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Autore: Popnis    02/10/2011    2 recensioni
Invidia, Avarizia, Lussuria, Gola, Accidia, Superbia e Ira. I sette peccati capitali impersonati dalla Nuova Generazione.
Quattordici drabble, due per ogni peccato, un ragazzo e una ragazza, per scoprire chi sono veramente i figli dei nostri eroi ed entrare, per un momento, nell'ottica adolescente che può avere un qualsiasi ragazzo. Tutti abbiamo i nostri segreti, anche loro, e per un capitolo non saranno più prestigiosi maghi e ottime streghe ma solo quattordici ragazzi e ragazze che scoprono sé stessi veramente, come non lo hanno mai fatto.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Albus Severus: Invidia

 
Il silenzio assordante che regnava nella camera da letto era opprimente. Quello della mattina, di quando ti svegli e non c’è nessun altro nel dormitorio.

Albus aprì lentamente gli occhi verdi e si rese conto che anche quella mattina il suo compagno di stanza non si era svegliato lì. Ormai non sapeva neppure bene chi fosse, dato che passava le nottate sempre con la sua ragazza.

Guardò l’orologio al polso: segnava le 7:05. Si diresse in bagno dove si sciacquò la faccia e si lavò i denti; poi si vestì e prima di uscire si specchiò per pettinarsi.
I suoi capelli erano un disastro e non c’era pettine che riuscisse a renderli disciplinati, così li acconciò alla bene e meglio e strinse di più la cravatta verde-argento al collo. La cravatta Serpeverde.

Merlino, dopo cinque anni ancora si chiedeva cosa ci facesse lì: non aveva mai desiderato troppo dalla vita, non era mai stato ambizioso né troppo acuto, era un semplice ragazzo che non si sentiva di appartenere alla casa che gli era stata assegnata. Erano tutti così fottutamente diversi,  aristocratici, furbi, intelligenti e ambiziosi. Tutti tranne lui, e non aveva la minima idea del perché si trovasse tra le serpi.

Diede un ultima occhiata al riflesso di quel ragazzo tanto diverso dagli altri, così distaccato dal normale, come un fantasma che tutti fanno finta di non vedere, e poi uscì dalla camera per andare in Sala Grande.

***

Parlava di cosa fare la seguente uscita per Hogsmeate, parlava di andare a prendere la solita burro birra con un velo di cacao, parlava di passare un attimo alla Stamberga Strillante, sorrideva alla sua ragazza quando tutta la sua attenzione venne attratta dalla persona che si trovava quasi costantemente nei suoi pensieri. Come se tutto il resto degli studenti di colpo fossero spariti, Albus si trovò a fissarlo, mentre entrava con il suo gruppo di amici nella sala.

Divisa perfettamente stirata, lievemente abbronzato, fisico scolpito, tratti duri ma allo stesso tempo dolci, due occhi azzurri come il cielo terso, capelli neri come la pece e ordinati con cura. Era accompagnato da due ragazze che gli portavano i libri, anche se lui si ostinava a cercare di toglierglieli dalle mani.

-Tzè!- soffiò acido Albus.

Come se a quello lì non facesse comodo che due ragazzine gli portassero i libri. In più faceva anche il cavaliere e le faceva accomodare con quel sorriso timido premeditato. Albus lo aveva studiato, fin dal primo giorno in cui l’aveva incontrato, era sicuro che dietro la sua assurda timidezza ci fosse lo studio di una mente malvagia: si vedeva subito che se la tirava da morire, almeno stando a ciò che diceva Albus.

-Al, per favore, quando parli con me eviti di pensare ad altro?- borbottò Kate notando che Albus non la seguiva più. Intercettò la persona alla quale il suo ragazzo sembrava così interessato e, senza sorpresa, riconobbe tra un gruppetto di Serpeverde la figura di Frederic Nott.

-Mi spieghi che ti ha fatto di male? E’ così gentile con tutti. Ieri mi ha persino aiutata in un compito di Poz…-

-Ti sei fatta aiutare da quello? Kate, capisco che sei un troll in Pozioni ma… arrivare al livello di farsi aiutare da Nott!- l’interruppe Albus guardandola infastidito.

Quella aprì la bocca per ribattere, ma fu preceduta dal suo ragazzo.

-Kate, evita la prossima volta, tanto più che ci sono io e sono abbastanza bravo in Pozioni, quindi chiedi a me quando ti serve un aiuto.- concluse, e deglutì amaramente ricordandosi che all’ultima cena del Lumaclub il professore aveva nominato Frederic membro onorario del club perché migliore studente di quinto di sempre.

Si passò una mano tra i capelli arruffati e ripiegò la Gazzetta del Profeta che stava leggendo poco prima.

-Ma Al…-

-Ah, Kate…- la interruppe, alzandosi –Oggi pomeriggio non posso accompagnarti da Hagrid per vedere come sta il tuo gufo perché ho gli allenamenti.-

-Ma me lo avevi promesso!- esclamò lei con delusione.

