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Autore: Heven Elphas    03/09/2011    2 recensioni
La morale è rimasta sempre quella, salda ed inalterata durante tutti questi anni: Tutti avrebbero voluto essere come Gabe Saporta.
-…è fantastico.- Mormorò quest’ultimo, con gli occhi che brillavano stregati. –Non penso ci sia nulla di così bello al mondo.-
Saporta lo osservò perso, esaminando come le luci del luna park gli illuminavano il volto.
-Ah no? Forse qualcosa di più bello c’è…-
Mormorò, bevendo ancora e sorridendo alla costa cosparsa di puntini luminosi che si riflettevano anche nelle onde.
-E cosa? La vodka? Il Cobra?-
La domanda di Bill era intrisa di un allegro cinismo che fece ridacchiare Saporta.
-…essere in un posto fantastico con una persona splendida.-
Avrebbe voluto che Bill capisse, ma quest’ultimo sembrò improvvisamente rattristirsi.
-Un giorno magari te la ritroverai a fianco.-
_____
2006
Gabe Saporta è arrivato a Los Angeles per dar forma al suo nuovo progetto musicale: i Cobra starship. Uscito da una storia d'amore di sei aanni con Bianca Duenas, si ritrova a cercare una via d'uscita... William Beckett è a Los Angeles da mesi con i The Academy Is e si è ritrovato a stare a casa di Travis McCoy con cui ha avviato una relazione. Ad entrambi viene proposto di lavorare al singolo "Bring It" di Gabe Saporta. William è attratto da Gabe da quando era ancora nei Midtown, mentre quest'ultimo pian piano sembra prendersi una cotta per il più giovane. Brendon Urie e Ryan Ross sono nel pieno del successo con i Panic! At The Disco. Il chitarrista, tuttavia, è innamorato perso del cantante che non pare accorgersene preso dall'innocente euforia dell'improvviso successo.
Pete e Patrick seguono le band come dei genitori e da bravi migliori amici, mentre la situazione tra di loro pare ancora sconosciuta.
2011
I legami sono tutti spezzati. Nessuno è più a contatto con chi amava un tempo... Manhattan diventa un punto di ritrovo per il quindicesimo anniversario della FBR. Ma nessuno vorrebbe essere lì. Tutte storie che girano attorno alla vita di Gabe ed un solo luogo in cui lui vorrebbe tornare: il molo di Santa Monica.
//Gabilliam (principalmente, ma non solo, si accennano anche Ryden, Treckett, Brallon,PetexPat)//
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cobra Starship, Fall Out Boy, Panic at the Disco, The Academy Is
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I WON’T BELIEVE IN LOVE: IT’S JUST A LIE

I won’t believe in Love: It’s just a lie.

*Prostitution*is*revolution*

 

 

*I album: While the City Sleeps
we Rule the Beaches*

 

 

Second track *this is NOT how it has to be*

 

 

*2oo6*July

 

Pete si era sempre impegnato con tutto se stesso per quel che riguardava la sua casa discografica, così come per i suoi amici. Era uno dei migliori uomini esistenti sulla faccia della terra, davvero, era anche lui ad un passo dalla Perfezione Assoluta. Non c’era nessuno che provasse odio nei suoi confronti, era decisamente impossibile. Come si fa a disprezzare qualcuno che si è costruito un Impero del genere? La cosa che si apprezzava di più in Pete Wentz era forse la sua innata capacità di tenere uniti tutti quanti in un mondo idilliaco e perfetto, senza inimicizie o litigi.

Tutti in quella sala da pranzo ammiravano il piccolo uomo seduto a capotavola con il tovagliolo incastrato nel colletto della maglia nera. Patrick per primo non riusciva mai a staccar gli occhi di dosso dal leader della sua band, devoto come un sacerdote che ha sposato la religione anni prima. I due nuovi arrivati non erano ancora in grado di rendersi conto di dove si trovavano, come se per loro fosse impossibile sedere al tavolo con il bassista dei Fall Out Boy. E dire che ormai lo conoscevano da mesi, ma non erano mai stati a mangiare da lui… Ross faceva fatica a toccare cibo, vagamente imbarazzato dalla situazione, mentre Brendon era troppo esaltato per poter fare qualsiasi cosa che non fosse sorridere da scemo. Per quanto riguardava Beckett e McCoy, loro avevano passato la prima botta d’eccitazione da Wentz da un po’, quindi sembravano tranquilli. Poi c’era lui… Gabe giocava con l’insalata nel suo piatto non potendo far a meno di provare sentimenti contrastanti.

