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Autore: Mystral    12/09/2011    1 recensioni
-Beh un Re dei Pirati c'è già stato dopotutto!- disse Myr, sorridendo con aria di sfida -Ora mi pare giusto che sul trono salga una Regina!-
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1- La naufraga


La bambina correva a piedi nudi sulla sabbia bagnata, ridendo felice. Poco dietro, la madre seguiva la bimba camminando lentamente. -Laren!- urlava di tanto in tanto richiamandola. -Non ti allontanare troppo!- si raccomandava, senza perderla di vista neanche per un secondo. -Aspettami!-
La piccola Laren si fermò di colpo, girandosi imbronciata verso la madre -Ma uffa mamma!- si lamentò -Tu sei così lenta!-
La donna rise mentre raggiungeva la figlia. -Hai ragione, tesoro- si scusò -Ma vedi, la mamma si stava godendo un po’ quest’aria fresca!- spiegò -Era da un pezzo che non si stava così bene!- continuò, inspirando a pieni polmoni l’arietta frizzante proveniente dal mare.
Erano stati due mesi d’inferno quelli appena trascorsi; la peggior estate che la gente del luogo ricordasse da molto tempo. Il caldo aveva regnato incontrastato, interrotto solo un paio di volte da timide pioggerelline di passaggio, che non avevano fatto altro che aumentare ulteriormente la cappa di umidità e far sentire ancora di più quel caldo torrido. Gli abitanti avevano accolto col grande gioia l’immenso temporale che si era abbattuto per due giorni consecutivi e che aveva reso l’aria respirabile; certo il temporale aveva causato anche molti danni, ma erano tutti così felici che la pioggia fosse finalmente arrivata che non si rattristarono più di tanto delle perdite e si misero subito al lavoro per riparare ciò che la tempesta aveva distrutto.
Alla piccola Laren, però, tutto questo non parve una ragione valida per camminare così piano: lei voleva correre e a maggior ragione adesso che il tempo era tornato così bello e non c’era più quel caldo insopportabile che le toglieva tutte le energie. Si divincolò dalla madre che stava cercando di sistemarle i capelli scompigliati e si rimise a correre.
-Laren!- urlò di nuovo la madre, sospirando –Non correre così! Ti farai male!- le disse seguendola quasi di corsa, ma la bambina era veloce e già spariva dietro una curva che prendeva la spiaggia, nascondendola dallo sguardo apprensivo della madre.
La bambina correva e rideva felice. Si avvicinava alla riva e quando un’onda minacciava di bagnarle i piedi correva di nuovo lontano, dove la sabbia era un po’ più asciutta. Di tanto in tanto si sentivano, in lontananza, i richiami della madre che si facevano sempre più arrabbiati, man mano che il tempo passava e Laren non accennava ad obbedire. Sempre correndo, la piccola si voltò indietro per vedere di quanto l’avesse distanziata e in quel momento, non guardando dove metteva i piedi, inciampò e cadde.
-Ahia!- piagnucolò rimettendosi in piedi e guardando cosa l’avesse fatta cadere: sulla sabbia c’era un’asse di legno, rotta in più parti, che si muoveva lentamente, mossa dalle onde che s’infrangevano sulla riva e che in quel punto salivano di parecchio sulla spiaggia.
Vedendo da lontano cadere la figlia, la donna si spaventò e prese a correre più veloce. –Laren! Stai bene, tesoro?- urlò preoccupata.
-Si, sto bene!- le rispose Laren sventolando il braccio sopra la testa; poi, mentre la madre la raggiungeva, la piccola si guardò intorno, curiosa: c’erano un mucchio di assi distrutte, sparse per la spiaggia e, poco distante da dove si trovava lei, un telo di stoffa tutto sporco e strappato. Continuò a osservare quello strano panorama, sempre più curiosa, finché non vide qualcosa che la fece sussultare per la sorpresa.
-Coraggio tesoro, vieni via da lì!- le disse in tono categorico la madre, appena dietro di lei, prendendole la manina e cercando di trascinarla via.
Laren però non si mosse.
