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Autore: artemide88    15/09/2011    12 recensioni
Isabella Swan ha iniziato a lavorare presso la sede newyorkese di una multinazionale. il suo capo? Edward Cullen, ovviamente. non si sopportano ma lei ha bisogno di un lavoro e lui di una segretaria. e poi c'è una promessa da mantenere...buona lettura!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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cap 12 ls Lo so, lo so.
Avevo promesso di ritornare prima o di scrivere tanto.
Non ho fatto nessuna delle due cose, preferisco non scrivere se non mi sento nello stato d'animo giusto.

Ma ora sono qui e c'è un capitolo nuovo tutto per voi.
Sinceramente, non mi sembra un gran capitolo, un po' statico e di passaggio.
Eppure, certi personaggi è meglio introdurli così....in modo soft per il ruolo che avranno poi in seguito.

Buona lettura!!



CAPITOLO 12 – CONSIGLIO IMPREVISTO

Isabella quella mattina, arrivò con le occhiaie e molto sonno arretrato in ufficio. Fuori era ancora buio, l’inverno stringeva nella sua morsa fredda tutta la città.

Luci, termostato, caffè. Isabella compì semplici azioni per rendere quel posto di nuovo vivo dopo la pausa notturna.

Accese il computer e iniziò il solito lavoro di controllo delle mail. Quella mattina era arrivata prima di tutti, non aveva dormito granché e alle cinque e mezza aveva deciso di scendere dal letto, invece che litigare per altre due ore con le coperte.

Si era chiesta perché non lasciasse il suo lavoro e ne cercasse un altro che le desse maggiori soddisfazioni. Dopotutto i rapporti con Edward si erano arenati in una fredda cortesia, riscaldata solo da suoi commenti acidi.

Inoltre era  davvero stanca di servire caffè, inviare mail, rispondere al telefono e fare fotocopie. Aveva bisogno di un cambiamento e ogni mattina si riproponeva di rassegnare le dimissioni. Ma poi tra una fotocopia e l’atra le veniva alla mente suo padre, i suoi probabili te lo avevo detto, e allora continuava a perseverare, stringendo i denti e sfogandosi sempre durante il corso di thai box.

Quando davanti a lei si presentarono i membri del consiglio, le prese il panico. Erano da pochi minuti passate le otto del mattino e non aspettava nessuno prima delle dieci, orario in cui Edward la degnava della sua presenza. Erano tutti lì per un consiglio d’amministrazione straordinario.

Ma come, la sua segretaria personale non ne era stata informata? E il signor Cullen non era ancora arrivato?

“scusatemi solo un secondo signori.” Isabella in preda allo sconcerto, si diresse a grandi passi verso l’ufficio del capo, cercando di guadagnare tempo. forse la mancanza di sonno iniziava a farsi sentire e lei si era solo addormentata sulla scrivania.

Lisciò la giacca e i pantaloni, le mani le sudavano perché non aveva la situazione sotto controllo e lei odiava non avere neanche un minimo di controllo su ciò che la circondava. Decideva lei se perdere le staffe, se ingannare, se essere gentile. Aveva sempre un asso nella manica che la portava a capovolgere la situazione, ma non quella volta e il suo senso di impotenza stava aumentando, così come il suo respiro.

Mentre componeva il numero del cellulare di Edward Cullen pensò che forse l’indomani non avrebbe dovuto pensare alla lettera di dimissioni. Ci avrebbe pensato il suo capo a licenziarla in tronco, anche solo per avergli telefonato solo alle otto di mattina, quando lei aveva avuto l’esplicito ordine di non disturbarlo mai prima delle dieci.

Il principino dorme fino a tardi...

Pensò acidamente, storcendo il naso mentre sentiva il telefono squillare a vuoto.

Lui dorme e io sono nei guai.

Si, l’avrebbe licenziata. Come aveva potuto sbagliare a mandare la mail e chiamare le segretarie di tutti quegli uomini là fuori? Era così distratta in quei giorni da commettere un errore così grossolano. Eppure, rifletté, per quel giorno non era stato previsto alcun consiglio, nessuna riunione.