-Lo so, ma Scorpius ha prenotato all’ultimo il campo per oggi e lo sai che devo allenarmi perché la prossima partita la devo vincere: così potrò essere finalmente Prefetto.- spiegò cominciando ad andar via.

Kate si mordicchiò il labbro amareggiata.

-Al…- lo chiamò.

-Cosa?- sbuffò esasperato lui, voltandosi.

-La Preside non ti farà diventare Prefetto: a Serpeverde ce ne sono già diciotto quando di solito sono solo una decina…-

Albus irrigidì la mascella e, senza neanche risponderle, si voltò per andar via. Mentre percorreva a passo di marciala strada per uscire passò davanti al gruppetto di Serpeverde che aveva attirato la sua attenzione poco prima.

Erano quattro ragazzi e una quindicina di ragazzine che si stringevano attorno a loro. Ragazzine molto belle, a dir la verità, e ricche, e simpatiche. Ragazzine che se volevano una cosa la ottenevano. Ragazzine che, nonostante tutto, si applicavano molto a scuola e sarebbero diventate grandi streghe.

Quelle ridevano e scherzavano attorno ai quattro più ambiti scapoli Serpeverde di Hogwarts: Scorpius Malfoy, Philip Kimberly, Nathan Zabini e Frederic Nott.

Nonostante facessero così le oche con loro, nonostante ci andassero a letto, nonostante facessero finta di essere delle ragazzine per bene, Albus ci avrebbe scommesso l’anima che erano invidiate da tutte le altre ragazze. Da tutte. Dalla più sfigata alla più secchiona, dalla più racchia alla più stupida. Da tutte, persino da Kate.

Deglutì amaramente, lanciando una fugace e sprezzante occhiata a Nott. Le guance un po’ arrossate, i denti candidi che componevano il suo fottutissimo sorriso perfetto. Stava ridendo ad una battuta di Marta Binner,  quinto anno, forse la miglior studentessa di Trasfigurazione della scuola. Era bionda, occhi verde chiaro, la prima ragazza per la quale Albus si era preso una cotta, mai ricambiata, mai resa nota.

All’improvviso gli occhi azzurri di Nott si spostarono su di lui e si intrecciarono con i suoi. Albus gelò. Frederic aveva gli occhi più belli dell’universo, Albus era convinto che potessero cambiare a seconda del tempo: azzurri intensi, quando era sereno e il sole brillava come le sue iridi chiare; tendenti al grigiastro, quando invece si aspettava la pioggia e il suo sguardo diventava ancora più profondo.

In quel momento erano azzurri, turchesi.

Albus si fermò ad osservare il suo viso perfetto, il suo naso leggermente all’insù, i suoi zigomi alti e, quando era sul punto di mandarlo a quel paese, solo, lo vide inaspettatamente… sorridere. Sorridere a lui. Sorridere con il suo sorriso timido e gentile.

-Potter! Ehy, Potter!- lo chiamò Scorpius Malfoy, il capetto del gruppo. Ad Albus si rivoltò lo stomaco. Cosa diavolo voleva?

Distolse lo sguardo da quello di Nott e fissò interrogativo Malfoy.

-Potter, vieni qui! Non ti mangio mica…- disse ancora il biondo, e le ragazze attorno a lui ridacchiarono.

Al si avvicinò piano, gli veniva da vomitare. Mentre si avvicinava, mascherando l’agitazione con il suo solito portamento di classe, guardava di sfuggita Nott, che non gli aveva tolto gli occhi di dosso.

-Malfoy?- domandò al suo capitano, con un sopracciglio alzato.

-Potter, senti, cambio di programma: gli allenamenti non ci sono più oggi pomeriggio.- gli rispose con un sorrisetto.

Albus boccheggiò. La partita sarebbe stata il giorno dopo, e loro non si allenavano? Lui aveva bisogno di allenarsi. Lui doveva vincere.

-Ma… ma… Scorpius. La partita è domani!- balbettò sconcertato. Lui doveva ancora studiarsi lo schema di gioco, i lanci e le parate in programma, come cambiare all’improvviso direzione senza cadere come faceva… Nott.

-Potter, non lamentarti, io sono il capitano e io decido.- sentenziò il biondo sbrigativo. Una ragazza riccia al suo fianco rise forte.

-Scorpius ed io, oggi pomeriggio, dobbiamo fare un ripassino di… anatomia!- rise ancora, e Malfoy ghignò.

Albus era ancora più sconcertato: non avevano gli allenamenti, perché Scorpius doveva portarsi a letto una ragazza?
Aprì la bocca per ribattere ma, livido di rabbia, era già sul punto di andarsene quando Frederic si alzò.

-Albus, se ti va possiamo allenarci noi… tanto il campo è prenotato. Sarebbe uno spreco e io non ho nien…-

-No!- quasi gridò. Poi si riprese.

-Non fa niente.- sibilò furioso, con lo sguardo infuocato a terra. Girò i tacchi e andò via, tra le risatine delle ragazze.

