Capitolo 8^
Ribellione.
Forse non è tutto come pensi.
Ero circondato da piume bianche che assomigliavano a tanti piccoli fiocchi di neve ogni volta che le sollevavo, spostandomi per la stanza. Camminavo a tentoni tra l’accozzaglia gettata a terra e ispezionavo con attenzione ogni angolo della stanza, frugai e rovistai ovunque; non mancava niente, anzi c’era qualcosa in più: la spilla di Karin. Mi buttai sul letto con un tonfo leggero alzando una nebbiolina di piume e appoggiai la schiena al muro. Con la testa incassata nelle spalle guardai la spilla che tenevo tra le dita e feci vagare la mente a tutte le volte che l’avevo incontrata. La prima volta in infermeria, la seconda nell’ufficio del comandante, poi mentre controllavo il mio caccia, durante un attacco alla città vicina, in mensa e infine nel pub, pochi minuti prima.
Perché mi stava così attaccata? E perché aveva buttato all’aria il mio alloggio?
Sentii dei passi sordi e irregolari nel corridoio, insieme a varie imprecazioni. Mi affacciai ritrovandomi Naruto a una spanna dal naso, mentre alitava con il suo fiato che puzzava d’alcool. Aveva le guance infiammate di rosso e i capelli bagnati che gocciolavano per terra. Mi spostai per farlo entrare mentre lui osservava la mia stanza.
“Sasuke … cosa … cos’è successo qui? Perché è tutto a soqquadro? Cosa avevi … detto al telefono?”
Barcollò appoggiandosi allo stipite della porta e sorreggendosi al muro arrivò al letto.
“Ti ho chiamato per dirti che qualcuno è entrato nella mia camera e ha lasciato un suo effetto personale. Diavolo quanto sei ubriaco!”
Gli lanciai in mano la spilla e lui la prese mollemente lasciandosi cadere sui resti del cuscino stracciato. “Beh sai non era nei miei programmi di stasera indagare su un ladro o scassinatore o … non so cosa. Mi sono anche versato un’intera bottiglia d’acqua in testa ma non funziona con i super alcolici … Comunque di chi sarebbe questo fermaglio?” Biascicò.
Sbuffai. “Non hai nemmeno un briciolo d’osservazione? E’ la spilla di Karin, ce l’aveva stasera al pub, ma continuava a scenderle e probabilmente l’ha persa senza accorgersene.” Mi sedetti di fianco al biondo.
“Quindi è stata lei a fare tutto questo …? E perché?”
“Penso di sì. Ma sarà così?”
“Ha-hai … le pro … ve, no?” Naruto sbadigliò in preda al sonno.
“Non è detto. Che sia lei, allora, l’infiltrato?” Aggrottai la fronte. “Modo azzardato di muoversi, non trovi, Naruto?”
“Già … fin troppo. Uno bravo si sarebbe mosso senza lasciare tracce trovando quello che voleva.” La voce di Naruto si faceva sempre più strascicata.
“Sì, ma siccome Kabuto ha svelato la sua presenza, non avrebbe più alcun motivo di nascondersi. Sembra quasi che abbia lasciato il fermaglio apposta … come se mi stesse lanciando una sfida.”
Ghignai. Davvero pensava che mi sarebbe potuta sfuggire una volta che l’avrei smascherata?
“In ogni caso, terrò d’occhio le conversazioni al telefono, i messaggi via radio e computer che avvengono nella base … terrò d’occhio anche le mosse dei nostri maggiori, non si sa mai … prima o poi la beccheremo.” Il biondo chiuse gli occhi.
“D’accordo. Sta attento a non farti scoprire dagli alti ufficiali, o saranno guai seri.”
“Certo che no Sas’ke. Con chi credi di avere a che fare?”
***
Il ticchettio dell’orologio risuonava nell’ufficio. Il sole stava ormai sorgendo all’orizzonte e i suoi raggi filtravano attraverso le persiane abbassate; l’unica fonte di luce oltre il sole era una lampada verde vecchio stile, che illuminava i fogli del rapporto che avevo scritto. Gli occhi del Colonnello saettavano da una riga all’altra e di tanto in tanto si soffermavano su alcune parole, alla fine l’ufficiale si alzò dalla sua poltrona e prese a sfogliare più velocemente il blocco di fogli, d’accapo.
