Capitolo 1- La
naufraga
La bambina correva a piedi nudi sulla sabbia bagnata, ridendo felice.
Poco
dietro, la madre seguiva la bimba camminando lentamente. -Laren!-
urlava di
tanto in tanto richiamandola. -Non ti allontanare troppo!- si
raccomandava,
senza perderla di vista neanche per un secondo. -Aspettami!-
La piccola Laren si fermò di colpo, girandosi imbronciata
verso la madre -Ma
uffa mamma!- si lamentò -Tu sei così lenta!-
La donna rise mentre raggiungeva la figlia. -Hai ragione, tesoro- si
scusò -Ma
vedi, la mamma si stava godendo un po’ quest’aria
fresca!- spiegò -Era da un
pezzo che non si stava così bene!- continuò,
inspirando a pieni polmoni
l’arietta frizzante proveniente dal mare.
Erano stati due mesi d’inferno quelli appena trascorsi; la
peggior estate che
la gente del luogo ricordasse da molto tempo. Il caldo aveva regnato
incontrastato, interrotto solo un paio di volte da timide pioggerelline
di
passaggio, che non avevano fatto altro che aumentare ulteriormente la
cappa di
umidità e far sentire ancora di più quel caldo
torrido. Gli abitanti avevano
accolto col grande gioia l’immenso temporale che si era
abbattuto per due
giorni consecutivi e che aveva reso l’aria respirabile; certo
il temporale
aveva causato anche molti danni, ma erano tutti così felici
che la pioggia
fosse finalmente arrivata che non si rattristarono più di
tanto delle perdite e
si misero subito al lavoro per riparare ciò che la tempesta
aveva distrutto.
Alla piccola Laren, però, tutto questo non parve una ragione
valida per
camminare così piano: lei voleva correre e a maggior ragione
adesso che il
tempo era tornato così bello e non c’era
più quel caldo insopportabile che le
toglieva tutte le energie. Si divincolò dalla madre che
stava cercando di sistemarle
i capelli scompigliati e si rimise a correre.
-Laren!- urlò di nuovo la madre, sospirando –Non
correre così! Ti farai male!-
le disse seguendola quasi di corsa, ma la bambina era veloce e
già spariva
dietro una curva che prendeva la spiaggia, nascondendola dallo sguardo
apprensivo della madre.
La bambina correva e rideva felice. Si avvicinava alla riva e quando
un’onda
minacciava di bagnarle i piedi correva di nuovo lontano, dove la sabbia
era un
po’ più asciutta. Di tanto in tanto si sentivano,
in lontananza, i richiami
della madre che si facevano sempre più arrabbiati, man mano
che il tempo
passava e Laren non accennava ad obbedire. Sempre correndo, la piccola
si voltò
indietro per vedere di quanto l’avesse distanziata e in quel
momento, non
guardando dove metteva i piedi, inciampò e cadde.
-Ahia!- piagnucolò rimettendosi in piedi e guardando cosa
l’avesse fatta
cadere: sulla sabbia c’era un’asse di legno, rotta
in più parti, che si muoveva
lentamente, mossa dalle onde che s’infrangevano sulla riva e
che in quel punto
salivano di parecchio sulla spiaggia.
Vedendo da lontano cadere la figlia, la donna si spaventò e
prese a correre più
veloce. –Laren! Stai bene, tesoro?- urlò
preoccupata.
-Si, sto bene!- le rispose Laren sventolando il braccio sopra la testa;
poi,
mentre la madre la raggiungeva, la piccola si guardò
intorno, curiosa: c’erano
un mucchio di assi distrutte, sparse per la spiaggia e, poco distante
da dove
si trovava lei, un telo di stoffa tutto sporco e strappato.
Continuò a
osservare quello strano panorama, sempre più curiosa,
finché non vide qualcosa
che la fece sussultare per la sorpresa.
-Coraggio tesoro, vieni via da lì!- le disse in tono
categorico la madre,
appena dietro di lei, prendendole la manina e cercando di trascinarla
via.
Laren però non si mosse.
-Laren, ti ho detto di venire via!- ripeté la madre,
arrabbiata. –E’ pericoloso
restare qui in mezzo a tutte queste macerie! Potresti farti male!-
-Ma mamma… là c’è qualcuno!-
spiegò la bimba indicando un punto davanti a sé.
