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Autore: koigumi    13/09/2011    4 recensioni
Da dieci anni ormai aveva smesso di farsi chiamare Lizzy.
Così come accadde al piccolo conte Phantomhive, anche lei smise di sorridere.
Non indossò più abiti rosa. Dimenticò di amare le “cose carine”.
Genere: Dark, Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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3. HEADLONG IN THE Dark

“Tre gocce di sangue che scorre nelle vene
Che sono dell’anima e del corpo le catene,
Disegnano il marchio del demonio dell’inferno
Che custodirà la mia anima in eterno.
Con ciò questo patto suggello e la mia fede abbandono
E dal Signore non mi sarà concesso alcun perdono …”


Dopo aver pronunciato queste parole, Elizabeth si accasciò a terra, proprio dove aveva disegnato un pentacolo col suo sangue. In quel momento nulla le importava se il suo vestito era sporco di sangue, né se qualche cacciatore potesse imbattersi in lei. Il terreno era morbido, il verde degli alberi circondava l’azzurro del cielo. Elizabeth sentiva venir meno le forze sempre più.

-“Sto morendo.”

Eppure aveva eseguito il rito come scritto nel volume di magia nera che aveva letto. Dal polso continuava a scorrere sangue e pian piano il braccio si colorava di viola. Il suo viso cominciò a perdere colorito e le sue mani diventavano sempre più deboli.
Le palpebre erano sempre più pesanti ad ogni battito e la vista sempre più appannata. Chiuse gli occhi. Sentiva le forze che la abbandonavano. Il respiro si faceva sempre più lento. D’un tratto il suo petto si fermò: il braccio le scivolò di lato, la testa si accasciò sull’erba e il suo cuore smise di battere.

Elizabeth era morta. E allora perché si sentiva ancora viva?
Una strana voce femminile le rimbombava nella testa.
-“Liz … Lizzy … Lizzy …”

Sentì le forze che le ritornavano lentamente. In effetti la sua era stata una morte tutt’altro che violenta e indolore. Non appena riuscì a muovere la testa riaprì gli occhi. La vista era ancora molto appannata, ma non riusciva comunque ad intravedere nulla. La sensazione dell’erba soffice sulla quale si era accasciata solo qualche istante prima di morire era svanita. Dal suo braccio non scorreva più sangue. La morbida seta di cui era fatto il suo vestito non c’era più.

Non appena riacquistò la vista si accorse di non indossare più i suoi vestiti: al posto del suo candido vestito color ciclamino, ora indossava una veste completamente bianca. Si accorse inoltre di non trovarsi più nel bosco dove aveva tentato di invocare un demone, ma in una immensa stanza scura di cui non si riusciva ad intravedere alcuna parete.

-“D-Dove mi trovo?”
-“Indovina?”
Era la stessa voce che poco prima le risuonava nella testa pronunciando il suo nome.

-“E’ un incubo, vero?”
-“Non sono sicura che si possano avere incubi anche da morti …”
-“Quindi sono morta davvero?!”
-“Beh, bisogna esserlo per trovarsi qui, non credi?”
-“Allora questo è l’Inferno?”
-“Non esattamente: questo luogo non prevede né punizione né salvezza eterna. Questo luogo è per coloro che sono disposti a cedere la propria anima in cambio di un ultimo desiderio. Il fatto che tu ora indossi una veste bianca sta a significare che la tua anima è pura ed inviolata: una vera rarità in un mondo pieno di depravazione come il vostro.”
-“Quindi io …”
-“Ora basta chiacchierare: per poter sancire un patto bisogna che ti illustri ciò che ne consegue.”

Elizabeth tacque e la voce poté continuare.

“Elizabeth Esel Cordelia Midford: questo è il punto di non ritorno.
Invocando un demone hai rinnegato la tua fede
e per questo motivo non ti sarà concesso di attraversare le porte del Paradiso.
Se deciderai di proseguire verso il sentiero scelto
Sacrificio, desiderio e il patto ti legheranno a me, un demone,
tua fedele schiava.
Altrimenti la tua anima sarà condannata ad un’eternità di dolore nel girone dei suicidi.”