“Quindi non le hanno rubato niente?”
“No, signore.”
“E lei sospetta che sia stato un infiltrato del nemico a fare questo?” Chiese inchiodandomi con i suoi occhi scuri, resi intimidatori dalla luce verdastra della lampada.
“Temo di sì, Kakashi. È stato lo stesso Kabuto a dirmi che c’era una spia.” Non sopportavo quando assumeva quell’aria minacciosa senza motivo apparente.
“E perché e cosa avrebbe dovuto cercare nel tuo alloggio? Sarebbe stato più logico rovistare nell’ufficio di un comandante per avere informazioni sulle prossime mosse delle truppe, non credi?” Disse pedante, andando ad aprire la finestra per fare entrare l’aria del mattino.
“Penso di sì. Ma, come ben sai, Kabuto ha avuto stretti rapporti con la mia famiglia.” Dissi tra i denti, disgustato dalla mia stessa affermazione ma mantenendo sempre un tono impassibile.
“E’ vero, tuttavia ci deve essere un motivo ben preciso per curiosare tra le tue cose.” Si grattò la testa arruffando i capelli argentei, già disordinati per il sonno da cui era stato svegliato poco prima. Sbadigliò perdendo tutta la sua aria autoritaria e mi si avvicinò.
“Non so cosa dirti, Colonnello.”
“Davvero?” mi guardò fisso negli occhi, inchiodandomi sul posto. “Davvero non ti viene in mente neanche un motivo per cui ti dovrebbe tener d’occhio? Un ricordo, forse, di quando stava ancora con tua madre?”
Il suo tono mi fece rabbrividire, dovetti schiarire la voce per parlare. “No. Perché dovrebbe? Se fosse così te lo avrei detto cinque anni fa, quando mi hai proposto di arruolarmi da bravo amico di mia madre.”
Sorrise. “Già, ma io non volevo farti seguire la via della vendetta, ma solo darti la possibilità di sfogarti in un qualche modo. E poi avevi dimostrato di avere un’affinità innata con gli aerei da guerra.”
sogghignai, ricordavo ancora la prima volta che ne avevo visto uno, in una gita alla base appena fuori Tokio con lui e quel verme di Kabuto. Mi avevano buttato in una cabina di pilotaggio e io ne avevo inspiegabilmente capito quasi tutti i meccanismi dopo poche spiegazioni. Scrollai la testa.
“Non importa. Comunque terrò gli occhi aperti insieme a Naruto Uzumaki.”
“Ha forse già un’idea di chi possa essere questo informatore?”
“No, signore.” Io e Naruto avevamo già deciso di tenerci per noi i dettagli e i sospetti per non dare nell’occhio.
“Capisco.”
Battei i tacchi e feci per andarmene.
“Sasuke ....” Mi fermò. “ … Non dire a nessun’altro dell’infiltrato: non vorrei che scoppiasse una caccia aperta e che lui sparisse dalla circolazione, dobbiamo prenderlo e tenere la massima riservatezza.”
Annuii. “Ho capito.”
La testa mi girava. Arrancai su per le scale fino alla porta dell’appartamento, infilai la chiave nella toppa ed entrai barcollando, ancora shockata da quello che avevo visto e sentito nel pomeriggio.
“Ciao Hinata. Dove sei stata oggi? Aspetta, dove corri?!”
A capo chino mi scaraventai in camera non badando a mia madre, che tentò di fermarmi prendendomi per il braccio, e chiusi a chiave la porta alle mie spalle. Sentivo un tremolio scorrere lungo tutto il mio corpo, cercai di calmarmi cominciando a fare respiri profondi e mi lasciai scivolare per terra. Dietro di me la porta era scossa dai colpi di mia madre.
“Hinata, aprimi! Ma che ti è preso?”
Scossi forte la testa per togliermi di dosso la sua voce. La mia mente era dominata da un unico pensiero: dovevo avvertire immediatamente i capi dei Sudisti, in un qualche modo avrebbero … no, non mi avrebbero mai ascoltata dal momento che ero la figlia di un magnate del Nord.
