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Autore: L_Fy    26/09/2011    1 recensioni
Sono passati due anni dagli eventi raccontati in The Runners. In questo lasso di tempo l’organizzazione delle Orion è molto cambiata: Un nuovo Consiglio governa le Orion, ma tra la gente comune regna una certa anarchia di pensiero che prima, con la Ars Space Corp., non esisteva minimamente. La criminalità dilaga, i Runners, decimati in numero e demotivati, si lasciano facilmente corrompere, la gente sempre più spesso sparisce nei meandri delle enormi navi spaziali e dei loro corpi reali e digitali non si ha più traccia… In questo clima di violenza e di precarietà, la Tau Centauri, longeva squadra di Runners al servizio del CDI, svolge ancora con successo il suo compito di paladina dell’ordine e della legalità…
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cardinale ed Elijah riuscirono a non litigare per ben un’ora dopo il rientro alla base del CDI. Su preciso ordine di Cardinale, l’argomento dell’incontro con Polaris fu nascosto a dovere, anche se Elijah sembrava covare un serio e pressante risentimento nei confronti del capitano della Tau Centauri. Tra le deposizioni, l’incontro con Scott e la prima stesura del rapporto per i vertici del SuX e del CDI, quasi non ebbero occasione di parlarsi. Ma quando si trovarono da soli nel Limbo, dopo aver schermato le comunicazioni, la tensione tra loro si poteva quasi tagliare con il coltello.
“Sembra quasi che tu abbia una patata in bocca, tante sono le cose che muori dalla voglia di dirmi” sbottò Cardinale dopo qualche secondo di silenzio teso. Elijah, in piedi davanti alla porta, raccattò dal frigo una bottiglia di cognac semivuota e bevve un lungo sorso prima di piantare due occhi furenti sulla donna di fronte a lui.
“Ti stai comportando come una criminale” sputò fuori, furioso “Ti rendi conto che stai ficcando nei guai non solo te ma l’intera squadra? Senza contare la nostra stessa, maledetta incolumità? Siamo Runners, Jude! Noi dovremmo combattere il crimine, non perpetrarlo!”
“Il fine giustifica i mezzi” dichiarò Cardinale cercando di trattenere la rabbia “Se riuscissimo davvero a mettere le mani su Masterson, faremmo solo gli interessi del CDI, del SuX e di tutte le Orion…Senza contare che stiamo per incontrare qualcuno che si ritiene un nemico pericoloso per Masterson. E poi, noi non abbiamo fatto niente di male, per ora.”
“Per ora? E cosa sei disposta a fare per trovare Masterson? Fin dove sei capace di spingerti?”
“Sai benissimo quanto è importante questa missione! E sai ancora meglio che il CDI è un tale colabrodo di informazioni che se facessi a Scott il nome di Masterson sarebbe sulla bocca di tutti in meno di un’ora! Agirò per conto mio finché non riterrò opportuno avvisare il CDI e il SuX: se ti sta bene, sei con noi, altrimenti…”
“Altrimenti cosa? Andiamo, capitano: quali alternative mi offri al fatto di dover mentire e trasformare me e la nostra squadra in criminali?”
“Avanti, dimmelo!!” strillò finalmente Cardinale, liberatoria “Cos’è che avresti fatto tu di meravigliosamente giusto al mio posto? Ho corso dei rischi, ma siamo ancora perfettamente in ballo grazie a me e, soprattutto, siamo vivi! Dovresti essermi grato invece di stare qui a sgridarmi come se fossi una bimba dell’asilo!”
“Finché tu ti comporterai come una bimba dell’asilo, io agirò di conseguenza! Non puoi affidare l’esito di una missione così importante alle idee balzane del tuo cervellino!”
“Idea balzana…seguo la pista più promettente degli ultimi due anni e tu la chiami idea balzana? Cosa ti dice la testa?”
“Mi dice che ti stai comportando da pazza furiosa!”
“Fammi rapporto, allora!” strepitò lei voltandogli le spalle.
“Certo che lo farò! L’unica cosa che fin’ora mi ha trattenuto è la lealtà verso la squadra, ma anche questa ha raggiunto il limite! E sai perchè? Perchè tu non sei adatta a comandare la Tau Centauri!”