Amava Pete con tutto il cuore, per lui nessun altra persona al mondo era così importante. Sul serio, non ce n’era una che potesse essere paragonata al bassista dei Fall Out Boy.

Il problema durante quel pranzo, fu che nel suo stomaco nacque una strana sensazione… Un po’ come quando il Cobra gli aveva parlato nel deserto, sentiva che il mondo gli aveva appena aperto nuove porte davanti. Questa porta era il volto pallido e liscio del ragazzo che stava seduto dall’altra parte del tavolo, accanto a McCoy. William Beckett… Doveva essere per forza la creatura più bella che Madre Natura aveva donato al mondo, pensò Saporta addentando una foglia di lattuga, non aveva mai visto nulla di tanto splendido. E diciamolo, lui ne aveva di esperienza alle spalle! Aveva avuto Bianca negli ultimi sei anni, sì, ma vogliamo mettere tutte le ragazze che gli avevano fatto la corte nel frattempo? Ce n’erano davvero di bellissime, ma nessuna suscitava in lui quello che riusciva a tirare fuori questo ragazzo.

Non è che volesse farselo, siamo chiari. Era una cosa del tutto trascendentale! Cavolo, non capita mai di provare una specie di attrazione per qualcuno solo al primo sguardo? Non capita di sentirlo più vicino di un fratello anche se non ci hai mai parlato prima?

No, non dovrebbe succedere. Eppure era così!

-Allora… Siamo oggi riuniti per parlare di affari! …sì, okay, più o meno. Anche perché i nostri affari comprendono nel pacchetto anche un sacco di divertimento… è questo il bello di essere musicisti, eh?-

Domandò di punto in bianco il padrone di casa, portandosi alla bocca il calice colmo di acqua naturale e passando lo sguardo da una testa spettinata all’altra. Tutti annuirono all’unisuono in modo inquietante, come un gruppo di suore in chiesa che è completamente soggiogato dalle parole del pastore.

-GabeyBaby, so che tu hai avuto i tuoi impegni e… Questi due fanno parte dei Panic! At The Disco, una band che ho preso in Decay da un po’. Sono qui perché…-

-Dobbiamo parlare dei Video Music Awards che ci sono fra un mese!!!-

Urlò Urie tutto esaltato, guardando Gabe dritto negli occhi. Quest’ultimo l’osservò sempre più perplesso, dato che il ragazzino sembrava avere la faccia da serial killer schizofrenico, con gli occhi sgranati a dismisura e quelle labbra carnose stortate in un sorriso strambo. Solo Pete poteva andare a prendere un esemplare del genere e portarlo in una casa discografica… Per quanto riguardava il suo amichetto, quello si limitava a pulirsi la bocca con il tovagliolo in tutta la sua eleganza stile english. Perfettamente in tema con quella camicia bianca che sì, dai, era da donna! Lo si vedeva dal taglio!

-Oh, bene… andate ai VMA?-

Domandò il sudamericano, appoggiando la forchetta al tavolo sperando che fosse il castano a rispondergli. Nulla da fare, Brendon Urie si fece sentire a gran voce con le sue mille chiacchiere sparate a mitraglietta.

-Sì! Con “I Write Sins not Tragedy” che secondo me merita di vincere, perché dai, non si puo’ dire che è un brutto video! Diciamolo, è il migliore di sempre eh! Eh, Ryro?- Questo lo ignorò altamente decidendo di piegare la testa desolato, ma Brendon non demorse. -Non lo è? Lo dice anche Pete che siamo stati bravi! Che sono un attore nato per fare il video! Non si vede? Non si vede benissimo dalla mia faccia?-

Finita la sparatoria verbale cercò negli sguardi di tutti una risposta, ma il solo a non essere altamente perplesso era Pete. Quest’ultimo infatti era pieno d’orgoglio per quel ragazzo problematico e logorroico… Saporta notò che c’era qualcosa nel suo sguardo che ricordava quello di un padre fiero, che non poteva fare altro che assecondare i vaneggiamenti dell’ultimo della casata.