Forse E. Cullen le stava solo tirando un brutto tiro per testare le sue capacità. Se avesse superato anche quella giornata infernale, le dimissioni le avrebbe lasciate sulla scrivania del capo alla fine del suo turno, così la mattina dopo lui avrebbe avuto una bella sorpresa.

In completo imbarazzo, si chiuse nell’ufficio del capo e lo chiamò, con il cuore in gola. Aveva per caso dimenticato un consiglio o aveva sbagliato a indicare l’orario alle segretarie? Così il problema delle dimissioni era risolto, E. Cullen l’avrebbe licenziata in tronco.

Il tono assonnato di Edward, che rispose solo alla quinta telefonata, non le faceva ben sperare in una conversazione pacifica.

“sa che ore sono?”

“si, signore...ma c’è un’emergenza.”

“le emergenze per cui puoi svegliarmi alle otto e...tredici minuti si riducono a due. C’è stato un furto o è scoppiata una fabbrica...”

“non è proprio questo il motivo...” Isabella non sapeva come continuare. Nervosa, attorcigliava il filo del telefono attorno al dito. “c’è qui il consiglio d’amministrazione al completo. La stanno aspettando nella sala conferenze...”

“COSA?!” Ora si che il signor Cullen era sveglio. “che hai combinato?”

“Io?? E perché deve esse colpa mia! Non ho combinato proprio nulla. E ora alzi il culo dal letto e venga immediatamente qua e mandi via quel reparto geriatrico che infesta  il piano.” disse e riagganciò senza nemmeno salutarlo.

Edward Cullen giunse quasi quarantacinque minuti dopo, trafelato. Un bavero del colletto era ripiegato sotto la cravatta rossa, allentata e  con il nodo pendeva verso destra. L’impeccabile eleganza di Edward era svanita.

Non appena Isabella lo vide uscire dall’ascensore in quello stato gli si fece incontro. Edward prese il fascicolo che Isabella gli porgeva. Gli porse una tazza di il caffè caldo e con poco zucchero. Ormai imparava a conoscere i suoi gusti. Poi gli sistemò la cravatta e il colletto, senza commentare. Gli prese la valigetta e il soprabito tra le mani e si avviò nel corridoio, fermandosi solo un attimo alla scrivania di Isabella, dove lei depose ciò che aveva tra le mani.

“ho ordinato caffè e pasticcini per tutti, per tenerli buoni. Stanno qui a ingozzarsi ridacchiando, li sento dalla mia scrivania. La puzza dei loro sigari ha appestato l’aria.”

“perché sono qui?” erano giunti davanti alla porta della sala delle conferenze.

Isabella fece un sospiro. “lo chiedo io a lei...non ho commesso nessun errore. Ho chiamato la segretaria di Milton. Abbiamo fatto amicizia tra una telefonata e l’altra. Neanche lei sapeva di questa riunione.”

Edward stava per abbassare la maniglia, quando Isabella prese per un braccio il suo capo e lo fece voltare verso di lei. “senta, non sono affari miei, ma credo che qualcuno voglia la sua testa su un vassoio d’argento.”

La signorina Swan continuò. “qualcuno ha convocato il consiglio al completo per le otto, ben sapendo che lei le riunioni le fissa sempre dopo le dieci. Mi sono ritrovata invasa dai consiglieri che erano pronti per una riunione straordinaria. Non crede che ci sia qualcosa di strano?”

Edward fece per ribattere, ma lei lo precedette. “e no, non ho commesso alcun errore.”

”Signori.” Edward era entrato in sala riunioni e aveva gettato di mala grazia i documenti sul tavolo ovale. Quella riunione imprevista e organizzata alle sue spalle lo irritava parecchio. ”di solito convoco io le riunioni del consiglio. Visto che non l'ho fatto, qualcuno sarebbe così gentile da espormi il problema?” allentò il nodo della cravatta appena sistemato dalla sua segretaria e si sedette al vertice del tavolo.

