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Autore: bittersweet Mel    21/09/2011    4 recensioni
« Io... ecco, non ero lucido. Intendo dire, non è che se uno non sia lucido non possa volere... cioè, non volevo offenderti... io, ecco, vedi... ti avrei baciato anche da sobrio. No, non intendevo … »
« Chiudi la bocca, Sora» disse Roxas con voce fin troppo calma.
Il moro si zittì subito. Essere passivo mentre il gemello lo insultava sarebbe stato più facile che parlare.
Però sarebbe stato meglio chiudergli le labbra ancora una volta …
Piantala di pensar cazzate. Piantala. Piantala, te lo proibisco.
[Sora/Roxas/Sora][Axel/Roxas]
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas, Sora
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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- I n    t h e   e v e n i n g ( capitolo 2 )

 

«Oi, Rox»

A quel richiamo, urlato a dieci metri di distanza, la testa del biondo si girò in cerca dell’amico.
Solamente dopo aver ruotato bene la testa sia a destra che a sinistra riuscì a scorgere una sagoma che, senza ombra di dubbio, era quella di Axel.
La si distingueva per ovvi motivi, nonostante si trovava circondata e quasi coperta da altre venti persone.
Punto primo: era rossa. Era una sottospecie di macchia rossa – con un cappotto nero- che spiccava prepotentemente come un petardo in piena notte.
Punto secondo: quella persona, la sagoma sopracitata, muoveva le mani in un modo del tutto singolare come solo, solamente, il suo amico sapeva fare.
Punto terzo: era Axel e basta.
Come non avrebbe potuto non riconoscere la persona con cui trascorreva la maggior parte del tempo? E non è che erano migliori amici da qualche anno, eh. 
No, loro lo erano da fin troppo tempo ,a detta di Roxas, e da dieci anni , secondo il modesto parere del rosso.

In ogni caso Roxas si voltò, sollevando lievemente la mano in segno di saluto e aspettò che l’altro riuscisse a raggiungerlo.
Solamente dopo qualche minuto – durante l’ora di pranzo la mensa era tutt’altro che libera- Axel riuscì finalmente a stravaccarsi sulla sedia di fianco a quella del compagno, appoggiando un braccio sulla spalla del biondo.
«Allora, Rox, come andiamo?»
«Se mi chiami ancora così andrà male. Per  te, ovviamente» sibilò il ragazzo più piccolo, scostando malamente il braccio che gli pesava sulla spalla. «E non sono una sedia, sappilo»
«Ah, davvero?! – Domandò Axel sorridendo sornione, mentre il suo braccio ritornava nella stessa posizione di prima- pensa un po’ che io ti avevo scambiato per una poltrona. Forse una un po’ piccola e scomoda, ma pur sempre una poltrona»

Roxas socchiuse gli occhi, maledicendo l’amico sia mentalmente che a parole.
«Ma tu non dovresti essere in classe a studiare? Se non sbaglio hai una verifica l’ora dopo eh»
«Oh, cespuglietto, hai per caso imparato a memoria i miei orari? Sono onorato»
«No. Non mi chiamo mica Axel, io! Sei tu – calcò sopra il pronome e sollevò il dito indice, indicando l’amico- quello che impara a memoria gli orari altrui.»
L’altro sorrise, dondolandosi sulla sedia e facendo ondeggiare, di conseguenza, anche Roxas.
«Touché. »

Rimasero per un po’ in silenzio a squadrarsi, chi sorridendo e chi maledicendo e, dopo tutti quegli sguardi, scoppiarono entrambi a ridere.
Con le lacrime agli occhi si piegarono sul tavolo, attirando l’attenzione di qualche persona dei tavoli affiancati al loro. Ma nessuno ci faceva caso più di tanto, non più ora mai. 
All’inizio quella coppia di amici aveva destato l’interesse di tutti, principalmente a causa del carattere esuberante del maggiore,  poi  via via l’interesse aveva iniziato a scemare fino a scomparire quasi del tutto.
Certo, spesso i loro nomi erano sulla bocca degli altri, ma nel periodo dell’adolescenza tutti parlano di tutti, nessuno escluso.
A partire dalla tipica ragazza timida, Naminé, a finire con il ragazzo simpatico e casinista, Sora.
Così Axel e Roxas rimanevano solamente due amici, migliori amici, sempre pronti a ridere oppure a farsi la guerra. 
L’unica cosa che incuriosiva le persone era come faceva Axel a far sorridere Roxas, quello era un mistero per tutti. Fin da quando il biondino aveva messo piede nella scuola nessuno era riuscito ad avvicinarsi a lui per farci quattro chiacchiere, subito Roxas si chiudeva nel suo silenzio oppure rispondeva seccato.