-Sì, Brenny, è bellissimo… Sei bravissimo. Infatti vincerete sicuramente.-

Gli promise da bravo papà, mentre McCoy faceva una strana smorfia e Patrick ridacchiava. Gabe non osò dire nulla perché non sapeva nemmeno di cosa stessero parlando, così andò a cercare il volto del cantante dei The Academy Is. Questo era intento a rigirare il calice nella mano, ascoltando gli altri con un sorriso tra il divertito e il soddisfatto. Poi, come se avvertisse qualcosa, alzò subito gli occhi scontrandosi con i suoi. Allora la curva sulle sue labbra prese un’altra piega… Sembrava timidezza.

Travie, al suo fianco, sembrò accorgersene e vide di piegarsi appena in avanti, appoggiando i gomiti al tavolo. Il volto girato verso quello del castano che gli dedicò la sua attenzione, mantenendo quel sorriso strano.

Pete e Brendon continuavano la loro discussione ad alta voce, con l’aggiunta di Stump che aveva da confermare alcune cose dette dal bassista. In tutto quel baccano, comunque, Saporta riuscì a comprendere abbastanza il discorso fra l’afroamericano e William. Gli ci volle uno sforzo enorme per ignorare gli altri, ma ne valse la pena.

-…non hanno visto qualcuno in Slow down, uh?-

-Non c’è paragone, dai. Brendon è stato seriamente bravo…-

Rispose il castano, tirandosi i lunghi capelli dietro all’orecchio. Pure l’indice di Travis finì fra quei ciuffi morbidi, lasciando Gabe abbastanza scosso.

-Oh, senza dubbio. Ma non ha i tuoi fianchi. Solo quelli basterebbero a vincere.-

Mentre sentiva questa cosa, Saporta decise di spostare lo sguardo altrove non volendo fraintendere nulla di quello che stava succedendo tra i due. Insomma, sembrava che il rapper ci stesse provando, ragionò, e soprattutto che William ci stesse. Però pensò che, d’altro canto anche lui e Pete sparavano tante di quelle cazzate romantiche e si scambiavano certi gesti che potevan quasi esser presi per degli amanti. Forse era così pure per quei due…

Fortuna volle che il padrone di casa si decise a riprendere serietà e allora tutto il tavolo si calmò tornando alla normalità. Anche Gabe ebbe la bella idea di tornare nella propria normalità, afferrando la bottiglia di vino –che tra l’altro non ha mai amato alla follia- per versarselo nel calice. Prese a bere due o tre bicchieri, giusto per tornare un po’ con i piedi a terra… Alla fine in spiaggia non aveva toccato il cocktail che aveva desiderato tanto.

Fu mentre lui riempiva il sesto bicchiere, che Pete lo prese in considerazione piazzandolo nel bel mezzo del discorso. Allora si voltò per guardarlo e sorrise, con le guance appena arrossate dal bere che già faceva i suoi effetti. Sì, quel senso di smarrimento ed euforia che solo del buon vino d’importazione puo’ darti!

-…così Gabey mi ha presentato questo progetto, ora che i Midtown sono ufficialmente sciolti. Si tratta di… Ce lo spieghi tu?-

Domandò il produttore e lui si gonfiò d’orgoglio e presunzione, sporgendosi verso il tavolo. Forse si notava che stava andando verso l’allegra via della sbronza…

-Sissì! Spiego tutto io. Ecco, è così che è successo…-Puntò lo sguardo in quello di Beckett che ricambiò estasiato. -…stavo nel deserto a fumarmi peyote quando all’improvviso è apparso! Lui! Il Cobra!! E mi ha insegnato a ballare…-

-Il Cobra…?-

Domandò Travis con le sopracciglia talmente alzate da toccare quasi l’attaccatura dei capelli. Persino Ryan pareva poco convinto della storia, quasi spaventato.