La donna guardò nella direzione indicatagli dalla figlia e
sussultò, sorpresa:
sepolta in mezzo a molte delle macerie, svenuta e piuttosto malconcia,
c’era
una ragazza dai lunghi capelli scuri, impiastricciati di sabbia e dalla
carnagione scura. Nel vederla così malconcia la donna
s’impietosì. –Poverina…-
disse, portandosi le mani al viso -…deve essere naufragata a
causa della
tempesta!- ipotizzò.
Laren guardava la ragazza svenuta come ipnotizzata, incapace di
distogliere lo
sguardo da quella scena.
-Aspettami qui!- le disse la madre, facendosi poi largo cautamente tra
le
macerie. Si avvicinò alla ragazza e spostò con
fatica le assi rotte che le
pesavano sul petto e sulle gambe; poi si chinò su di lei.
Respirava ancora.
Sospirando sollevata osservò l’esile figura che
aveva davanti con maggiore
attenzione: era piena di tagli e da alcune ferite piuttosto profonde
perdeva
molto sangue. La donna pensò di spostarla da lì,
ma non voleva rischiare di andare a peggiorare le sue
condizioni, così si girò e si
rivolse alla figlia: -Laren, te la senti di correre al villaggio a
chiamare il
dottor Ross?- le chiese.
La piccola annuì, fiera dell’incarico ricevuto, e
corse subito via verso il
villaggio.
-E mi raccomando fai attenzione!- si raccomandò la madre ma
ormai la figlia era
già lontana. Sospirò e tornò a
concentrarsi sulla ragazzina svenuta. Strappò un
lembo dalla propria gonna e cominciò a tamponare le ferite,
nella speranza di
arrestare la perdita di sangue.
La ragazza emise un gemito di dolore e aprì leggermente gli
occhi. –Do…ve…?-
riuscì appena a dire, cercando di guardarsi intorno, ma era
tutto così sfocato…
-Non ti preoccupare!- la rassicurò la donna –Sei
al sicuro! Non sforzarti
troppo, sei conciata parecchio male!-
Non seppe dire se la ragazza avesse capito ciò che le stava
dicendo, ma
senz’altro il suono della sua voce attirò la sua
attenzione. Lentamente la
naufraga volse lo sguardo verso di lei. Per un attimo i loro sguardi
s’incrociarono e la donna si vide riflessa in due splendidi
iridi azzurre prima
che la ragazza chiudesse gli occhi e svenisse di nuovo.
La ragazza
aprì gli occhi e sbatté un paio di volte le
palpebre.
-Ma…dove?- si chiese. Si sentiva scombussolata e non
riusciva a capire dove si
trovasse: era sdraiata sul letto di una stanza che non le era per
niente
familiare, a giudicare da quel poco che riusciva a vedere dalla
posizione in
cui si trovava. Si chiese come avesse fatto ad arrivare fin
lì: i ricordi si
susseguivano confusi e sconnessi.
-Ciao!- la salutò una vocina squillante di fianco a lei.
Si voltò per vedere chi fosse: vicino a lei, a due
centimetri dal suo viso, c’era
una graziosa bimba dai lunghi boccoli dorati che le sorrideva felice;
teneva la
testa appoggiata alle braccia che erano, a loro volta, incrociate sul
letto e
fissava la ragazza con gli occhioni verdi pieni di curiosità.
-Io mi chiamo Laren!- si presentò subito, sempre con quella
vocetta squillante.
–Tu invece come ti chiami?-
-…Myr- rispose la ragazza perplessa e sempre più
spaesata.
-Ooh che bel nome!- esclamò la bimba, sorridendole.
In quel momento si sentì il rumore di una porta che si
apriva e subito dopo una
donna chiamò Laren. –Tesoro, sono tornata!-
La piccola Laren scattò come una molla e corse fuori dalla
stanza saltellando. –Mamma!
Mamma! Si è svegliata! Ha detto che si chiama Myr!-
urlò andando incontro alla
madre –Vieni, vieni! Presto!- disse poi.
Una giovane donna sui trent’anni fu trascinata nella stanza.