Gemetti disperata, rassegnata al non essere mai ascoltata per il resto della vita. Perché tutti dovevano essere così ciechi e radicati nelle loro idee? Però … Sasuke mi avrebbe di certo ascoltata! Sì lui era l’unico che si preoccupava per me, quindi mi avrebbe creduto.
Mi rialzai a stento e feci correre lo sguardo per tutta la stanza in cerca del telefono e del foglietto dei numeri che Sakura mi aveva dato all’aeroporto. Li trovai entrambi sul comodino e gli afferrai leggendo velocemente il pezzo di carta, mentre digitavo il numero della caserma sul cellulare.
Mia madre continuava a chiamarmi per nome e ad invitarmi ad aprirle, la sua voce era spaventata, sembrava che mi stesse supplicando.
Strinsi le labbra e premetti il tasto di chiamata col cuore che aveva cominciato a battere forte, non per il contesto in cui mi trovavo, ma per l’eccitazione di sentire Sasuke.
Aspettai pochi attimi e il centralino rispose, chiesi di poter parlare col sergente Uchiha e venni accontentata: dopo poco sentii la sua voce atona e profonda.
“Pronto?”
Mi mancò quasi il respiro. “Sa-sasuke … ciao! Sono io, Hinata. Scusa se ti chiamo a quest’ora, lì a Tokyo sarà l’alba e tu ti sarai appena svegliato e …”
* Non perderti in chiacchiere, hai poco tempo! *
“ … e … e ti devo dire una cosa importantissima.”
“Hinata! Stai bene? Perché sei agitata? E’ successo qualcosa? Dimmi tutto.”
Sobbalzai, impreparata al suo forte interesse. Lui sapeva sempre come mi sentivo ascoltando solo la mia voce: per lui ero come un libro aperto e questo mi faceva sentire più sicura, ma anche più vulnerabile. Sentii dei colpi più decisi sulla porta e l’agitazione cominciò ad assalirmi.
“Beh ecco … ho sentito una conversazione tra mio padre e un certo …”
“HINATA!! SORELLOOOONA! Apri, dai, che è arrivato anche papà!”
Trasalii spaventata. Dovevo dire tutto al più presto.
“ E un certo Ka …”
La porta si aprì cigolando dietro di me. Rimasi pietrificata appena sentii una mano dalla stretta ferrea stringermi la spalla.
“Hinata, cosa c‘è? Perché ti sei chiusa dentro?”
La voce fredda di mio padre echeggiò nella mia testa. Boccheggiai.
“Hinata che succede? Chi c’è lì con te? Rispondimi accidenti!” Sasuke era allarmato.
Se gli avessi risposto mi sarei tradita da sola e avrei rivelato a Hiashi che sapevo tutto, se non l’avessi fatto, invece, mi sarei salvata, almeno per poco e avrei potuto dirgli tutto in un altro momento; perciò riattaccai il telefono con mani tremanti e con la massima riluttanza. Poi, guardai mio padre e gli rivolsi un sorriso rassegnato, maledicendomi per non aver lasciato la chiave nella serratura, per non essermi ricordata che lui possedeva una copia di tutte le chiavi dell’appartamento.
“Sakura mi aveva contattata per una cosa importante. Non volevo essere disturbata, tutto qua.” Dissi con voce scossa.
“Certo, capisco.”
Hiashi si scrollò di dosso Hanabi che gli abbracciava le gambe affettuosamente, con grande disappunto della bambina.
“Hanabi, vai in camera tua, dovrei parlare con tua sorella.” Con un cenno del capo mi invitò a seguirlo in salotto. Una volta che la piccola se ne fu andata e che fummo al centro della stanza, davanti a mia madre, cominciò a parlare guardandomi in cagnesco.
“Sakura sta bene? Dove si trova ora?”
Feci un respiro profondo e fissai gli occhi a terra. “S-sì … ha detto che st-sta par-partendo per il Nord …”
“Oh davvero? Ho appena chiamato suo padre e ha detto che lavora nella Croce Rossa.”
Trasalii atterrita.