-Sì! Un Cobra che è apparso fra le stelle! Mi ha detto “sei qui per fare in modo che gli hipster si prendano meno sul serio e che gli emo smettano di fare le fighette!”… Ecco che mi ha detto! Così mi ha insegnato a muovermi nei club per ben tre lunghe settimane e poi… voilà! Ho deciso di metter su una band! La chiamerò Cobra Starship proprio in onore del Grande Cobra!!!-

-Sembra l’inizio di un film porno gay…-

Commentò il chitarrista dei Panic at The Disco ottenendo l’appoggio di Pat e di McCoy. Solo Bill, Pete e Brendon sembravano realmente interessati a quello che stava raccontando.

-Ma è grandioso! Anche io voglio vedere il Cobra nel deserto!-

Squittì Urie, strattonando il suo amico che per tutta risposta gli tirò una pacca in fronte. Gabe però stava solo aspettando il parere di Wentz, che gli fece un applauso concitato.

-Oh ma è la storia più bella che abbia mai sentito!!! Dobbiamo subito lavorare al progetto ed organizzare un featuring tremendo!! Collaborare funziona sempre, va di moda!-

-Sì è interessante davvero, uhm…- Aggiunse poi William, appoggiando delicatamente il suo tovagliolo sulla tavola imbandita. Si voltò verso Travis ed ammiccò, con qualcosa sul viso che sembrava quasi malizia. –Non avevi detto che volevi fare un… uh, ecco… un featuring con qualcuno? Perché non ti proponi?-

Domandò all’afroamericano, che lanciò uno sguardo di sfida a Saporta. Quest’ultimo non potè fare a meno di notare quanta scarica d’odio gli stava trasmettendo, così cerco di ricambiare con un sorrisone da amico. Gli zigomi perfetti accentuati da quel vago rossore alcolico.

-Una collaborazione! Che bello!!! Sarebbe divertente davvero!- E poi dedicò la sua attenzione a William. –A te piacciono i featuring? Eh?-

Il castano annuì appena e si portò i capelli dietro l’orecchio, invaso dal piacere di quelle attenzioni.

-Uh che ideona!! Dobbiamo lavorarci!!-

Urlò Wentz intervenendo nella faida tra McCoy e Saporta, così che poi ne partì un progetto serio che si protrasse per tutta la durata del pranzo. E sì, si avverò…

                                                        

*  *  *

 

William e Travis uscirono da casa Wentz che ormai erano le cinque del pomeriggio ed il sole era ancora caldo sulle loro teste. Pete li salutò dalla soglia, accanto all’ex leader dei Midtown che li guardava con quell’espressione da pesce lesso. In effetti forse aveva esagerato a bere tutto quel vino, dato che ormai aveva le guance talmente rosse da parer due pomodori spiaccicati. Il frontman dei TAI non riusciva bene a capire perché Saporta avesse preso a bere così all’improvviso, dato che prima pareva tranquillo.

Certo, si ricordava che quando era nei Midtown non è che avesse sempre il viso fresco di chi stava lontano da alcool e droghe. Diciamo che non aveva la fama di essere il più sobrio tra i musicisti…

Oh su, ma non era questo che preoccupava maggiormente Beckett. Era il modo in cui l’aveva guardato per la maggior parte del tempo e soprattutto quando era entrato. Nell’istante in cui si erano visti, Saporta era passato da un’espressione quasi dolorante ad una piena di un sentimento forte come l’affetto. Sì, lui era abituato a tutte quelle occhiate d’amore che la gente gli lanciava… Non era una novità che qualcuno si perdesse ad osservare il suo volto. Però, dai, c’era pure quel Ryan Ross che era davvero bello… Gabe poteva guardare un po’ anche lui, no?

Oh ma non che gli dispiacesse! Figuriamoci!

Passi una vita a rincorrere i tuoi sogni e questi ti si presentano davanti! Non aveva voluto altro che stringere la mano a Gabe Saporta, pensò camminando per il vialetto di casa Wentz, per tutta la sua esistenza lo aveva ammirato. Si ricordava ancora come, a quindici anni, aveva trovato “Save The World, Lose The Girl” nel negozio di musica a Barrington e subito se ne era innamorato.

