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Autore: SimmyLu    23/09/2011    2 recensioni
Mosca, Monastero Vorkof. Yuri Ivanov si trova costretto a richiedere l'aiuto di Kai Hiwatari, a causa di problemi economici riguardanti proprio il monastero che si è trasformato in un ricovero per gli orfani e i ragazzi senza fissa dimora della capitale russa. Ma non è solo questo problema che toglie il sonno a Yuri, il ragazzo presenta i sintomi di ferite più gravi e profonde che scavano nell'anima e nel cuore, fino a portare alla luce segreti mai rivelati. Il giovane russo è l'origine di misteriosi e inspiegabili fenomeni e l'unico che sembra poterlo capire è proprio Kai. Fra paure, incubi, ricordi del passato e un'infanzia dimenticata, cadono silenziose le piume rosse della fenice sul bianco lucente della neve moscovita.
[ Personaggi: Yuri, Kai, Boris, Sergej, Vorkof, altri ]
Genere: Generale, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’AMORE BIANCO

… di SimmyLu …


Capitolo TRENTAQUATTRESIMO: IL DIO DIABOLICO




Erano saliti su quel treno da chissà quanto.
Una gentile voce femminile scandiva i nomi delle fermate che si susseguivano infinite.
Yuri fissava un punto sul pavimento del treno, convinto di trovarsi lì da molto più tempo di quel che avrebbe desiderato.
Forse era sempre stato sul quel treno.
Era un'autentica assurdità, ma l'impressione era quella.
Un'eternità passata in viaggio, in perenne movimento.
Kai era seduto accanto a lui.
Algido e silenzioso come sempre.
Il russo aveva accuratamente evitato di rivolgergli la parola dalla sera precedente e sembrava che ad Hiwatari andasse bene così.
Dove stavano andando?
Non glielo aveva detto e lui non aveva alcuna intenzione di aprire bocca e domandarglielo.
L'unica consolazione di Yuri era che sicuramente, qualsiasi fosse il motivo del loro spostamento mattutino, riguardasse in qualche modo il Monastero.
Era l'unica spiegazione, altrimenti Kai non si sarebbe disturbato a trascinarlo con sé.
Forse quel giorno avrebbe finalmente concluso qualcosa.
Qualsiasi cosa.
Ciò nonostante aveva una brutta sensazione.
Non sapeva identificarla con esattezza.
Più si avvicinavano alla loro meta più Yuri sentiva il pericolo avvicinarsi.
La voce gentile scandì il nome di un'altra fermata.
Un nome incomprensibile.
Che cosa stupida da pensare.
Cosa sarebbe potuto accadere di così terribile?
«Dobbiamo scendere alla prossima.» disse Kai.

Lasciata la stazione cominciarono a camminare.
Erano in periferia, ma non troppo lontani dagli sfarzi cittadini.
Le case sembravano ammassate le une accanto alle altre in un susseguirsi labirintico e monocromatico.
Case vecchie.
Case stanche.
Persone con cui era meglio non incrociare gli sguardi.
Che cosa diavolo ci facevano lì?
La sensazione di disagio aumentò e Yuri decise di mettere da parte l'orgoglio.
«Kai, dove stiamo andando?»
«Siamo quasi arrivati.» disse freddamente il giapponese.
«Quasi arrivati dove?»
Kai non rispose, ma dopo qualche passo indicò un edificio di diversi piani.
L'istinto di Yuri gli suggerì di allontanarsi.
Non aveva senso.
Seguì il compagno.
Era l'unica cosa che poteva fare.
Il palazzo era così mal ridotto che Yuri credette in un primo momento potesse essere abbandonato.
Salirono la prima rampa di scale, poi la seconda.
Voci indistinte provenivano dagli appartamenti.
«Kai... cosa ci facciamo qui?»
Hiwatari non rispose, continuando ad avanzare davanti a lui.
Imboccò il corridoio del terzo piano e si fermò solo quando furono davanti alla porta dell'appartamento numero trentaquattro.
Bussò e fece un passo indietro.
Yuri si irrigidì.
Qualcosa di orribile stava per accadere e lo spirito della fredda inquietudine si impossessò di lui.
Strinse i pugni lungo i fianchi e si rese conto, senza sapere il perché, che seguire Kai in quell'edificio non era stata affatto una buona idea.
Gettò una rapida occhiata al profilo del compagno: Kai non sembrava tradire alcuna preoccupazione.
Si sforzò di scorgere sul viso del giapponese qualche altro segno che indicasse un qualsiasi sentimento, ma non trovò nulla.
Kai fissava impassibile quella porta.
Qualcuno si avvicinò dall'interno dell'appartamento strisciando i piedi, poi parve sbattere contro la porta come se avesse calcolato male le distanze.
Yuri sobbalzò quando udì un rauco grugnito di disapprovazione.
L'inquilino tastò la porta, afferrò la maniglia e armeggiò con qualcosa di metallico facendo un gran fracasso.
La porta si aprì.
Una voce femminile proruppe dall'appartamento adiacente con uno strillo.
«Io te l'avevo detto!» gridò la donna.
Il pianto di un neonato scoppiò improvviso, attutito dalle sottili pareti.
Un suono ovattato.
Distante.
Yuri non credeva di essere realmente in quel luogo.
Era solo tornato ad immergersi in uno dei suoi tanti incubi.
La paura serpeggiò in lui, correndo indemoniata.
Gelò.
Il suo riflesso negli occhi vacui e offuscati dell'uomo che gli stava davanti non poteva essere reale.
I capelli violacei e sporchi gli ricadevano sul viso spigoloso in ciocche scomposte e sottili.
La barba cresceva ispida e disordinata.
Yuri avrebbe riconosciuto quel volto ovunque.
Fra mille altre facce, l'avrebbe riconosciuto.
Eppure esitò, in quell'istante.
Non voleva credere.
Si rifiutava di credere che potesse trovarsi a pochi passi da lui.
Ma non poteva sbagliarsi.
Le iridi spente che ricambiavano il suo sguardo di ghiaccio erano quelle di Vladimir Vorkof.
Lo fissò.
Rigido, freddo.
Non era possibile.
Non era possibile che Kai gli avesse fatto quello.
Vorkof spostò lo sguardo da Yuri a Kai; sembrava non si rendesse conto della situazione.
Rise.
Una breve risata acuta.
«Ivanov...e Hiwatari.» biascicò, «I miei pupilli...» aggiunse in un ghigno.
Yuri non rispose, le unghie affondate nei palmi delle mani strette a pugno, le nocche bianche.
L'aria attorno a loro si raffreddò.
E Kai sorrise.
Il sorriso enigmatico e selvaggio di un diabolico dio.




FINE TRENTAQUATTRESIMO CAPITOLO, continua...

N.d.A: Il numero dell'appartamento è lo stesso del capitolo. Sto ridendo.

Beyblade © Takao Aoki
   
 
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