“Sai non mi ha convinto affatto la scusa che hai usato prima, devi diventare più brava a mentire.”
Sentivo gocce di sudore freddo imperlarmi la fronte e una stretta allo stomaco che mi toglieva il respiro.
“Co-come? ma di che parli?” La testa mi girava e non riuscivo a guardare l’uomo negli occhi.
“Oh andiamo! Credi forse che non ti abbia vista al Rockefeller Center? Credi forse che non ti abbia riconosciuta? Tu stavi telefonando a Sasuke per dirgli tutto!”
Strinsi i denti e mi guardai attorno in cerca di aiuto che naturalmente non sarebbe mai arrivato. Vidi mia madre guardarmi accusatoria. Anche lei sapeva. Ecco spiegata la conversazione al telefono tra lei e mio padre tre giorni prima e la sua preoccupazione. Lei sapeva dell’accordo tra Hiashi e Kabuto e temeva che qualcuno lo scoprisse.
Mi strinsi le braccia al petto come se quel gesto mi potesse aiutare a uscire da quella situazione.
“Spero che tu non abbia fatto in tempo a dirgli nulla, perché dora in poi sarai nostra complice.” Sibilò gelido, per poi indicare un punto oscuro della stanza, vicino alla porta d’ingresso. “E in questa occasione, visto che ormai sei partecipe, ti presento il tuo futuro compagno di vita e d’affari, anche se non credo che ci sia bisogno di presentazioni.”
Un
riflesso argentato nel buoi, fu allora che vidi una
persona che non avevo notato prima, fu allora che fissai per la prima
volta
negli occhi Kabuto Yakushi e
fu allora che, dietro al
velo del suo sguardo amichevole, vidi un uomo subdolo e perverso.
“No …!”
Il mio fu un grido
sommesso e pieno di sorpresa e spavento, indietreggiai per allontanarmi da lui che
intanto mi porgeva
la mano.
“Piacere di conoscerti,
piccola
Hinata.” Il suo sguardo viscido mi percorse da capo a piedi e
provai un senso
di disgusto, gli occhi cominciarono a bruciarmi, vogliosi di dare sfogo
alla
mia disperazione.
“Dunque è deciso!
Kabuto, ti do il
benvenuto nella famiglia. In poco tempo voi due sarete marito e moglie
e mi
renderete l’uomo più potente del
Giappone!”
Hiashi sorrise soddisfatto che il
suo affare fosse giunto quasi a compimento: finalmente quel fallimento
di sua
figlia avrebbe portato a qualcosa di buono, rendendolo molto
più ricco,
l’avrebbe reso padrone del Giappone intero e poi
chissà forse di altri
territori sparsi nel mondo. Finalmente quell’oggetto di poco
valore sarebbe
servito a qualcosa. L’oggetto insulso con un altro di grande
valore.
L’accoppiata perfetta.
Mi morsi il labbro fino a farlo
sanguinare. Avrei vissuto la mia vita insieme a
quell’individuo. Avrei
condannato la mia vita a fare la bella mogliettina di un essere
malvagio.
“No …”
Mio padre si voltò a
guardarmi e
anche mia madre lo fece. “Come?”
Strinsi i pugni.
“No.” Scossi la
testa. “No. No … NO, NO E
ANCORA NO!”
Gridai furiosa
guardando con occhi
ardenti Hiashi, che rimase spiazzato dalla mia reazione. “Non
intendo sposare
quest’uomo! Hai capito?”
Mi accorsi di aver perso la
balbuzie che mi caratterizzava ogni volta che parlavo a mio padre.
Sorrisi come
mai avevo sorriso in vita mia: beffarda, arrogante, fiera.
“Non intendo fare mai
più quello
che vuoi tu. Sei solo un uomo egoista e senza cuore che se ne frega
della
famiglia! Ogni volta che ho cercato di essere come mi volevi, mi hai
sempre
rifiutato, perché non ero mai abbastanza intelligente,
bella, educata. Hai
frapposto un muro impenetrabile tra me e
te, per allontanare ancora di più quella figlia che non era
il tanto desiderato
figlio maschio, primogenito, che avrebbe potuto ereditare tutto senza
problemi.
