Il giorno del
matrimonio era purtroppo arrivato e Pansy, quella notte, non aveva
chiuso
occhio.
Aveva provato ad
addormentarsi, ma tutti i suoi sforzi non erano serviti a niente;
l’immagine di
lei e Draco che ballavano al chiaro di luna continuava a comparirle
davanti e
la consapevolezza di essersi di nuovo comportata da vigliacca,
l’idea che ormai
non avrebbe più potuto far niente per impedire lo scorrere
lento del suo
destino, la paralizzava.
Alle prime luci
dell’alba si alzò, pronta a prepararsi per quello
che sicuramente sarebbe stato
il giorno più brutto della sua vita, ma che sarebbe stato
quello più bello per qualcuno
più fortunato.
A nulla valsero
gli
incantesimi che provò per cancellare i segni di quella notte
insonne dal viso,
il fato sembrava volerla marchiare per la sua codardia; e il vestito
che
indossò pareva quasi accentuarli.
Scese le scale,
pronta
a dirigersi verso il patibolo ad affrontare lo spezzarsi ineluttabile
del suo
cuore.
Una volta
arrivata,
mentre tutti i partecipanti prendevano posto sulle sedie disposte nel
giardino,
Pansy si incamminò in una passeggiata solitaria, incapace di
ascoltare le loro chiacchiere
allegre; aveva bisogno di stare da sola, in silenzio, nella speranza
che quella
giornata passasse il più velocemente possibile.
Le voci degli
ospiti
del matrimonio le arrivavano ormai ovattate, come proveniente da un
mondo
lontano che poteva fingere non fosse mai esistito; ma, in fondo, sapeva
che non
poteva scappare ancora: la vita doveva inevitabilmente andare avanti.
«Pansy.»
la chiamò una
voce, obbligandola a voltarsi di scatto, sorpresa.
Il futuro sposo -di una donna che non sarebbe mai stata lei-
si stava avvicinando nel suo abito da cerimonia.
«Draco?»
domandò,
perplessa.
Lui le si
parò davanti,
lasciando che le sue iridi argentee inseguissero quelle di lei, in una
danza
tutta loro e Pansy richiamò tutta la propria forza per
provare a sembrare
indifferente.
«Che
ci fai qui? Non
vorrai mica far aspettare la sposa.» esclamò,
ostentando un tono di voce
scherzoso, prima di voltarsi, incapace di reggere ulteriormente il suo
sguardo.
A quel gesto,
Draco l’afferrò
immediatamente, strattonandola verso di sé e costringendola
a voltarsi.
«Perché
continui a fare
così?» la accusò, mentre le sue dita si
stringevano intorno al suo polso.
La ragazza
corvina
abbassò gli occhi a terra, cercando di trovare la forza per
rispondere a quella
domanda.
«Smettila!
Smettila di
fare così e cerca di comportarti da persona adulta, per una
volta nella tua
vita. Perché cavolo continui a scappare da me?»
continuò lui, alzando il tono
di voce.
A quelle parole
Pansy
non si trattenne e strattonò la mano cercando di
costringerlo a mollare la
presa, alzando le sue iridi nocciola fiammeggianti.
«Perché
ti amo!» urlò,
prima che potesse fermarsi; sul suo volto comparve
un’espressione sorpresa
quando si accorse delle parole che aveva appena pronunciato.
«Amavo… volevo dire
amavo…» continuò poi, in un sussurro
appena percettibile. (*)
Sul volto di
Draco
comparì un’espressione stupita, mentre le sue dita
lasciavano lentamente andare
il polso della ragazza.
E Pansy non
riuscì a
reggere il suo sconcerto; nella consapevolezza di aver rovinato tutto,
scappò
via, iniziando a correre il più lontano possibile da lui.
*
Era scappata, di
nuovo.
Era tornata a
casa,
aveva fatto le valigie e si era Smaterializzata a Barcellona.
Aveva distrutto
ogni
possibilità di avere un qualsiasi rapporto con Draco e una
parte del suo cuore
ne era quasi sollevata, felice che finalmente potesse voltare pagina;
ma era
una parte piccola, perché tutto il resto urlava a gran voce
il proprio dolore
dentro di lei.
Lui non aveva
risposto,
l’aveva semplicemente guardata sorpreso come se non
l’avesse mai immaginato:
non aveva speranze e se n’era andata da quel luogo il
più velocemente
possibile.