Li avrebbe uccisi uno ad uno quei deficienti. Merlino, se l’avrebbe fatto! Non capivano quanto vincere quella partita potesse significare per lui! E poi quello stronzo di Nott, ma come si permetteva!

Era quasi davanti all’aula di Storia della Magia quando sentì dei passi svelti dietro di lui ed una mano che lo tratteneva per la spalla.

-Potter, ma dove cazzo corri?- lo aggredì una voce affannata. Lui si voltò di scatto, gli occhi verdi sgranati e infuriati. Forse anche un po’ tristi e delusi.

-Che vuoi, Nott?- soffiò con la voce più scostante possibile anche se era chiaro che fosse alquanto sorpreso dal vederlo lì di fronte a lui.

Quello prese fiato.

-Mettiamola così…- disse, fissandolo con i suoi occhi bellissimi –se non sei tu che vuoi allenarti oggi, allora sono io che ho un dannato bisogno di farlo e, sfortunatamente, mi serve proprio il tuo aiuto.- concluse alzando le spalle.

Albus non seppe cosa dire: era così dannatamente palese che Nott gli stesse facendo un favore ma… non era possibile. Cosa voleva veramente da lui? Nessuno fa niente per niente, tantomeno uno come lui. Perché stava facendo finta di essere tanto gentile? Gli faceva forse pena? Voleva prenderlo in giro?

Passarono un paio di minuti a fissarsi, due grandi prati verdi e timorosi in due oceani azzurri e speranzosi.

Albus aveva veramente bisogno di allenarsi, aveva veramente bisogno di vincere quella partita, aveva veramente bisogno di diventare Prefetto.
Guardò la spilla lucidata sulla divisa di Frederic. La guardò con una così immensa invidia…

Frederic era tutto ciò che Albus aveva sempre desiderato essere: il primo in tutto. Tuttavia era sempre stato in dietro, non l’ultimo, figuriamoci, ma nonostante tutti i suoi sforzi, mai il primo. Ed in più era anche un bugiardo perché continuava a ripetersi di non essere come gli altri Serpeverde quando lui, forse in questo sì, era l’incarnazione perfetta di una serpe.

Quanto gli costarono quelle parole? Quanto gli costò dire di sì al ragazzo che più odiava al mondo? Quanto?

Entrato in classe i suoi occhi pizzicavano e aveva una grandissima voglia di piangere: Nott gliel’aveva fatta di nuovo.

***

-Potter! Potter, attento!- gridò Frederic dalla sua scopa.

Erano ormai due ore che si allenavano incessantemente ed erano entrambi più che stremati.

Albus virò di colpo, ad una velocità di 90 km orari, e quasi scivolò giù dalla scopa.

“Mantieni l’equilibro e assestati con il corpo. Porta il peso sul lato sinistro. Le mani stette a farti male sul manico. Occhi aperti e pronti a riprendere il controllo.” Le parole di Nott gli vorticavano nella testa.

Invertì d’un tratto la direzione. Si sentì sbilanciare ma, dopo le centinaia di cadute quel giorno, non permise a se stesso di cadere.

-L’equilibrio. Assestati.- sussurrò a denti stetti. Facendo leva sulle braccia si riappropriò del controllo e stracciò l’aria come un foglio di carta.

Una forte folata di vento lo investì di colpo ma lui stringendo le mani sul manico della sua Nimbus non si lasciò portare via.

In un battito di ciglia si ritrovò di fronte a Frederic che, sorridendo, lo guardava compiaciuto.

-Ci sei riuscito, Albus. Con una mossa del genere i Corvonero sono fottuti.- si congratulò Nott.

Albus deglutì: ci era riuscito. Davvero. E tutto grazie a Frederic Nott.

Alzò lo sguardo sbalordito ed incontrò quello cristallino del compagno. Si sentì talmente un verme. Dopo anni passati ad odiarlo, eccolo lì, ad imparare da lui come da un professore. E poi, perché lo odiava tanto? In fondo era davvero il ragazzo dal cuore d’oro che tutti dicevano.

-Si, ci sono riuscito.- biascicò, incapace di dire grazie alla persona più odiata da lui al mondo.

Passò qualche secondo di silenzio, nel quale nessuno dei due sapeva bene cosa dire, imbarazzato.

-Bhè…- se ne uscì alla fine Nott –Ho le ossa a pezzi, credo che mi andrò a fare una doccia…-

-Vengo anche io.- mormorò piano Albus, cominciando la discesa seguito da Frederic.

Atterrarono poco lontano dagli spogliatoi e si diressero verso questi, mentre una leggera brezza scompigliava i loro capelli sudati.

Il cielo cominciava a tingersi di quel colore rossastro tipico del tramonto e il sole si rispecchiava nell’acqua dell’enorme Lago Nero; Albus era catturato da quel panorama, così intenso e particolate.

-E’ meraviglioso…- sussurrò Frederic al suo fianco, immerso anche lui nella spettacolare vista.