-Calma tesoro! Calma!- disse divertita alla figlia, poi rivolse un
dolce
sorriso a Myr. –Ben svegliata, cara!- le disse
–Come ti senti?-
-Bene…- rispose lei, cercando di sedersi, ma
rinunciò subito poiché avvertiva
delle tremende fitte al costato.
-A me non sembra che stai troppo bene…- osservò
Laren
La madre le lanciò un’occhiataccia.
–Laren, non essere scortese!- la
rimproverò; poi tornò a rivolgersi a Myr.
–Allora… ti chiami Myr, giusto?- le
chiese.
La ragazza annuì piano.
–Lieta di conoscerti, Myr! Io sono Arina mentre lei
è
mia figlia Laren!- si presentò la donna, accarezzando poi la
testa della figlia.
-Piacere…- disse Myr –Dove mi trovo?- chiese
-Sei sull’isola di Manoro, cara… e sei fortunata
ad esserci arrivata viva,
anche se un po’ ammaccata!- spiegò Arina.
–Ti abbiamo trovata io e Laren
svenuta sulla spiaggia…-
-Veramente l’ho trovata io…-
puntualizzò la bambina, fiera di ciò che aveva
fatto.
La madre sorrise. –Giusto, scusa tesoro- le disse,
scompigliandole i capelli –Mia
figlia ti ha vista, svenuta in mezzo a tutte quelle macerie e
così abbiamo
subito…-
-Macerie?- domandò Myr, sgranando gli occhi.
Ora ricordava tutto. Ricordava di essere stata sorpresa dalla tempesta
e di
aver cercato di governare la barca meglio che poteva, ma non era
un’esperta di
navigazione e presto si era trovata in balia delle onde.
-Si la barca era completamente distrutta- le disse Arina –Eri
sepolta sotto
tutti quei resti ed è per questo che sei conciata
così male- le spiegò.
Si. Ora che la donna glielo diceva, si ricordava di un’onda
che ribaltava la
nave e poi doveva aver perso i sensi. Sbuffò, imprecando tra
sé e sé: le era
tornato in mente un altro particolare.
-Cosa ti è saltato in mente di navigare col tempaccio che
c’è stato?- le chiese
Arina, leggermente accigliata, interrompendo il flusso dei suoi
pensieri.
-Ero già per mare, quando è iniziata la tempesta-
spiegò Myr, preoccupata.
-Capisco!- sospirò Arina –Beh è un
miracolo che tu sia ancora viva! Ti è andata
proprio bene!- disse; poi notando l’espressione della ragazza
chiese: -Ti senti
bene? Qualcosa non va?-
-Ho perso tutto!- esclamò Myr, arrabbiata con se stessa per
la propria
stupidità.
-Ma no cara, non dire così!- cercò di consolarla
la donna –Non è successo
niente di grave: presto ti rimetterai e ti aiuterò a trovare
un’altra barca!-
disse
Myr sospirò sconsolata, cercando di portarsi una mano alla
fronte, ma non ci
riuscì: ogni minimo movimento le provocava dolori tremendi
al torace. Rinunciò
e riprese a spiegare. –Le ferite non c’entrano! Non
sono un problema, mi creda,
e non sarebbe un problema neanche aver distrutto la barca…
se avessi i soldi
per comprarne un’altra!-
Calò il silenzio. Myr continuava a sospirare e a darsi della
stupida mentre
Arina guardava la ragazza dispiaciuta.
-E’ colpa mia!- aggiunse poi la ragazza –Sono stata
una stupida! Quando le onde
hanno minacciato di ribaltare la barca, in mezzo alla tempesta, non ho
pensato
di metterli al sicuro! Né i soldi né la mappa!
Sono stata così stupida!-
-No che non sei stata stupida!- esclamò Arina
-Quale
mappa?-
chiese
quasi contemporaneamente
Laren, curiosa.
Myr si morse il labbro: aveva detto troppo. Era certa che Arina e Laren
fossero
due brave persone ed era sicura che non sarebbe successo niente se
avesse
raccontato loro qualcosa; tuttavia era abituata a trattare con gente di
cui era
meglio non fidarsi e questo l’aveva resa molto cauta.
