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I n t h e
e v e n i n g ( capitolo 2 )
«Oi, Rox»
A quel richiamo, urlato
a dieci metri di distanza, la
testa del biondo si girò in cerca dell’amico.
Solamente dopo aver ruotato bene
la testa sia a destra che a sinistra riuscì a scorgere una
sagoma che, senza
ombra di dubbio, era quella di Axel.
La si distingueva per ovvi motivi, nonostante si trovava
circondata e quasi coperta da altre venti persone.
Punto primo: era rossa. Era una sottospecie di macchia
rossa – con un cappotto nero- che spiccava prepotentemente
come un petardo in
piena notte.
Punto secondo: quella persona, la sagoma sopracitata,
muoveva le mani in un modo del tutto singolare come solo, solamente, il
suo
amico sapeva fare.
Punto terzo: era Axel e basta.
Come non avrebbe
potuto non riconoscere la persona con cui trascorreva la maggior parte
del
tempo? E non è che erano migliori amici da qualche anno,
eh.
No, loro lo erano
da fin troppo tempo ,a detta di Roxas, e da dieci anni , secondo il
modesto
parere del rosso.
In ogni caso Roxas si
voltò, sollevando lievemente la
mano in segno di saluto e aspettò che l’altro
riuscisse a raggiungerlo.
Solamente dopo qualche minuto – durante l’ora di
pranzo la mensa era tutt’altro
che libera- Axel riuscì finalmente a stravaccarsi sulla
sedia di fianco a
quella del compagno, appoggiando un braccio sulla spalla del biondo.
«Allora, Rox, come andiamo?»
«Se mi chiami ancora così andrà male.
Per te,
ovviamente» sibilò il ragazzo più
piccolo, scostando malamente il braccio che gli pesava sulla spalla.
«E non
sono una sedia, sappilo»
«Ah, davvero?! – Domandò Axel sorridendo
sornione, mentre
il suo braccio ritornava nella stessa posizione di prima- pensa un
po’ che io
ti avevo scambiato per una poltrona. Forse una un po’ piccola
e scomoda, ma pur
sempre una poltrona»
Roxas socchiuse gli
occhi, maledicendo l’amico sia
mentalmente che a parole.
«Ma tu non dovresti essere in classe a studiare? Se non
sbaglio hai una verifica l’ora dopo eh»
«Oh, cespuglietto, hai per caso imparato a memoria i miei
orari? Sono onorato»
«No. Non mi chiamo mica Axel, io! Sei tu –
calcò sopra il
pronome e sollevò il dito indice, indicando
l’amico- quello che impara a
memoria gli orari altrui.»
L’altro sorrise, dondolandosi sulla sedia e facendo
ondeggiare, di conseguenza, anche Roxas.
«Touché. »
Rimasero per un
po’ in silenzio a squadrarsi, chi
sorridendo e chi maledicendo e, dopo tutti quegli sguardi, scoppiarono
entrambi
a ridere.
Con le lacrime agli occhi si piegarono sul tavolo,
attirando l’attenzione di qualche persona dei tavoli
affiancati al loro. Ma
nessuno ci faceva caso più di tanto, non più ora
mai.
All’inizio quella coppia
di amici aveva destato l’interesse di tutti, principalmente a
causa del
carattere esuberante del maggiore,
poi via
via l’interesse aveva iniziato a scemare
fino a scomparire quasi del tutto.
Certo, spesso i loro nomi erano sulla bocca degli altri, ma nel periodo
dell’adolescenza tutti parlano di tutti, nessuno escluso.
A partire dalla
tipica ragazza timida, Naminé, a finire con il ragazzo
simpatico e casinista,
Sora.
Così Axel e Roxas rimanevano solamente due amici,
migliori amici, sempre pronti a ridere oppure a farsi la
guerra.
L’unica cosa
che incuriosiva le persone era come faceva Axel a far sorridere Roxas,
quello
era un mistero per tutti. Fin da quando il biondino aveva
messo piede nella
scuola nessuno era riuscito ad avvicinarsi a lui per farci quattro
chiacchiere,
subito Roxas si chiudeva nel suo silenzio oppure rispondeva seccato.
