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Autore: BellDarkoNovak    02/09/2011    4 recensioni
Questa e' la mia prima fic su death note e la seconda in assoluto. Parla di un ragazzo che trova casualmente un diario e ... dovete leggere.
hihihiihihih sono perfida.
Era un giorno come gli altri all’ospedale psichiatrico della California. Un ragazzo di nome Marcus si trovava nel giardino a pensare sotto un albero. Piccole gocce gli caddero sul naso: stava per piovere. In men che non si dica iniziò un forte acquazzone e il giovane fu costretto a rientrare per non prendersi un malanno. Era bagnato dalla testa ai piedi e cercò uno straccio pulito con cui asciugarsi. Lo trovò ma era in alto, troppo in alto: era a circa due metri di altezza. Si arrampicò sulle mensole per prenderlo e cadde rovinosamente per terra. Marcus notò che aveva qualcosa in mano: un quaderno.
!attenzione! la storia, dal 3 capitolo in poi, prende una strada un pelo thriller e potrebbe diventare non per stomaci delicati
Genere: Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Beyond Birthday, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 

Era un giorno come gli altri all’ospedale psichiatrico della California. Un ragazzo di nome Marcus, che era solo lì da una settimana circa, si trovava nel giardino a pensare sotto un albero. Aveva i capelli castano chiaro, gli occhi azzurri e un fisico da lanciatore di coriandoli (solleviamo il morale alle povere bestie che leggono le ff da più di 2 ore ndA). Indossava una camicia sgualcita grigia e dei jeans blu lunghi strappati qua e là. Aveva circa diciannove anni. Lui non era un maniaco da tenere sotto chiave venticinque ore su ventiquattro, quindi gli era permesso stare nel boschetto fino a ora di cena. Piccole gocce gli caddero sul naso: stava per piovere. In men che non si dica iniziò un forte acquazzone e il giovane fu costretto a rientrare per non prendersi un malanno. Era bagnato dalla testa ai piedi e per evitare la solita ramanzina degli infermieri, corse in uno sgabuzzino e cercò uno straccio pulito con cui asciugarsi. Lo trovò ma era in alto, troppo in alto: era a circa due metri di altezza. Si arrampicò sulle mensole per prenderlo e posò la mano su una sporgenza che sembrava reggere ma questa lo fece scivolare all’indietro. Marcus, una volta toccata terra, notò che, oltre a un forte mal di schiena, aveva qualcosa in mano: un quaderno. Lo rigirò fra le mani un paio di volte. Era un quaderno di stoffa nera con la copertina rigida e sulla parte frontale era stato intagliato con il coltello un nome: Sonia.

 “Chissà chi è?” pensò il ragazzo “e soprattutto: cosa ci fa qui questo quaderno? Forse Sonia è una paziente che l’ha perso, m’informerò più tardi” pensato questo, si diresse verso la sua stanza con il quaderno sotto la maglia. Una volta entrato, chiuse la porta e tirò fuori il libro. Lo aprì e all’interno vi trovò lo stesso nome ma in bella grafia: Sonia Solocirepa. “Che cognome” pensò Marcus
Girò pagina e iniziò a leggere …


 

Mi chiamo Sonia. Sono abbastanza alta e ho vent’anni. Ho i capelli biondo scuro e … ma a te cosa interessa di come sono fatta io? Con questo quaderno o diario segreto, chiamalo come vuoi, racconterò la mia vita. Non tutto, altrimenti ti annoierei e basta. Solo la seconda parte che inizierà domani, il 3 febbraio 2005.

“Cosa? 2005? Ma è tre o quattro anni fa!” tornò col naso nel quaderno …

 Tranquillo, non inizierò le pagine con “caro diario” o cose simili. Questo libro non è scritto perché non ho niente da fare o tanto per scrivere quattro scemenze su un quaderno, ma per evitare di perdermi, abbandonare la mia essenza … capirai dopo a cosa mi riferisco. Oggi: 2 febbraio 2005 è il mio ultimo giorno di libertà. Da domani sarò in gabbia per un bel po’. In fondo, me lo aspettavo di andare in un manicomio, ma non di essere avvertita prima. Quando hai un dono che gli altri non hanno, è facile che ti prendano per pazzo: perché sono invidiosi o perché non capiscono. Poco male, a me non cambia molto stare qui, a San Diego, o al manicomio di Los Angeles. Spero che me lo facciano portare questo quaderno … a parte che se stai leggendo queste righe è ovvio che l’abbia portato con me.
Di sicuro sei un paziente, perché se eri un medico, lo avresti già buttato via o messo in uno sgabuzzino. Forse è lì, dove l’hai trovato.  Bene, che inizino le danze.

