2-Vertigini
e lentiggini
«Foruncoli
Sfiguranti… Orecchie d’Asino… Pelle
Squamosa… che
ne dici, Blaise, potrebbero andar bene?» chiese Malfoy da
dietro il librone di
magia nera che aveva preso nel Reparto Proibito (grazie al permesso di
Piton)
con la scusa di una ricerca.
«Meglio di no, Malfoy, sono
irreversibili!» gli sussurrò
Marcus Flitt, seduto al tavolo vicino. «Naturalmente se vuoi
lanciarli contro
Potter è un’altra storia, ma mi sembra una pessima
idea usarli contro di te!»
«Hai ragione. Voglio stare
alla larga dalla Parkinson, ma
non a costo della vita… o di qualcos’altro.
Trovato niente, ragazzi?» chiese a
Blaise e Tiger, che stavano sfogliando Guida
pratica per i guaritori principianti.
«Forse sì, senti
questo: “Avvelenamento da Euforbia
Vertiginosa, raro fiore di
colore verde palude…provoca vertigini e nausea, forti
capogiri…il paziente non
riesce a reggersi in piedi”. Se mandi giù questa
roba, la sera del Ballo del
Ceppo non potrai nemmeno alzarti dal letto!» rispose Blaise.
«Bene, genio, ho due
domande» ribatté Malfoy poco convinto.
«Uno: dove troviamo
l’Euforbia Comesichiama? E due: qual è
l’antidoto?»
«Per la pianta non
c’è problema: mia zia Lillamara ha la
più
fornita collezione di piante velenose di tutto il mondo magico. Le
dirò che è
per una ricerca… oppure che mi serve per sbarazzarmi di
qualcuno: sarà felicissima, non
fa che consigliarmi di
onorare la famiglia avvelenando qualche Mezzosangue» rispose
Blaise. «L’antidoto…beh,
è piuttosto raro, credo che neanche Madama Chips ce
l’abbia, ma forse me lo
posso procurare».
«Tanto per
curiosità, che roba è? Non sarà un
qualche schifoso
insetto, spero!» esclamò Malfoy leggermente
preoccupato.
«No, tranquillo,
è infuso di Camomilla Artica».
«Blaise, mi stai prendendo
in giro? Non crescono piante in
Artide!»
«A quanto pare, questa
cresce!» rispose Blaise spazientito. «Allora,
vuoi farmi una lezione di Erbologia o trovare un modo per startene a
letto la
sera del Ballo?»
«Questo piano non mi
convince, ma se è l’unico che
hai…»
replicò il ragazzo, dubbioso.
«Andrà tutto
alla perfezione!» lo rassicurò l’amico.
«Ascolta:
io scrivo alla zia, mi faccio mandare la pianta, estraggo il lattice
velenoso e
lo nascondo da qualche parte. Arriva la sera del Ballo: tu sei vestito,
pettinato, profumato e pronto per uscire… ma
all’improvviso ti viene sete e
prendi una bottiglia… diciamo di Burrobirra… che
io ho casualmente lasciato sul
comodino. Bevi un sorso, cominci a stare
male e dici a Pansy che sei davvero dispiaciuto
ma proprio non te la senti di
uscire,
forse è un attacco di labirintite, mille scuse, eccetera,
eccetera. Una notte
di riposo, una camomilla portata dal premuroso compagno di
stanza… e la mattina
dopo Draco Malfoy è nella Sala Grande, con aria sofferente
ma di nuovo in
forma, mentre tutti gli dicono che è stato davvero
sfortunato a perdersi il
ballo».
«La fai facile tu, ma se
Pansy sospetta qualcosa?»
«Ti basterà
simulare qualche inesistente malessere per i
prossimi trenta giorni; potrai sempre dire che è colpa del
cambio di stagione!»
propose Blaise con un gran sorriso.
Malfoy era ancora convinto che il
piano facesse acqua da
tutte le parti, ma decise di fidarsi. In fondo, che altro poteva fare?
Il giorno dopo Malfoy si
mostrò pallido e apparentemente
tormentato dal mal di stomaco; rifiutò eroicamente di
passare dall’infermeria e
rispose con un debole sorriso alle allarmate domande di Pansy. In
realtà lo stomaco
gli faceva davvero male, ma per lo sforzo di trattenere le risate.
La mattina successiva, entrando nella
Sala Grande per la
colazione, vide Blaise che slegava un fagotto dalla zampa di un gufo
grigio e
lo nascondeva sotto il mantello. «Notizie da casa?»
chiese a bassa voce,
sedendosi vicino all’amico e lanciando un’occhiata
a Millicent Bulstrode,
seduta quattro sedie più in là.
«Sì,
la… medicina per lo stomaco è arrivata. Vedrai,
ti farà
stare meglio!» assicurò Blaise, sempre a bassa
voce. «Beh, vado a prepararla,
ho ancora un’ora a disposizione. Ci vediamo!»
Quando uscì dalla Sala
Grande per raggiungere l’aula di
Pozioni, Malfoy era di ottimo umore; durante la lezione il professor
Piton
migliorò ulteriormente la sua giornata, umiliando Potter
davanti all’intera
classe per aver bruciato il suo Filtro Fertilizzante. «Questo
le sembra un liquido giallo
brillante, Potter?» chiese
beffardo, raschiando una sostanza nerastra e collosa dal calderone di
Harry.