-Laren, ti ho detto di venire via!- ripeté la madre, arrabbiata. –E’ pericoloso restare qui in mezzo a tutte queste macerie! Potresti farti male!-
-Ma mamma… là c’è qualcuno!- spiegò la bimba indicando un punto davanti a sé. La donna guardò nella direzione indicatagli dalla figlia e sussultò, sorpresa: sepolta in mezzo a molte delle macerie, svenuta e piuttosto malconcia, c’era una ragazza dai lunghi capelli scuri, impiastricciati di sabbia e dalla carnagione scura. Nel vederla così malconcia la donna s’impietosì. –Poverina…- disse, portandosi le mani al viso -…deve essere naufragata a causa della tempesta!- ipotizzò.
Laren guardava la ragazza svenuta come ipnotizzata, incapace di distogliere lo sguardo da quella scena.
-Aspettami qui!- le disse la madre, facendosi poi largo cautamente tra le macerie. Si avvicinò alla ragazza e spostò con fatica le assi rotte che le pesavano sul petto e sulle gambe; poi si chinò su di lei. Respirava ancora. Sospirando sollevata osservò l’esile figura che aveva davanti con maggiore attenzione: era piena di tagli e da alcune ferite piuttosto profonde perdeva molto sangue. La donna pensò di spostarla da lì, ma non voleva rischiare di andare a peggiorare le sue condizioni, così si girò e si rivolse alla figlia: -Laren, te la senti di correre al villaggio a chiamare il dottor Ross?- le chiese.
La piccola annuì, fiera dell’incarico ricevuto, e corse subito via verso il villaggio.
-E mi raccomando fai attenzione!- si raccomandò la madre ma ormai la figlia era già lontana. Sospirò e tornò a concentrarsi sulla ragazzina svenuta. Strappò un lembo dalla propria gonna e cominciò a tamponare le ferite, nella speranza di arrestare la perdita di sangue.
La ragazza emise un gemito di dolore e aprì leggermente gli occhi. –Do…ve…?- riuscì appena a dire, cercando di guardarsi intorno, ma era tutto così sfocato…
-Non ti preoccupare!- la rassicurò la donna –Sei al sicuro! Non sforzarti troppo, sei conciata parecchio male!-
Non seppe dire se la ragazza avesse capito ciò che le stava dicendo, ma senz’altro il suono della sua voce attirò la sua attenzione. Lentamente la naufraga volse lo sguardo verso di lei. Per un attimo i loro sguardi s’incrociarono e la donna si vide riflessa in due splendidi iridi azzurre prima che la ragazza chiudesse gli occhi e svenisse di nuovo.

 

La ragazza aprì gli occhi e sbatté un paio di volte le palpebre.
-Ma…dove?- si chiese. Si sentiva scombussolata e non riusciva a capire dove si trovasse: era sdraiata sul letto di una stanza che non le era per niente familiare, a giudicare da quel poco che riusciva a vedere dalla posizione in cui si trovava. Si chiese come avesse fatto ad arrivare fin lì: i ricordi si susseguivano confusi e sconnessi.
-Ciao!- la salutò una vocina squillante di fianco a lei.
Si voltò per vedere chi fosse: vicino a lei, a due centimetri dal suo viso, c’era una graziosa bimba dai lunghi boccoli dorati che le sorrideva felice; teneva la testa appoggiata alle braccia che erano, a loro volta, incrociate sul letto e fissava la ragazza con gli occhioni verdi pieni di curiosità.
-Io mi chiamo Laren!- si presentò subito, sempre con quella vocetta squillante. –Tu invece come ti chiami?-
-…Myr- rispose la ragazza perplessa e sempre più spaesata.
-Ooh che bel nome!- esclamò la bimba, sorridendole.
In quel momento si sentì il rumore di una porta che si apriva e subito dopo una donna chiamò Laren. –Tesoro, sono tornata!-
La piccola Laren scattò come una molla e corse fuori dalla stanza saltellando. –Mamma! Mamma! Si è svegliata! Ha detto che si chiama Myr!- urlò andando incontro alla madre –Vieni, vieni! Presto!- disse poi.
