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Autore: Mistral    09/06/2006    5 recensioni
INCOMPIUTA
Non è facile accettare che niente di ciò che conoscevi e amavi esiste più, che sei sola contro tutti e devi vivere una storia che non è la tua...
Sequel di PICCOLE ANIME SENZA TEMPO
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lina Inverse, Xelloss Metallium
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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Dove caddero gli Angeli

Dove caddero gli Angeli

Capitolo 2

Di galateo, politica e canzoni

(prima parte)

 

La mattina dopo, Lina venne svegliata nel bel mezzo di un piacevole sogno da un bussare insistente alla porta. Ancora intontita per via del sonno e temendo guai, si tirò a sedere di scatto, agitata, e subito una sfera di fuoco comparve tra le sue mani; sfera che venne però prontamente neutralizzata da Xelloss, materializzatosi all’improvviso di fronte a lei.

La ragazza non ebbe neanche il tempo di esplodere l’urlo che le stava nascendo in gola, che il mazoku le tappò la bocca con la mano. “Non gridare, non lanciare incantesimi, non fare niente! Stai solo tranquilla, o qui si scatena un putiferio” le raccomandò. Quando si fu accertato che la maga fosse completamente calma, Xelloss si allontanò lentamente da lei e tirò un profondo sospiro. “Ma cosa accidenti ti è saltato in testa, Lina?!”

“No, a TE cosa è saltato in testa, piuttosto!” inveì lei in risposta “Cosa accidenti ci fai nella mia camera di prima mattina?! La prossima volta ti tiro addosso un Drag Slave, altro che Fire Ball!”

Il priest scosse la testa. “Lina-chan, Lina-chan… ti sei già dimenticata che adesso non puoi più usare la magia? Senza contare poi che non è prima mattina, il sole è già alto da un pezzo!”

Alle parole del demone, Lina, che nella foga si era messa in ginocchio sul letto, nel riprendere contatto con quella realtà per lei così assurda ricadde seduta come una marionetta dai fili spezzati. “Adesso…” sussurrando quella parola che suonava come una condanna, la ragazza crollò il capo “Già… sono passati 500 anni…” si interruppe nuovamente, per poi riprendere con voce un poco più salda “Scusami Xelloss, è stata una reazione istintiva”

Lui sorrise. “Ma insomma, una grande maga come te non dovrebbe perdere la calma in quel modo, no?”

Lina giocherellò con la grossa treccia, ormai quasi sfatta, che le raccoglieva i capelli. “Beh… in effetti…”

Il sorriso del mazoku si allargò. “Comunque ti aspetto giù in sala da pranzo per la colazione. Fai in fretta, mi raccomando!” le disse, prima di chiudersi la porta alle spalle.

Come Xelloss se ne fu andato, Lina trasse un profondo sospiro, sciogliendo il nastro che le legava i capelli e facendo scorrere le dita tra le ciocche. “È inutile che faccia finta che non sia successo nulla… devo adattarmi all’idea che questo non è più il mio mondo, e io non posso fare niente per cambiare le cose…” scosse la testa, poi scese dal letto e andò ad aprire le persiane, regalandosi la vista di un cielo limpidissimo e sereno che faceva risaltare ancora di più i colori della natura. Dovevano essere all’incirca alla fine dell’estate, forse in Settembre, giudicò la ragazza, osservando le piante con le prime foglie screziate di rosso e d’oro.

In Settembre ad Elmekia c’era la sagra cittadina, una delle preferite di Lina, soprattutto per i fantastici dolci che preparavano le massaie. Chissà se l’usanza era sopravvissuta a cinque secoli di storia…

Con un altro sospiro, Lina si appoggiò al parapetto della finestra, sottile e leggermente convesso, già intiepidito dai raggi del sole, e si mise ad osservare la scena che si apriva sotto di lei; le pietre che lastricavano il giardino erano ancora umide e riflettevano la luce abbagliando l’aria, mentre oltre il muro di cinta si udiva il chiacchiericcio salire dalla strada. La ragazza sorrise: “Beh, tutto sommato non sembra poi così diverso da com’era prima…” Sentì un groppo salirle in gola e strinse convulsamente le mani sulla ringhiera fino a farsi sbiancare le nocche “Ce la posso fare. Ce la devo fare. Riporterò qui tutti i miei amici e insieme ricominceremo a viaggiare”

Sapeva che la cosa più difficile sarebbe stata sopravvivere in quella realtà così lontana dalla sua, priva di ogni appoggio e di ogni riferimento, ma sapeva anche che continuando a farsi forza giorno per giorno con pazienza e tenacia (doti che certo non le mancavano) alla fine ci sarebbe riuscita.