Le parole di Elijah caddero in un silenzio teso: le spalle di Cardinale si irrigidirono pericolosamente e quando si girò di nuovo per fronteggiarlo, Elijah vide qualcosa di simile all’odio brillare nel suo sguardo.
“Io sono un capitano maledettamente bravo” mormorò lei con voce vibrante d’ira “E se fossi Garrie, Morales o Pat  lo ammetteresti anche tu. Forse sei prevenuto verso di me perché abbiamo avuto una relazione, non lo so…mai avrei pensato che la tua mentalità potesse essere così ristretta. Ma di sicuro, io sono adattissima a fare il capitano: quello per cui non sono mai stata adatta è essere la tua donna!”
Elijah sentì le sue parole arrivargli sul cuore come piccoli mattoncini che innalzarono un muro di gelo attorno alla rabbia che lo invadeva. Eppure, non gli andava affatto che Cardinale potesse anche avere ragione. La guardò a lungo, serio, mentre il respiro si quietava progressivamente in una gelida calma piatta.
“Credo che tu abbia ragione, Cardinale” ammise infine Elijah raddrizzando le spalle “La mia donna non potrà mai essere un capitano egoista e dispotico che porterà alla rovina la sua squadra. Uno dei ruoli esclude l’altro: e tu hai già deciso da un pezzo quale delle due vuoi essere, vero?”
A Cardinale sembrava quasi di essere finita per caso in mezzo ad una scena surreale: tra lei ed Elijah era tutto finito da tempo, ma chissà perché solo in quel momento se ne rese pienamente conto e quella consapevolezza le bucò il cuore con una potente scudisciata.
“Molto bene” sentì dire da una voce fredda e controllata che incredibilmente le usciva dalle labbra “Peccato che ci sia voluto tanto tempo per chiarire questa questione.”
Elijah tacque: Cardinale si girò lentamente, avviandosi verso il de-digitalizzatore. Non si girò a guardare, ma mentre il guscio di plexiglas si chiudeva, capì che anche Elijah le aveva voltato con forza le spalle.
*             *             *
Morales era stravaccato sul divano e, apparentemente, era l’uomo più felice del mondo. Portava ai piedi un morbido paio di calze di lana vera che gli era costato uno stipendio intero di crediti ed in mano, sollevato come se fosse una preziosa gemma, teneva un libro di carta. Vera, autentica carta terrestre.
“Sembra che tieni in mano il Santo Graal” ridacchiò Garrie transitando davanti al divano con un asciugamano in testa “Immagino che stasera non esci, se hai tirato fuori la reliquia.”
“No, stasera mi dedico alla lettura, con una buona tazza di caffè vero e fumante davanti al naso.”
“Hai del caffè vero? Quando lo hai comprato, bastardo! Non ce ne offri neanche un po’?”
Garrie aveva gettato l’asciugamano a Morales che lo buttò per terra oltraggiato.
“Tu e Pat siete indegni di una tale, divina bevanda” declamò altezzoso “Io me lo sono comprato e io lo uso. Se ne volete anche voi, invece di scialacquare i vostri crediti in serate da panico sulle DDW mettetene da parte per andarvelo a comprare. A proposito, dov’è il bisonte?”
“In bagno a farsi bello” sorrise Garrie con aria da cospiratore “Ha comprato persino un profumo, “L’uomo silvestre”. Terribile: sembra un callifugo. Se la misteriosa ragazza che esce con lui resiste anche a questo, li ritengo ufficialmente fidanzati.”
Dal bagno si alzò un fischiettio allegro e Morales e Garrie, dopo uno sguardo stupefatto, scoppiarono contemporaneamente a ridacchiare oscenamente.
“Cotto come uno stinco di maiale al forno” sghignazzò Morales, ricomponendosi “Quasi quasi mollo la serata di relax per seguirlo e vedere con chi esce…Deve per forza essere una aliena per uscire con Pat da ben un mese senza ancora aver tentato il suicidio.”
In quel momento la voce femminile del Computer di casa avvisò suadente:
“Ospiti alla porta. Scanner eseguito: non presenti armi e nessun segno di ostilità rilevato.”