La tua mentalità antica in cui la donna non può
fare ed essere quello che vuole
mi dà la nausea! Sai
che ti dico?
Deciderò io chi sarò e cosa farò nella
vita e,
quando sarà ora, insieme a chi starò
per il resto della mia esistenza!”
Fu come togliersi un peso di
dosso, in quel momento mi sentii leggera e più potente che
mai. Adocchiai la
porta d’ingresso. Probabilmente
Kabuto e Hiashi lo notarono perché mi si avvicinarono nel
tentativo di
trattenermi, ma io diedi un forte spintone
a mio padre, che indietreggiò abbastanza da farmi passare.
L’adrenalina
cominciò a scorrermi nelle vene e una certa eccitazione
nello stomaco mi dava
la carica nella corsa verso la porta. Ero quasi riuscita ad abbassarne
la
maniglia, quando sentii tirarmi indietro e il colletto della felpa
stringermi
il collo, strozzandomi: Kabuto era riuscito ad acchiapparmi per il
cappuccio. Mi
sfuggì un grido, ma vidi con speranza che la porta
nonostante tutto si era
aperta. Un colpo secco risuonò nella stanza e subito sentii
un forte bruciore
alla guancia sinistra: quel farabutto di Kabuto mi aveva schiaffeggiata
senza
ritegno. Mi voltai di scatto, aggrottai la fronte indignata e sibilai
mentre
con una mano gli graffiavo il volto, lasciando dei segni rossi di
sangue sui
suoi zigomi, poi gli tirai un pugno ben assestato sul polso della mano
che
teneva stretto il mio cappuccio. L’uomo lasciò la
presa e urlò insultandomi. Sfuggii
anche alle mani di mio padre e finalmente potei correre fuori dalla
casa e poi
giù per le scale.
* Ce
l’ho fatta! *
Uscii in
strada con Hiashi alle calcagna corsi per
mezzo isolato e non appena vidi un autobus fermarsi ad una fermata mi ci fiondai dentro e la corriera
partì. Lì
per lì, Hiashi tentò d’inseguirmi a
piedi,
in seguito si mise a cercare un taxi.
* Non posso
farmi seguire! *
Non appena Hiashi si fu girato per
fermarne uno, aprii con la serratura d’emergenza le porte del
bus, provocando
il panico a bordo. Quindi saltai giù e mi nascosi dietro a
un taxi parcheggiato
lì di fronte. Che colpo di fortuna! Salii a bordo e mi
acquattai sul sedile
posteriore, spiando fuori dal finestrino.
“Hey!
What are you doing?! You’re crazy to get into a car like
that!” esclamò
il tassista sbigottito.
Non appena il taxi di Hiashi
sorpassò il mio, mi misi a sedere normalmente e con un
sorriso sgargiante e la
voce acuta per l’eccitazione risposi al tassista.
Guardavo lo schermo nero del
cellulare con la speranza che Hinata richiamasse al più
presto. Se l’avessi
chiamata probabilmente l’avrei messa nei guai, se aveva
interrotto la chiamata
della massima importanza, voleva
dire
che si trovava in una situazione scabrosa. Forse era in pericolo.
Strinsi i
denti e sbattei un pugno sul tavolo della mensa in cui mi trovavo,
rovesciando
la tazza di caffè che mi avevano appena portato. Era
talmente straziante non
sapere cosa le stesse succedendo e non poter raggiungerla al
più presto …
“Che succede, Sergente?
Perché
quella reazione alla chiamata di una ragazza?”
Karin. Come negli ultimi tempi era
appostata dietro di me e naturalmente aveva ascoltato tutto.
“Non sono affari suoi se mi
permette.” Dissi glaciale, ormai i dialoghi con lei
diventavano sempre più
irritanti e sforzati: sapevo che era lei la talpa e non volevo farmi
sfuggire
nulla d’importante, diversamente, sarebbe
stato un guaio.
“Calma, Sergente, non si usa
questo tono con un superiore. E dunque dimmi, chi è questa
ragazza?”
“
È un’amica.
