsi fin sulle prime file della gradinata causando svenimenti e seminando scompiglio fra i maghi che vi si trovavano.
A quella vista anche Minerva McGranitt, che fino ad allora sembrava aver mantenuto il sangue freddo, si alzò di scatto per poi barcollare pericolosamente in avanti, solo l’intervento di Hagrid le impedì di ruzzolare dalla scala. Il gigante la afferrò senza tanti complimenti e la portò in braccio fuori dalla sala.
Harry si voltò verso Hermione che ormai non tratteneva più le lacrime.
“Fermali, Harry! Qualcuno deve fermarli!” mormorava tra i singhiozzi, mentre le dita stringevano nervosamente la stoffa della sua tunica.
Harry si guardò intorno, cosa poteva fare contro uno stuolo di Auror votati alla vendetta? Guardò prima Lupin poi Moody, entrambi sembravano gustare a pieno la scena.
I Dissennatori scivolavano a mezz’aria lungo il perimetro della barriera, senza avvicinarsi troppo al condannato, sembrava che volessero sfinire la vittima prima di somministrarle il Bacio.
Potter si chiese cosa dovesse provare un uomo con il passato di Piton alla presenza dei dissennatori. Rabbrividì.
Il mago aveva gli occhi chiusi ed era sempre più pallido, il ragazzo capì che sarebbe crollato di lì a poco.
Si sentì vicino a quell’uomo in un modo che non avrebbe mai creduto possibile.
Avevano combattuto dalla stessa parte, ora lo sapeva, e anche se alla fine lui era stato applaudito come un eroe, non aveva dimenticato la rabbia e la delusione che aveva provato dopo gli avvenimenti del quarto anno, quando il Ministero aveva fatto di tutto per screditarlo e quelle stesse persone che era destinato a salvare da Voldemort lo additavano chiamandolo “bugiardo”.
Piton aveva portato per tutta la vita quel marchio d’infamia; macchie che non si cancellano le aveva definite il falso Moody. Sentì un nodo alla gola pensando al loro ultimo incontro, quanto odio nelle sue parole, quanto male gli aveva sempre augurato.
Strinse i pugni fissando l’uomo legato di fronte a lui, odiandosi. Conosceva Piton da sette anni e non aveva mai capito chi era realmente, adesso era troppo tardi.