Era andata a
dormire,
cercando di dimenticare, ma la mattina era arrivata e i suoi ricordi
erano
rimasti lì, indelebili, insieme al suo cuore spezzato.
Era pronta a
ricominciare la sua vita di sempre, dirigendosi al lavoro, quando
suonò il
campanello.
Appena
aprì la porta si
accorse di non poter scacciare via la sua vita passata, non dopo la
frase che
aveva detto; senza una parola si spostò di lato, consentendo
a Blaise di
entrare.
«Come
va?» le chiese
lui, e Pansy replicò con semplice sorriso amaro che le si
aprì sulle labbra.
Il ragazzo, a
quella
risposta, ridacchiò leggermente, costringendola a seguirlo
in quella ilarità
fuori luogo e, in fondo, era sempre stato il potere di Blaise quello di
farla
ridere nei momenti più tristi.
Sorridendogli
grata, si
sedette sul divano, immediatamente seguita da lui.
«Allora,
cosa ti porta
fin qui?» gli chiese, sperando che lui non introducesse
l’argomento di cui
sapeva dovevano parlare.
«Draco
mi ha chiesto di
portarti questa.» mormorò lui, tirando fuori dalla
tasca una busta, prima di
porgergliela.
Pansy
posò i suoi occhi
su di essa, incapace di muovere la mano per afferrarla e di leggere la
lettera
che sapeva le avrebbe spezzato il cuore, ancora; e, dopo qualche minuto
di
silenzio, Blaise gliela poggiò sul grembo, per poi alzarsi e
lasciarle la
dovuta intimità.
In silenzio, con
le
mani che le tremavano e il cuore che le batteva nel petto fremente, si
costrinse ad aprirla.
Poi
iniziò a leggere.
“Pansy,come
sai bene non sono mai stato bravo in queste cose; ma sei
la mia migliore amica e ti devo una
spiegazione.
Penso
di essermi innamorato di te la prima volta che ci sia incontrati, o
forse la
seconda, e non penso che questo sentimento se ne andrà mai.
Ma è un sentimento immaturo,
viziato, egoista; con te ho sempre provato quell’amore
adolescenziale,
totalizzante e devastante che impedisce di essere felici.
Asteria,
invece, mi spinge ad essere migliore, mi aiuta a comprendere altri
punti di
vista che non sono solo il mio e io la amo per questo. Lei mi rende
felice,
come probabilmente non sarei mai in grado di renderti felice io.
Ci
siamo fatti troppo male a vicenda; e, probabilmente, se fossimo stati
entrambi
meno egoisti, meno stupidi, sarebbe potuta andare in modo diverso. Ma
ormai so
che è giusto che tu vada per la tua strada e io per la mia.
Spero
che un giorno troverai una persona che ti completi come ho fatto io e
spero che, quando
questo accadrà, sarai disposta a
perdonarmi e a ritornare la migliore amica di cui ho sempre -e sempre
avrò-
bisogno.
Nella
speranza che le nostre strade tornino ad incrociarsi
Draco.”
Lasciò
cadere la lettera sulle ginocchia, mentre
sentiva le lacrime bagnarle le guance: irrefrenabili scendevano e lei
non
poteva far altro che lasciarle andare nella speranza che con esse se ne
sarebbe
andato anche il dolore.
Blaise
tornò nel soggiorno, trovandola in quel
pianto silenzioso con le dita arpionate sul foglio appena letto; senza
dire una
parola, le si sedette accanto, unendo le loro mani.
Per quelle che
sembrarono ore rimasero l’uno accanto
all’altra a condividere quel dolore; infine Pansy si
riscosse, asciugandosi gli
occhi con le mani e sorridendo al suo amico.
Blaise le
sarebbe stato sempre accanto, nella buona
e nella cattiva sorte, e questo le dava la speranza di pensare ad un
futuro
migliore.
«Allora,
quanto tempo pensi di fermarti a
Barcellona?» gli chiese, con la voce ancora leggermente
tremante.
«Abbastanza.»
replicò lui, con tono divertito. «Sai,
prima di venire ho affittato un appartamento qua vicino.»
E Pansy si
limitò a sorridergli, leggermente più
tranquilla: forse il suo destino non era come l’aveva
desiderato, ma poteva iniziare a sognarne uno
diverso.