«Avanti Axel, che ci fai qui?» Una volta placate le risate, Roxas, si risollevò dal tavolo della mensa e guardò negli occhi il suo amico, in cerca di risposte. Non che ci fosse nulla di strano nel fatto che Axel saltasse volutamente un’ora di studio per stare con lui, quello lo faceva spesso, però questa volta aveva in mente qualcos’altro. Sicuramente nulla di buono.
«Uhm? Ah, sì. Dimenticavo … Ho fatto una scoperta sensazionale e, ovviamente, sono così magnanimo da condividerla con te. » esclamò il rosso, puntellandosi il petto gonfio d’orgoglio con l’indice.
Roxas trattenne un’altra risata, mentre con noncuranza afferrò il succo di frutta – alla pera- e si portò la cannuccia alle labbra.
«L’ultima volta che hai detto una cosa del genere siamo finiti in presidenza con l’accusa di aver riempito la piscina di polvere fluorescente, ricordi?»
Nonostante lo sguardo accusatore del più piccolo, Axel, con uno sbuffo annoiato, si limitò ad afferrare il succo dalle mani di Roxas per poi berne un sorso.
«Hey, quello è mio. E poi a te neanche piace il succo alla pera»
Axel storse il naso, socchiudendo la bocca per farne uscire un verso di disgusto.

«Bleah, sembra pieno di polvere. Che cavolo, perché non hai preso quello alla mela?»
«Perché, si da il caso, questo sia il mio pranzo. Non il tuo»  Sbottò Roxas, riafferrando il suo succo di frutta e finendolo in un unico sorso, rischiando anche di strozzarsi.
«Come sei infantile. Si vede proprio che sei più piccolo di me» sbottò Axel, gonfiando le guance.
«Anagraficamente parlando lo sono, ma mentalmente ti batto su tutta la linea, finto sapientone.» ridacchiò il biondo, dando un lieve pugno alla spalla del compagno.
«Allora, vuoi ascoltarmi oppure no?»
«Ok, ok. Dimmi tutto.»

Axel si stiracchiò le braccia, alzandole in aria e inclinando il capo all’indietro. Si lasciò sfuggire un sospiro leggero, mentre il solito sorriso balenò sul suo volto. 
Possibile che quel sorriso significasse solo e solamente guai?

«Bene. Circa un’ora fa stavo camminando tranquillamente per i corridoi e …- »
«Circa un’ora fa non avresti dovuto essere in classe, Axel?»
«Dovevo andare in bagno, ok? Anche io ho i miei bisogni e non interrompermi più.» sbottò il rosso, minacciando con la forchetta –quella che doveva usare Roxas per mangiare- il ragazzo che lo guardava accigliato.

Il biondo si limitò a ruotare la mano sinistra per aria, facendogli segno di continua a sproloquiare com’era suo solito fare e riprendendosi la forchetta.
«Dicevo, prima che qualche nano mi interrompesse … – il maggiore si concesse un’occhiata divertita- Circa un’ora fa, dopo aver chiesto il permesso di poter andare in bagno, stavo camminando per i corridoi quando ho sentito uno strano rumore. Cioè, non era poi così strano per me ma dettagli. Si sentivano dei gemiti, ecco. E indovina ?! Indovina chi era e che cosa stava facendo con chi?»
Roxas sollevò un sopracciglio, fingendosi interessato, mentre con la forchetta aveva cominciato a punzecchiare quella che doveva essere della pasta al forno, anche se di quella conservava solamente il nome.
«Beh? Chi erano, allora?»
«Perché non mostri un po’ di sano entusiasmo, qualche volta?»
«Va bene, va bene. Oh, Axel, ti prego: dimmi chi erano, dimmelo» chiese supplicando fintamente il rosso, cercando di sembrare il più “ entusiasta” possibile.
«Così sei inquietante, marmocchio.» Ridacchiò Axel dando qualche pacca sulla testa all’amico «Va beh, erano, tieniti forte, Saix e Xigbar»