Malfoy rise fino a soffocare, insieme a tutti i Serpeverde;
affrontò le altre
interminabili ore con un’espressione beata dipinta sul viso e
alla sera tornò
nella Sala Comune sentendosi allegro ed ottimista. Era seduto sulla sua
poltrona preferita, pensando che dopotutto la vita era degna di essere
vissuta,
quando Pansy entrò raggiante con un bicchiere in mano.
«Dracucciooo!»
cinguettò, piantandogli una mano sulla spalla.
«(Oh, no!) Ehm…
dimmi, Pansy!» rispose Malfoy con una
smorfia che poteva essere scambiata per un timido sorriso.
«Bevi questo, ti
farà bene!»
Lui guardò il bicchiere,
dubbioso. «A me sembra succo di
zucca!»
«Coraggio, non ti voglio
avvelenare!»
Il ragazzo si rassegnò e
mandò giù il liquido, che aveva un
sapore strano. Pansy lo guardo nervosamente. «Non ti senti
già meglio? Blaise
mi ha detto che è una medicina e che voleva dartela dopo
cena, ma io non volevo
vederti soffrire e così ho preso la boccetta dal suo
comodino. Credi che si
arrabbierà? Draco? DRACO!»
Malfoy non rispose:
all’improvviso la stanza aveva
cominciato a girare vorticosamente come una giostra, dandogli un
insopportabile
senso di nausea, e se fosse stato in piedi le gambe non lo avrebbero
retto. In
un attimo la Sala Comune si riempì di Serpeverde richiamati
dalle urla di Pansy;
qualcuno corse fuori e ritornò con Madama Chips, la quale,
ascoltato il confuso
racconto dei presenti ed esaminato il bicchiere vuoto, prese subito in
mano la situazione. «Nott!
Warrington! Portate il signorino in infermeria! Bulstrode! Vai a
prendere una
Pozione Calmante per la Parkinson! Zabini! Tu vieni con me!»
Così Malfoy fu trasportato
con mille precauzioni nel regno
di Madama Chips, seguito da un corteo di ansiosi Serpeverde;
finalmente, dopo
un’ora, la strega arrivò e piazzò in
mano al suo paziente una tazza piena di
una bevanda giallastra. Il ragazzo bevve e miracolosamente la stanza
smise di
dondolare davanti ai suoi occhi. Vide allora che vicino al suo letto,
oltre a
Madama Chips, c’era la professoressa Sprite con una pianta
sottobraccio: sembrava
camomilla, ma aveva i petali azzurrini.
«Bene».
cominciò la Chips. «Zabini mi ha raccontato
tutto!»
Malfoy sospirò: guai in
vista.
«Non ho parole»
continuò la strega, «non capisco chi sia
stato tanto incosciente da raccontarvi che l’Euforbia
Vertiginosa cura i dolori di stomaco! Naturalmente lui non
mi ha detto chi è il colpevole, e non voglio sprecare
Veritaserum per fargli
sputare un nome, ma spero che la prossima volta tutti e
due…o meglio tutti e
tre» e guardò la Parkinson, «avrete
più buonsenso e verrete da me!»
Malfoy ringraziò
mentalmente il suo angelo custode.
«Purtroppo, non
è finita» riprese la Chips. «La zia di
Blaise ha… qualche
problema di vista.
Così insieme alla Vertiginosa
ha
raccolto anche un’Euforbia
Lentigginosa -
non è difficile confonderle, le foglie sono simili -
e… beh, è meglio che guardi
tu stesso» e gli porse uno specchio. Malfoy
guardò e –
orrore! – vide che la faccia gli si era
riempita di lentiggini.
«Sfortunatamente non esiste
antidoto, ma stai tranquillo:
spariranno nel giro di una settimana. Però sei stato ancora
fortunato, non è
facile trovare della camomilla artica in giro!»
«Davvero
fortunato!» intervenne la professoressa Sprite.
«Grazie
al cielo ne ho una piantina, me l’ha regalata un mago lappone
l’anno scorso.
Certo, non pensavo che mi sarebbe servita!»
«Bene, credo che sia meglio
che tu passi la notte in
infermeria» concluse Madama Chips. «Sai, nel caso
avessi una ricaduta… E,
tanto per non sbagliare, vado a prendere quella roba e la butto
giù nel
lavandino. Non vorrei trovarmi l’infermeria piena di
Grifondoro con le
vertigini!»
Per la prima volta nella sua breve
vita, Draco Malfoy fu
tormentato dal dubbio. Il suo animo era lacerato da tre impulsi:
1: Strozzare la professoressa Sprite
(e magari, già che
c’era, anche Madama Chips);
2: Avvelenare la sua malefica
piantina;
3: Far ingoiare a Pansy Parkinson un
intero cespuglio di oleandro
completo di radici e poi sedersi a guardarla morire.
L’ultima opzione lo
attirava non poco, ma decise saggiamente
di lasciar perdere: come avrebbe reagito il signor Parkinson, vecchio
amico di
suo padre, se gli avesse assassinato la sua unica figlia, la sua
“stellina”
come la chiamava lui (ma quale stellina? Somigliava piuttosto a un buco
nero!)?
Si sdraiò sul letto,
fissando Madama Chips che spingeva
fuori i compagni e la Sprite che trascinava via Pansy. Aveva la
sensazione che
lo aspettasse una settimana molto
difficile.