“Aspetti qualcuno?” chiese Garrie avviandosi verso la porta.
Morales fece spallucce e si allungò incuriosito per vedere chi fosse: sia lui che Garrie rimasero di sasso quando la porta si aprì su niente di meno che il capitano Cardinale.
“Hei! Qual buon vento…” iniziò a dire Garrie, ma le parole gli morirono sulle labbra quando vide la faccia di Cardinale. L’espressione era apparentemente appena imbronciata, ma dagli occhi scuri trapelava angoscia mista a furia e il mento tremava leggermente come se Cardinale (Cardinale!!) fosse sul punto di piangere.
“Ho bisogno di sbronzarmi” annunciò la ragazza rimanendo ben salda sulla soglia “E molto. Ho bisogno di prendere la sbronza più colossale della mia vita. Credo che mi ci vorranno una o due guardie del corpo, perché intendo stordirmi fino all’incoscienza e non so cosa sarei capace di fare, dopo.”
Garrie e Morales si lanciarono uno sguardo corrucciato, scartando subito l’ipotesi di fare domande.
“A dire il vero, avevamo già dei programmi per stasera.” Aveva cominciato a dire Morales quando Patterson uscì dal bagno fischiettando e vide Cardinale sulla porta.
“Cardinale!! Che ci fai …Hei che faccia! Che è successo? Ti è morto il gatto?”
“Pat…” iniziò Garrie allarmato, ma Patterson fu come colto da illuminazione.
“Aspetta un momento: hai di nuovo litigato con Elijah!” strepitò con un ruggito che rimbombò anche lungo tutto il corridoio alle spalle della ragazza, che arricciò il viso come se qualcuno le avesse sputato in faccia.
“Dio, Pat, riprendi il cervello dalla cervelliera prima di far andare la lingua!” sibilò Morales alzandosi dal divano, spaventato dal colorito cianotico che aveva preso il viso di Cardinale.
“Bere” mormorò livida a fior di labbra mentre Patterson percorreva a grandi falcate il corridoio.
Garrie lo afferrò per il collo prima che aprisse di nuovo la bocca per emettere una delle sue classiche perle di saggezza.
“Senti, scimmione, Cardinale non è in grado di reggere i tuoi commenti adesso…Sembra già abbastanza sconvolta da sola.”
Patterson fissò imbronciato Cardinale con uno sguardo di fuoco.
“Capo, sembri davvero sbattuta come una cotoletta. Vuoi che vada là a staccare la testa del generale Benson?”
Cardinale si girò verso di lui, innaturalmente calma.
“No, Pat, anche se ti ringrazio del pensiero. Ho solo bisogno di bere, in questo momento, o di spaccare un migliaio di oggetti di vetro…comunque, staccargli la testa è fuori questione, direi.”
Garrie riuscì ad allontanare Patterson da Cardinale mentre ancora era dubbioso e irascibile.
“Senti, Pat, la cosa non ti riguarda. Qualsiasi cosa succeda tra Jude ed Elijah non è competenza tua, quindi, stanne fuori. Ci pensano già loro da soli a massacrarsi a vicenda. Adesso te ne vai buono buono al tuo appuntamento mentre io e Morales portiamo Cardinale a sbronzarsi, ok?”
“Sì, per favore. Grazie.” mormorò Cardinale, innaturalmente cortese come un’educanda.
Morales si aggrottò di fronte allo sguardo di supplica di Garrie, ma alla fine sospirò e ripose con amorevole cura il libro che aveva in mano nella teca contro la parete.
“Ok, andiamo. Pensi che due angeli custodi ti possano bastare per la sbronza più colossale della tua vita?” disse poi, rivolto a Cardinale. Lei gli sorrise appena con lo sguardo umido di un cucciolo che ha perso la mamma.
“Sei…davvero molto buono, Eric. Mi dispiace di avervi scombussolato la serata”
Garrie e Morales si scambiarono uno sguardo attonito, poi presero Cardinale uno da una parte e uno dall’altra, marciando spediti fuori dall’appartamento.