Per poco Roxas non si strozzò con la sua stessa saliva. Completamente rosso come un pomodoro, il biondo, si diede qualche pacca al petto, cercando di placare l’attacco di tosse che l’aveva investito in pieno. Peggio di un camion di banane.
Al suo fianco, invece, Axel non riusciva a trattenersi dal ridere; infatti nella mensa  risuonava nuovamente la sua assordante risata.
E ancora tutti si erano voltati ad osservarli, chi ridendo, chi scuotendo la testa.
Una volta finito il piccolo pandemonio – dopo aver dato a Roxas una bottiglietta d’acqua da bere- entrambi ritornarono seri, per quanto possibile, e rimasero a squadrarsi.

«S-Stavi scherzando, vero?» Lo sguardo del biondo sembrava quasi supplicare l’altro che, con un cenno negativo del capo e una risata, smontò le sue poche speranze che quello fosse uno scherzo.
«Ma che … Che schifo! Oddio!»
«Non dirlo a me che ho pure visto …»
«Potevi anche evitare, eh?!»
«Perché, tu non avresti fatto lo stesso ? Andiamo Rox, è l’occasione di una vita!»
«Hai una strana percezione di “occasione” Axel, seriamente. Fatti qualche domanda e poi ne riparliamo » borbottò Roxas, allontanando il vassoio da sé .

Immaginare i suoi due professori in certe posizioni non aiutava a stimolare la fame.
Scosse la testa e si alzò, pronto ad andarsene via.
Immediatamente Axel lo seguì, afferrando il portavivande al posto dell’altro ed iniziandosi ad incamminare verso la porta. 
Con un sospiro rassegnato il più piccolo raggiunse l’amico, strattonandogli la manica della maglietta a maniche lunghe che indossava.

«In ogni caso che cosa vuoi fare? Non vorrai mica ricattare i professori, vero? E’ la volta buona che Saix ti squarta per poi darti in pasto ai suoi gatti mannari.»
«Ancora con questa storia? Andiamo Roxas, i gatti mannari non esistono!»
«E allora come gli spieghi quei miagolii assatanati che uscivano dall’aula di Saix quella mattin---  Oh, no. Oddio no, che orrore!» La faccia schifata di Roxas, pensò Axel, valeva più di diecimila yen.
Con un sorriso sornione il rosso appoggiò il vassoio sopra al cestino, per poi appoggiare entrambe le mani sulle spalle dell’amico, scuotendo la testa con enfasi e facendo ondeggiare la massa rossa di capelli.
«Eh sì, amico, hai capito bene. Quei rumori erano Saix e Xigbar che tromb-» «Sta zitto!»
Axel scoppiò nuovamente in una risata, questa volta aveva persino le lacrime agli occhi il bastardo.
«Oh, andiamo. Solo perché tu non l’hai ancora fatto non vuol dire che non si può neanche più nominare.»
«N-Non è questo il punto. E rispondi alla mia domanda.»
«Quale?»
«Quella sui ricatti!»
«Ah, quella. Beh no, anche se l’idea mi ha sfiorato. In ogni caso non era quella di Saix e Xigbar  la notizia.»
«C-Cosa?» per poco Roxas non si sbilanciò in avanti, cadendo con la faccia a terra. «E allora perché diamine me l’hai detto?»
«Così, giusto per vedere la tua reazione.»
Avete presente i diecimila yen della faccia schifata di Roxas? Bene, la sua faccia arrabbiata, per Axel, ne valeva ben il doppio.
« Sei un … Idiota» sbottò il biondo riprendendo a camminare, ignorando Axel e le sue dannatissime risate.
Prima di uscire dalla stanza lanciò un’occhiata al tavolo dove Sora e i suoi amici stavano mangiando; sospirò e scostò lo sguardo: di vedere Sora che abbracciava Riku non ne aveva proprio voglia.
«Hey, aspettami. Devo ancora dirti la mia idea! »
Il fulvo rincorse l’amico e, insieme, uscirono definitivamente dalla mensa battibeccando.

 

---

 

Sora osservava attentamente il piatto di pasta al forno che si trovava davanti ai suoi occhi, domandandosi se valeva davvero la pena rischiare la vita per riempirsi la pancia giusto per qualche ora.

