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SOUND OF SILENCE
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Cap. 8 Oh, Fuck...
Jimi Hendrix- Castles made of sand
-Mona, torna presto ok?-
La
frangia dei capelli biondi ricadevano davanti agli occhi, verdi come
i suoi, che la scrutavano preoccupati, contrastando con il sorriso,
bello come al solito, che lasciava intravedere la tipica dentatura
inglese. Lo abbracciò un'altra volta, quel pomeriggio
probabilmente
l'aveva fatto almeno un centinaio di volte, tra amici e genitori.
-Mi
raccomando, fai la brava, non cacciarti nei guai, non fumare, stai
attenta e..- Elencò scherzando sotto lo sguardo scocciato
della
ragazza; gli piaceva trattarla come una bambina, sapeva che ormai non
lo era e per questo non era affatto contrario che partisse a farsi un
viaggio, ma era preoccupato. Si fidava, certamente, di Heather, lei
si sarebbe presa cura di sua sorella. Lasciar andare due ragazze in
un continente dove non conoscevano nessuno, in un furgoncino,
però,
è un'idea bizzarra quanto irresponsabile. Sapeva che non
sarebbe
successo niente a loro, lo sentiva. Eppure vedendola salire su quel
mezzo di trasporto, crebbe in lui uno strano presentimento, che non
aveva niente a che fare con quel viaggio.
-Ti
voglio bene- furono le parole che le disse l'ultima volta che la
vide.
-Anche
io, Edan!- Poi buio.
-Aiuto!
Aiutatemi!- urlò, ma nessuno la aiutava. Era da sola e una
nebbia
oscura le impediva addirittura di guardarsi i piedi e di vedere la
strada. Aveva paura, paura di cadere dentro a un fosso o di
inciampare su qualcosa, non sapeva dove si trovava. Così si
fermò e
si strinse nelle sue braccia. Iniziò a piangere e pianse,
pianse;
pianse così tanto che stringeva forte la testa per il male
che le
era venuto, poi dall'alto si accese una luce e vide suo fratello: era
sdraiato per strada, davanti al cancello della loro casa. Si
alzò
per andare a vedere. La bocca era dischiusa e un rivolo di saliva
colava sul viso perfetto di quello che sembrava un angelo,
più che
un essere umano e comune.
-Edan?-
lo chiamò -Edan? Ehi, svegliati!-
Edan,
però, non si svegliava. Alzò lo sguardo, con
l'intenzione di
sbirciarsi intorno, mai suoi occhi furono catturati da due piccole
lucine azzurre che scintillando nel buio si avvicinavano verso di
lei.
Non
appena le luci furono abbastanza vicine, Mona capì che si
trattava
di due occhi.
Uno
strano ragazzo vestito tutto in pelle le si fermò davanti.
-Mona?-
Ma come faceva a conoscere il suo nome?
Guardò
in basso per cercare sicurezza nel volto angelico del fratello.
Si
irrigidì e non riuscì più a muoversi
quando notò che la chiara
carnagione del ragazzo era diventata di un chiaro bluastro e la
saliva si era trasformata in sangue.
Prima
che potesse dire o fare qualcosa sentì stringere la mano del
fratello sul suo collo.
Aprì
di colpo gli occhi. Un altro incubo. Non riusciva ad abituarsi. Di
solito quando si svegliava dopo una certa notte, restava sdraiata nel
letto, con gli occhi spalancati a fissare il soffitto. Quella volta
non fu così, poiché appena aperti gli occhi si
accorse che quello
che vedeva non era il suo soffitto. Sì tirò su
velocemente, troppo
velocemente: sentì uno strappo alla testa, uno di quei
dolori che
aveva avuto solo un paio di volte nella sua vita. Si mise le mani
sulla testa, cercando di fermare quel mal di tesa da dopo sbronza,
mentre, agitata, si guardava intorno. Era sopra un tavolo, nella
cucina della Hell House. Aveva addosso solo le scarpe, di fianco a
lei Axl si stava lamentando per qualcosa in uno stato di dormiveglia.
