A story about... my end - This autumn
Slaccio il grembiule, riponendolo con gesti automatici e giusto un filino bruschi. Non ci posso pensare; non posso pensare a quanto sia comune ciò che ho fra le mani, non quando un peso si adagia ogni sera sopra le mie tempie. E' piuttosto buffo, in realtà, come quanto più il peso del mondo mi opprima e sfondi i miei muri, la mia testa diventi più leggera. Sono secoli che non ho più neanche un capello. Ancora non mi abituo alla sensazione. Ancora la rifiuto. E' stata dura, quest'estate, non poter più indossare neanche un cappello o un fazzoletto per colpa del calore. E' stata dura sentire direttamente sulla nuda pelle i pensieri che gli sconosciuti marchiano a fuoco su di me. Vorrei avere qualcuno da cui tornare. In realtà ce l'ho. Ho degli amici. Ma non li definirei così. C'è Joanne, che ha un figlio di un anno e cinque mesi. C'è Rupert, il veterano di guerra che ricorda con dolore quanto meglio potesse essere la fratellanza di persone che non si appartengono per legami di sangue. E poi c'è Lewis, sempre chiuso dietro la finestra che non ha il coraggio di aprire. A volte parla. A volte scrive sui sacchetti di carta che strapaga al fattorino, i sacchetti dal quale prende sempre una ciambella per la dolce Joanne. Ma tutti noi non siamo davvero amici. Siamo stranieri capitati per caso a navigare sulla stessa barca. Quando sorrido c'è sempre qualcuno che non mi ricambia, e anche gli altri, so che lo fanno senza convinzione. Rupert potrebbe essere mio padre, Lewis mio fratello, Joanne mia figlia. Ma la triste verità è che non lo siamo.
Non siamo una famiglia, per quanto amiamo l'un l'altro e il senso di accoglienza e di sollievo che spira fra di noi come una benefica brezza.
Noi non siamo fatti per essere felici. Il mio cancro mi mangerà le ossa, alla fine; di Lewis non resterà che una palla di grasso pallido e lobotomizzato; Rupert morirà solo e Joanne perderà suo figlio durante il prossimo inverno e finirà a prostituirsi.
Nessuno di loro sa quello che penso. Glielo nascondo perché so che se non lo facessi la bolla in cui ci concediamo di vivere scoppierebbe in un lampo. Glielo nascondo perché loro credono che sia la più luminosa fra noi, quella in grado di portare un po' di gioia. E lo farei, lo farei davvero se ne fossi capace - se solo potessi.
Per ora mi limito a sorridere più che posso, come posso. Mi limito a tirare avanti nei giorni affollati di foglie e di pioggia di novembre. Mi limito a sperare segretamente che, dopotutto, vedrò il bambino senza nome di Jeanne crescere, Rupert trovare la donna che accompagnerà i suoi giorni, rivelandogli che lo specchio sul comodino ci sta da schifo e andrebbe proprio tolto, e Lewis scoprire quanto dannatamente sia bravo con i computer. Mi limito a sperarlo perché se ci credessi so che verrei disillusa.
Ed è anche per questo che sto già tentando di abituarmi all'idea che morirò, che non ci sarò, che forse potrò comunque guardarli, osservare i fili delle loro vite intrecciarsi alla meno peggio. Così sorrido al pensiero che, dopotutto, mi stanno ancora aspettando. Per quanto possono, mi stanno aspettando. E io andrò da loro.
Le coin des annonces Bonsoir, mes chers. Spero abbiate gradito. Dopo aver letto il trafiletto del prologo, invece di continuare Beasts ho preferito raccontarvi la storia di questi quattro. Non so in che modo potrà esservi utile o cara, ma questa storia è pensata per chi di voi si sente gelare e bruciare nel sentirsi osservato e giudicato, o che comunque lo preferirebbe alla compagnia della gente che non sa capire.
A presto, Less
ps.: mi lasciate un parere? Se non qui, spero almeno in una one-shot a cui tengo molto. Si chiama Quel gioco che vale la candela.