Si staccò dalla finestra e si vestì rapidamente, cercando di tenere lontani tutti i pensieri negativi, e appena fu pronta scese dabbasso.

 

In cima alle scale, tentando di non cadere giù mentre si raccoglieva i capelli in una coda - che aveva scoperto praticissima, la sua attenzione fu attratta da una musica stranamente familiare proveniente dal piano di sotto, forse dalla sala comune adiacente alla sala da pranzo. Incuriosita, si diresse là e, con sua grande sorpresa, trovò Xelloss seduto davanti ad un magnifico clavicordo di legno bianco intarsiato, intento a suonare. Lina riconobbe la melodia come un vecchio motivo tradizionale della sua terra e non resistette all’impulso di cantarlo; la loro improvvisata esibizione – e in particolare lo strano suono delle parole, in dialetto zephiliano – attrasse l’attenzione degli altri clienti che abbandonarono la loro colazione per riunirsi attorno alla ragazza e al demone per ascoltarli e poi applaudirli quando l’eco delle ultime, altissime note della canzone si fu spenta nella sala.

Lina, che non si era neppure accorta della gente raccoltasi alle sue spalle, al sentire gli applausi si voltò di scatto, imbarazzata; Xelloss invece, che pareva perfettamente a suo agio, si alzò e fece un profondo inchino, neanche si fosse trovato sul palco di un teatro d’opera.

Una ragazza giovanissima, vestita con un abito di mussola color cielo, si avvicinò a Lina. “Scusatemi signorina… ecco, innanzitutto volevo farvi i complimenti per come avete cantato, siete stata davvero brava” La maga arrossì violentemente, facendo concorrenza alla ragazza, ugualmente a disagio “Volevo chiedervi… in che lingua è la canzone? Non l’ho riconosciuta…”

“Beh, ecco… è il dialetto che si parla dalle mie parti, a Zephilia…”

La ragazzina sgranò gli occhi. “Venite da Zephilia, signorina?! E ditemi, avete fatto un così lungo viaggio da sola?”

“Ma cosa…” iniziò Lina, sorpresa dalle parole dell’altra. Ma subito Xelloss la interruppe: “No, mia cara ragazza. La signorina qui presente viaggia con me, è la mia compagna” La maga, a quelle parole si fece purpurea e lanciò al demone uno sguardo di fuoco; ma lui le fece cenno di reggergli il gioco. “Siamo ambasciatori per conto dei signori del Regno della Juu-ou… - ma siamo qui in veste non ufficiale” precisò subito dopo, vedendo che tutte le persone a portata d’orecchio si erano già esibite nel saluto militaresco, che Garv aveva voluto tutti i suoi sudditi imparassero fin dalla più tenera età ed eseguissero ogniqualvolta il protocollo lo richiedeva.

Xelloss, da par suo, non potendo fare altrimenti, rispose col complicato inchino proprio del galateo imposto dalla sua Master (era infatti divenuta usanza che ogni regno avesse il suo codice di comportamento, deciso dal rispettivo Dark Lord sovrano, che permetteva di riconoscere immediatamente la provenienza di ognuno), inchino che Lina tentò goffamente di imitare, peraltro bellamente ignorata da tutti.

Terminato il rituale dei saluti, tra la folla si fece avanti un uomo di mezza età, piuttosto piazzato, che tutti salutarono ossequiosamente. “Salute a voi, stranieri. In qualità di Podestà di questa cittadina sono onorato di darvi il benvenuto”

“Salute, eccellenza” rispose cerimonioso Xelloss “L’onore è tutto nostro”.