«Avanti Axel,
che ci fai qui?» Una volta placate le
risate, Roxas, si risollevò dal tavolo della mensa e
guardò negli occhi il suo
amico, in cerca di risposte. Non che ci fosse nulla di strano nel fatto
che
Axel saltasse volutamente un’ora di studio per stare con lui,
quello lo faceva
spesso, però questa volta aveva in mente
qualcos’altro. Sicuramente nulla di
buono.
«Uhm? Ah, sì. Dimenticavo … Ho fatto
una scoperta
sensazionale e, ovviamente, sono così magnanimo da
condividerla con te. » esclamò
il rosso, puntellandosi il petto gonfio d’orgoglio con
l’indice.
Roxas trattenne un’altra risata, mentre con noncuranza
afferrò il succo di frutta – alla pera- e si
portò la cannuccia alle labbra.
«L’ultima volta che hai detto una cosa del genere
siamo
finiti in presidenza con l’accusa di aver riempito la piscina
di polvere
fluorescente, ricordi?»
Nonostante lo sguardo accusatore del più piccolo, Axel,
con uno sbuffo annoiato, si limitò ad afferrare il succo
dalle mani di Roxas
per poi berne un sorso.
«Hey, quello è mio. E poi a te neanche piace il
succo alla pera»
Axel storse il naso, socchiudendo la bocca per farne
uscire un verso di disgusto.
«Bleah,
sembra pieno di polvere. Che cavolo, perché non
hai preso quello alla mela?»
«Perché, si da il caso, questo sia il mio pranzo.
Non il
tuo» Sbottò
Roxas, riafferrando il suo
succo di frutta e finendolo in un unico sorso, rischiando anche di
strozzarsi.
«Come sei infantile. Si vede proprio che sei più
piccolo
di me» sbottò Axel, gonfiando le guance.
«Anagraficamente parlando lo sono, ma mentalmente ti
batto su tutta la linea, finto sapientone.»
ridacchiò il biondo, dando un lieve
pugno alla spalla del compagno.
«Allora, vuoi ascoltarmi oppure no?»
«Ok, ok. Dimmi tutto.»
Axel si
stiracchiò le braccia, alzandole in aria e
inclinando il capo all’indietro. Si lasciò
sfuggire un sospiro leggero, mentre il
solito sorriso balenò sul suo volto.
Possibile che quel sorriso significasse
solo e solamente guai?
«Bene. Circa
un’ora fa stavo camminando tranquillamente
per i corridoi e …- »
«Circa un’ora fa non avresti dovuto essere in
classe,
Axel?»
«Dovevo andare in bagno, ok? Anche io ho i miei bisogni e
non interrompermi più.» sbottò il
rosso, minacciando con la forchetta –quella
che doveva usare Roxas per mangiare- il ragazzo che lo guardava
accigliato.
Il biondo si
limitò a ruotare la mano sinistra per aria,
facendogli segno di continua a sproloquiare com’era suo
solito fare e
riprendendosi la forchetta.
«Dicevo, prima che qualche nano mi interrompesse …
– il
maggiore si concesse un’occhiata divertita- Circa
un’ora fa, dopo aver chiesto
il permesso di poter andare in bagno, stavo camminando per i corridoi
quando ho
sentito uno strano rumore. Cioè, non era poi così
strano per me ma dettagli. Si
sentivano dei gemiti, ecco. E indovina ?! Indovina chi era e che cosa
stava
facendo con chi?»
Roxas sollevò un sopracciglio, fingendosi interessato,
mentre con la forchetta aveva cominciato a punzecchiare quella che
doveva
essere della pasta al forno, anche se di quella conservava solamente il
nome.
«Beh? Chi erano, allora?»
«Perché non mostri un po’ di sano
entusiasmo, qualche
volta?»
«Va bene, va bene. Oh, Axel, ti prego: dimmi chi erano,
dimmelo» chiese supplicando fintamente il rosso, cercando di
sembrare il più “
entusiasta” possibile.
«Così sei inquietante, marmocchio.»
Ridacchiò Axel dando
qualche pacca sulla testa all’amico «Va beh, erano,
tieniti forte, Saix e
Xigbar»
Per poco Roxas non si
strozzò con la sua stessa saliva.
Completamente rosso come un pomodoro, il biondo, si diede qualche pacca
al
petto, cercando di placare l’attacco di tosse che
l’aveva investito in pieno.
Peggio di un camion di banane.
Al suo fianco, invece, Axel non riusciva a trattenersi dal ridere;
infatti
nella mensa risuonava
nuovamente la sua
assordante risata.