“Run away when you are down. Pick up the pace cause you fear the sound of mistakes that are getting closer every time. Time is catching up to you.”

Ecco quali parole l’avevano fatto appassionare a quelle canzoni. Per non parlare della voce di Gabe, così graffiante e spezzata, impregnata di una rabbia che a quell’età Bill non riusciva a capire nonostante cercasse di assorbirla. Era come se volesse capire bene i testi di Saporta, ma non riuscisse mai ad essergli troppo vicino con la testa. Per questo forse lo adorava… Perché non poteva essere come lui ed provava solo invidia. Invidia di quel modo di essere che amava.

Per non parlare di quando era riuscito ad andare a vedere la sua band preferita dal vivo. Era forse stato uno dei giorni migliori della sua vita, anche se avrebbe voluto parlare direttamente con Gabe e ringraziarlo per tutto. Uh, ecco che cosa non aveva fatto! Concluse sobbalzando sotto lo sguardo di McCoy. Non lo aveva ringraziato né gli aveva detto quello che provava! Stupido, stupido Bill!!!

Nell’agitarsi attirò totalmente l’attenzione dell’amico, che gli passò la mano attorno alle spalle e lo strinse a sé.

-Che hai? Mi pari un po’ in aria, bro! Non starai dando in escandescenza per il featuring, eh?-

Bill arrossì ed alzò il volto verso McCoy, scuotendo appena il capo. Macchè agitarsi per una canzone! Era Saporta che l’aveva messo in crisi!

No, non voleva provarci con lui. Semplicemente era riuscito ad incontrare quello che era il suo mito e ci aveva fatto la figura dello stoccafisso demente!! Voleva eclissarsi e morire in quell’esatto momento.

Ma guardiamo il lato positivo! Aveva parlato una sola volta e non aveva balbettato troppo! Era sicuro che se avesse detto altro sarebbe partito a parlare a scatti tra un “sai” ed un “dico”, fino a scazzarsi a morte per la sua stupida balbuzie. Qualcosa di giusto l’aveva fatto: restare in un silenzio.

 Sospirò dondolando sul viale, percorrendo lentamente la discesa per arrivare all’auto. Nonostante il caldo, la mano di Travie stretta sulla sua spalla non lo infastidiva per nulla. Poteva benissimo sopportare anche la vicinanza quasi invadente del suo amico.

-…sono solo imbarazzato… per… per il mio, sai, per il mio comportamento!-

Ammise, mentre McCoy puntava la chiave verso la macchina per far scattare la sicura. Bill si staccò solo dopo aver dato una carezza sulla schiena dell’amico, andando al posto del passeggero. Salirono velocemente ed accesero subito l’aria condizionata, per salvarsi da quell’afa terribile che soffocava la città. Sorpassato il cancello di Villa Wentz, Beckett appoggiò la fronte al vetro del finestrino, osservando le ville fantastiche che affiancavano la strada.

Tutte quelle facciate colorate e dalle forme più disparate, circondate giardini paurosi con piante ben curate dai giardinieri. I fiori nei grossi vasi, le palme altissime che si scuotevano al vento. Quanto gli piaceva quel posto… Così differente dalla sua Barrington. Socchiuse le palpebre per focalizzare una ragazzina che pattinava sul marciapiede insieme ad un’amica, entrambe felici di essere lì. Sì, avrebbe voluto essere loro in quel momento.

Ma non poteva ancora permettersi una grande villa, nonostante stesse cominciando a far successo come aveva sempre sognato.. Non è che desiderasse una grossa abitazione per sbattere in faccia alla gente quanti soldi avesse, voleva solo abitare in quella città che amava così tanto. Se non proprio in Beverly Hills, avrebbe voluto abitare in Santa Monica. Svegliarsi la mattina, aprire le finestre e trovarsi davanti l’oceano e la spiaggia… sì, sentire la brezza oceanica colpirlo in volto, l’odore della salsedine riempirgli le narici. E poi, la sera, osservare la ruota panoramica illuminarsi e riflettersi nelle onde.