Tanto entro nemmeno due orette la sua pancia avrebbe ripreso a brontolare in ogni caso, quindi non sarebbe cambiato nulla da come si sentiva adesso.
Già, un enorme buco nero nella sua pancia che continuava a gorgogliare come lo sciacquone di un gabinetto.
Uhm, che pessimo paragone Sora, che pessimo paragone.
Sollevò la mano munita di forchetta e spostò un pezzo di pasta con il sugo, arricciando il naso.

« Riku, ti propongo una sfida. » esclamò di punto in bianco, alzando lo sguardo dal piatto per portarlo al ragazzo che sedeva davanti a lui.
Se fosse riuscito a convincere l’albino a mangiare quella roba al suo posto avrebbe scoperto, per lo meno, se rischiava la morte oppure no.
Il ragazzo in questione sollevò lo sguardo irritato, come se fosse stato interrotto dai piani della conquista del mondo. 
Ovviamente i pensieri di Sora erano questi, perché lui era l’eroe che salvava tutti mentre Riku finiva sempre per avere il ruolo del super cattivo nei suoi film mentali.

«Che c’è, Sora, hai così tanta voglia di farti umiliare? »
Il moretto arricciò le labbra e tirò fuori la lingua, al suo fianco Kairi ridacchiò.
«Andiamo Riku, ascolta quello che ha da dire »
Come sempre la rossa, con il suo carattere conciliante, cercava di far andare d’accordo i suoi due migliori amici. Ogni giorno non poteva fare a meno di chiedersi come avrebbe fatto senza loro due.
«Mpf, smettila di dare opportunità a questo essere. Prima o poi finirà con il credere d’avvero di avere qualche chance contro di me »
«Ah, non solo credo di poterti battere, ne sono proprio sicuro! » esclamò il moro, battendosi un pugno sul petto, rigonfio d’orgoglio.
«Come vuoi Bambi, adesso ritorna a contare le margheritine ok? »
«Ah, sei davvero antipatico. Ci credo che nessuno vuole avvicinarsi a te »
«Allora dimmi … Sei tu quello che riceve almeno una dichiarazione al giorno, oppure sono io ? » domandò Riku sogghignando, mentre entrambi i suoi gomiti si appoggiarono sopra al tavolo di plastica rossa.

Sora ringhiò arrabbiato verso la sua direzione. Si alzò di scatto dalla sedia,  pronto a saltargli al collo per ucciderlo quando il suo sguardo si catapultò dalla parte opposta della mensa, attratto da due risate che conosceva fin troppo bene.
Axel e Roxas.
Il suo stomaco si contorse leggermente e lentamente si lasciò cadere sulla sedia, lo sguardo basso e il labbro inferiore tenuto ben stretto tra i denti.
Kairi sospirò lievemente, appoggiando una mano sulla spalla dell’amico.

«Sora … » non disse nient’altro, si limitò a concedere al moretto uno dei suoi sorriso speciali, di quelli che ti rendevano le giornate speciali.
«Io solo … Non capisco. Axel non è un tipo ok, ha sempre fatto danni e Roxas … Roxas merita di meglio, tutto qui. »
«E’ il fascino del cattivo ragazzo, mi pare ovvio » face Riku, picchiettando due dita sopra al tavolo.
«Ma quale fascino e fascino, qui si tratta di amicizia. Andiamo Sora, guardali!  » Esclamò la rossa, facendo sollevare lo sguardo del moretto verso l’estremità della mensa che mostrava un Axel intento a bere un succo di frutta e Roxas che cercava di riprenderselo.
«Sai, mi ricordano te e Riku in un certo senso »