E ancora tutti si erano voltati ad osservarli, chi
ridendo, chi scuotendo la testa.
Una volta finito il piccolo pandemonio – dopo aver dato a
Roxas una bottiglietta d’acqua da bere- entrambi ritornarono
seri, per quanto
possibile, e rimasero a squadrarsi.
«S-Stavi
scherzando, vero?» Lo sguardo del biondo
sembrava quasi supplicare l’altro che, con un cenno negativo
del capo e una
risata, smontò le sue poche speranze che quello fosse uno
scherzo.
«Ma che … Che schifo! Oddio!»
«Non dirlo a me che ho pure visto …»
«Potevi anche evitare, eh?!»
«Perché, tu non avresti fatto lo stesso ? Andiamo
Rox, è
l’occasione di una vita!»
«Hai una strana percezione di “occasione”
Axel,
seriamente. Fatti qualche domanda e poi ne
riparliamo » borbottò Roxas, allontanando
il vassoio da sé .
Immaginare i suoi due
professori in certe posizioni non
aiutava a stimolare la fame.
Scosse la testa e si alzò, pronto ad andarsene via.
Immediatamente Axel lo seguì, afferrando il portavivande
al posto dell’altro ed iniziandosi ad incamminare verso la
porta.
Con un
sospiro rassegnato il più piccolo raggiunse
l’amico, strattonandogli la manica
della maglietta a maniche lunghe che indossava.
«In ogni caso
che cosa vuoi fare? Non vorrai mica
ricattare i professori, vero? E’ la volta buona che Saix ti
squarta per poi
darti in pasto ai suoi gatti mannari.»
«Ancora con questa storia? Andiamo Roxas, i gatti mannari
non esistono!»
«E allora come gli spieghi quei miagolii assatanati che
uscivano dall’aula di Saix quella mattin---
Oh, no. Oddio no, che orrore!» La faccia
schifata di Roxas, pensò Axel,
valeva più di diecimila yen.
Con un sorriso sornione il rosso appoggiò il vassoio
sopra al cestino, per poi appoggiare entrambe le mani sulle spalle
dell’amico,
scuotendo la testa con enfasi e facendo ondeggiare la massa rossa di
capelli.
«Eh sì, amico, hai capito bene. Quei rumori erano
Saix e
Xigbar che tromb-» «Sta zitto!»
Axel scoppiò nuovamente in una risata, questa volta aveva
persino le lacrime agli occhi il bastardo.
«Oh, andiamo. Solo perché tu non l’hai
ancora fatto non
vuol dire che non si può neanche più
nominare.»
«N-Non è questo il punto. E rispondi alla mia
domanda.»
«Quale?»
«Quella sui ricatti!»
«Ah, quella. Beh no, anche se l’idea mi ha
sfiorato. In
ogni caso non era quella di Saix e Xigbar
la notizia.»
«C-Cosa?» per poco Roxas non si
sbilanciò in avanti,
cadendo con la faccia a terra. «E allora perché
diamine me l’hai detto?»
«Così, giusto per vedere la tua
reazione.»
Avete presente i diecimila yen della faccia schifata di
Roxas? Bene, la sua faccia arrabbiata, per Axel, ne valeva ben il
doppio.
« Sei un … Idiota» sbottò il
biondo riprendendo a
camminare, ignorando Axel e le sue dannatissime risate.
Prima di uscire dalla stanza lanciò un’occhiata al
tavolo
dove Sora e i suoi amici stavano mangiando; sospirò e
scostò lo sguardo: di
vedere Sora che abbracciava Riku non ne aveva proprio voglia.
«Hey, aspettami. Devo ancora dirti la mia idea! »
Il fulvo rincorse l’amico e, insieme, uscirono
definitivamente dalla mensa battibeccando.
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Sora osservava attentamente il piatto di pasta al forno che si trovava davanti ai suoi occhi, domandandosi se valeva davvero la pena rischiare la vita per riempirsi la pancia giusto per qualche ora.
Tanto entro nemmeno due
orette la sua pancia avrebbe ripreso
a brontolare in ogni caso, quindi non sarebbe cambiato nulla da come si
sentiva
adesso.
Già, un enorme buco nero nella sua pancia che continuava
a gorgogliare come lo sciacquone di un gabinetto.
