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Autore: Betty    09/03/2004    4 recensioni
La carriera di Benji è finita bruscamente e la sua vita sta andando a rotoli. Ma dal passato ritorna una vecchia amica che avrà bisogno del suo aiuto. Sarà lei a donargli una nuova speranza.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 13

CAPITOLO 13

I bambini furono felicissimi di poter conoscere il loro idolo, Benji fu letteralmente sommerso dalle domande, firmò autografi e fece molte fotografie.

Eileen lo osservava poco distante, ci sapeva fare con i bambini, ad un tratto una bambina le tirò un lembo del vestito.

"Signora, mi accompagni in bagno?"

"Certo, però mi devi dire dov'è!"

La bambina annuì e la prese per mano per condurla verso i bagni, Eileen però avvertì Benji che si stava allontanando.

Appena la porta del bagno si chiuse dietro di lei, Eileen fu afferrata da un uomo che le tappò subito la bocca.

"Non provare ad urlare o la bambina fa una brutta fine!"

Eileen annuì spaventata, l'uomo guardò la bambina e le disse: "Sei stata brava, nella mia tasca c'è un lecca- lecca prendilo." La piccola sorrise e prese ciò che l'uomo le aveva promesso per portare lì quella donna, uscì non capendo però perché la donna le sembrava così strana, non era molto felice di rivedere il suo papà.

"Finalmente riusciamo ad incontrarci. Sei molto bella con questo vestito, sembri proprio una signora." L'uomo iniziò ad accarezzare la linea del seno, fino alla vita, una mano continuava a tenere chiusa la bocca della ragazza.

"Sei mia, sei sempre stata mia, nessuno può portarti via da me, questo dovresti averlo capito. Quella stupida di tua nonna credeva che rapendoti da me ti avrebbe salvato, davvero patetica; come stai costatando il destino ci ha fatto rincontrare. Adesso però dobbiamo andarcene, non vorrei che il tuo cavaliere ci trovi. Adesso ti lascio libera la bocca, ma se provi soltanto a dire una parola ti sgozzo, sono stato abbastanza chiaro?"

Eileen annuì, non sarebbe in ogni caso riuscita a dire niente, era terrorizzata, cosa le avrebbe fatto? John Castle la strattonò fuori dal bagno e iniziò a spingerla lungo il corridoio, Eileen pregava che Benji si accorgesse della sua mancanza prolungata, non voleva pensare a cosa le sarebbe successo appena fuori dall'ospedale.

Cercò in tutti i modi di rallentare l'andatura, adducendo la scusa del vestito e dei tacchi, stavano per uscire dal reparto quando qualcuno parò loro la strada.

"Lasciala andare!" disse Benji all'uomo.

"Lei è mia! Fatti in là o la ammazzo." Rispose Castle prendendo un coltello e puntandolo al collo della ragazza.

"Ho già avvisato la vigilanza, non puoi uscire da questo ospedale."

Castle allora premette il coltello e fece un taglio nel collo di Eileen, del sangue cominciò a scorrere macchiando il vestito.

"Smettila, perché vuoi ucciderla?" urlò Benji con rabbia.

"Perché? Perché lei è mia e di nessun altro. Non è né tua né di nessun altro uomo, quindi o sarà solo mia o niente!" Castle abbassò la mano che teneva il coltello per puntarlo contro Benji.

Eileen disperata approfittò di quel momento e diede una gomitata allo stomaco di Castle e riuscì a liberarsi, Benji si buttò sull'uomo e iniziarono a lottare, Eileen in un angolo piangeva mentre urlava per attirare l'attenzione di qualcuno.

Benji sembrava avere la meglio, ma Castle lo colpì sulla gamba destra, ancora sofferente dopo l'incidente, questo riuscì a dare un vantaggio all'uomo che raccolse il coltello che gli era caduto lì vicino e lo puntò alla gola del ragazzo.

"A quanto pare ho vinto io!" disse trionfante Castle, mentre avvicinava pericolosamente il coltello alla carotide di Benji.

"No! Non ucciderlo!" urlò Eileen.

"Non puoi comandarmi!" gli urlò l'uomo senza staccare gli occhi da Benji.

"Verrò con te! Se lo lasci vivo, non farò opposizione!"

"Verrai con me anche se lo ammazzo."

"Mi ucciderò alla prima occasione, lascialo vivo e sarò tua" disse Eileen sapendo che stava firmando la sua condanna a morte. Ma non poteva stare a guardare quel bastardo che faceva del male a Benji.

"Va bene! Salutala perché non la vedrai più!" disse Castle ridendo rivolto a Benji.

"Non farlo, scappa.." Benji non riuscì a finire la frase che Castle lo colpì alla testa e svenne.

"Forza! Andiamocene di qui!" disse Castle afferrandola e trascinandola lungo le scale, Eileen si girò per vedere Benji, riverso sul pavimento, nella sua mente c'erano impressi i suoi occhi che la supplicavano di scappare. Che ne sarebbe stato di lei adesso? Cosa le avrebbe fatto quel mostro?

 

Benji aprì lentamente gli occhi la luce del neon gli fece socchiudere per un attimo le palpebre ma poi li riaprì di scatto.

"Eileen!" disse alzandosi di scatto, un capogiro lo costrinse a sdraiarsi di nuovo.

"Benji, cos'è successo?" chiese Jonathan al figlio.

"Castle ha rapito Eileen, devi trovarla, devi, altrimenti lui.. oh mio Dio non so cosa potrebbe farle!"