Peccato per la cravatta, pensò, Isabella è stata davvero gentile...

Prese la parola un tizio, anonimo e piuttosto insulso, con un parrucchino finto che lo faceva sembrare ancora più brutto e vecchio di quel che era.

“signor Cullen, vorremmo sapere quale é il suo piano di investimenti per la sede newyorkese dell'azienda. È la sede più importante. Ha ottenuto un importante contratto con il governo mesi fa, e ora? Noi tutti siamo preoccupati per il futuro...”

Edward lo interruppe bruscamente. “credete che mi sia seduto sugli allori e abbia dimenticato di continuare il mio lavoro?” era visibilmente alterato per quelle insinuazioni.

“signor Cullen,” a rispondere fu una persona che avrebbe volentieri defenestrato, James Stilligan. L’uomo sorrise furbo e viscido. “nessuno sta mettendo in dubbio la sua professionalità, ma vorremmo essere più partecipi delle sue iniziative. Se non ne ha, è un altro discorso...” insinuò malignamente. “ma i soldi investiti sono i nostri.”

Brutto vecchio spilorcio arrivista.

James Stilligan era tutto tranne che vecchio. Aveva qualche anno in più di Edward e aveva risollevato le pessime sorti dell’azienda di famiglia, investendo cifre da capogiro proprio nel settore militare. E di sicuro avrebbe volentieri soffiato la presidenza della Guns ‘n Cullen dalle mani di Edward Cullen. Screditarlo davanti al consiglio, vederlo rispondere impreparato alle loro domande, era il primo punto del suo piano.

Principino viziato che non hai mai mosso un dito in vita tua e che se non fossi il figlio di Carlisle,saresti in mezzo a una strada a chiedere l’elemosina. Raccomandato...

Come vedi, caro lettore, i pensieri dei due uomini che si guardavano in cagnesco pur mantenendo un sorriso d’apparenza, non erano dei più cordiali.

Con fare teatralmente studiato, Edward passò al contrattaccò. Mai mettersi in gioco senza un asso nella manica. O meglio ancora con un asso in ogni manica.

Estrasse dalla cartelletta che aveva portato con sé un progetto.

“prego signori. È un mezzo blindato che può essere usato sia in zona di guerra data la corazzatura che in città, viste le ridotte dimensioni e la manovrabilità. Avrei presentato il progetto tra due settimane. Ci sono solo alcune questioni tecniche da mettere appunto.”

Mentre i signori facevano finta di studiare i progetti e annuivano compiaciuti perché vedevano nuovi profitti all’orizzonte e Stilligan si mangiava le mani perché il suo piano sembrava fallire, entrò Isabella.

Si avvicinò al capo e gli sussurrò che c’era il padre al telefono, sembrava una cosa urgente. Edward rispose di metterlo al corrente della situazione, lui era pur sempre Carlisle Cullen, il proprietario di tutta la baracca.

La porta si stava chiudendo alle spalle della segretaria, quando il portavoce dei consiglieri si alzò ed espresse il giudizio positivo sul nuovo progetto da parte di tutto il consiglio. sembrava quasi, dato l’orgoglio con cui parlava, che il nuovo mezzo blindato fosse quasi una sua creatura.

“tuttavia, data la complessità dell’opera, siamo dell’opinione che debba contattare vero esperto...”

“Isabella, aspetti.” Edward la richiamò nella stanza. “chieda a mio padre di contattare Philip Dywer.”

“il signor Dywer è in pensione!” protestò qualcuno.

“vedremo.” Sorrise Edward convinto di aver nel sacco ancora una volta l’intero consiglio.


p.s. dell'autrice: lo avevo detto io che non era granchè come capitolo...spero di rifarmi nel prossimo.
grazie a tutti quelli che hanno ancora la pazienza di seguirmi =)
a presto!

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