Uhm, che pessimo paragone Sora, che pessimo paragone.
Sollevò la mano munita di forchetta e spostò un
pezzo di
pasta con il sugo, arricciando il naso.
« Riku, ti
propongo una sfida. » esclamò di punto in
bianco, alzando lo sguardo dal piatto per portarlo al ragazzo che
sedeva
davanti a lui.
Se fosse riuscito a convincere l’albino a mangiare quella
roba al suo posto avrebbe scoperto, per lo meno, se rischiava la morte
oppure
no.
Il ragazzo in questione sollevò lo sguardo irritato, come
se fosse stato interrotto dai piani della conquista del mondo.
Ovviamente i pensieri
di Sora erano questi, perché lui era l’eroe che
salvava tutti mentre Riku
finiva sempre per avere il ruolo del super cattivo nei suoi film
mentali.
«Che
c’è, Sora, hai così tanta voglia di
farti umiliare?
»
Il moretto arricciò le labbra e tirò fuori la
lingua, al
suo fianco Kairi ridacchiò.
«Andiamo Riku, ascolta quello che ha da dire »
Come sempre la rossa, con il suo carattere conciliante,
cercava di far andare d’accordo i suoi due migliori amici.
Ogni giorno non
poteva fare a meno di chiedersi come avrebbe fatto senza loro due.
«Mpf, smettila di dare opportunità a questo
essere. Prima
o poi finirà con il credere d’avvero di avere
qualche chance contro di me »
«Ah, non solo credo di poterti battere, ne sono proprio
sicuro! » esclamò il moro, battendosi un pugno sul
petto, rigonfio d’orgoglio.
«Come vuoi Bambi, adesso ritorna a contare le
margheritine ok? »
«Ah, sei davvero antipatico. Ci credo che nessuno vuole
avvicinarsi a te »
«Allora dimmi … Sei tu quello che riceve almeno
una
dichiarazione al giorno, oppure sono io ? »
domandò Riku sogghignando, mentre
entrambi i suoi gomiti si appoggiarono sopra al tavolo di plastica
rossa.
Sora ringhiò
arrabbiato verso la sua direzione. Si alzò
di scatto dalla sedia, pronto
a
saltargli al collo per ucciderlo quando il suo sguardo si
catapultò dalla parte
opposta della mensa, attratto da due risate che conosceva fin troppo
bene.
Axel e Roxas.
Il suo stomaco si contorse leggermente e lentamente si
lasciò cadere sulla sedia, lo sguardo basso e il labbro
inferiore tenuto ben
stretto tra i denti.
Kairi sospirò lievemente, appoggiando una mano sulla
spalla dell’amico.
«Sora
… » non disse nient’altro, si
limitò a concedere al
moretto uno dei suoi sorriso speciali, di quelli che ti rendevano le
giornate
speciali.
«Io solo … Non capisco. Axel non è un
tipo ok, ha sempre
fatto danni e Roxas … Roxas merita di meglio, tutto qui.
»
«E’ il fascino del cattivo ragazzo, mi pare ovvio
» face
Riku, picchiettando due dita sopra al tavolo.
«Ma quale fascino e fascino, qui si tratta di amicizia.
Andiamo Sora, guardali! »
Esclamò la
rossa, facendo sollevare lo sguardo del moretto verso
l’estremità della mensa
che mostrava un Axel intento a bere un succo di frutta e Roxas che
cercava di
riprenderselo.
«Sai, mi ricordano te e Riku in un certo senso »
Entrambi i ragazzi
alzarono lo sguardo verso l’amica ed
esclamarono all’unisono : «No, non è
vero! »
La ragazza si lasciò sfuggire una risata un po’
più forte
delle altre, si portò entrambe le mani sulla pancia e la
strinse forte.
«Ah stupida Kairi, non sai quello che dici »
affermò Sora
dandole una piccola pacca sulla spalla, per farla smettere.
«Per una volta concordo con Capitan Idiozia »
«Hey ma la vuoi smettere con questi soprannomi? »
« Preferisci per caso che ti chiami Sorako(*) o qualcosa del
genere?»
«Aaaaah, smettila. Non sono una specie di ragazza sai?
