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Autore: Shizuka Grape    24/09/2011    1 recensioni
"Comunque alla fine va bene anche se non seguiamo le indicazioni del produttore."
"Eh? Perchè adesso dici così?"
"Perchè tanto tu mi tocchi in altri modi."
Fanfiction su Ninomiya&Ohno, punto di vista di Ninomiya.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jun Matsumoto, Kazunari Ninomiya , Satoshi Ohno
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FANSERVICE FF 1
Questa fanfiction ha come protagonisti Ninomiya Kazunari e Ohno Satoshi del gruppo giapponese Arashi.
Il punto di vista è quello di Ninomiya.

Buona lettura,
Shizuka.
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"Ohno, Ninomiya, potete accomodarvi nel mio ufficio solo per un momento?"

Il produttore di 'Arashi ni Shiyagare' ha chiamato me e Satoshi proprio qualche minuto dopo la fine delle registrazioni.
Siamo costretti a lasciare gli altri - che intanto vedo dirigersi nei camerini - e ad accomodarci in ufficio.
La stanza è semplice e piuttosto spoglia. Il produttore si posiziona in piedi vicino alla scrivania di fronte a noi.

Per quanto mi riguarda, mi sento piuttosto tranquillo: penso che io e il leader riceveremo  solo qualche appunto tecnico, e il volto rilassato del produttore avvalla la mia ipotesi.

"Avete appena finito di registrare una puntata e la settimana prossima, conclusosi il Waku Waku Gakkou*, ne registreremo un'altra."
Con un esordio così penosamente  inutile e un produttore così poco stupido, inizio a pensare a quella  ovvietà come premessa a un discorso di ben altro spessore.

Improvvisamente il produttore si stampa sulla faccia un sorriso sornione.
"Abbiamo appena ricevuto dei risultati statistici riguardo al gradimento delle fan nei confronti degli Arashi, ma soprattutto riguardo a ciò che loro vorrebbero vedere di più da voi.
Sono risultati indicativi, ma ci servono per indirizzarvi in strade che accolgano i favori del nostro pubblico."

Vedo Satoshi annuire incuriosito, mentre io vengo scosso da un brivido a causa del timore di aver finalmente capito il perchè della nostra presenza lì.
 
"In base a tali sondaggi..." -si blocca prendendo in mano dei fogli e facendo finta di leggerli - "Beh... in fondo non c'è neanche bisogno di quelli.. In ogni caso, le ragazze trovano molto piacevole il vostro copione."
 
'Copione'
'Copione'
Quella parola comincia a rimbombarmi nel cervello, causandomi un lancinante mal di testa. Devo ripeterla a me stesso più e più volte per assimilarla e abituarmici, proprio come succede quando qualcosa ti provoca dolore.
Quella parola a noi solitamente così familiare, adesso mi ha fatto male.

Sento un crampo allo stomaco. Lo sento distintamente. E ne deduco anche la radice.
Rabbia. Nervosismo. Riluttanza nel voler ascoltare il proseguo di quel discorso.
 
"Insomma" - riprende però a dire, assumendo un'espressione maliziosa - "Volevo complimentarmi con voi per il rapporto profondo che avete mostrato al pubblico sin ora: le ragazze amano la vostra coppia, adesso siamo convinti di stare seguendo la strada giusta."
 
Ho Satoshi seduto a mezzo metro da me, ma ne percepisco solo il respiro calmo e regolare.

Io invece mi sento a disagio: trovo quella situazione assurda, quel sorriso ipocrita e quel complimento freddo come una foglia ghiacciata d'inverno.

"In passato eravate più giovani e poco conoscevate di queste dinamiche. Ma avete messo in pratica il consiglio dei produttori, avete preso dimestichezza, e infatti il risultato è stato  positivo in crescendo. Molto bene."
Senza una parola dalla bocca mia o di Satoshi, quell'uomo continuava a sputare le sue idiozie.

Me lo ricordo. Me lo ricordo bene il discorso ambiguo fattoci dai produttori anni fa.
Dopo aver visto i primi concerti e programmi televisivi, ci avevano esortati a continuare a lavorare con entusiasmo e con 'sempre maggiore complicità'.
Già allora colsi perfettamente il senso di quelle parole accompagnato dagli sguardi allusivi che facevano l'altalena tra me e Satoshi.
E, effettivamente, così come desideravano, misi in pratica il loro 'consiglio' e fui il primo a dare adito alla complicità pseudo-amorosa tra tutti noi cinque, sottolineando ulteriormente quella tra me e il leader.

Ma...
Il tempo, proprio il passare del tempo, mi dette la risposta più chiara.

Col passare degli anni,infatti, mi resi gradualmente conto che  quella stessa complicità così agognata dagli addetti ai lavori noi la stavamo già costruendo nell'intima sfera della nostra amicizia privata.
Devo dire con onestà che fu una certezza acquisita con lentezza e una buona dose di diffidenza: tuttavia, a un certo punto mi parve totalmente evidente che io, Sho, Masaki, Jun e Satoshi  eravamo cinque petali di un fiore che stava sbocciando al calore del sole, senza dover essere contaminato da nessun contadino.
Appena ebbi la certezza di questo, mi si alleggerì il cuore e la mia gratitudine verso ognuno di loro divenne immensa: ricordo che fui pervaso da un tiepidissimo senso di protezione che, inconsciamente, fece scivolare via dietro le mie spalle il 'suggerimento' dei produttori.

"Mi rivolgo specialmente a te, Ninomiya."
 Le reminescenze di quando ero più giovane sfumano sentendo chiamare il mio nome.