Amava quella spiaggia da quando ci aveva messo piede… Si sentiva così bene, senza riuscire a spiegarselo. Aveva grandi progetti che non riusciva nemmeno ad identificare. Un grande casino nella sua testa che comprendeva l’oceano e non sapeva nemmeno cosa. Ogni volta che ci pensava, tuttavia, gli veniva la pelle d’oca.

Lui non aveva preso una casa a Los Angeles, limitandosi a stare in una stanza d’hotel proprio lì vicino alla spiaggia. Avrebbe potuto alloggiare da Mike, okay, ma non voleva disturbare. Poteva cavarsela anche così… Poi era successo.

Cosa era successo?

Si era trovato ad andare ad abitare in pianta stabile casa di Travie in West Hollywood, proprio dove arrivò mezz’ora dopo esser partito da casa di Pete.

Si trattava di un enorme appartamento in un palazzo residenziale. Grosso salotto, sala da pranzo, cucina con penisola, quattro bagni, tre stanze, sala isolata con tanto di consolle di sintetizzatori e terrazza affacciata sulle colline. Quello che più dava fastidio a Bill era che stava bene lì… Era un idillio, sì, ma non quello che voleva lui. La trama che aveva in testa era tutt’altra, anche se non poteva scriverla e spiegarla nemmeno a se stesso. Sapeva solo che non doveva essere così. La sua vita doveva assolutamente essere diversa…

Nonostante i suoi problemi, eccolo lì che si dirigeva verso l’enorme divano rosso con penisola e ci si lasciava cadere sopra. McCoy appoggiò le chiavi della macchina alla mensola dell’entrata e scosse la testa osservando l’amico. Il solito poltrone che non aveva nemmeno la forza di spogliarsi le scarpe. Gli si avvicinò e si abbassò in ginocchio sul tappeto dalla trama leopardata, facendo camminare l’indice ed il medio sulla schiena di Beckett. Poteva percorrere tranquillamente tutta la colonna vertebrale che sporgeva da quel corpo ossuto… Così, compiacente, arrivò fino alla fine e si fermò, solo per poter osservare i jeans attillatissimi che stringevano quelle anche e quelle natiche perfette. Decisamente, pensò, non aveva mai posato gli occhi su qualcosa di più bello.

-Cosa mangiamo stasera?-

Domandò, giusto per dire qualcosa mentre la sua mano scivolava sul tessuto ruvido per infilare poi le dita nella tasca posteriore. Bill dal canto suo appoggiò la guancia al morbido cuscino in piume e gli lanciò uno sguardo. Porcaputtana, si disse l’afroamericano, perché era così fottutamente splendido?

-Sto anche a digiuno dopo tutto quello che ci ha dato Pete.- Bofonchiò stanco il castano. -…piuttosto, sul tardi ce lo facciamo un giro?-

-E dove vuoi andare, babe?-

Chiedendolo Travis si abbassò per appoggiare le labbra sul collo candido del ragazzo. Quest’ultimo si voltò a pancia in su e guardò il soffitto bianco, pensando che voleva essere al molo. Magari con un thè freddo in mano, a fissare Sisky e Carden proprio come quella mattina. Però gli andava bene anche così… Gli piacevano le attenzioni di McCoy. Sì, a Bill erano sempre piaciuti tutti quei gesti d’affetto di chi era attratto da lui. Non per sentirsi amato, semplicemente gli andava bene esser desiderato ardentemente.

-…al molo di Santa Monica.-

Si ritrovò a mormorare fra i capelli di Travie, che era salito sul divano per sovrastarlo. Le mani di quest’ultimo scesero a slacciare la bandana al suo ginocchio, prima di dedicare particolare interesse al bottone dei jeans. Quanto bramava quel corpo, cazzo… non poteva fare a meno di desiderarlo in ogni istante.

-Come al solito…-

Rispose, prima di baciare la pelle bianchissima appena sotto l’ombelico, facendo così rabbrividire William.