Entrambi i ragazzi alzarono lo sguardo verso l’amica ed esclamarono all’unisono : «No, non è vero! »
La ragazza si lasciò sfuggire una risata un po’ più forte delle altre, si portò entrambe le mani sulla pancia e la strinse forte.
«Ah stupida Kairi, non sai quello che dici » affermò Sora dandole una piccola pacca sulla spalla, per farla smettere.
«Per una volta concordo con Capitan Idiozia »
«Hey ma la vuoi smettere con questi soprannomi? »
« Preferisci per caso che ti chiami Sorako(*) o qualcosa del genere?»
«Aaaaah, smettila. Non sono una specie di ragazza sai? Scommetto che c’è l’ho anche più grosso del tuo »
«Se, come no. Sai Sora, esiste una cosa chiamata crescita ma quella sembra non averti toccato mai. »
« R-Ragazzi, non avevate mica in sospeso una scommessa, uh? » esclamò  Kairi leggermente rossa in viso, mentre con la mano sinistra diede uno scappellotto sulla testa di Sora.
« Ahi» si lamentò il ragazzo, portandosi entrambe le mani sopra la parte lesa.
«Oh mi ero quasi dimenticato della tua insulsa sfida. Avanti, dimmi che vuoi » disse Riku, incitando Sora a parlare con il movimento rotatorio della mano.
« Insulsa ‘sti cavoli. Ti sfido a mangiare questa pasta» esclamò il moretto, stringendo forte i pugni e sorridendo.
«E per quale motivo dovrei farlo? Che ci guadagno? » domandò l’albino sollevando un sopracciglio, osservando con sufficienza l’amico.
«Ci devo ancora pensare ma … Se non lo fai vuol dire che, per caso, hai paura? Oh povero piccolo Riku, così spaventato dalla pasta al forno. Che farai adesso, eh? Chiami la mam- » « Tappati la bocca o giuro che ci penso io»

Il più grande interruppe il monologo di Sora, sollevando un pugno verso di lui minacciosamente.
Il moretto rispose con un sorriso ancora più grande, sbatté un paio di volte le palpebre e lo canzonò con voce più acuta del solito. « Allora accetti, Riku-chan? »
L’albino gli lanciò un’occhiataccia, augurandogli di morire in un modo atroce, e afferrò la forchetta.

«Non si sia mai detto che io mi tiri indietro ad una stupida sfida, specialmente se questa viene dalla tua mente contorta » sibilò, prendendo un pezzo di pasta con la forchetta e portandosela alla bocca.
Masticò lentamente, socchiudendo gli occhi. Kairi e Sora trattennero il fiato, come se il loro amico fosse sul punto di disinnescare una bomba a pochi secondi dall’esplosione.
Dopo qualche secondo Riku abbassò la forchetta, scuotendo la testa.
«Non so ancora cosa mi devi per aver vinto, Sora, però sappi che se non è qualcosa di meraviglioso ti uccido »
«Ah Riku! Sei ancora vivo! » Esclamò Sora, buttandosi sopra all’amico incurante del tavolo che li separava.
Il moretto strofinò la sua guancia contro quella dell’amico, facendogli quasi le fusa.
Riku si limitò a fare una faccia disgustata, mentre cercava di allontanare Sora da lui con entrambe le mani.
« Aaaah – sospirò Kairi, passandosi una mano sul volto- voi due non cambierete proprio mai vero? »
Entrambi si voltarono verso di lei – Riku ancora che tentava di scacciare Sora con entrambe le mani- e sbuffarono quasi risentiti.
«Eddai Kairi, non mi hai visto? Mi sono alzato di qualche centimetro rispetto all’anno scorso » sbottò Sora gonfiando le guance.
«Oppure porta le scarpe con i tacchi » suggerì l’albino con un ghigno, cosa che portò il moretto a tirargli i capelli.
«Sceeeeeemo »
«Pff, parla il piccolo genio eh? »
E tutti e tre risero di nuovo, dimenticandosi della pasta al forno ancora nel piatto pronta per essere mangiata.

 

 

---

 

«Avanti, dimmi qual è quest’idea e facciamola finita »
« Pensavo a qualcosa tipo … Uhm, una fetta di prosciutto nel registro di classe o una cosa del genere, no? »
Roxas sospirò amaramente, chiedendosi come mai passava ancora del tempo con quella sottospecie di uomo poco pensante. Sollevò la testa verso il cielo e si stiracchiò lievemente le braccia, portandole verso l’alto. Steso al suo fianco, Axel, lo guardò in attesa di una risposta, sul suo volto il solito sorriso sgargiante.