Lina assisteva stupita a quello scambio di cortesie fredde e formali: non era assolutamente abituata a tutta quell’etichetta e sperava sinceramente che in quell’epoca i rapporti sociali non fossero tutti così, “Altrimenti vado a fare l’eremita!”  decise tra sé. No, lei non era proprio portata per tutte quelle formalità… Ma la cosa che la lasciava più sconcertata era la scioltezza con cui Xelloss si muoveva e soprattutto il titolo con cui si era presentato: «ambasciatore»… sì, decisamente il priest avrebbe dovuto spiegarle un bel po’ di cose.

Persa nei suoi pensieri, si accorse appena in tempo che il suo compagno stava nuovamente eseguendo quel maledettissimo inchino e tentò ancora di imitarlo, di nuovo con scarso successo.

“…saremo molto lieti di essere vostri ospiti, eccellenza” stava dicendo Xelloss.

“La cosa mi rallegra assai, messere, e vi aspetto al mio palazzo per l’ora di pranzo. Vi porgo i miei omaggi. Ossequi, madamigella…” concluse il Podestà, rivolgendosi a Lina per la prima volta.

“Ehm… salute eccellenza…” balbettò lei, arrabattandosi nell’ennesima impacciata imitazione dell’inchino di Xelloss. Al vederla, il demone rise sotto i baffi: Lina era di una tenerezza incredibile in quella situazione, tanto era buffa… anche se forse sarebbe stato meglio per lui non farglielo notare.

Come il Podestà si fu allontanato, il capannello di persone attorno a loro si sciolse e il mazoku e la maga rimasero soli. Ci fu un momento di silenzio - la quiete prima della tempesta, poi Lina esplose: “Xellos! Che diamine ti è saltato in mente di raccontare a quel tizio?!” lo assalì “E poi, cosa sono tutte queste maledettissime formalità?!”

Lui ridacchiò col suo solito fare idiota, grattandosi la testa imbarazzato. “Ehehe… sta calma, Lina. Adesso intanto che facciamo colazione ti spiego tutto, ok?”

La ragazza non proferì verbo, limitandosi ad incenerirlo con lo sguardo, ma il brontolio eloquente del suo stomaco rispose per lei. Sbuffando si diresse al loro tavolo, lo stesso della sera precedente, già imbandito per una succulenta colazione.

 

“…quindi in pratica ogni Regno ha il suo ben preciso galateo che regolamenta ogni momento della vita quotidiana…” concluse Lina, ingoiando l’ultimo boccone di una squisita frittella con sciroppo d’acero.

“Esattamente” confermò il mazoku, pulendosi con la lingua gli sbaffi di panna e cioccolata attorno alle labbra “Non te ne ho parlato ieri durante il viaggio perché non credevo ce ne sarebbe stato bisogno. Invece a quanto pare adesso dovrò farti un corso accelerato, visto che siamo ospiti del Podestà…” continuò poi, pensieroso.

“Questo problema non si sarebbe posto se qualcuno non si fosse inventato di essere l’ambasciatore di non-so-cosa…” ribatté la ragazza serafica ma velenosa, versandosi del succo d’arancia da un’elegante caraffa in vetro soffiato.

“Ma io non mi sono inventato niente, Lina! Il Trickster Priest non mente mai, ricordatelo”

“Questo è un fatto molto opinabile, Xel…”

Lui inarcò le sopracciglia, perplesso. “Stai dicendo che non ti fidi di me?” chiese, un po’ piccato; ma davanti allo sguardo eloquente della sua interlocutrice, preferì sorvolare sulla risposta. “Ad ogni modo, io sono veramente l’ambasciatore dei signori del Regno della Juu-ou”

“Non era più semplice dire: «Sono il galoppino di Zelas»?”

Un gocciolone si materializzò tra i capelli del demone mentre un tic gli scuoteva ritmicamente il sopracciglio destro. “Galoppino…?” Un sorriso indecifrabile si allargò sul volto di Lina che annuì convinta. Xelloss scosse la testa. “Vabbè, lasciamo perdere. Comunque sia, non posso parlare apertamente di Zelas-sama perché costoro non sanno della sua esistenza”

“Non sanno di lei?” ripeté la ragazza perplessa, sbocconcellando una brioche “Ma lei non è la loro regina?”

