“Cicatrici
nascoste”
Daemon
non riusciva a credere ai suoi occhi quando, quattro anni prima della
tragedia,
incontrò quella che secondo alcune voci doveva trattarsi
della donna di Alaude.
Élodie,
francese da parte
di madre, lavorava per i Servizi Segreti proprio come Alaude, seppur si
occupasse più delle questioni burocratiche e
d’ufficio. Fisicamente era davvero
molto bella, addirittura troppo graziosa per uno come Alaude,
pensò Daemon.
Portava lunghi capelli biondo grano, occhi scuri racchiusi in uno
sguardo
pungente e sicuro di sé, ma allo stesso tempo malinconico.
L’unico suo difetto,
sicuramente non voluto da lei, era una vistosa cicatrice sul volto che
non
passava sicuramente inosservata.
Daemon
si era sentito un
po’ maleducato quando aveva intravisto quei segni sul viso
della giovane,
sussultando per lo spavento, quando in realtà non erano
sicuramente quelli a
rovinare la bellezza di Élodie.
Lei
non apparteneva ad una
famiglia ricca, anzi, però il suo impegno nel lavoro e nella
vita di tutti i
giorni era esemplare e quell’insieme di cose avevano fatto
sì che Alaude si
innamorasse di lei. Proprio Alaude, il Guardiano della Nuvola di
Giotto, l’uomo
in apparenza freddo e senza sentimenti, con cui Daemon stesso non aveva
mai
condiviso molte missioni o tempo come aveva fatto con gli altri
Guardiani.
Però
Daemon rispettava
profondamente Alaude, non esattamente come persona, bensì
per la forza, la sua
abilità nel combattimento. A livello personale non lo
sopportava, e sapeva che
Alaude provava il medesimo sentimento, quindi non si faceva troppi
problemi.
Lui rispose a quel gesto
affettuoso con un
sorriso, non si trattava del sorriso più dolce che un uomo
potesse rivolgere a
una donna, ma era un sorriso vero e Daemon se ne stupì, era
la prima volta che
vedeva Alaude così aperto. (Escludendo i sorrisi sadici che
rivolgeva alle
proprie vittime.)
Anche
Elena si alzò in
piedi, lasciando i due uomini soli in terrazza, seduti alle due
estremità
opposte del tavolo dove avevano consumato il pranzo.
Istintivamente
Daemon non
poté far a meno di rivolgere un sorriso da presa in giro a
Alaude, ma lui non
ne sembrò affatto impressionato.
«Davvero
un bel bocconcino.»
Mormorò Daemon in tono non troppo provocatorio, ma fatto
apposta per vedere la
reazione di Alaude; il Guardiano della Nuvola lasciò
scorrere l’indice sul
bordo del bicchiere di vino, posando poi lo sguardo su quello di Daemon.
«L’ho procurata io. La
ferita intendo.»
Daemon, che stava bevendo un
sorso di vino, a stento riuscì a trattenersi per lo stupore
e iniziò a tossire
a causa del vino che gli era andato di traverso.
Alaude non aveva cambiato
espressione, lasciando ancora più basito Daemon che
riuscì finalmente a
calmare quel tossire, rivolgendogli
un’occhiata dubbiosa.
«Escludo che tu sia così
cinico da picchiare una donna. Cos’è successo
esattamente?»
Alaude esitò, per Daemon
quella era la prima volta da quando lo conosceva che lo vedeva turbato
da
qualcosa. Gli sembrava tutto così incredibile, non che
dubitasse della sua
umanità, però insomma… Si stava
parlando di Alaude!
«Un incidente sul lavoro,
invece di sparare al nemico ho colpito lei, è stato uno
stupido errore…»
"Con tutte le occasioni
che avevi per sbagliare, proprio quella volta dovevi farlo?"
Pensò Daemon,
ma non proferì ad alta voce quelle parole, poteva
comprendere benissimo il
dolore di Alaude, non voleva infierire come normalmente era solito fare.
«Lei dice di non odiarmi, e
inizialmente pensavo che il mio modo di starle vicino, di proteggerla,
fosse
solo un tentativo di redenzione. Poi, alcuni giorni dopo, ha detto di
amarmi.»
«Qual è il problema, allora?
Se ha detto di amarti significa che non ti odia. Smettila di fare il
frigido e
ricambia i suoi sentimenti invece di tormentarti.»
Che quadretto assurdo:
Alaude e Daemon Spade che discutevano di problemi sentimentali come se
fossero
amici da tanto tempo!