Una giovane donna sui trent’anni fu trascinata nella stanza.
-Calma tesoro! Calma!- disse divertita alla figlia, poi rivolse un dolce sorriso a Myr. –Ben svegliata, cara!- le disse –Come ti senti?-
-Bene…- rispose lei, cercando di sedersi, ma rinunciò subito poiché avvertiva delle tremende fitte al costato.
-A me non sembra che stai troppo bene…- osservò Laren
La madre le lanciò un’occhiataccia. –Laren, non essere scortese!- la rimproverò; poi tornò a rivolgersi a Myr. –Allora… ti chiami Myr, giusto?- le chiese.
La ragazza annuì piano.
–Lieta di conoscerti, Myr! Io sono Arina mentre lei è mia figlia Laren!- si presentò la donna, accarezzando poi la testa della figlia.
-Piacere…- disse Myr –Dove mi trovo?- chiese
-Sei sull’isola di Manoro, cara… e sei fortunata ad esserci arrivata viva, anche se un po’ ammaccata!- spiegò Arina. –Ti abbiamo trovata io e Laren svenuta sulla spiaggia…-
-Veramente l’ho trovata io…- puntualizzò la bambina, fiera di ciò che aveva fatto.
La madre sorrise. –Giusto, scusa tesoro- le disse, scompigliandole i capelli –Mia figlia ti ha vista, svenuta in mezzo a tutte quelle macerie e così abbiamo subito…-
-Macerie?- domandò Myr, sgranando gli occhi.
Ora ricordava tutto. Ricordava di essere stata sorpresa dalla tempesta e di aver cercato di governare la barca meglio che poteva, ma non era un’esperta di navigazione e presto si era trovata in balia delle onde.
-Si la barca era completamente distrutta- le disse Arina –Eri sepolta sotto tutti quei resti ed è per questo che sei conciata così male- le spiegò.
Si. Ora che la donna glielo diceva, si ricordava di un’onda che ribaltava la nave e poi doveva aver perso i sensi. Sbuffò, imprecando tra sé e sé: le era tornato in mente un altro particolare.
-Cosa ti è saltato in mente di navigare col tempaccio che c’è stato?- le chiese Arina, leggermente accigliata, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
-Ero già per mare, quando è iniziata la tempesta- spiegò Myr, preoccupata.
-Capisco!- sospirò Arina –Beh è un miracolo che tu sia ancora viva! Ti è andata proprio bene!- disse; poi notando l’espressione della ragazza chiese: -Ti senti bene? Qualcosa non va?-
-Ho perso tutto!- esclamò Myr, arrabbiata con se stessa per la propria stupidità.
-Ma no cara, non dire così!- cercò di consolarla la donna –Non è successo niente di grave: presto ti rimetterai e ti aiuterò a trovare un’altra barca!- disse
Myr sospirò sconsolata, cercando di portarsi una mano alla fronte, ma non ci riuscì: ogni minimo movimento le provocava dolori tremendi al torace. Rinunciò e riprese a spiegare. –Le ferite non c’entrano! Non sono un problema, mi creda, e non sarebbe un problema neanche aver distrutto la barca… se avessi i soldi per comprarne un’altra!-
Calò il silenzio. Myr continuava a sospirare e a darsi della stupida mentre Arina guardava la ragazza dispiaciuta.
-E’ colpa mia!- aggiunse poi la ragazza –Sono stata una stupida! Quando le onde hanno minacciato di ribaltare la barca, in mezzo alla tempesta, non ho pensato di metterli al sicuro! Né i soldi né la mappa! Sono stata così stupida!-
-No che non sei stata stupida!- esclamò Arina
-Quale mappa?- chiese quasi contemporaneamente Laren, curiosa.
Myr si morse il labbro: aveva detto troppo. Era certa che Arina e Laren fossero due brave persone ed era sicura che non sarebbe successo niente se avesse raccontato loro qualcosa; tuttavia era abituata a trattare con gente di cui era meglio non fidarsi e questo l’aveva resa molto cauta.