“Dose massiccia di alcool in arrivo” brontolò Morales, cupo “Stai già andando in arresto cardiaco…o, magari, ti sei finalmente avvelenata mordendoti la lingua?”
Cardinale non rispose e si lasciò trascinare al vicino ascensore. Garrie e Morales parlavano a ruota libera, cercando di distrarla, ma lei si sentiva avvolta da un silenzio ovattato e quasi non si accorse di essere arrivata in sala de-digitalizzazione. Quando si sdraiò sul lettino e si applicò i sensori intorno alla testa, Garrie le posò fuggevolmente la mano sulla spalla, sorridendo.
“Tranquilla…pensiamo a tutto noi. Discoteca o Pub?”
“Pub” rispose Cardinale con un improvviso groppo in gola di gratitudine e di desolazione “Grazie, Garrie.”
“Se dici grazie un’altra volta passiamo direttamente al massaggio cardiaco.” la rimproverò il giovane con un sorriso che Cardinale ricambiò con insolito trasporto.
Dopo pochi minuti erano seduti tutti e tre ad un tavolo all’Anemy Pub e Cardinale stava rivolgendo a Garrie un severo sguardo di rimprovero.
“Perché diavolo mi hai fatto il digi-alias con questa roba addosso?” strepitò strattonando i pantaloni neri trasparenti e la canotta lucida dalla scollatura abissale. Garrie e Morales si scambiarono uno sguardo complice, ridacchiando sadicamente.
“Se non approfittiamo di te quando sei debole, quando mai ci può capitare di vederti vestita da donna?” domandò logico Garrie “Comunque, questa mise ti sta un amore, capo. Ci può persino bastare a titolo di rimborso per averci rovinato la serata con la tua presenza.”
“Tu non hai idea di quanto posso rovinarti la serata, se mi ci metto di buzzo buono.” minacciò ombrosa.
“Hei, non arrabbiarti con lui” chiocciò Marales, ridendo “L’ha fatto per il tuo bene: nelle tue condizioni farsi guardare con apprezzamento dagli uomini è addirittura terapeutico.”
“Ma sentilo, il dottor Morales” sorrise Cardinale, rinfrancata “Immagino che non conti niente il fatto che mi senta come un insaccato terrestre, inguaiata in questi fazzoletti di stoffa.”
“Infatti non conta, visto che piacciono a noi.” buttò lì Garrie, ammiccante.
“Ricordati che sei stata tu a venirci a cercare” ribadì Morales chiamando una cameriera che arrivò sorridente e sculettante “Dovrai esserci molto, molto grata a fine serata di questa nostra concessione.”
“Ho il vago sospetto di non aver scelto molto oculatamente le mie guardie del corpo” mormorò Cardinale, ironica “A me una bottiglia di whisky , cocca. Anzi facciamo due. Ragazzi prendete quello che volete, offro io.”
“Davvero? Wow!” esclamò Morales “Allora, per me una bottiglia di Champagne, quello che costa di più, con salatini, fragole e pistacchi. Veri, non quegli orribili surrogati che propinate di solito.”
“Lo stesso anche per me” si associò Garrie, entusiasta “Che meraviglia! Dovreste litigare più spesso tu ed Elijah!”
Il sorriso di Cardinale si spense bruscamente e Garrie avrebbe voluto morsicarsi la lingua.
“Immagino che tu non ne voglia parlare.” mormorò Morales e Cardinale annuì, seria.
“Per adesso so solo che se avessi il suo collo tra le mani lo spezzerei in mille pezzi. Mi ha offeso e umiliato…”
“E che ha detto di così sconvolgente, povero disgraziato?” domandò Garrie, cercando di sollevarle il morale.
“Ha detto…che non sono adatta a fare il capitano della squadra.”
Garrie e Morales si scambiarono uno sguardo stranito.
“Ma dai…di sicuro non diceva sul serio.” provò a dire fiaccamente Morales, comprensivo.
“Lo diceva, invece” sospirò Cardinale sentendo di nuovo un groppo formarsi in gola “Dopo quattro anni che ci conosciamo, sapeva benissimo che sarebbe stata la cosa più cattiva che poteva dirmi.”