-“Vale a dire che in entrambi i casi la mia decisione mi costerà l’anima, non è così?”
-“Ognuno è artefice del proprio destino, cara Lizzy.”

Se fino a quel momento la paura aveva offuscato ogni suo pensiero, non appena Elizabeth sentì pronunciare il suo soprannome si rammentò della vera ragione per cui aveva compiuto quel gesto così estremo. E la sua esitazione svanì di colpo.

-“ Se tu sei il demone che ho invocato, allora esigo che tu esaudisca il mio ultimo desiderio: della mia anima nulla mi importa più ormai da dieci anni.”
-“Meglio così: è sempre meno doloroso cedere qualcosa a cui si tiene poco …”
-“Esatto. Questo desiderio non mi porterà né ricchezza né longevità. Tuttavia ho intenzione di utilizzarlo …”
-“ … ‘utilizzarlo’ per cosa?”
-“Desidero utilizzarlo per Ciel Phantomhive.”

Una lieve pausa, forse dovuta allo stupore, seguì la precisazione di Elizabeth. La sua richiesta sembrò aver spiazzato il demone, il quale però, qualche secondo dopo, proseguì.
-“Ah, quindi il tuo desiderio riguarda Ciel Phantomhive … credo proprio che ci sarà da divertirsi!”

*******
Quella stessa mattina, davanti alla residenza Midford, si arrestò una carrozza trainata da un cavallo completamente nero. Il nocchiero era il maggiordomo della famiglia Phantom e, all’interno della carrozza, vi era lo stesso conte.

Ciel e Sebastian si erano recati alla villa di Elizabeth con l’intento di prendere la sua anima, dopo l’animata conversazione in salotto del giorno prima. Il piccolo conte per l’occasione non indossava alcuna benda all’occhio destro, ma copriva comunque il vistoso marchio con una grossa ciocca di capelli.
Il maggiordomo, invece, portava i capelli tirati all’indietro, nella stessa maniera in cui dieci anni prima glieli sistemava la marchesa, madre di Elizabeth. Entrambi erano vestiti di scuro: Ciel inoltre, portava in dono un mazzo di campanule azzurre.
Ad accogliere gli ospiti inaspettati fu la cameriera Paula.

-“Buongiorno. Posso esservi d’aiuto?”
-“Sì, grazie. Il mio signore, il conte Phantom, ed io siamo venuti a far visita alla marchesina Elizabeth. È in casa, adesso?”
-“Purtroppo è uscita a fare una passeggiata, ma credo ritornerà presto. Prego, accomodatevi in salotto: lì potrete aspettarla comodamente davanti ad una tazza di tè.”
-“Signorino, lei che ne dice?”
-“D’accordo …”

I due si accomodarono su un vistoso sofà color verde menta, al centrò di una magnifica sala di gusto tipicamente vittoriano, con un enorme camino al centro della parete. La stanza era ben illuminata da enormi vetrate, decorate con lunghe tende di pesante velluto verde e leggero cotone bianco.

Non appena la cameriera si allontanò per preparare il tè, il piccolo conte si voltò verso il suo maggiordomo, facendogli segno con la mano di fare un giro della casa.

-“Cerca qualcosa che possa ricondurci a lei nelle prossime 24 ore.”
-“Sarà fatto, signorino.”

Il maggiordomo si precipitò nel corridoio e cominciò a perlustrare le varie camere. Sapeva di aver a disposizione solo pochi minuti per fare un giro completo della casa senza essere scoperto, ma ci sarebbe dovuto riuscire comunque, perché era un ordine del suo padrone.

-“Non vorrei essere nei suoi panni quando finalmente troverò un modo per togliermelo davanti ai piedi e dovrà vedersela tutta da solo!”
Un sinistro sorriso apparve sul volto di Sebastian.
-“In ogni caso, meglio non perdere altro tempo: comincerò dalla camera della marchesina. Lì ho molta più probabilità di trovare qualcosa.”

Entrò furtivamente nella camera di Elizabeth, cercando di non toccare né spostare niente che non gli interessasse. Al fianco del letto a baldacchino, sul comodino di legno chiaro intagliato, una pila di grossi e vecchi libri attirò l’attenzione di Sebastian.