Dovrei andare ora, se non le dispiace.” Dissi sbrigativo nel
tentativo di
ricontattare Hinata al più presto. Uscii dalla mensa ma
prevedibilmente Karin
mi fermò appena fuori.
“No, secondo me non
è una semplice
amica a giudicare dal tuo comportamento. Secondo me è
qualcosa di molto di più,
sbaglio?”
Assottigliai gli occhi. Mi dovevo
forse assorbire un discorso sulla mia situazione sentimentale dalla
possibile infiltrata,
quando potevo farle io un discorso e incastrarla con semplici prove?
“E con questo?”
Karin mi fulminò con lo
sguardo, ancora
la voglia di scappare. In quel momento venne in mio aiuto il cellulare,
che
vibrò nella mia tasca, lo presi frettoloso e senza nemmeno
guardare il numero
risposi, sperando che fosse Hinata.
“Hinata!”
“No Sas’ke, sono
Naruto. Ci siamo:
l’ho beccato! L’intruso sta parlando in questo
momento al telefono col tuo
amichetto di famiglia, ma non riesco a capire se si tratta di Karin
perché il
numero è nascosto e la voce è troppo alterata, ma
l’ho localizzato!”
Rimasi di sasso. “Come
… hai
localizzato la talpa? Dove si trova?” Quasi urlai e fissai la
rossa davanti a
me, che aveva sgranato gli occhi non appena aveva sentito la parola
‘talpa’.
“Nell’hangar
n° 13. Se ti sbrighi
potresti catturarlo e vedere se è davvero Karin.”
La voce di Naruto era euforica.
Aggrottai le sopracciglia.
“No. È
impossibile che sia Karin perché ce l’ho davanti!
Deve essere per forza un
altro!”
La rossa alzò un
sopracciglio e mi
guardò dubbiosa, stava per chiedermi perché
l’avessi tirata in ballo in un
argomento così delicato, ma io cominciai a correre svelto in
direzione degli
hangar. Dall’altro capo del telefono, il mio migliore amico
mi chiedeva come
era possibile, come poteva essere che fossimo stati ingannati dal
momento che le
prove portavano tutte a quella strana ragazza, sbucata fuori dal nulla
per
tormentarmi. Forse aveva avuto ragione lui fin dal principio: lei era
solo
interessata a me, anche se con una certa ossessività.
Oltrepassai file di
soldati che si stavano addestrando al campo, sbattendoci contro,
rischiai di
essere investito da una gip. Presi diverse scorciatoie tra i vari
edifici che
componevano la Caserma fino ad arrivare finalmente agli hangar e mi
fermai davanti
al numero 13. Ripresi fiato, piegandomi sulle ginocchia. Goccioline di
sudore
mi bagnavano i capelli e percorrevano la mia fronte. Riportai il
telefono
all’orecchio.
“Naruto, sto per entrare.
Tieniti
pronto a chiamare rinforzi se senti che le cose si mettono male per me,
capito?
Terrò il cellulare nella tasca con la chiamata
aperta.”
“Certo Sas’ke. Sta attento mi
raccomando.”
Annuii e misi in tasca il
telefono, quindi presi la pistola in mano e mi accostai al portone
scorrevole
dell’aviorimessa, che era socchiuso. Vi guardai dentro e non
vidi nessuno,
l’ambiente era immerso nella semioscurità e potevo
distinguere solo le ali
degli aerei che splendevano alla poca luce che le raggiungeva. Entrai
con
cautela e con la pistola alzata, pronto a sparare a chiunque mi si
fosse parato
davanti.
Tump Tump …
Tump Tump … Tump Tump …
Il battito del mio cuore e il
rumore dei miei passi si perdevano nel
buio.
Tump Tump …
Tump Tump … Tump Tump …
Ero finita ancora una volta in
quella dimensione fatta di oscurità, dove camminavo su una
superficie lucida e
perfettamente liscia. Guardai il mio riflesso sul piano oscuro, il mio
viso era
pervaso da un’espressione accigliata. Sapevo quello che avrei
rivisto nel mio
sogno e l’idea non mi piaceva, avrei voluto
vedere qualsiasi altra cosa.