Arina parve capire le difficoltà della ragazza e le venne in aiuto. –Laren, lo sai che non è bello impicciarsi degli affari altrui!- la sgridò
-Si, scusa mamma…- disse la bambina abbassando lo sguardo a terra, un po’ delusa.
-Invece tu Myr ascoltami bene…- continuò la donna, sedendosi sul letto e rivolgendosi alla ragazza, che sgranò gli occhi stupita. –Tu non sei stata affatto una stupida! I veri stupidi sono quelli disposti ad affogare pur di mettere in salvo i propri soldi… tu invece hai anteposto la tua vita a tutto il resto e hai fatto la cosa giusta: il denaro perso può essere riguadagnato, invece la vita è una sola!- disse
Myr ascoltava quella predica con espressione ebete, come imbambolata: le sembrava di avere di fronte sua madre. Rimase a fissarla anche dopo che la donna smise di parlare, incantata; poi, rendendosi conto di quel che stava facendo, arrossì appena e rispose –Ha ragione lei, signora… non avrei dovuto lamentarmi così…-
Arina le sorrise. –Vedrai che una soluzione la troverai- le disse incoraggiante –E se ti servirà aiuto, ti darò una mano io!-
Myr annuì.
-E comunque non serve a niente angosciarsi adesso!- aggiunse poi la donna , alzandosi dal letto. –Tanto per almeno due settimane non puoi andare da nessuna parte!- spiegò
-Cosa?! Due settimane?- urlò la ragazza, sobbalzando: era così sconvolta che quasi non avvertì il dolore provocatole da quel brusco movimento.
-Come minimo- aggiunse Arina tranquilla
-Ma io non posso aspettare tutto questo tempo!- esclamò Myr, ma si rese conto da sola che non aveva molte alternative, cosa che comunque le ricordò anche Arina.
-Temo tu non abbia molta scelta, cara- le disse, appoggiandosi le mani ai fianchi. –Comunque non devi preoccuparti: finché non ti sarai ripresa e non avrai trovato un modo per ripartire, resterai qui da me-
-La ringrazio signora, ma davvero non posso accettare!- disse Myr
-E perché no?- domandò Arina perplessa.
-Insomma… lei non sa niente di me! Sono una perfetta sconosciuta dopotutto… come può fidarsi?- le chiese la ragazza.
Arina le sorrise di nuovo. –Non ti conosco, è vero… ma basta vederti per capire che sei una brava persona! Il mio intuito non mi ha mai tradita!- spiegò, facendole poi l’occhiolino.
Myr sorrise. –Beh allora grazie!-
-Oh, finalmente ti vedo sorridere!- esclamò soddisfatta Arina, facendo arrossire la ragazza. –Ora sarà meglio che ti riposi un po’!- disse; poi si rivolse alla bambina –Noi andiamo di là, tesoro! Mi dai una mano a preparare la cena?- le chiese
-Siii!- urlò Laren, uscendo di corsa dalla stanza. Arina uscì subito dopo e chiuse la porta.
Rimasta sola Myr si fece di nuovo seria e sospirò: aveva un bel po’ di problemi a cui pensare e le erano successe troppe cose tutte in una volta, per i suoi gusti. Era costretta a restare a letto per almeno due settimane, ma una volta trascorso il periodo di convalescenza non sarebbe comunque riuscita a partire presto: era senza barca, senza soldi e si ricordava a malapena la rotta segnata dalla mappa. “Con tutta la fatica che ho fatto per prenderli!” pensò seccata.
Sospirò di nuovo. Non sapeva proprio in che modo sarebbe riuscita a cavarsela stavolta, senza contare che Jim e la sua ciurma potevano essere ancora sulle sue tracce. Non riusciva ancora a capire come mai quell’uomo non l’avesse seguita e affondata.
“Pensarci ora non serve a nulla!” si disse, cercando di convincersi. “Ogni cosa a tempo debito! Ora devo solo cercare di rimettermi in fretta!”.
Chiuse gli occhi e si addormentò.   

  
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