«Beh? Che ne pensi? »
« Patetico »
Il fulvo sbuffò,  punzecchiando con un dito la faccia dell’amico.
«E allora dimmi qualcosa te, genio incompreso »
«Uhm boh? Che ne so io »  bofonchiò Roxas girandosi su un fianco per poter guardare meglio in faccia il compagno d’avventure.  
Il sole nel cielo iniziava a tramontare, spandendo in tutte le direzioni raggi rossi con sfumature arancioni che rendevano quella terrazza una delle cose più belle che ci fossero nell’arco di kilometri;
Axel e Roxas se ne stavano tranquillamente sdraiati sopra la superficie calda di cemento a parlare come ogni giorno, aspettando giusto qualche minuto prima di dover tornare ognuno alla propria casa.

«Ah sì, davvero molto utile blondie » frignò il fulvo, spintonando Roxas per farlo ricadere supino per terra.
Il ragazzo al suo fianco sospirò e rimase steso in quella posizione, osservando il cielo con aria assorta.
« Sei stato tu a voler organizzare qualcosa, no? Quindi si presume che tu dovresti essere la “mente” e io solamente il “braccio”. – mormorò tranquillamente, passandosi una mano tra i capelli – e poi da come parlavi oggi in mensa pensavo che un idea ce l’avessi già»
«Si dia il caso che ce l’avevo, oggi in mensa. Però me l’hai rovinata te. »
«Ovvero che volevi fare? »
«Ricattare Saix e Xigbar » sogghignò Axel, come se fosse una cosa ovvia.
«Hey! Avevi detto che non volevi farlo »
«E tu ti fidi davvero di me? »
Roxas scosse la testa, tirandosi un due pugni sopra la fronte « Già, come ho potuto commettere un errore simile. Finirò sulla forca.»
«Tranquillo, quegli aggeggi  infernali non esistono più- esclamò il rosso dandogli una pacca sulla spalla- però hey, braccio, che ne dici di dare fuoco alla scuola allora?»
«Idea bocciata  »
«Polvere urticante sulla sedia? »
«Già vista »
«Che ne dici delle puntine sulla sedia? »
«Sei fissato con le sedie per caso? E comunque no, è squallida »
Axel si portò entrambe le mani sopra la fronte, massaggiandola in cerca di idee. Batté i piedi per terra, sollevando una lieve polverina e dondolò la testa avanti e indietro.
«E sta’ fermo Axel! »
«Non riesco a pensare se non mi muovo » esclamò il più grande, prendendo a rotolarsi sopra la piazzola.
Al suo fianco Roxas ridacchiò, posando una mano sopra la spalla del ragazzo per fermalo.
«Senti, diciamo che io ho un piano. Però devi fare esattamente quello che ti dico, ok? »
Axel si fermò di colpo, sollevandosi da terra e puntando i suoi occhi verdi sul viso di Roxas.
«Oh, come adoro quel sorriso sadico che hai quando pensi agli scherzi da fare »
Il biondino arrossì leggermente, alzandosi a sua volta e dando un piccolo pugno sulla spalla dell’amico.
«Zitto e ascolta: domani lo metteremo in atto. »

 

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Passare la serata da solo con lui, per il maggiore, sembrava -e forse era - la cosa più bella che potesse accadere al mondo.
-Finalmente possiamo stare  un po’ insieme - quello era l’unico pensiero che girava per la sua mente mentre osservava lo sguardo del gemello che si perdeva fuori dalla finestra buia, intento ad osservare i fari dell’automobile allontanarsi.

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Mel parla.
Beh, eccoci qui. Ufficialmente non avrei dovuto pubblicare un bel niente e bla bla bla, però non ho resistito. Mi ero detta che se non avessi ricevuto almeno un po' di opinioni su questo mio "esprimento" non avrei pubblicato su internet ma mi sarei limitata a scriverla per me, eppure ho voluto metterla qui lo stesso. Ci sono delle persone che la seguono, quindi mi sembra giusto metterla.
Per quanto riguarda il capitolo è uno molto tranquillo. Adoro far vedere i piccoli cambiamenti e i sentimenti nascosti che si celano tra le persone.
Qui si intravede la forte amicizia tra Axel e Roxas ( solo amicizia, mah! ) e il fatto che i due fratelli si cercano sempre e comunque,
* come tutti sapranno in Giappone si può aggiungere il suffisso -KO ad un nome per renderlo femminile. Riku è molto tenero, vero? Forse è per questo che forse lo metterò con Kairi. Sono così carini insieme *^*

Al prossimo aggiornamento, eh.
Mel.

   
 
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