-“Questi non sembrano proprio libri per una lettura leggera da camera, o sbaglio?”
Così dicendo si avvicinò al comodino e prese tra le mani uno di quei volumi, né studiò il contenuto. Ad ogni parola che scorreva, il suo sguardo si faceva sempre più preoccupato.
-“E così anche Lady Elizabeth ha intenzione di seguire le orme del signorino, eh?”

Prima di abbandonare la camera con quell’ingombrante volume tra le mani, come prova da portare al suo signorino, Sebastian notò un piccolo appunto scritto ad inchiostro, forse troppo frettolosamente, perché pieno di macchie.

“ Un patto con un’anima che ha perso il suo cammino
Dona a questa il potere di cambiare il suo destino:
Tre gocce di sangue che scorre nelle vene
Che sono dell’anima e del corpo le catene,
Disegnano il marchio del demonio dell’inferno
Che custodirà la mia anima in eterno.
Con ciò questo patto suggello e la mia fede abbandono
E dal Signore non mi sarà concesso alcun perdono.
O demonio, con te io muoio e poi risorgo
E in cambio la mia anima ti porgo.”


Con un gesto veloce, Sebastian poggiò il pesante volume sulla pila di libri e al suo posto, prese il piccolo appunto.
-“Credo che questo sarà molto più utile di un intero libro di magia nera.”

Abbandonò la camera e tornò dal suo padrone appena in tempo per il tè. Paula ne servì una tazza ciascuno: era un semplice Earl Grey Jackson, lo stesso che prendeva ogni mattina il piccolo Ciel appena sveglio. Ma oramai quel tè non aveva più alcun sapore.
La cameriera si congedò presto, perché indaffarata con le faccende domestiche, lasciando Ciel e Sebastian soli nel salotto.

-“Perché ci hai messo così tanto?”
-“Mi perdoni se l’ho fatta aspettare molto, ma ho trovato qualcosa che potrebbe esserle d’aiuto.”

Così dicendo porse l’appunto a Ciel, il quale prima lo rigirò tra le mani e poi lo lesse un paio di volte a voce soffusa.

-“Cosa dovrebbe significare questo?”
-“E’ un’antica formula usata nei testi di magia nera per invocare un demone.”
-“Un demone? Questo vuol dire che siamo arrivati in ritardo?”
-“Non è ancora detta l’ultima parola, signorino. In ogni caso, non possiamo rischiare indugiando oltre in questa magione. Dobbiamo muoverci e alla svelta.”
-“Sì, ma … dove dobbiamo cercarla?”
-“Fortunatamente ho già qualche idea di dove si trovi adesso la marchesina: i posti più idonei a questo genere di ‘invocazioni’ sono chiese sconsacrate o luoghi all’aperto ed isolati. E, non essendo la marchesina persona tale da conoscere chiese sconsacrate, è da escludere la prima ipotesi. Inoltre la cameriera ha detto che è uscita a fare una passeggiata, il che vuol dire che non ha preso la carrozza e che quindi non è lontana. E qual è il luogo più isolato e più vicino a questa villa, raggiungibile anche a piedi?”
-“La pineta!”
-“Esattamente. Forza signorino, non perdiamo altro tempo: ogni istante può essere decisivo.”




NELLA CAMERETTA DELL'AUTORE
Hola Hola, carissimi lettori!
… ebbene, sì: sono tornato, armato di un nuovo capitolo!
Era quasi mezzo mese che non postavo un capitolo su questa storia ... o forse ero proprio io che non lo volevo fare: dovete sapere che sono un tipetto alquanto vergognoso … so bene che la mia storia è di un livello abbastanza basso, perciò prima di postare un capitolo nuovo, ho bisogno di una pausa di riflessione nella quale passo la maggior parte del tempo a dirmi:

DAI, PUOI FARCELA! NON ABBATTERTI! SEI BRAVO! LA GENTE APPREZZERA’ IL TUO LAVORO!!!

Come potete ben capire, la mia coscienza è fin troppo lusinghiera…
Comunque, con questo capitolo siamo finalmente entrati nel vivo della storia (lettori: “era ora!!!”)
Spero che possa piacervi! Lascietemi qualche commentino, bello o brutto che sia! :D
Byeee~
   
 
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