Albus si voltò per guardarlo: gli occhi azzurri verso l’orizzonte, la testa lievemente alzata, la bocca socchiusa. La luce del tramonto rendeva la sua pelle abbronzata di mille sfumature e le goccioline di sudore la facevano quasi brillare.

Si perse un attimo, nella bellezza dei suoi tratti.

Quando poi Nott si voltò per incontrare il suo sguardo, Albus arrossì un poco, ma non abbassò gli occhi, fissi in quelli celesti di Frederic.

Passarono qualche secondo così, solo… a guardarsi, a studiarsi l’un l’altro, come non avevano mai fatto. Poi, chissà per quale ragione, Frederic ruppe il silenzio, imbarazzato e arrossito, ma ruppe balbettante il silenzio con una domanda.

-A… Albus. Tu… mi odi?- chiese flebile, a brucia pelo, con la speranza vivida negli occhi.

L’altro boccheggiò, ancora stordito dall’emozione e ancora di più dalla domanda.

-Io...- disse incerto –Non… non lo so. Credo…-

Merlino, cosa stava per dire. Il suo corpo voleva fermarlo, ma la sua testa lo spingeva a proseguire.

-Credo… credo di no…- e poi rimase senza parole per la sua stessa risposta. Passarono ancora una decina di secondi durante i quali nessuno dei due osava neanche minimamente respirare, e poi Frederic, genuino, limpido, puro e gentile come tutti lo descrivevano, solo… gli sorrise sincero, con le guance arrossate.

E Albus, incapace di riprendere il controllo del suo corpo, inaspettatamente, fece lo stesso sentendosi allo stesso tempo un deficiente e per la prima volta leggero come l’aria.

-Bene.- Frederic non riusciva a smettere di sorridere felice –Benissimo! Perché, Potter, non so… ho sempre avuto l’impressione di non andarti proprio a genio mentre tu… non lo so… sembri speciale. E’ da quando avevamo undici anni che volevo diventare tuo amico, tanto più che abbiamo molte cose in comune e… bhè, dovresti venire ogni tanto ai festini che organizziamo… non puoi capire che noia con tutti quei cretini ubriachi. Se ci fossi tu, potremmo stare insieme, parlare… mi stai simpatico, Albus.- rise, con la sua risata cristallina e Albus aveva ancora il fiato sospeso.

Cos’era quella? Una specie di dichiarazione? Ogni momento in più che passava con Nott lo credeva sempre più matto. Ma cosa gli veniva in testa: loro due… amici? Amici veri? Amici che si confidano e parlano di qualunque cosa? Amici che fanno cazzate insieme e si divertono a più non posso? Amici come lo erano Frederic, Scorpius, Philip e Nathan? Amici come quelli che Albus non aveva mai avuto e, tantomeno, mai voluto?

In realtà l’aveva sempre desiderato, un amico così.

Non fece neppure in tempo a dargli una risposta che Nott, passandogli con affetto una mano tra i capelli, corse verso gli spogliatoi ridendo e rosso in faccia, lasciandolo indietro ad affogare nei suoi pensieri.

Albus era letteralmente basito. Completamente incapace di spiegarsi il comportamento di Frederic. Per una volta non lo odiò, fu solo tremendamente curioso di ciò che gli passasse per la testa e, bisogna dirlo, anche vagamente gratificato dalle suo parole. Sorrise appena e con calma entrò nello spogliatoio.

Nott era già sotto la doccia, mentre Al si stava spogliando. Pensò a come sarebbe stato essere davvero suo amico, a dimenticare di colpo tutti i pregiudizi, a scordare tutto l’odio nei suoi confronti. Amici, nient’altro che amici.

Una stretta al cuore gli mozzò il fiato: ma quale amici!

Si infilò nella doccia mentre la nausea gli saliva fino alla testa. No, no, no e ancora no. Non sarebbero mai potuti essere amici. Mai.

Quando il getto freddo della doccia investì il corpo di Albus, lui tremò. Non tanto perché l’acqua fosse gelida, bensì, tremò perché era terrorizzato da sé stesso: cinque lunghi anni ad odiare così quel ragazzo, e poi, da un giorno all’altro, ecco che si scoprono a vicenda. Come poteva lui, Albus Severus Potter, che era un ragazzo tanto calcolatore e previdente, essersi ritrovato a rinnegare di colpo tutto il suo odio e a pensare, anche solo per brevissimi istanti, che Frederic Nott fosse una persona gentile e simpatica? Una persona con la quale diventare amico e passare intere giornate insieme?

Lui odiava Frederic Nott. Non è vero?

Questo non è odio, Albus, è invidia.

Sgranò gli occhi verdi sotto la doccia. Cos’era quella voce?

Invidia per tutto ciò che lui è e tu non sei.

Sentì una stretta al cuore e giurò di aver perso un battito.

Invidia per tutto ciò che lui è sempre stato e sarà e per ciò che tu non sei stato e non sarai mai.

Non era così. Non era vero.

Invidia perché lui è stato capace di trovare la sua strada e di percorrerla sotto gli occhi di tutti.