“Non ci credo: doveva essere furibondo nero per dire una cosa così palesemente falsa. E poi, sono certo che anche lui avrebbe fatto la stessa cosa che hai fatto tu a Hell’s Kitchen. Dove, tra parentesi, sei stata grande: già mi vedevo appeso per le chiappe fuori dal Doom Boom, senza la tua geniale trovata.”
“Elijah l’ha trovata tutto fuorché geniale, invece. Ma basta parlarne: ci penserò domani. Adesso voglio bere….Se inizio a piangere, però, promettetemi che mi prenderete a sberle.”
“Non vediamo l’ora” chiocciò Garrie, sorridendo alla cameriera che arrivava col vassoio pieno “Grazie, Mel. Ahhh!! Champagne!! Che meraviglia!!”
Mentre i due uomini stappavano le loro bottiglie, felici come bambini sotto l’albero di Natale, Cardinale si versava un abbondante bicchiere di whisky e lo trangugiava tutto d’un fiato.
“Hei, vacci piano con quella roba!” la ammonì Morales “Non sarebbe carino vomitare dentro al de-digitalizzatore, visto che è di pubblico esercizio.”
Per tutta risposta, Cardinale si versò e bevve un altro bicchiere, stringendo gli occhi mentre il liquore le bruciava la gola
“Purtroppo per me lo reggo bene l’alcool” ammise tristemente mentre si versava il terzo bicchiere “Saranno i miei geni di ceppo italiano.”
“Geni o no, sarai ubriaca tra due bicchieri, se continui così” sentenziò Garrie versandosi entusiasta un bicchiere di Champagne mentre si ingozzava di pistacchi “Ma non preoccuparti, hija: siamo qui noi!”
*             *             *
Ore dopo, tre figure arrancavano faticosamente lungo il corridoio che portava all’appartamento di Morales e Garrie: uno di loro cantava a squarciagola mentre gli altri due tentavano debolmente di zittirlo, trascinando il suo corpo quasi di forza.
“Begli angeli custodi del cavolo.” sibilò per l’ennesima volta Cardinale fermandosi un attimo a riprendere fiato: Garrie, che continuava a cantare una romanza lirica, scivolò di lato e rotolò a terra, senza smettere di cantare. Morales si appoggiò contro il muro, ridacchiando come un pazzo.
“Shono davvero dispra…dispiaciuto” biascicò impastato “Ma sharebbe molto meglio…she la smettessi di girare in tondo…”
“E’ l’aria che hai nel cervello a girare in tondo, non io. Tiriamo su questo ammasso di letame e andiamo dentro, prima che ci arrestino per schiamazzi notturni.” replicò Cardinale, cupa. Era già stata un’impresa tirare fuori quei due debosciati dal de-digitalizzatore, senza contare che se loro erano ubriachi come manzi da latte lei era comunque leggermente brilla e faticava a connettere lucidamente. Arrivarono davanti alla porta dell’appartamento e mentre Cardinale si caricava sulla schiena il corpo quasi senza vita di Garrie, Morales ondeggiava cogitabondo davanti alla serratura a combinazione numerica.
“Morales, ti prego, apri quella porta!” sibilò Cardinale “Garrie, vuoi fare silenzio, per Dio!”
“Riiidiii pagliaaaaacioooo!” cantò Garrie a occhi chiusi e Cardinale gli diede una sonora scrollata per farlo zittire.
“Ci mancava solo questa per finire in bellezza questa giornata schifosa.” mormorò poi entrando velocemente nell’appartamento quando Morales riuscì a digitare correttamente il codice di accesso. Quando la porta si chiuse alle sue spalle, afferrò Garrie sotto le ascelle e si girò verso Morales, sbuffando.
“Prendilo per i piedi e portiamolo a letto.” ordinò, ma il viso di  Morales era diventato improvvisamente di un preoccupante verde sedano e l’ondeggiamento del suo baricentro aveva preso una curvatura pericolosa.
“Credo di dover andare a vomitare.” sentenziò precipitandosi subito dopo verso il bagno, avendo la cura, o la fortuna, di chiudersi la porta alle spalle. Cardinale rimase in piedi nel mezzo della stanza, con la testa di Garrie, finalmente zittito,  che le ciondolava sulla spalla e le sue braccia buttate malamente attorno al collo. Imprecando, fece  un passo verso la stanza di Garrie e per poco non perse l’equilibrio.