Scommetto che c’è l’ho anche
più grosso del tuo »
«Se, come no. Sai Sora, esiste una cosa chiamata crescita
ma quella sembra non averti toccato mai. »
« R-Ragazzi, non avevate mica in sospeso una scommessa,
uh? » esclamò
Kairi leggermente rossa in
viso, mentre con la mano sinistra diede uno scappellotto sulla testa di
Sora.
« Ahi» si lamentò il ragazzo, portandosi
entrambe le mani
sopra la parte lesa.
«Oh mi ero quasi dimenticato della tua insulsa sfida.
Avanti, dimmi che vuoi » disse Riku, incitando Sora a parlare
con il movimento
rotatorio della mano.
« Insulsa ‘sti cavoli. Ti sfido a mangiare questa
pasta»
esclamò il moretto, stringendo forte i pugni e sorridendo.
«E per quale motivo dovrei farlo? Che ci guadagno?
»
domandò l’albino sollevando un sopracciglio,
osservando con sufficienza
l’amico.
«Ci devo ancora pensare ma … Se non lo fai vuol
dire che,
per caso, hai paura? Oh povero piccolo Riku, così spaventato
dalla pasta al
forno. Che farai adesso, eh? Chiami la mam- » «
Tappati la bocca o giuro che ci
penso io»
Il più
grande interruppe il monologo di Sora, sollevando
un pugno verso di lui minacciosamente.
Il moretto rispose con un sorriso ancora più grande,
sbatté un paio di volte le palpebre e lo canzonò
con voce più acuta del solito.
« Allora accetti, Riku-chan? »
L’albino gli lanciò un’occhiataccia,
augurandogli di
morire in un modo atroce, e afferrò la forchetta.
«Non si sia
mai detto che io mi tiri indietro ad una
stupida sfida, specialmente se questa viene dalla tua mente contorta
» sibilò,
prendendo un pezzo di pasta con la forchetta e portandosela alla bocca.
Masticò lentamente, socchiudendo gli occhi. Kairi e Sora
trattennero il fiato, come se il loro amico fosse sul punto di
disinnescare una
bomba a pochi secondi dall’esplosione.
Dopo qualche secondo Riku abbassò la forchetta, scuotendo la
testa.
«Non so ancora cosa mi devi per aver vinto, Sora,
però
sappi che se non è qualcosa di meraviglioso ti uccido
»
«Ah Riku! Sei ancora vivo! » Esclamò
Sora, buttandosi
sopra all’amico incurante del tavolo che li separava.
Il moretto strofinò la sua guancia contro quella
dell’amico, facendogli quasi le fusa.
Riku si limitò a fare una faccia disgustata,
mentre cercava di
allontanare Sora da lui con entrambe le mani.
« Aaaah – sospirò Kairi, passandosi una
mano sul volto-
voi due non cambierete proprio mai vero? »
Entrambi si voltarono verso di lei – Riku ancora che
tentava di scacciare Sora con entrambe le mani- e sbuffarono quasi
risentiti.
«Eddai Kairi, non mi hai visto? Mi sono alzato di qualche
centimetro rispetto all’anno scorso »
sbottò Sora gonfiando le guance.
«Oppure porta le scarpe con i tacchi »
suggerì l’albino
con un ghigno, cosa che portò il moretto a tirargli i
capelli.
«Sceeeeeemo »
«Pff, parla il piccolo genio eh? »
E tutti e tre risero di nuovo, dimenticandosi della pasta
al forno ancora nel piatto pronta per essere mangiata.
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«Avanti,
dimmi qual è quest’idea e facciamola finita
»
« Pensavo a qualcosa tipo … Uhm, una fetta di
prosciutto
nel registro di classe o una cosa del genere, no? »
Roxas sospirò amaramente, chiedendosi come mai passava
ancora del tempo con quella sottospecie di uomo poco pensante.
Sollevò la testa
verso il cielo e si stiracchiò lievemente le braccia,
portandole verso l’alto.
Steso al suo fianco, Axel, lo guardò in attesa di una
risposta, sul suo volto
il solito sorriso sgargiante.
«Beh? Che ne
pensi? »
« Patetico »
Il fulvo sbuffò,
punzecchiando con un dito la faccia dell’amico.
«E allora dimmi qualcosa te, genio incompreso »
«Uhm boh? Che ne so io »
bofonchiò Roxas
girandosi su un
fianco per poter guardare meglio in faccia il compagno
d’avventure.