Ascoltò il getto accanto al suo chiudersi, il rumore delle ciabatte bagnate sul pavimento di pietra, l’incantesimo per asciugarsi e vestirsi. Se lo immaginò, davanti allo specchio, a sistemarsi i capelli neri come la pece. Lo avvertì rifarsi la borsa, sistemare le ultime cose, aspettare forse un minuto che lui uscisse ma, vedendolo ancora sotto la doccia, prendere in spalla il suo sacco.

-Albus, io vado, ho da fare. Ci vediamo a cena!- gli gridò.

Lui non rispose e Frederic, mordendosi un labbro, andò via.

No. Ovvio che no. Ovvio che non si sarebbero visti a cena. Come poteva minimamente pensare che Albus sarebbe sceso quella sera?

Lui si sarebbe chiuso in camera sua, si sarebbe buttato sul letto e non avrebbe fatto entrare neppure quella Tassorosso di Kate, odiosissima Tassorosso.

E poi, semplicemente, avrebbe pianto. Proprio come stava facendo in quel momento. Fingendo che quelle sul suo viso non fossero acide lacrime ma solo goccioline di acqua. Pianse a lungo, sotto la doccia.

Questa è invidia, Albus, perché lui è perfetto com’è, e tu lo adori per questo. Ma odi te stesso, perché non puoi averlo e mai lui ti concederà qualcosa di sé.

***

Mancavano pochissimi minuti all’inizio della partita. Veramente pochissimi.

Tuttavia la squadra Serpeverde era in un grandissimo casino: Philip Zabini, brillante cercatore, si era procurato una grave lesione alla gamba che non gli permetteva nemmeno di stare in piedi. Albus lo guardò, seduto su una delle panche, con Malfoy, Kimberly, Nott e il resto della squadra attorno, che si scusava e tutti gli battevano la mano sulla spalla e lo rassicuravano dicendo che non era stata colpa sua.

-Cretino.- sibilò Al a denti stretti.

Non era stata colpa sua? Cioè, si era messo a correre per le scale solo per riuscire a vedere le mutandine di una Grifondoro inciampando e cadendo fatalmente fino al piano terra, e non era colpa sua?

Fosse stato lui il capitano, lo avrebbe picchiato a sangue, e invece Malfoy consolava il suo caro cuginetto e nessuno poteva dirgli nulla, perché lui era non solo il capitano, ma Scorpius Hyperion Malfoy.

-Tzè!-

Gli faceva una così tale rabbia! Una così fottutissima rabbia! Avrebbero perso a tavolino la partita e lui non sarebbe mai diventato Prefetto. Pensare che aveva speso anche un intero pomeriggio insieme a quell’altro idiota di Nott…

Contasse la mascella. Non doveva pensarci.

-Bene ragazzi.- Scorpius lo risvegliò dai suoi pensieri. –Come vedete il nostro cercatore non può giocare e senza cercatore, diciamocelo, siamo fottuti. Ecco perché ho escogitato un piano in modo tale da poter ugualmente gareggiare e… vincere.- ghignò, e alla sua affermazione seguirono urletti di incitamento.

Albus si fece interessato: avrebbe dato qualunque cosa per giocare e vincere, anche essere eletto lui stesso cercatore provvisorio.

-Ho pensato che, con uno strappo alle regole, potremmo rimpiazzare Zabini solo per questa volta con uno di voi.- ghignò ancora di più, guardando la sua squadra in piedi sulla panca.

Albus sgranò gli occhi: ci aveva preso in pieno!

E quasi sperò che tutta la sua predizione fosse esatta perché da sempre aveva voluto essere cercatore come il padre, come il nonno e come, del resto, James. Quando aveva fatto i provini si era presentato proprio come cercatore ma, ovviamente, era stato preso il cugino di Malfoy e lui era stato messo come cacciatore.

Scorpius lo guardò, fissò i suoi occhi grigi e penetranti in quelli verdi e duri di Albus, e lui si sentì morire. Davvero Malfoy gli avrebbe fatto una cosa simile, concesso un privilegio così ambito?

-E…- cominciò il biondo –Frederic Nott è il nostro cercatore!-

Esclamò, spostando subito lo sguardo sul diretto interessato che, tra gli applausi e gli urletti di gioia, sorrideva felice e stringeva la mano di Scorpius.

Albus c’era rimasto, di nuovo. Come sempre.

Si erano presi gioco nuovamente di lui, lo avevano fatto in una maniera tanto fine che quasi erano da ammirare. Tutti sapevano quanto lui ci tenesse ad essere un cercatore.

Sicuramente era stata tutta un’idea di Nott e lui era rimasto fregato come un idiota. Ci aveva proprio sperato, il cretino, sia che sarebbe stato messo al posto di Zabini, sia che Frederic fosse una persona della quale fidarsi.

Il suo discordo gli era sembrato così convincente, il giorno prima, ed ora eccolo lì, al posto dove lui, Albus, doveva essere. Loro due non sarebbero mai e poi mai potuti diventare amici. Mai. E forse era meglio così per entrambi.