Se Daemon trovava tutto
questo ridicolo, chissà cosa stava pensando Alaude.
C’era da dire però che lui
stesso aveva introdotto quell’argomento.
«Eccoci di ritorno!»
Annunciò Elena tornando in balcone, tra le mani reggeva il
vassoio con le
tazzine, mentre l’altra ragazza portava la zuccheriera che
posò al centro del
tavolo.
***
Pochi
anni dopo lo
scioglimento della Famiglia, Élodie
fu assassinata durante una missione.
Proprio
quando Alaude si
era deciso a confessarle i suoi veri sentimenti, ascoltando le parole
del suo
rivale e provare a concretizzare qualcosa che dentro di sé
aveva sempre
desiderato, ma che a causa del suo carattere chiuso e orgoglioso non
aveva mai
trovato il coraggio necessario.
Alaude
avrebbe voluto
chiedere a Élodie di sposarsi, di dare un cambiamento alla
vita di entrambi, e
invece il destino influì in maniera diversa e decisamente
crudele.
In
quegli anni erano
successe troppe cose; dopo quel conflitto interiore
all’interno della Famiglia,
Alaude aveva continuato a lavorare per i Servizi Segreti e per quanto
cercasse
di non immischiare la vita privata con il lavoro, più di una
volta si era fatto
scoprire durante alcuni missioni dal carattere puramente personale. Doveva scoprire chi aveva
assassinato Élodie,
a tutti i costi.
La
risposta arrivò dopo
nemmeno pochi mesi di solitarie ricerche, quando anche la moglie di G.
fu
assassinata. Il colpevole era Ricardo, Boss della seconda Famiglia dei
Vongola,
colui che aveva scacciato Giotto e di conseguenza la sua Famiglia.
Ma
un dato ferì
particolarmente Alaude – sì, provò una
stretta al cuore nel scoprirlo – Daemon
faceva parte della Famiglia di quell’uomo, magari si trattava
addirittura
dell’assassino della sua amata.
Il
rancore iniziò ad
accumularsi più in fretta di prima su quel gruppo di
persone, in particolare su
Daemon che lo aveva spinto a fare qualcosa che normalmente di suo non
avrebbe
mai fatto, per poi pugnalarlo così alle spalle.
Sin
da bambino era stato
riservato, crescendo silenzioso, quasi asociale, ma grazie a Giotto e i
suoi
compagni aveva iniziato a dare fiducia al prossimo; era dura
ammetterlo, ma quando
stava con loro si divertiva, si sentiva un po’ più
sereno del solito.
***
Alaude
era rimasto per
troppi anni lontano dal campo di battaglia. Per questo, strano a dirsi,
non era
certo dell’esito della missione. Il piano era semplice:
consisteva nell’infiltrarsi
nell’attuale covo dei Vongola, o quel che erano ora;
sicuramente non i Vongola
che aveva ammirato e seguito assieme a Giotto.
Le ricerche lo avevano
portato ad investigare in una zona della Toscana, totalmente immersa
nel verde
e che sarebbe passata inosservata per chiunque non avesse fatto
ricerche
approfondite.
Per uno come Alaude
infiltrarsi in una zona sconosciuta non era mai stato un problema e da
un lato
quando si trovò faccia a faccia con Daemon, non se ne
stupì.
Quel dannato era sempre – in
ogni occasione – riuscito a prevederlo, motivo per cui lo
odiava, ma allo
stesso tempo era soddisfatto di averlo incontrato così
presto. Avere la sua
vendetta era qualcosa che aspettava da anni e a costo di morire e
tramutarsi in
un fantasma, l’avrebbe conseguita.
«Nufufu… Non ci si poteva
aspettare di meno dal Guardiano della Nuvola di Giotto.»
Quel tono insipido con cui
Daemon lo aveva apostrofato gli lasciò l’amaro in
bocca. Lui era sempre stato
il primo a non voler esser chiamato “Guardiano di
Giotto”, ma Daemon stesso lo
era stato e al momento sembrava non considerarsi tale, quasi come se il
passato
per lui avesse perso importanza. Doveva ammetterlo, improvvisamente
provava
qualcosa di molto vicino alla nostalgia, e non era una buona cosa,
visto il
perché si trovava lì.
«E tu cosa credi di essere?»
«C’è chi mi chiama il
Bastardo, chi il Fantasma della Nebbia, altri l’Assassino
Traditore. Al momento
sono solo l’umile Guardiano della Nebbia di Vongola
Secondo.»