“Non esattamente. Quelli che la popolazione identifica come i loro sovrani in realtà non sono altro che demoni inferiori mutaforma, che sono stati istruiti in modo da compiere un ciclo vitale il più possibile simile a quello degli esseri umani: «nascono», «crescono», «si riproducono» e «muoiono» apparentemente come tutti, di modo da dare l’illusione di essere persone comuni. In realtà non sono che dei prestanome, servono per fare scena. Lo stesso dicasi per tutte le altre alte cariche del Regno, ambasciatori compresi: sono tutti mutaforma”

La maga scosse la testa. “Incredibile… ma allora perché tu ti sei qualificato come ambasciatore? Dato che sei rimasto identico a quando ti ho conosciuto - e presumo tu sia identico da sempre - come puoi spacciarti per essere umano, se non invecchi?”

“Beh, io in effetti non sono un semplice ambasciatore… più che altro io sono il capo della diplomazia del Regno, la persona incaricata di tenere i contatti tra Zelas-sama e gli altri Lord, i quali a loro volta parlano attraverso i loro diretti subordinati”

“E chi sono?”

Xelloss sorrise e agitò l’indice. “Sore wa, himitsu desu… lo saprai a tempo debito, Lina-chan!”

Lina incrociò le braccia e gli lanciò un’occhiata in tralice. “Mai che tu a una domanda dia una risposta chiara come fanno tutte le persone normali, vero?”

“Le informazioni sono una delle armi più potenti a disposizione, non vanno distribuite a cuor leggero”

“Grazie della lezione di strategia politica, Xel-chan, mi mancava…” ironizzò la ragazza “Ma adesso passiamo a questioni più serie: devi spiegarmi come comportarmi a casa di quel vecchio bacucco…”

Il sorriso che si era disegnato sul volto senza età del mazoku si dissolse in un’espressione pensierosa. “Hai ragione… per prima cosa, visto che ormai il Podestà sa che siamo ambasciatori di Zelas-sama, dobbiamo prepararci ad una missione ufficiale e quindi hai bisogno degli abiti adatti…”

“Abiti adatti…?” Lina non sembrava molto entusiasta dell’idea “E come sarebbero fatti, sentiamo…?”

Il priest sorrise. “Adesso te li faccio vedere… ti piaceranno, vedrai”

 

«Ti piaceranno, vedrai»… sì, come no! Oh, ma appena mi capita a tiro quell’idiota di un demone…” brontolava tra sé Lina, mentre una cameriera (la ragazzina di prima, quella con l’abito color cielo, che si era rivelata essere la figlia della padrona) la aiutava a tirare i lacci del corsetto. L’abito adatto di cui le aveva parlato Xelloss si era rivelato essere un vestito di prezioso tessuto damascato nero, lungo fino ai piedi con un corpino stretto, decorato da arabeschi color croco, un’ampissima scollatura quadrata e maniche aderenti fino al gomito che poi si aprivano in tre balze, a richiamare l’ampia gonna, anch’essa a balze.

“Vi sta davvero divinamente, signorina” esclamò la ragazzina, allontanandosi di qualche passo da Lina una volta finito il lavoro, come per ammirarla meglio. “Ecco, tenete, il vostro compagno mi ha detto di farvi indossare questi pendenti e di raccomandarvi di non togliervi il ciondolo che avete al collo” disse poi, porgendole degli orecchini ad anello composti da opali iridescenti sfaccettate.

La rossa li indossò meccanicamente e poi si portò di fronte allo specchio per osservarsi: quasi non si riconosceva con quell’abito e quella pettinatura elaborata. Rimase imbambolata a fissarsi per qualche istante, mentre quel maledetto senso di straniamento le stringeva di nuovo lo stomaco in una morsa. Sentiva come se la sua coscienza fosse stata costretta in un corpo che non era il suo e che non controllava; percepiva il mondo attorno a sé - lo capiva pure, in un certo qual modo, ma non aveva assolutamente possibilità di intervenirvi, né di dominare anche solo uno dei meccanismi che lo muovevano.

Un battere di mani dietro di lei la scosse da quei pensieri. Lina si voltò e vide sulla porta un giovane abbigliato in maniera singolare, ma certamente molto elegante: pantaloni aderenti e gilet, entrambi neri, una redingote pure nera con inserti color croco identici a quelli del suo abito, stivali marroni al ginocchio e capelli raccolti in un codino basso. Stava sulla porta e le sorrideva, tenendo sotto braccio un tricorno piumato.