-E ora forza, luride serpi, portate il vostro viscido culo fuori di qui e fate vedere a quei secchioni come giocano i Serpeverde!- li incitò Scorpius, e tutti applaudirono e si incitarono a vicenda. Tutti tranne Albus che, presa la sua scopa, seguì gli altri fuori dallo spogliatoio senza sapere quanto in quel momento potesse essere stracolmo di pura invidia.

Guardò Frederc. Sorrideva come al solito, limpido, ingenuo, completamente all’oscuro di quanta rabbia si celasse nel cuore di Albus nei suoi confronti. Quello lo fissò, continuamente, per tutto il tragitto verso il campo, e anche quando fecero la loro entrata.

Albus non si accorse di quanta gente ci fosse, non senti le urla e gli incitamenti, non vide neppure l’entrata dei Corvonero. Lo avevano preso in giro e lui questo non poteva sopportarlo: proprio quando la sua vita bugiarda cominciava a prendere una piega diversa, ecco che tutto marciva improvvisamente e precipitava di nuovo nel baratro.

Tra il pubblico c’erano tutti, tra amici e parenti: James e Fred in prima linea che a tratti lo incitavano e poi facevano lo stesso con i Corvonero gridandogli di battere le serpi; Dominique e Molly che applaudivano con vigore; Rose nella tribuna Corvonero che guardava tranquilla il gioco e applaudiva all’entrata della sua squadra; Kate che con la sciarpa verde-argento di Al lo chiamava a gran voce; Louis, Hugo, Lucy e la piccola Roxane che si guardavano intorno impressionati e, accanto a loro, Lily che gli sorrideva e stringeva tra le mani un cartellone con scritto in grande “Albus”.

Ma lui non vedeva nessuno. Solo e soltanto Nott.

-Buongiorno a tutti, studenti e professori di Hogwarts! Oggi la squadra Corvonero affronterà quella Serpeverde in una partita che significa molto per entrambe le case. Ora come ora, infatti, hanno entrambe lo stesso punteggio e la vittoria di una potrebbe significare anche un grande passo verso la vincita della Coppa a fine anno, senza contare i grandi benefici che poterebbe l’essere primi in classifica! E allora, vediamo proprio ora Madama Bumb entrare in campo…- Harrison Kyle ridava a tutta voce dalla tribuna della telecronaca.

Albus vide con la coda dell’occhio la professoressa raccomandarsi di giocare una partita pulita, liberare i bolidi, i boccino e poi…

-La pluffa è stata lanciata! E’ afferrata da Malfoy che sfreccia attraverso i Grifondoro come il vento, un gioco di scambio di palla tra Malfoy e Kimberly, è passata a Dennis che avanza verso la porta ma all’ultimo ecco Malfoy che gli passa accanto, Dennis gli lancia la pluffa, ecco che il capitano tira… ed è centro! Dieci punti a Serpeverde!-

Albus rimase fermo dov’era sulla scopa, senza muoversi, fissando ancora Frederic che nel frattempo si guardava intorno in cerca del boccino. Si era incantato a guardarlo, con l’odio che bruciava nell’anima, tanto che non si accorse minimamente del bolide che stava sfrecciando nella sua direzione.

-Potter!- lo risvegliò Jannais May, battitrice, e lui si spostò appena in tempo per evitare la palla spacca ossa.

-Potter!- si sentì chiamare.

-Potter, che cazzo fai?- Scorpius gli si piazzò di fronte. Troncandogli la vista di Nott. –Welling ti è appena passato davanti con la pluffa, pezzo di idiota, e ha appena fatto centro!- ruggì.

-Datti una svegliata e vedi di giocare, cazzo!- lo avvertì, prima di sfrecciare in mezzo alla mischia. Guardò dove prima era Frederic: non c’era più.

Decise di non pensarci, che in quel momento si doveva concentrare solo e soltanto sulla partita.

Volò come un razzo verso il suo capitano e placcò alla svelta la nuova recluta Corvonero che aveva la pluffa. La passò a Kimberly che si volatilizzò verso la porta e tirò la pluffa per segnare ma Lysander Scamandro, battitore, anticipò il portiere e parò la pluffa lanciandola in faccia a Philip che cadde dalla scopa. Il biondino sorrise beffardo e si scambiò il cinque con il gemello.

-Pezzi di merda!- sentì gridare a mezza voce Scorpius –Cosa cazzo ci fate tutti qui intorno?- poi urlò alla squadra –Muovete il culo e spezzategli le ossa! Ora!-

Strappò poi la pluffa dalle mani del cacciatore Corvonero e la tirò da una distanza di dieci metri a tutta potenza nella porta. Goal.

Albus si voltò per vedere il punteggio: Serpeverde cinquanta, Corvonero sessanta.

Era il caso di vince quella fottutissima partita.