Il sole nel cielo iniziava a tramontare,
spandendo in tutte le direzioni raggi rossi con sfumature arancioni che
rendevano quella terrazza una delle cose più belle che ci
fossero nell’arco di
kilometri;
Axel e Roxas se ne stavano tranquillamente sdraiati sopra la superficie
calda di cemento a parlare come ogni giorno, aspettando giusto qualche
minuto
prima di dover tornare ognuno alla propria casa.
«Ah
sì, davvero molto utile blondie »
frignò il fulvo,
spintonando Roxas per farlo ricadere supino per terra.
Il ragazzo al suo fianco sospirò e rimase steso in quella
posizione, osservando il cielo con aria assorta.
« Sei stato tu a voler organizzare qualcosa, no? Quindi
si presume che tu dovresti essere la “mente” e io
solamente il “braccio”. –
mormorò tranquillamente, passandosi una mano tra i capelli
– e poi da come
parlavi oggi in mensa pensavo che un idea ce l’avessi
già»
«Si dia il caso che ce l’avevo, oggi in mensa.
Però me
l’hai rovinata te. »
«Ovvero che volevi fare? »
«Ricattare Saix e Xigbar » sogghignò
Axel, come se fosse
una cosa ovvia.
«Hey! Avevi detto che non volevi farlo »
«E tu ti fidi davvero di me? »
Roxas scosse la testa, tirandosi un due pugni sopra la
fronte « Già, come ho potuto commettere un errore
simile. Finirò sulla forca.»
«Tranquillo, quegli aggeggi infernali
non esistono più- esclamò il rosso
dandogli una pacca sulla spalla- però hey, braccio, che ne
dici di dare fuoco
alla scuola allora?»
«Idea bocciata »
«Polvere urticante sulla sedia? »
«Già vista »
«Che ne dici delle puntine sulla sedia? »
«Sei fissato con le sedie per caso? E comunque no,
è
squallida »
Axel si portò entrambe le mani sopra la fronte,
massaggiandola in cerca di idee. Batté i piedi per terra,
sollevando una lieve
polverina e dondolò la testa avanti e indietro.
«E sta’ fermo Axel! »
«Non riesco a pensare se non mi muovo »
esclamò il più
grande, prendendo a rotolarsi sopra la piazzola.
Al suo fianco Roxas ridacchiò, posando una mano sopra la
spalla del ragazzo per
fermalo.
«Senti, diciamo che io ho un piano. Però devi fare
esattamente
quello che ti dico, ok? »
Axel si fermò di colpo, sollevandosi da terra e puntando
i suoi occhi verdi sul viso di Roxas.
«Oh, come adoro quel sorriso sadico che hai quando pensi
agli scherzi da fare »
Il biondino arrossì leggermente, alzandosi a sua volta e
dando un piccolo pugno sulla spalla dell’amico.
«Zitto e ascolta: domani lo metteremo in atto. »
---
Passare
la serata
da solo con lui, per il maggiore, sembrava -e forse era - la cosa
più bella che
potesse accadere al mondo.
-Finalmente possiamo
stare un
po’ insieme - quello era
l’unico pensiero che girava per la sua mente mentre osservava
lo sguardo del
gemello che si perdeva fuori dalla finestra buia, intento ad osservare
i fari
dell’automobile allontanarsi.
.
--
Mel parla.
Beh, eccoci qui. Ufficialmente non avrei dovuto pubblicare
un bel niente e bla bla bla, però non ho resistito. Mi ero
detta che se non avessi ricevuto almeno un po' di opinioni su questo
mio "esprimento" non avrei pubblicato su internet ma mi sarei limitata
a scriverla per me, eppure ho voluto metterla qui lo stesso. Ci sono
delle persone che la seguono, quindi mi sembra giusto metterla.
Per quanto riguarda il capitolo è uno molto tranquillo.
Adoro far vedere i piccoli cambiamenti e i sentimenti nascosti che si
celano tra le persone.
Qui si intravede la forte amicizia tra Axel e Roxas ( solo amicizia,
mah! ) e il fatto che i due fratelli si cercano sempre e comunque,
* come tutti sapranno in Giappone si può aggiungere il
suffisso -KO ad un nome per renderlo femminile. Riku è molto
tenero, vero? Forse è per questo che forse lo
metterò con Kairi. Sono così carini insieme *^*
Al prossimo aggiornamento, eh.
Mel.