La ragazza ci mise qualche secondo a riconoscerlo. “Xelloss! Ma come ti sei conciato?!”

Lui rise. “Questa è la tenuta ufficiale degli alti ambasciatori del Regno della Juu-ou… comunque stai davvero bene con quel vestito”

“Sarà… ma io non mi ci trovo assolutamente!” brontolò Lina, muovendo qualche passo incerto verso il letto e tentando nel frattempo di non travolgere qualcosa con l’ampia gonna, sostenuta da una gabbia rigida ma flessibile e gonfiata ulteriormente da strati di sottogonne.

Il mazoku sorrise e congedò la cameriera con un cenno del capo; rimasti soli, chiuse la porta e posò il cappello sul tavolo. “Bene, e ora dedichiamoci al galateo, ti va?”

“Domanda retorica, Xel… sai benissimo anche tu che non posso farne a meno, altrimenti questi bacchettoni mi prenderanno per matta” La maga scosse la testa e sospirò. Seduta sul letto, sprofondata tra le sete della gonna, Lina sembrava ancora più piccola e fragile.

Xelloss, non sapendo come comportarsi, decise di non dar peso alla sua affermazione e si limitò a porgerle la mano per aiutarla ad alzarsi. “Adesso guarda me. L’inchino voluto da Zelas-sama è piuttosto complicato da imparare, ma è di grandissimo effetto…”

“E te pareva…”

“Allora… piede destro dietro al sinistro, appoggiato di punta, una lieve flessione sulle gambe… così” mentre parlava, Xelloss eseguiva “Busto eretto e un piccolo inchino con la testa, mentre con le mani alzi un po’ la gonna…” il priest sollevò un immaginario abito e concluse la riverenza “Ci sei?”

“Ma questo non è l’inchino che hai fatto prima!” osservò Lina, ricordando il demone profondamente inchinato, con la mano sinistra chiusa a pugno al centro del petto, all’altezza del cuore, e l’altra distesa all’indietro, a richiamare l’identica posizione della gamba destra.

Xelloss la guardò divertito. “È ovvio che io ho fatto un movimento diverso! Adesso ti ho mostrato l’inchino femminile, io eseguo quello maschile”

“Oh LoN!” piagnucolò Lina “Quindi ci sono pure due inchini diversi! Ma Zelas non poteva pensare a qualcosa di più semplice?!”

“Ehehe… non so che dirti Lina” ridacchiò il mazoku “Io eseguo solo gli ordini…”

La ragazza gli lanciò un’occhiata incendiaria. “Già… tu esegui solo gli ordini…”

 

Verso mezzogiorno, il demone e la maga erano ancora impegnati nel loro corso intensivo di galateo (con gran gioia di Lina), quando vennero interrotti da un bussare discreto ma deciso alla porta. Dato che si trovavano nella sua camera, la ragazza fece per alzarsi e andare ad aprire, ma Xelloss la fermò con un gesto della mano; quindi si avvicinò alla porta e la schiuse leggermente. “Desiderate?”

Da fuori si udì una voce maschile rispondere qualcosa, poi il priest aprì completamente l’uscio e rivelò alla maga quello che doveva essere un paggio in alta uniforme. Questi eseguì subito l’inchino di rito, al quale Lina, dopo un attimo di esitazione rispose, involontariamente (ma giustamente, secondo il protocollo) in perfetta sincronia con il compagno.

“Signori…” cominciò subito dopo il valletto, tenendo gli occhi rispettosamente bassi “…ho l’onore di annunciarvi che sua signoria il Podestà ha mandato una portantina a prendervi per condurvi al suo palazzo”

Xelloss sorrise e annuì. “Dì pure ai portatori che siamo pronti. Scendiamo subito”

Il giovane si inchinò di nuovo, facendo perciò ripetere il rituale dei saluti, e poi sparì nel corridoio. Il demone si rivolse alla ragazza che aveva seguito lo scambio di battute in silenzio, qualche passo dietro di lui. “Come avrai capito è ora che andiamo” le sorrise. Quindi si mise il tricorno e le porse la mano sinistra piegata ad angolo retto e a palmo insù; Lina vi depose sopra la propria e i due si scambiarono un sorriso e un lieve cenno del capo, poi si avviarono, sempre tenendosi per mano in quel modo bizzarro.