Arina parve capire le difficoltà della ragazza e le venne in
aiuto. –Laren, lo
sai che non è bello impicciarsi degli affari altrui!- la
sgridò
-Si, scusa mamma…- disse la bambina abbassando lo sguardo a
terra, un po’
delusa.
-Invece tu Myr ascoltami bene…- continuò la
donna, sedendosi sul letto e
rivolgendosi alla ragazza, che sgranò gli occhi stupita.
–Tu non sei stata
affatto una stupida! I veri stupidi sono quelli disposti ad affogare
pur di
mettere in salvo i propri soldi… tu invece hai anteposto la
tua vita a tutto il
resto e hai fatto la cosa giusta: il denaro perso può essere
riguadagnato,
invece la vita è una sola!- disse
Myr ascoltava quella predica con espressione ebete, come imbambolata:
le
sembrava di avere di fronte sua madre. Rimase a fissarla anche dopo che
la
donna smise di parlare, incantata; poi, rendendosi conto di quel che
stava
facendo, arrossì appena e rispose –Ha ragione lei,
signora… non avrei dovuto
lamentarmi così…-
Arina le sorrise. –Vedrai che una soluzione la troverai- le
disse incoraggiante
–E se ti servirà aiuto, ti darò una
mano io!-
Myr annuì.
-E comunque non serve a niente angosciarsi adesso!- aggiunse poi la
donna ,
alzandosi dal letto. –Tanto per almeno due settimane non puoi
andare da nessuna
parte!- spiegò
-Cosa?! Due settimane?- urlò la ragazza, sobbalzando: era
così sconvolta che
quasi non avvertì il dolore provocatole da quel brusco
movimento.
-Come minimo- aggiunse Arina tranquilla
-Ma io non posso aspettare tutto questo tempo!- esclamò Myr,
ma si rese conto
da sola che non aveva molte alternative, cosa che comunque le
ricordò anche Arina.
-Temo tu non abbia molta scelta, cara- le disse, appoggiandosi le mani
ai fianchi.
–Comunque non devi preoccuparti: finché non ti
sarai ripresa e non avrai
trovato un modo per ripartire, resterai qui da me-
-La ringrazio signora, ma davvero non posso accettare!- disse Myr
-E perché no?- domandò Arina perplessa.
-Insomma… lei non sa niente di me! Sono una perfetta
sconosciuta dopotutto…
come può fidarsi?- le chiese la ragazza.
Arina le sorrise di nuovo. –Non ti conosco, è
vero… ma basta vederti per capire
che sei una brava persona! Il mio intuito non mi ha mai tradita!-
spiegò,
facendole poi l’occhiolino.
Myr sorrise. –Beh allora grazie!-
-Oh, finalmente ti vedo sorridere!- esclamò soddisfatta
Arina, facendo
arrossire la ragazza. –Ora sarà meglio che ti
riposi un po’!- disse; poi si
rivolse alla bambina –Noi andiamo di là, tesoro!
Mi dai una mano a preparare la
cena?- le chiese
-Siii!- urlò Laren, uscendo di corsa dalla stanza. Arina
uscì subito dopo e
chiuse la porta.
Rimasta sola Myr si fece di nuovo seria e sospirò: aveva un
bel po’ di problemi
a cui pensare e le erano successe troppe cose tutte in una volta, per i
suoi
gusti. Era costretta a restare a letto per almeno due settimane, ma una
volta
trascorso il periodo di convalescenza non sarebbe comunque riuscita a
partire
presto: era senza barca, senza soldi e si ricordava a malapena la rotta
segnata
dalla mappa. “Con tutta la fatica che ho fatto per
prenderli!” pensò seccata.
Sospirò di nuovo. Non sapeva proprio in che modo sarebbe
riuscita a cavarsela
stavolta, senza contare che Jim e la sua ciurma potevano essere ancora
sulle
sue tracce. Non riusciva ancora a capire come mai quell’uomo
non l’avesse
seguita e affondata.
“Pensarci ora non serve a nulla!” si disse,
cercando di convincersi. “Ogni cosa
a tempo debito! Ora devo solo cercare di rimettermi in
fretta!”.
Chiuse gli occhi e si addormentò.