“Ma tu guarda: i Fred e Ginger delle Orion.” borbottò feroce, poi le scappò una risatina involontaria, colta alla sprovvista dalla comicità della situazione. Garrie si mosse, agitandosi debolmente.
“Hei, con calma, bello addormentato, o finiamo tutti e due lunghi distesi.” gli sussurrò scuotendolo leggermente. Garrie girò la testa verso di lei, sospirando.
“Capo…?” biascicò, semi-incosciente.
“No, sono nonna Pat.” ridacchiò Cardinale, sentendo che Garrie riprendeva il possesso delle gambe e si rimetteva in piedi da solo. Ma, invece di scostarsi da lei, fece scivolare un braccio intono alla sua vita, lentamente e si appoggiò più comodamente con la testa contro la sua spalla.
“Uhm…hai un odore così buono…” mormorò aspirando l’aria attraverso i suoi capelli.
Cardinale non sapeva se ridacchiare ancora o cominciare a sentirsi a disagio: evidentemente Garrie era ancora sbronzo marcio e magari pensava di essere con una delle sue innumerevoli donnette.
“Eau de sudore da Anemy Pub” sorrise, cercando di fare un altro passo verso la stanza di Garrie “Coraggio, tigre, devi andare a nanna a smaltire la sbronza.”
Garrie mormorò qualcosa di indefinibile:  il braccio dietro la schiena di Cardinale cominciò a stringerla e lei tentò di liberarsi. Si ritrovò allacciata ancora più stretta, con il petto di Garrie premuto forte contro il suo, quasi da toglierle il respiro. Stava per replicare con l’ennesima battuta acida quando del tutto inaspettatamente la mano libera di Garrie si infilò, calda e lieve, sotto i capelli, massaggiandole la nuca, mentre le sua bocca socchiusa e umida le sfiorava leggera come un soffio la pelle alla base del collo. A Cardinale successe qualcosa di improvviso come un colpo di frusta: sentì una specie di scarica elettrica partirle dalla punta delle dita dei piedi per arrivare ai peli delle braccia che si rizzarono come se avesse preso la scossa. Il respiro si fermò in gola bruscamente e le parole precipitarono nella voragine che le si aprì alla base dello stomaco, violenta come un terremoto.
“Garrie…che diavolo fai?” boccheggiò, fulminata dalla sorpresa.
“Non ne ho idea…” mormorò Garrie con le labbra sul suo orecchio “Non sto sognando?”
“Sei sveglio, razza di depravato” protestò Cardinale, con pochissima convinzione “E ci stai provando col tuo capitano. Piantala immediatamente o ti stacco il naso a morsi, hai capito?”
Garrie mormorò qualcosa di indefinibile ma non smise di sfiorarle il collo con le labbra. Quando sentì il tocco umido della sua lingua sulla pelle, una specie di imbarazzante palla infuocata si posò sul bassoventre di Cardinale, lasciandola di sasso. Ma non riusciva assolutamente a staccarsi da Garrie e dalle sue labbra che avevano preso a tormentarle pigramente il lobo dell’orecchio. Che le succedeva? Una reazione del proprio corpo così imprevedibile non le era mai capitata. Sono ubriaca, pensò all’improvviso, travolta dal sollievo. Normalmente avrebbe già rotto tutti gli incisivi superiori, a quella sottospecie di porco: i riflessi lenti erano sicuramente colpa dell’alcool.