* * *



Severus era immobile, aspettava.
Serrò i denti fino a farsi male, doveva resistere ancora, il Dissennatore doveva avvicinarsi di più.
Aprì gli occhi; una di quelle orrende creature era a qualche metro da lui, poteva sentire l’odore nauseabondo di quella carne putrefatta. Era una visione terrificante, si muoveva lentamente, senza peso, come se fosse immersa nell’acqua, il sudario lurido nel quale era avvolta fluttuava leggero intorno a quel corpo in disfacimento e all’apparenza fragile, gli arti scheletrici, rigidi e anneriti protesi verso di lui.
Severus distolse lo sguardo: non voleva fosse quella l’ultima immagine che i suoi occhi avrebbero visto.
Cercò la severa figura di Minerva tra i presenti, ma non la trovò. Il suo sguardo, invece, incontrò quello di Potter.
Il mago rimase a fissarlo per qualche istante, era pietà quella che vedeva in quegli occhi? Potter l’aveva perdonato? Senza che se ne accorgesse, le sue labbra si piegarono impercettibilmente in un sorriso che, però, non sfuggì a Harry.
Il ragazzo si ricordò che Piton poteva vedere nella sua mente. Voleva che vedesse, avrebbe voluto dirgli che lui sapeva la verità, avrebbe voluto supplicarlo perché lo perdonasse.
Si sforzò di ricambiare sorridendo a sua volta, ma immediatamente si bloccò, il suo sorriso si mutò in una smorfia di terrore. Vide il mago strabuzzare gli occhi, e gettare la testa all’indietro urtando violentemente contro il palo di legno.
Il Dissennatore ora era di fronte a lui, l’orrendo orifizio che doveva essere la sua la bocca era spalancato a pochi centimetri dal suo viso. Era un’apertura informe, come una ferita infetta e maleodorante, una cavità oscura e mostruosa, la bocca dell’inferno.
Era cominciata.
“No!” urlò Harry, saltando in piedi. “No, no, NOOOOO!”
Severus tremava vistosamente, si sentiva soffocare, come se i suoi polmoni si fossero improvvisamente gelati, poi una tremenda sensazione di vertigini. Il mago afferrò con entrambe le mani la catena che gli legava i polsi al di sopra della testa, stava precipitando nel vuoto.
Un rantolo sfuggì dalle sue labbra serrate, mentre le sue mani si contorcevano cercando furiosamente un appiglio e riaprendo dolorosamente la ferita al polso.
Si aggrappò con le unghie al palo, incurante delle schegge di legno che si conficcavano nei polpastrelli.
Era ora, era la fine.
Sentì il respiro nauseante del Dissennatore farsi sempre più vicino. Un urlo esplose nella sua testa, erano le grida disperate delle sue vittime.
Sentì la loro paura, l’angoscia dell’ultimo istante di vita. Quell’attimo terribile nel quale la morte le coglieva, un istante lungo un’eternità, nel quale dolore, disperazione, paura diventavano un tutt’uno.
Ora erano parte di lui e lo sarebbero state per sempre. Un supplizio ripetuto all’infinito. Un’agonia bloccata nel suo momento peggiore, come se il tempo si fosse fermato.
Poteva sentirle morire, mentre era sua la mano che, stringendo il pugnale da Mangiamorte, spezzava quelle vite, una, cento volte. Sentiva la lama affondare nella carne e il sangue caldo scorrere e imbrattare i suoi vestiti e la sua anima, ancora e ancora.
Era questa la sua condanna: provare nello stesso tempo la disperazione delle vittime e la colpa dell’assassino.
“BASTA!” le grida di Potter tuonarono nella sala. Il ragazzo ansimava e tremava, era tremendo non poter far niente, sentì qualcuno afferrarlo per un braccio e cercare di rimetterlo seduto, senza neanche voltarsi, si liberò con uno strattone di quella mano, mentre fissava agghiacciato la scena di fronte a sé, pregando che finisse tutto in fretta.
No, stava pregando che Piton morisse.
Non avrebbe creduto di dover desiderare la morte di un uomo, non così. Si detestò, ma come poteva un essere umano sopravvivere a questo? La pazzia o la morte erano l’unica salvezza. Perchè Piton non aveva bevuto il veleno? Perché aveva scelto questo? Perché?
Severus aveva gli occhi spalancati e fissi, persi nell’orrore dei suoi ricordi.
Non aveva più la forza di lottare. Abbandonò il suo inutile appiglio, e si lasciò cadere nel baratro delle sue peggiori paure. Il suo corpo magro si accasciò pesantemente strattonando le catene che lo trattenevano per i polsi.
Poi, l’urlo di Potter risuonò nella sua mente dapprima come una voce indistinta, poi sempre più forte, fino a sovrapporsi alle altre voci che rimbombavano nella sua testa: “Basta!”
Sì, quell’orrore poteva finire, voleva che finisse, voleva fermare quella mano, la sua mano, voleva smettere di uccidere, e voleva smettere di morire.
“Basta!” Lui poteva mettere fine a quello strazio, poteva fermare quell’assassino, poteva uccidere quel mostro, doveva solo ingoiare il suo boccone.
Doveva farlo… ora.


Continua…


Ehm, ehm, non mi picchiate, vi lascerò soffrire solo per un’altra settimana, il prossimo capitolo sarà l’ultimo, abbiate ancora un po’ di pazienza e recensiteeeeee.
Un bacio a presto!


  
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