Chiusi
gli occhi per concentrarmi, infondo era il
mio sogno, lo potevo comandare come volevo. Ma il buio si fece denso
attorno a
me e mi avvolse in
una stretta gelida
che mi soffocò. Anche ‘sta volta sentii
l’odore di cenere e terra bruciata,
riaprii piano le palpebre per abituare la vista a tutto quel fumo che
mi faceva
tossire. Il grido del falco mi fece sussultare e fissai lo sguardo al
cielo;
eccolo, girava veloce sopra la mia testa ed era più agitato
che mai. Intravidi
un’ombra, tra il miasma grigio, attraversare il mare rosso
del cielo e
ingaggiare una lotta furiosa col mio falco.
Quella volta non vidi apparire
davanti a me Sasuke, ma solo il falco e l’ombra che
combattevano senza sosta
sino a che non venni svegliata dalla frenata del taxi, che rimaneva
bloccato
nel traffico cittadino. In quel momento mi sentii oltre modo
sconfortata, sia
dal sogno che dai fatti avvenuti pochi minuti prima. Le uniche persone
che mi
volessero davvero bene erano lontane centinaia di chilometri e la mia
famiglia,
il mio peggior nemico, mi stava alle calcagna. In quel momento avrei
voluto
avere Sasuke vicino a me.
I miei passi rimbombavano
nell’ampio capanno, perciò, con tutta
probabilità chiunque io stessi cercando
sapeva della mia presenza. Cercai di fare meno rumore e mi guardai
attorno con
cura finchè non vidi un lieve bagliore blu in fondo
all’hangar.
*
È lui.
*
Mi avvicinai a quella luce;
incredulo la raggiunsi senza problema, ma con mio grande rammarico vidi
che
c’era solo un cellulare abbandonato a terra e
nessun’altro.
“Maledizione!”
Borbottai, non
potei dare sfogo alla mia frustrazione perché qualcuno di
fianco a me si alzò
dall’ombra e mi colpì al mento facendomi
indietreggiare. Quel che vidi mi
lasciò impietrito: la luce bluastra illuminò un
viso che io conoscevo bene, un
viso che mi dava rassicurazione non appena lo vedevo, un viso che avevo
incontrato quella mattina stessa. Un nome che non voleva uscire dalla
mia
bocca, un titolo militare. Lo shock durò poco, sfruttai la
poca luce a mia
disposizione per bloccare il traditore con un braccio e scaraventarlo a
terra.
La colluttazione durò poco, solo alcuni pugni e calci
finchè non lo bloccai
contro il muro e gli puntai la pistola all’incavo del collo.
“Kakashi
…!”
Finalmente la mia voce volle
uscire. I miei occhi si erano abituati al buio e riuscivo a distinguere
bene
ogni lineamento di quella persona che mi aveva aiutato da ragazzino.
Intravidi
un ghigno sotto quella sua maschera, gli occhi attraversati da una luce
inquietante.
“Finalmente mi hai scoperto
Sasuke. Allora tu e il tuo amico non siete poi così
tardi.”
Scoprii i denti in una smorfia
rabbiosa, non sopportavo di essere stato una marionetta inconsapevole
per tutto
quel tempo. Mi feci
prendere dalla
rabbia e lo colpii al viso con il calcio della pistola; del rosso
macchiò la
sua maschera all’altezza della bocca. Lo sbattei di nuovo
contro il muro,
prendendolo per il colletto della
giacca.
“Ora, tu mi dirai tutto
quello che
devo sapere su di te e Kabuto.”
Ringhiai.
Non sapevo ancora che piega
avrebbe preso la mia vita da quel giorno, da quella scoperta.
Spazio
autrice:
Ciao
a tutti!!! Finalmente un capitolo in cui succede qualcosa e che porta
avanti la
storia, mi direte, dopo più di un mese d’attesa! E
si al posto di finire i
compiti (che sarebbe meglio) ritorno a rompervi le scatole con un nuovo
cap
della storia :D spero vi piaccia perché ci ho messo molto
impegno a scriverlo
^^
Grazie per tutte le recensioni che ho ricevuto!! E grazie a chi messo la storia tra le seguite e le preferite!!!