Scendere le scale camminando affiancati con l’ampia gonna che indossava la ragazza era un’impresa apparentemente impossibile, ma lentamente ci riuscirono. Pochi passi prima di uscire dalla locanda, Xelloss rallentò, si guardò attorno e, notando che erano soli, ruppe la figurazione e si voltò; poi inclinò la testa, fissando Lina negli occhi. “Sei pronta?”

Lei rispose con un sorriso storto e sforzato. “Anche se non lo fossi cambierebbe qualcosa?”

“No, in effetti no” riconobbe il demone “C’è un’ultima cosa che devo dirti, non so se possa esserti di aiuto o no: forse te ne sarai già accorta da sola, ma le donne tendono a non essere molto considerate in quest’epoca…” la maga strinse gli occhi: non le erano mai piaciute le differenziazioni sessiste “Solo quelle con lo status sociale più elevato godono di una libertà pressoché totale, ma man mano che si scende la piramide le cose peggiorano”

“Quindi? In parole povere?”

“Al banchetto non stupirti se quasi tutti tenderanno a non rivolgerti la parola. Benché tu sia di rango molto elevato, sei comunque ad un ricevimento pubblico e insieme me, che vengo considerato il tuo compagno, quindi automaticamente la gente si rivolgerà a me, non a te”

Lina era molto infastidita da questa nuova scoperta: certo, le dava modo di non rischiare gaffe, ma non le piaceva che le donne venissero messe da parte in nome di chissà quale principio. Quand’era bambina, alla gilda dei maghi di Zephilia, aveva lottato giorno dopo giorno per anni per dimostrare di essere brava come i maschi, anzi di più, nonostante i pregiudizi nutriti dai maghi della sua città e ora… Scosse la testa e sbuffò, contrariata. “Maschilisti che non siete altro…! Dai, andiamo, là fuori ci aspettano” concluse poi, cercando di rimuovere l’idea dalla sua mente e di recuperare l’apparenza sorridente ma indecifrabile che Xelloss aveva detto essere la più adatta a un alto esponente del Regno della Juu-ou - e la ragazza non se ne stupiva, essendo quella l’espressione tipica del demone!

Uscendo dalla locanda, si trovarono di fronte un’elegante bussola chiusa da tende rosse e quattro portatori in uniforme cremisi; il paggio che era salito ad avvisarli, appena li vide batté i tacchi e si mise sull’attenti, porgendo poi la mano a Lina per aiutarla a salire sulla portantina. Come si fu accomodata, Xelloss salì accanto a lei e diede l’ordine di partire, tirando subito dopo le tende.

La maga si aspettava di venir sballottata ampiamente durante il tragitto (oltretutto non le erano mai piaciute le bussole come mezzi di trasporto – troppo snob per i suoi gusti), ma i quattro giovani che li conducevano dovevano essere molto esperti, perché evitarono loro la minima oscillazione e in breve li deposero a terra di fronte ad un enorme palazzo dipinto, la residenza del Podestà.

Xelloss le sorrise. “Pronta Lina-chan?” domandò, scostando la tenda e uscendo senza nemmeno aspettare la sua risposta.

“Lina Inverse è sempre pronta Xelloss, ricordatelo. Specie per un banchetto…” ribatté subito lei con un sorriso convinto, negli occhi la luce di sempre.

Il mazoku ridacchiò sommessamente per un istante, poi le tese il braccio per aiutarla a venir fuori dalla bussola. Quindi la maga depose la mano su quella di Xelloss e i due si scambiarono un lieve inchino con la testa, accompagnato da un sorriso di intesa più ampio del solito, soprattutto da parte di Lina: in fin dei conti – aveva considerato la ragazza durante il tragitto - qualcosa di buono ci poteva essere anche in quell’epoca balzana, bastava cercarlo. E forse l’avrebbe anche aiutata a vedere le cose un po’ meno grigie… Sorrise di nuovo tra sé e poi concentrò la sua attenzione sul demone che le stava mormorando qualcosa circa i piatti tipici della zona.

Come ebbero composto la figurazione di rito, i due avanzarono di qualche passo e subito il Podestà venne loro incontro, orgoglioso nella sua divisa militare color porpora, appesantita da decine di medaglie al valore, e li invitò a seguirli all’interno.

   
 
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