"Calmati e dicci tutto con calma, come si sono svolti i fatti"

"Eileen si era allontanata per accompagnare una bambina in bagno, dopo un po’ ho visto la stessa bambina che tornava da sola e le ho chiesto dove fosse Eileen. Lei mi ha risposto che il suo papà aveva voluto farle una sorpresa e lei lo aveva aiutato, e per ringraziarla le aveva regalato il lecca-lecca che teneva in mano. Così sono corso nel bagno ma non c'erano, allora mi sono diretto verso la porta che da sulle scale e l'ho bloccato, c'è stata una colluttazione tra me e Castle e lui ha avuto la meglio. Mi stava per uccidere ed Eileen ha barattato la sua vita con la mia. Devo andare a cercarla!" disse cercando di alzarsi.

Sua madre lo trattenne "Benji, devi riposarti un po’."

"Non posso!"

"Dove vorresti andare a cercarla? Tokyo è una città enorme, il comandate Malone ha già allertato tutte le stazioni di polizia. Adesso staranno già battendo Tokyo palmo a palmo."

"Mettiti nei mie panni, tu cosa faresti?" chiese Benji disperato.

Sua madre rimase in silenzio per qualche secondo "Farei come vuoi fare tu, ma non andare da solo, ti chiedo solo questo."

 

Erano tornati all'origine di tutto, erano nella loro vecchia casa alla periferia di Tokyo, ormai lo stabile era in disuso da diversi anni e nessuno sarebbe

mai venuto lì; i polsi e le caviglie legati le dolevano, la corda spessa aveva già tagliato la pelle delicata. I capelli sciolti e il vestito strappato in alcuni punti. Lui era uscito, doveva cercare di dormire un po’, doveva essere lucida e pronta a scappare alla prima occasione, non voleva essere toccata ancora da lui.

Sentiva ancora le sua mani sudicie che le toglievano le forcine dai capelli e le accarezzavano il collo e il taglio che le aveva procurato, ora però non sanguinava più anche se il sangue rappreso le ricordava il sottile dolore che le aveva sentito.

"Non volevo farti male bambina mia" le aveva detto, bastardo! Che idiozia, le stava facendo del male, non doveva piangere, doveva essere forte e cercare di tenerlo lontano fino a quando Benji la avrebbe trovata.

Una lacrima scivolò lungo il suo volto, non era riuscita a trattenerla, si stava aggrappando ad un illusione, ma non poteva arrendersi; avrebbe lottato fino alla fine.

La notizia del rapimento di Eileen era stata tenuta riservata, nessuno poteva sospettare che i posti di blocco e il massiccio spiegamento della polizia cittadina fossero dovute al diretto intervento del comandante Malone, grande amico di Jonathan Price.

Castle camminava a testa bassa, vestito di nero e con un capellino in testa, cercava di confondersi tra la folla del centro, osservo i poliziotti che pullulavano la città Price si è dato da fare pensò entrando in un vicolo per non incontrare due poliziotti che camminavano nella sua direzione.

Decise che era meglio tornare a casa, dove c'era la sua bambina ad aspettarlo.

 

Benji sembrava un leone in gabbia, stava girando per la città in macchina in cerca di qualche indizio, di un'idea su dove si poteva nascondere quel bastardo, aveva già perso molto negli ultimi mesi: il calcio, Eleonor, adesso non poteva perdere anche lei, non senza aver provato a salvarla.

Decise di dirigersi verso la periferia, lì c'erano sempre dei magazzini in disuso o dei palazzi in attesa di demolizione, lì poteva essere un posto ideale per nascondere qualcosa o qualcuno.

Jonathan era seduto in auto accanto al figlio, vedeva la sofferenza sul suo volto, l'angoscia nei suoi occhi.

"La troveremo" gli disse per rassicurarlo.

"Devo trovarla, altrimenti la mia vita non avrebbe più senso!" rispose Benji senza staccare gli occhi dalla strada.

 

Lo sentì rientrare e si accostò di più al muro, avrebbe voluto entravi dentro ma non poteva, cercò di trovare un po’ di coraggio per affrontarlo ma la paura la attanagliava.

"Sono tornato! Sei contenta?"

"Ti sembro contenta?" rispose Eileen.

"Che acida, non ti ricordavo così" rispose John avvicinandosi ed accarezzandole la guancia "Perché non mi fai un sorriso."

Eileen non rispose, aveva paura che a parlare, lui avrebbe sentito che stava per scoppiare a piangere.

"Non mi rispondi. Dovresti essere più carina con me, così potrei farti alcune concessioni. Come dei vestiti puliti o un po’ di disinfettante per la tua ferita."

Eileen non rispose.

Castle la prese per le spalle e la sollevò, le gambe di Eileen erano addormentate e provò delle fitte quando dovettero sostenere il suo peso "Non ti permetto di comportarti così! Devi portarmi rispetto!" urlò l'uomo e poi le diede uno schiaffo, Eileen già precaria sulle sue gambe cadde a terra.

"Mi devi rispondere quando ti faccio una domanda!" continuò Castle e le diede un calcio nello stomaco e poi un altro, le mise un piede in faccia e le schiacciò il viso sul pavimento.

"Qui comando io! Hai capito? Hai capito?" urlò nuovamente l'uomo mentre premeva più forte il scarpa.

"Sì, ho capito" rispose con un filo di voce Eileen, le lacrime le scorrevano sul viso e tutto il corpo le doleva, chiuse gli occhi sperando che le togliesse quello scarpone dal viso; dei colpi di tosse dovuti ai calci le toglievano il respiro, dopo un tempo che ad Eileen parve infinito Castle tolse il piede e si allontanò. Eileen non vide dove stava andando, si rannicchiò su se stessa e svenne.

 

 

 

 

  
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