 "Il tuo ormai famoso stereotipo di membro che elargisce abbracci e gesti ambigui nei riguardi del tuo compagno è diventato un fattore determinante per tenere alti gli ascolti del pubblico femminile. Poichè il leader è meno attento a queste dinamiche, chiediamo ad entrambi - certo - ma specialmente a te, Ninomiya, di continuare con questa linea, fondamentale per gli ascolti."
 
Ecco che mi si raggela il sangue nelle vene.
Quella frase sortisce un effetto lancinante e soprattutto inaspettato: per via di un conato di vomito comprendo che il mio stomaco si sta ribellando a quella situazione prima che il cervello ne abbia  le forze.

Ora che quella bocca finalmente ha taciuto, mi sembra di essere appena stato violentato dalle parole, parole che paradossalmente stavano elogiando un mio comportamento.
Ora che quella bocca finalmente ha taciuto, fulminee ma penetranti riflessioni mi martellano nel cervello, facendomi accapponare la pelle.
Ecco cosa ero stato capace di fare:  avevo commesso l'imperdonabile errore di esporre sulla pubblica piazza uno dei pochi sentimenti più veri e profondi della mia vita;  avevo osato gettare un sentimento d'amore in una spazzatura stracolma di copioni televisivi in base ai quali dovevamo interpretare personaggi tanto sfaccettati quanto lontani da noi; ero stato talmente cieco e idiota da continuare continuare continuare e continuare, ancora, sempre, incessantemente, a denudarmi, senza mettere in conto che persino il mio cuore sarebbe stato mercificato.

E' così.
Ora che quella bocca finalmente ha taciuto, ho provato l'orribile esperienza del freddo vuoto che ti lascia il fraintendimento, l'essere scambiato per qualcosa che non sei, la confusione del  limbo tra il tuo ruolo e la realtà.

Col minimo di attenzione che mi è rimasta, noto che il produttore ci sta congedando.

Leader è il primo ad alzarsi e io imito meccanicamente i suoi gesti, ichinandomi con educazione e lasciando la stanza.

Io e Satoshi camminiamo fianco a fianco nel silenzio più assoluto.
Percorrere accanto a lui quel lungo corridoio che ci separa dai camerini placa leggermente la mia emicrania, e il senso di nervosismo si acquieta.
Mentre raggiungiamo il camerino, giro leggermente la testa per poter scorgere qualche sua reazione, ma il suo volto è sorprendentemente inespressivo: gli occhi color nocciola - visibilmente stanchi ma sempre luminosi e tondi - guardano fisso davanti, le braccia gli scendono sui fianchi oscillando, il passo regolare e non troppo lento.

E' stato uno sguardo fugace il mio, e dubito che se ne sia accorto.
Dubito, in realtà, che si sia mai accorto dei miei sguardi fugaci.
 
Ma non mi importa: stavolta cercavo nella sua espressione semplicemente un supporto alla mia frustrazione, supporto che però non è arrivato.

Entrati nei camerini, noto che Masaki, Jun e Sho si sono ormai cambiati: incontro gli occhi di quest'ultimo e subito mi viene una voglia ansiosa di sfogarmi con il mio migliore amico.
Improvvisamente però, è un'altra voce a parlare:
"Era qualcosa che riguarda il gruppo?"
Jun è di una dolcezza e discrezione disarmanti.
Ho capito il senso di quella domanda.
Lui è preoccupato del perchè il produttore abbia chiamato solo me e Satoshi. E' realmente preoccupato, glielo leggo in faccia.
Per non sembrare invadente, tuttavia, ha camuffato la domanda affinchè io possa rispondere liberamente.

"No." - Satoshi prende la parola anticipandomi - "Il produttore ci ha chiesto di stare appiccicati perchè fa ascolti. Ha detto a Ninomiya che dovrà toccarmi di più durante le registrazioni."

Mentre apro la mia borsa, ho un sussulto.

Quel ragazzo ha capito tutto. Il produttore non è stato esplicito neanche la metà, ma  Satoshi ha centrato il bersaglio.
Forse allora anche il suo silenzio in ufficio e lo sguardo imbambolato in corridoio erano sintomi di una tacita riflessione? Che anche lui trovi umiliante quella pretesa assurda?

"E quindi?" - Jun continua a chiedere.

"E quindi va bene. Dalla prossima registrazione staremo più attenti a fare così. Non possiamo farci niente, è il lavoro."

Non credo alle mie orecchie.
Riesco a percepire lo sguardo di Sho su di me, ma io resto ammutolito di fronte a quell'agghiacciante indifferenza, all'impietoso piattume della sua voce.

Nessuno dei tre ha osato chiedegli oltre. Nessuno dei tre ha osato controbattere a quella risposta. Tutti e tre sistemano le proprie cose mentre Ohno va a cambiarsi.
Io faccio altrettanto.
Poi, con il morale ormai a terra, prendo la mia borsa, saluto educatamente tutti, e anche se sostanzialmente libero torno in appartamento, senza alcun commento per ciò che ho sentito e con solo tanta voglia di dimenticare questa serata il più velocemente possibile.













*Il Waku Waku Gakkou (Scuola Waku Waku) è un concerto-seminario tenuto dagli Arashi nel Giugno 2011, i cui proventi sono stati devoluti in favore delle vittime del terremoto che ha colpito il Tōhoku lo stesso anno. Interessante è notare che per tale concerto è stata utilizzata una minima quantità di energia al fine di  diminuire gli sprechi.


  
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