Si rigirò per buttarsi nella mischia ma appena spostò lo sguardo, incontrò quello azzurro di Nott che lo fissava intensamente. Sbatté le palpebre un paio di volte e, facendo finta di nulla, si affiancò a Margaret Bennet, Corvonero, alla quale stavano per passare la pluffa. La spintonò e afferrò la palla che lanciò subito in direzione di Malfoy e questo dopo aver schivato un bolide che Arnold Ghilt indirizzò subito verso il portiere Corvonero, la rilanciò ad Albus che sfrecciò verso la porta e fece passare la pluffa tra le gambe di Michel Poff, stordito dal bolide.

Vide Scorpius esultare e sentì le urla lontane di Lily tra il pubblico.

A quel punto Albus si concentrò definitivamente sulla partita senza vedere nessun altro oltre ai compagni a cui poter passare la pluffa.

Fece altri tre centri, mente Scorpius altri cinque. In totale i Serpeverde erano arrivati a cento cinquanta, tra una cosa ed un’altra, mentre i Corvonero erano indietro di venti punti. Del boccino d’oro, in pratica, si erano perse le speranze dato che nessuno dei due cercatori sembrava riuscire a scorgerlo.

All’improvviso Scorpius gli passò la pluffa e lui, sbilanciandosi un po’ sulla scopa, quasi cadde. Marc Oppuner afferrò la palla tra le sue mani e sfrecciò verso la porta, in meno di tre secondi ecco che Corvonero acquistava dieci punti e cominciava la rimonta.

Albus si sentì morire: che sciocco che era stato a perdere così l’equilibrio. Che dannatissimo idiota.

Malfoy imprecò senza tante cerimonie e non lo guardò neanche e Albus si sentì troppo in colpa così che si spostò dal centro del campo e si mise a coprire l’ala est sperando che nessuno gli avrebbe passato più la palla.

Testa di cazzo. Ecco cos’era. Se poco prima avevano la sicurezza di vincere, ecco che ora tutti i Serpeverde stavano strippando. E per colpa sua.

Scorpius si rimpadronì della pluffa e zigzagò tra i Crvonero fino a quando non la passò a Dennis  che, vedendo il capitano passare dall’alto per evitare gli avversari, lo seguì con lo sguardo per poi passargliela ma Bennet, anticipandolo, appena tirò la pluffa la intercettò e volò via verso la porta. Nel frattempo Lorcan batté un bolide verso il fratello che lo indirizzo verso il portiere Serpeverde e, poco prima che Bennet lanciasse e centrasse la porta, quello si spostò per evitare il bolide.

Parità, e Malfoy era rosso di rabbia. Non parlava neanche più, per quanto era incazzato.

Veramente due minuti alla fine della partita e Albus doveva vincere a tutti i costi.

Fu un attimo: Malfoy da solo si impadronì della pluffa e con rabbia si diresse verso al porta avversaria, Lorcan lo individuò subito e colpì forte un bolide che mandò nella sua direzione. S
corpius lo vide arrivare, il bolide, ma pronto passò al pluffa ad Albus prima di essere travolto dalla palla tra le urla spaventate di tutte le sue amichette.

Albus, non si sa come, era davanti alla porta Corvonero, preso dai suoi pensieri, incapace di reagire ad un passaggio di palla. La vide arrivare a rallentatore, mentre tutto il suo peso era spostato sulla parte sinistra del corpo e la pluffa veniva da destra. L’impatto l’avrebbe fatto cadere, e il tempo stava per finire. Ma non poteva permettersi di perdere, né quell’occasione, né quella partita dalla quale dipendeva il suo futuro scolastico.

Era fisicamente impossibile restare sulla scopa, lo sapeva bene, ma decise di non pensarci perché lui, Albus Severus Potter, avrebbe fatto vincere la partita alla sua squadra. Sì, proprio lui. E lo avrebbe fatto segnando l’ultimo punto decisivo, anche a costo di cadere dalla scopa e rompersi tutte le ossa.

Non ebbe neppure il tempo di sbattere le ciglia che la pluffa arrivò lì ma, con sua grande sorpresa, nonostante si aspettasse un forte impatto, sentì solo una gran folata di vento e qualcosa pararsi davanti a lui. Poi udì il pubblico applaudire e subito dopo il fischio di fine partita.

Prima ancora di poter capire chi gli si era parato davanti sentì Harrison Kyle gridare:

-La partita è conclusa! Serpeverde vince grazie all’ultimo lancio vincente del cacciatore Frederic Nott!-

La figura davanti a lui si voltò e Albus, sgomento, riconobbe Nott che sorridendo alzò il pugno in segno di vittoria e tutti i Serpeverde gridarono entusiasti.

Frederic Nott aveva fatto vincere la partita a Serpeverde, e non lui. Lui che avrebbe dato qualsiasi cosa per tirare quella palla, lui che era pronto a cadere pur di avere il suo piccolo momento di gloria. E invece no, Nott gli aveva rubato anche quello. Tutto. Albus era vuoto.