Istintivamente Alaude portò
le mani alle manette, scosso dal disgusto più totale verso
l’uomo di fronte a
sé.
Era stato un suo compagno?
Pazienza. Ora non scorgeva nemmeno l’ombra del Daemon Spade
che pensava di
conoscere.
«Alaude che persegue
vendetta? Questa sì che è una novità,
me lo sarei aspettato da G., ma da te
proprio no!»
Quanto era vero. La
giustizia – quella per cui aveva lavorato fino ad allora
– non si basava sulla
vendetta, ma ora non riusciva a pensare a questi semplici concetti.
«Cosa ne puoi sapere tu?!»
Un ghigno attraversò il
volto di Daemon a quella domanda.
«Dimmi chi ha assassinato Élodie!»
Si impose Alaude con un
tono di voce che tradì la sua calma, Daemon rise.
«Cattivo.
Non mi consideri in grado di poter
uccidere la… qualunque-cosa-era-per-te di un
“Alleato”?»
Daemon non riuscì a dire
altro; Alaude sfoderò con velocità un pugnale e
lo conficcò preciso nel petto
dell’avversario e quasi in rispettiva concordanza Daemon lo
colpì, ferendolo
allo stesso punto.
Due colpi precisi, profondi
e simili, che non lasciavano via di scampo. Nessuno dei due si mosse
per
parecchio tempo, Alaude tremò appena, infastidito dalla lama
del pugnale
stretto tra le mani di Daemon che gli pungeva mortalmente le carni.
«Bastardo… » Soffiò con
rabbia, accorgendosi che dalla ferita di Daemon non usciva sangue,
bensì il suo
corpo sembrava disfarsi come la nebbia che viene colpita dai bagliori
del sole.
Il suo nemico sorrideva soddisfatto, ma allo stesso tempo pareva deluso
per
aver terminato così in fretta lo scontro.
Con un gesto repentino del
polso lasciò dissolvere l’arma che aveva creato
per trafiggere Alaude che come
un peso morto cadde in avanti, scivolandogli quasi addosso.
«Sai, Alaude? Una leggenda
dice che imprigionare un’allodola sia un crimine crudele,
questo perché sono
uccelli che uniscono il cielo alla terra. Mi sono sempre chiesto
l’origine del
tuo pseudonimo, quando l’ho scoperto ne sono rimasto a dir
poco affascinato. »
Alaude socchiuse gli occhi,
non riuscendo più a collegare le parole al suo
interlocutore. Il suo sguardo
era perso nel vuoto, di Daemon aveva solo una visione opaca,
trasparente come
un fantasma. O magari Daemon era già un fantasma?
Deglutì quando le gambe
iniziarono a cedergli, mentre scivolava lentamente via dalle braccia di
Daemon
che gentilmente l’accompagnava lungo il tappeto di foglie.
«L’allodola imprigionata
muore poco alla volta, e
da quando hai
iniziato a perdere le persone a te care, poco alla volta hai iniziato
una lenta
agonia. Il tuo mentore*, ma anche Giotto e poi la tua amata…
Tutte persone che
ti hanno permesso di aprire un po’ il tuo cuore da quella
prigionia a cui eri
condannato. Non vedi l’ora di essere libero del tutto, ne,
Alaude?»
Sentenziato da Daemon quel
discorso pareva così… Malato, ma allo stesso
tempo sensato.
Deglutì e sembrò quasi
intensificare il proprio dolore con quel gesto automatico, rivolgendo
lo
sguardo opaco verso il Guardiano della Nebbia.
«Non la passerai liscia
così, te la faranno pagare… Qualcuno…
Il mio solo rimorso sarà di non esser
riuscito ad ammazzarti con le mie stesse mani.»
Mormorò accentuando il
proprio disgusto in quelle parole; Daemon
inarcò un sopraciglio, accarezzando la fronte
dell’altro e calandogli
lentamente le palpebre, fino a chiudergli del tutto gli occhi.
«Tu che puoi, raggiungi le
persone che ami. Lei ti aspetta, così come Giotto e quel
Cavallone… E salutami
anche Elena se la vedi.»
«Lo farò.»
Note:
*Per
mentore mi riferisco a Cavallone I. Non è un personaggio
canon
del manga, bensì un personaggio inventato nel fandom della
D18. Come Hibari ha
Dino, Alaude ha Oliviero.
Un
grazie infinite a Martina/Daemonuccia (?) adorata che
mi ha betato la fan fiction. ;w; <3333