-Sì. Come sempre…-

Sussurrò, immaginandosi l’oceano e le sue onde… Il molo illuminato e l’aria riempita dalle urla di chi si avventurava sulle montagne russe. Poi nella sua fantasia apparve Gabe, con un drink in mano ed il sorriso sulle labbra.

come se nel suo sogno non potesse mancare proprio lui. Sempre che, ora che lo aveva conosciuto, fosse rimasto solo un sogno e non qualcosa di realizzabile. Sì… Una realtà prossima.

 

 

 

  * * *

 

*2o11*September

 

Un giovane è seduto su un taxi imbottigliato nel traffico cittadino. Il rumore dei clacson che suonano tutt’intorno inizia ad infastidirlo, tanto da fargli desiderare di non essere lì. Eppure c’è stato un periodo in cui New York gli piaceva… Quando, dall’altra parte degli States, desiderava essere su quelle strade trafficate. Quando avrebbe voluto vedere che tipo di vita stava facendo fra le mura di quei palazzi l’unica persona al mondo di cui gli importava veramente. Sì, aveva amato New York.

Ora che è qui, stretto nella sua giacca marrone, si chiede se veramente è il posto in cui vorrebbe stare. La radio passa una delle hit del momento, “California King Bed” di Rihanna, quasi come a voler condannare il suo cuore a ricordare. Si porta le mani al viso, coprendoselo per distrarsi da quei pensieri. L’autista frena di scatto, brutalmente, ma non gli importa del colpo che si è appena preso. Non vuole essere lì… Che cosa sta facendo?

-Dove sto andando…?-

Si chiede in un sussurro che il taxista non riesce a sentire, mentre insulta qualcuno per strada. Il ragazzo riapre le palpebre e guarda fuori, vedendo i palazzi grigiastri al posto delle colline che desidera. Nonostante tutto avvista un gabbiano probabilmente un po’ insano, che sta volando veloce verso l’Oceano. Lo guarda sparire, così torna a schiacciarsi contro il sedile.

Davanti a lui, quando richiude gli occhi, c’è l’Oceano Pacifico e questo gabbiano va a sedersi sulla balaustra del pontile. La costa di Malibù non è lontana… Sorride e gli pare quasi di sentire quella voce cantilenante e nasale che gli ripete le solite cose. Quel “è un sogno” che ogni mattina si sentiva ripetere…

S’infila la mano in tasca, estraendo un braccialetto di gomma bianca e lo guarda. C’è una scritta viola sopra e vorrebbe dimenticarla, gettare via tutto nel primo cestino. Eppure non si è ancora deciso a farlo dopo tutto questo tempo.

È quando il taxi si ferma e scende che se lo rimette al polso ed inizia ad osservare il posto. Lo smog gli riempie i polmoni quando sospira…

È lì che avresti voluto essere? Sei davvero sicuro? Dimmi… Quando dicevi che la tua vita avrebbe dovuto essere diversa che cosa intendevi? Diversa da cosa precisamente? È così che doveva andare? È così che dovevi veramente finire, o nei tuoi sogni c’era qualcosa di più di un orizzonte grigio e spento?

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

_____________

 

Hello, fedeli del Grande Onnipotente Pete.

 

So che qualcuno mi odierà per quel che ho fatto, quindi chiedo subito scusa!!!!

Ho dovuto per forza.. XD

Eh sì, mi riferisco proprio alla Treckett che è stata narrata nella seconda metà del capitolo!! Anche il titolo è una citazione di 7 Weeks modificata!

 

Btw, si è parlato dei Panic e dei VMAs del 2006 a cui poi hanno anche vinto, perché Brendon è bellissimo, bravissimo, un attore nato ecc., come ha detto lui XD

Si è anche citato questo bromance tra Petey e Gabe, che non finirà di certo qui!

E poi l’amore devoto di Pat per Wentz!!!

Quanti pairing… @__@

 

L’amore che regna comunque è quello per il fantasticissimo molo di Santa Monica, il protagonista indiscusso della storia insieme ai gabbiani sempre citati e alle sbronze!!! XD ahahahah

 

Anyway, si diceva che la Gabilliam fosse la cosa principale e… dove è? Vi chiederete!

 

Ai prossimi capitoli!!!!

 

@Back To Vegas Skies non odiarmi!

 

Fangs up, Cobras!

 

Xoxo

Miky

   
 
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