Prima che i suoi compagni potessero intrappolarlo nell’abbraccio di gruppo, scese a terra e lasciò di corsa il campo, bisognoso di andare via da tutti. Spalancò la porta dello spogliatoio vuoto e corse in bagno dove ficcò sotto il getto di acqua fredda tutta la faccia sudata.

Chiuse il rubinetto e si guardò allo specchio: era rosso di fatica e accaldato, la mascella contatta, i capelli bagnati, gli occhi lucidi e iracondi. Con un colpo infranse lo specchi in mille parti ferendosi la mano e poi, sentendo già le prime lacrime, si accasciò a terra sfinito.

Per sempre ultimo, ecco cosa sarebbe rimasto. Non sarebbe mai importato con quanta tenacia e impegno gestisse la sua vita, gli sarebbero passati tutti sopra sempre e comunque.

Specialmente Frederic Nott. Il perfetto Frederic Nott. Quello che la vita ce l’aveva semplice, quello che tutti amavano, quello che non portava dentro di sé quel fottutissimo poso che opprimeva il cuore di Albus.

Lo odiava così tanto, così tanto! Non avrebbe mai smesso di farlo. Nott era la persona più malvagia che esistesse sulla terra. E Albus, nonostante tutto, non riusciva ad odiarlo abbastanza.

Gli fece male dentro, questa constatazione. Pianse lacrime tristi e solitarie, come lui, lacrime che nessuno avrebbe visto mai, e che a nessuno era dato vedere.

Albus si accorse solo dopo qualche istante, che nello spogliatoio non era più solo.

Alzando lo sguardo smeraldo, lucido di pianto e tristezza, sottile come la lama di un coltello, incontrò quello azzurro e limpido del ragazzo che lo guardava sgomento, la bocca leggermente socchiusa, i capelli sudati, la scopa ancora in mano.

Non si curò nemmeno di nascondere la prova della sua colpevolezza, del suo essere inutile, del suo sentirsi solo ed incompatibile. Non si asciugò le lacrime, gliele mostrò una ad una mentre, meschine, scivolavano via dai suoi occhi.

Così fragile, indifeso, disperato, appariva Albus alla vista di Frederic. E non capiva, non riusciva minimamente a comprendere cosa gli fosse accaduto: avevano vinto, non era questo ciò che veramente contava?

Gli occhi chiari di Nott studiarono la lacrima sul candido viso di Albus, che scendeva sulla sua guancia per poi perdesi tra le altre. Ricatturò il suo sguardo, e gli fece male il cuore a vederlo così duro e astioso. Si sentì improvvisamente un traditore, senza sapere cosa fosse successo.

-Al…- azzardò, incapace di mantenere ancora quel silenzio tanto soffocante.

L’altro si alzò, lento, con la schiena appoggiata alla parete, senza mai interrompere il contatto con i suoi occhi.

Albus si stupì di trovarlo tanto bello, dopo tutto quello che era successo. Di soffermarsi sulle sue labbra fine e rosee. Si stupì di desiderare ancora così tanto essere lui, senza pensieri, senza turbamenti.

Si stupì quando, improvvisamente, si ritrovò davanti a lui, a pochi centimetri di distanza.

Si stupì quando la sua mano sfiorò la spilla da prefetto sulla divisa di lui, quando, per una volta, non desiderò strappargliela via.

Si stupì di posargli una carezza sulla guancia rossa, e non di tirarli un cazzotto.

Lo guardò negli occhi, ancora, due pozze celesti in due verdi smeraldo. Lo vide, il luccichio nelle sue iridi azzurre, quello di quando si capisce, di quando tutto diventa all’improvviso chiaro.

-Mi dispiace…- sussurrò uno dei due, e Albus non capì nemmeno chi dei due fosse stato, troppo preso ad odiarlo com’era.

Si stupì, quando finalmente capì che quello non era odio, che quello era un sentimento bellissimo, che quello non era null’altro che amore.

Si stupì nel sentire come Frederic ricambiasse il bacio, pieno di tutto ciò che Albus si portava dietro da anni, che in quel momento si stavano scambiando, e di come le sue labbra fossero perfettamente perfette e compatibili con le sue.

Si stupì del calore nel suo corpo, del brivido sulla sua schiena, delle lacrime che, se prima si erano fermate, ora tornavano a scivolare lungo le sue guance arrossate.

Si stupì quando si rese conto di aver sempre invidiato un ragazzo totalmente simile a lui, scosso dai suoi stessi tormenti, impaurito dai suoi stessi timori, imbarazzato dall’essere ciò che era. Albus si stupì della sua stupida Invidia per Frederic Nott, l’unico ragazzo che era riuscito a rubargli il cuore e che non poteva fare a meno di amare, odiandolo.
















Angolo Autrice:

Seeeeecondo capitolo! Che ne pensate?
Fatemelo sapere in un commentino :)
Ringrazio poi i commenti del Prologo e quelli che hanno messo la fic tra le preferite/seguite, grazie mille <3
Scusate, ora devo proprio scappare, alla prossima con Rose e l'Invidia!
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