Fanfic su attori > Gerard Butler
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Autore: irene862    24/09/2011    3 recensioni
2015 --> REVISIONATA E CORRETTA!
Dal IX capitolo..
“Hai perfettamente ragione, sei stato uno stronzo. Un emerito, grandissimo stronzo! Non ti permettere mai più di rifare o ridire quello che hai detto e fatto. Perché te ne pentiresti! “ Non so dove presi il coraggio di minacciarlo. Ma fui contenta di avercelo ficcato da qualche parte.
“Non so con chi hai a che fare quotidianamente, nel tuo mondo patinato di super divi miliardari, ma qui è diverso. Siamo nel mondo reale bello! La gente merita rispetto!” Eravamo talmente vicini che i nostri abiti si sfioravano. Gli puntai un dito sul petto e lo pungolai. ” E non mi importa un fico secco se sei un attore Hollywodiano o che altro. Non credo ad una sola parola delle tue scuse di poco fa quindi non starmi tra i piedi ed andremo d’accordo! Non sono venuta fin qui da casa mia per farmi insultare da un maledetto idiota borioso, come te!”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dolce e delicata come il miele'
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Cap. 26

XXVI Capitolo

 

 

Averla trovata in quelle condizioni mi aveva impensierito parecchio.

Lo ero stato prima, quando voltandomi non l’avevo più vista, e anche dopo quando l’avevo ritrovata. Io e Chris avevamo cercato di medicarle quei graffi che aveva sulle mani e sul viso. Graffi che nessuno si spiegava.

Mi aveva raccontato di aver sentito delle grida e che seguendole si era ritrovata a quel pozzo. Disse che parevano appartenere ad un bambino, che le sembrava fosse spaventato e così si era sporta un poco per cercare di vederlo e rassicurarlo.

 

Non ricordava altro.

Non ricordava di aver visto né sentito altro.

 

Io l’avevo trovata esageratamente oltre il bordo del pozzo, quasi sul punto di caderci dentro. Le braccia, le mani e il viso freddi come il ghiaccio e ricoperta di tagli. Aveva gli occhi arrossati e copiose lacrime le scendevano sulle gote.

Aveva lo sguardo spaventato e tremava leggermente.

Da quel momento, fino alla fine della nostra esplorazione, non la persi di vista un attimo e per tutta la notte la tenni per mano senza mai lasciarla. Non volevo rischiare che si facesse male sul serio.

Finimmo di visionare la mansarda, all’ultimo piano, verso le sette di mattina e, raggiungendo gli altri, uscimmo da quel luogo così pericolosamente sinistro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mia madre ci aspettava sulla soglia di casa con un sorriso di sollievo in volto. Entrando un dolce profumo di brioches appena sfornate ci invase le narici.

Tenevo ancora per mano Soph e guardandola mi accorsi che sembrava essere sul punto di crollare. Occhiaie, graffi ed ematomi spiccavano molto più di prima sul suo volto pallido.

Con un sorriso tirato, abbracciò mia madre e guardandomi disse

“Io preferisco andare a sciacquarmi mani e viso e infilarmi sotto le coperte. Ho bisogno di dormire e comunque non ho fame”

“Si, per me è lo stesso” dichiarò Chris sbadigliando e seguendo Soph su per le scale

Seguì entrambe con lo sguardo fino a quando la voce di mia madre mi costrinse a voltarmi

“Cosa diavolo è successo? Perché Sophie è ferita in quella maniera?” domandò preoccupata

Con un gesto mi avvicinai e la spinsi verso la cucina.

Avevo bisogno di mangiare e di schiarirmi un po’ le idee.

Insieme a Jared e George, gli unici rimasti per la colazione, spiegammo in breve l’accaduto e l’intera nottata.

“Sai più ci penso e più credo di aver capito perché Sophie si trovasse vicino quel posso e il perché di tutti quei graffi”

“Beh, rendici partecipi” borbottò Jared mordendo il quinto muffin al cioccolato

“Credo proprio che si tratti del piccolo Thobias” continuò George con tono meditabondo

“Oh si ricordo … ma il fatto avvenne più di novant’anni fa … è impossibile che…” lo interruppe mia madre portandosi una mano alla bocca e sgranando gli occhi

“Beh, non poi così impossibile se pensiamo a quel posto” convenne lui annuendo

“Allora? Di che si tratta?” ero seccato

Che cos’era quel dire e non dire???!!!

“Beh, è la storia del piccolo Thobias McGee, il figlio della governante di uno dei miei antenati. Si racconta che il bambino amasse giocare in giardino, in particolar modo vicino a quel pozzo, e che un giorno vi cadde dentro.  All’epoca quella cavità era usata quasi quotidianamente perché forniva acqua per lavarsi e fare il bucato, quindi era colma d’acqua. I racconti sulla sua morte sono molto confusi. Alcuni dicono che il bambino morì annegato quasi subito mentre altre storie raccontano che l’eco delle sue urla si udì per ore. Secondo loro il bambino non morì subito annegato ma fu semplicemente … dimenticato”

“E sua madre?” domandò Jared colpito

“La nonna, mia madre, mi raccontò questa storia una volta quando ero molto piccola. Mi disse che la madre del piccolo, la governante, a fine giornata non trovandolo in giardino si spaventò. Lo cercò per tutta la notte tra i boschi, che all’epoca circondavano il maniero, ma che non lo ritrovò mai. Ormai rimasta sola con un dolore troppo grande da sopportare si lasciò cullare dalla follia e poco tempo dopo s’impiccò” concluse mia madre in un sussurro.

In quel momento, riportai alla mente le parole di Soph.

Davvero aveva sentito quei lamenti? I lamenti del piccolo Thobias?

E se si, perché solo lei? Perché non li avevo sentiti anche io o qualcun altro del gruppo?

 

Finito di mangiare ci alzammo e, insieme a Jared e George, mi diressi su per le scale. Avevo bisogno di dormire e di riposare e lo stesso valeva per i miei compagni.  Stavo per entrare in camera quando volli controllare le condizioni di Sophie.

A passo svelto ma silenzioso mi avvicinai alla porta della sua camera e facendo attenzione a non fare rumore, l’aprì.

Lei e Chris stavano dormendo vicine, nello stesso letto, una accanto all’altra.

Il viso di entrambe sembrava sereno e disteso. Si erano lavate e cambiate ed ora dormivano profondamente.

Sentendo dei passi dietro di me, mi voltai. George e Jared si sporsero per controllare.

“Abbiamo avuto la stessa idea” dissi sorridendo ad entrambi

“Già” bisbigliarono

Volevo entrare nella sua stanza, sollevarla tra le braccia e portarla nella mia così da averla vicina e fare in modo che fosse al sicuro, accanto a me.

Ma la lasciai lì, a riposare, e augurandole buon riposo richiusi la porta senza fare rumore.

  
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