“Chissà come mai è stata rinchiusa.” Marcus stava per girare pagina quando un infermiere bussò alla porta per avvertirlo del pranzo.
 La mensa non era molto affollata. Prese il piatto del giorno: minestra, altrimenti detto brodo primordiale, quella sbobba si muoveva. Marcus intravide a un tavolo un suo amico: Light, rinchiuso perché è certo di essere il dio di un nuovo mondo e crede fermamente di aver parlato con uno Shinigami (in questa storia Light è stato sgamato in tempo * esulta dalla gioia * ndA), è alto circa 1.70, ha i capelli castani e una muscolatura tonica (modestamente ndLight Non vantarti … se era per me, nel manga eri pelato, alto un metro e uno sputo e grasso! ndA * si accuccia in un angolo tremolante * ndLight). Veste spesso con una camicia bianca, una giacca beige, pantaloni neri e, per ultimo ma non meno importante, una cravatta rossa. Quando era fuori dal manicomio, era considerato il ragazzo più intelligente del Giappone. A quanto pare si trova lì perché gli ospedali psichiatrici Giapponesi ne avevano abbastanza di lui, li metteva a disagio con la sua intelligenza. << Ehi Marcus, siediti qui! >> Light fece cenno al giovane di raggiungerlo. Si accomodò e salutò Misa, richiusa per quasi gli stessi motivi di Light. Aveva sempre i capelli biondi legati con due codini e vestiva di continuo con top e gonne nere attillate e provocanti, alla gothic lolita. Era stata una cantante famosa sempre del Giappone ma era stata mandata in America perché non riusciva stare lontano da Light … ne era innamorata pazza ma Light non contraccambiava molto. Si trovava seduta al lato opposto del tavolo. Poi il giovane si fece coraggio e chiese << Voi sapete chi è Sonia Solocirepa? >> i due si guardarono a vicenda spaesati. A un tratto Marcus fu buttato a terra da un individuo più grande. Il più piccolo alzò lo sguardo e vide che il maggiore era magro e abbastanza alto ma poco ricurvo con la schiena, i capelli corvini erano spettinati e indossava una maglia larga e bianca a maniche lunghe e dei jeans sbiaditi. Il giovane posò gli occhi su quelli dell’aggressore: erano rossi come il sangue. Il più grande lo sollevò per il collo della camicia per portarlo alla sua altezza e chiese con la voce di uno che se s’irrita poco di più, lo squarterebbe vivo << Come fai a sapere quel nome? >> Gli infermieri arrivarono in tempo per bloccarlo, ma siccome il ragazzone si dimenava troppo lo stordirono con una scossa elettrica di 7.000 volt e lo transitarono nella sua stanza. << Stai bene? >> Chiese Misa << Chi e-era qu-qu-quel-quello? >> Marcus era spaventatissimo per lo sguardo omicida che l’altro gli aveva rivolto e aveva iniziato a balbettare. << Lui è Beyond Birthday, rinchiuso qui da anni ormai, non credo che uscirà presto >> Rispose Light. “Rinchiuso qui da anni, allora la conosceva” pensò il diciannovenne tremolante. << Co-co-come m-m-mai è rin-rin-rinchiu-u-so qu-qui? >> Misa rivolse lo sguardo a Light speranzosa che sia lui a dare la risposta. Non è molto sveglia la ragazza e non ne aveva la minima idea. Il castano la guardo scocciato e disse infine << Non so come mai è qui, ma credo sia per quel caso del 2002 … quello degli omicidi delle wara ningyo >>. Finalmente Marcus si calmò e riprese a parlare chiaramente << Intendi quello del serial killer che lasciava le bambole di pezza o come le hai chiamate te appese sui muri delle stanze delle vittime? Era lui che ha trucidato quelle tre persone? >> << Sei piuttosto informato sul caso … come mai? >> Chiese sospettoso Light << Da casa mia seguivo tutti i casi di omicidi. Hey, siamo in un ospedale psichiatrico, che ti aspettavi >> Light chiese quasi subito se sapeva altro e la risposta di Mark fu un ‘no’ pieno. “Devo riuscire a parlargli senza che mi uccida”.
Dopo quello che era avvenuto in mensa i pazienti furono scortati nelle loro stanze senza nemmeno che finire la cena, cosa di cui erano grati. Le stanze erano chiuse dall’esterno ogni notte alla stessa ora ma quella sera c’era mezz’ora d’anticipo. Appena le stanze furono chiuse Marcus prese il quaderno e incominciò a leggere...

 

   
 
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