“Il tuo sapore…è proprio come lo immaginavo…” mormorò arrochita la voce di Garrie, filtrata dai capelli di Cardinale. La sua mano sulla schiena scivolò in basso, costringendo Cardinale a premere i fianchi contro i suoi. Con autentico orrore, lei sentì il suo corpo rispondere a quel richiamo triviale: il contatto del corpo di Garrie contro il proprio era di un’intensità quasi dolorosa, inaspettata ma anche ineluttabile…come se da sempre avesse saputo che sarebbe stato così. La bocca di Garrie si posò, bruciante, nella piega della mascella di Cardinale, lasciò una scia di fuoco leggero sullo zigomo, si aprì leggermente sulla guancia…sfiorò l’angolo della bocca…Poi, il ginocchio di Cardinale scattò come mosso da una forza invisibile, piantandosi improvvisamente contro le parti basse di Garrie che soffiò fuori il fiato tutto d’un colpo, piegandosi in due senza un lamento. La sua testa scattò all’indietro quando il gomito di Cardinale lo raggiunse al mento, mandandolo a cadere lungo disteso sul tappeto sintetico, a braccia e gambe aperte come un improbabile Uomo Vitruviano moderno. Cardinale guardò stupefatta il corpo del compagno steso ai suoi piedi, con gli occhi chiusi e la bocca semiaperta in un’espressione di assoluta beatitudine: dopo qualche secondo di attonito silenzio, dalla figura sul pavimento si levò il leggero russare di chi è immerso nel sonno più profondo. Cardinale aspettò in piedi, ansimando, che il battito del suo cuore tornasse a livelli più o meno normali: fissava Garrie con occhi sbarrati, aprendo e chiudendo i pugni senza saperlo, una specie di formicolio da anestesia che le saliva dai piedi fino alle spalle. Roba da matti, pensò finalmente, scoppiando in un risolino isterico. Devo essere ubriaca come non lo sono mai stata nella mia vita: è certamente così, pensò con forza. Domattina neanche mi ricorderò di quello che è successo: ci faremo sopra due risate e Garrie mi ringrazierà per non averlo ucciso. Sì, andrà proprio così.
La porta del bagno si aprì silenziosa e Morales, o ciò che rimaneva di lui tolti dieci anni di vita, arrancò fuori. Il giovane guardò prima Cardinale appiattita contro il muro, poi Garrie steso per terra.
“Che gli è successo?” domandò con voce tremante ed esausta, appoggiandosi pesantemente di fianco a lei.
“L’ho steso.” confessò Cardinale, vergognosa.
“Perché?” domandò Morales, logico.
“Mi aveva rotto le scatole.” mentì lei candidamente e Morales sospirò.
“Dobbiamo portarlo a letto.” annunciò questi, per niente convinto.
Cardinale ci pensò su un attimo: il pensiero di toccare di nuovo Garrie la mandava letteralmente in panico.
“Credo che stia bene dov’è” disse precipitosamente “E poi…io non so dove andare a dormire: posso usare la sua stanza?”
Morales alzò la mano fiaccamente, girando le spalle alla scena come se non fosse nemmeno casa sua.
“Come vuoi. Tanto domattina sarebbe a pezzi comunque, anche se non dormisse sul pavimento.” biascicò avviandosi lentamente verso la sua stanza. Cardinale non rispose, ma Morales sentì chiaramente la porta della stanza di Garrie chiudersi a chiave con decisione.
*             *             *
L’ uomo passeggiava su e giù per la stanza con ampie falcate mentre la sua mente lavorava, alla deriva dei pensieri razionali. Mille domande si affollavano nella sua mente, mille dubbi gli attanagliavano lo stomaco…non era da lui essere così dilaniato. Lui, di solito così sicuro di se stesso, così convinto di sapere il confine tra giusto e sbagliato, tra bene e male. Da che parte stava, stavolta?
Da quella giusta, rispose convinta una vocina nella sua testa. Ma il suo cuore, nel petto, strillava ben altre parole.
Il computer sulla scrivania, rimasto vuoto fino a quel momento, si animò all’improvviso e l’uomo interruppe bruscamente il suo andirivieni. Una faccia ben nota comparve sullo schermo olografico e subito piantò due seri occhi di ghiaccio su di lui.
L’uomo attese in silenzio che la figura sullo schermo parlasse: il suo viso era immobile ed impassibile, ma dentro di sé ogni fibra del corpo gemeva e supplicava di scappare subito via, lontano.
Ma era troppo tardi, ormai.
“Ho un piano.” disse la persona nello schermo.
L’uomo rimase immobile per quello che sembrò un tempo infinito: poi, chinò la testa, vinto.
“Parla.” disse con cupa calma, come se firmasse la sua condanna a morte.
 
  
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