Non ci arrivò subito, le ci vollero almeno due minuti per
collegare
l'elemento A, lei era nuda su un tavolo, e l'elemento B, Axl a torso
nudo era sdraiato sul tavolo di fianco a lei. Si maledisse appena
dopo aver fatto quel tipo di ragionamento e, mentre sorgevano i
ricordi della sera precedente, pochi e confusi, si vergognò
della
sua situazione, notando che non erano da soli. La porta della cucina
era aperta e a vista sembravano esserci una quindicina di persone
collassate per terra solo nel soggiorno, più un paio in
cucina. Si
sentiva uno schifo, fisicamente e moralmente.
Cazzo,
cazzo, cazzo...
Sì alzò in
piedi e si mise in cerca dei suoi vestiti. L'aria fredda di una
mattina di fine settembre le accarezzava il corpo, mettendola di
fretta e rendendola molto nervosa. Non trovò la biancheria
intima,
solo gli shorts e la sua maglietta. Mentre si rivestiva non sentiva
soltanto il dolore alla schiena dopo aver passato una notte a dormire
su un tavolo, ma anche uno strano peso, come se qualcuno la stesse
osservando. Appena finì di infilarsi la maglietta si
girò verso il
tavolo.
Axl si era alzato col
busto, una gamba distesa sul tavolo e l'altra piegata, su cui aveva
appoggiato il braccio, e con una mano si strofinava gli occhi con
lenti movimenti, mentre la fissava.
Non sapeva che cosa dirle. Non aveva parole così rimase a contemplare il suo corpo mentre si rivestiva. Gli era piaciuto, per quel che si ricordava, ma si rendeva conto di aver fatto una cazzata. Era pentito, sì. Axl Rose era pentito di aver fatto sesso con una ragazza. Axl Rose era pentito di aver scopato Mona, la dolce Mona. Si era tanto preoccupato di tenere lontano Slash da lei e poi... Cazzo... Quando si girò verso di lui, sussultò. I suoi occhi verdi lo fissavano con astio e se lui non sapeva cosa dire, be', ci pensò lei a riempire il silenzio.
-Sei
uno stronzo!- urlò, pentendosene, dato che il suo stesso
urlo le
provocò un fastidio alla testa. Vide il rosso mettersi le
mani nei
capelli, evidentemente anche lui aveva quell'atroce mal di testa.
-Hey
non urlare!- ribatté quello, aumentando la sua rabbia.
-Non
urlare? Non urlare? Come faccio a non urlare!- continuò,
riducendo,
però, il tono di voce a un rabbioso sussurro, ma sbattendo
forte le
mani sul tavolo, facendosi male non solo alle mani, ma anche alla
testa. Sentì un brusio che si alzò e si
guardò intorno mentre
alcuni tossici si risvegliavano infastiditi, guardandola male e
lamentandosi e altri si rotolavano a terra. Vide Heather affacciarsi
sulla porta, mentre si massaggiava la testa con la punta delle dita.
-Che
succede?- mormorò senza energie.
Mona
lasciò perdere, anche se avrebbe preferito restare ad
insultare Axl.
Era stato un errore e non sarebbe mai più capitato, non lo
avrebbe
mai più rivisto. Si chiese mentalmente che ore fossero e se
per caso
era in ritardo per prendere l'aereo. Voltò le spalle e
lasciò la
casa.
Axl
si alzò velocemente, prese la sua maglietta da terra e,
mentre
correva fuori per inseguire Mona, se la infilò, sentendosela
troppo
stretta però.
Appena
fuori prese Mona per un braccio e la girò verso di lui.
Ok,
lui era in parte colpevole, ma non capiva tutta questa rabbia da
parte della ragazza: aveva iniziato lei, la colpa più grande
era
sua.
-Hey,
stai calma, io...-
-Lasciami
stare Axl, sparisci!-
Cercò
di liberarsi dalla presa del ragazzo, che però stranamente
non
voleva lasciarla andare. In ogni altra occasione avrebbe detto
“chissenefrega, ne troverò un'altra da
scopare...” Ma
non quella volta, quella era Mona, cazzo! Quella che aveva cercato di
proteggere nelle tre volte in cui l'aveva vista.
-No, Mona.-
-”No Mona” un cazzo.
Sei un idiota, bastardo, barbone, drogato, alcolizzato,
approfittatore...-
-Approfittatore? E' per
questo che sei arrabbiata? Perchè io avrei approfittato di
te? Be',
sei tu che hai approfittato! Anche io ero ubriacoe tu hai iniziato!-
-Avresti dovuto
allontanarmi! Ma no, voi uomini siete tutti uguali. Specie voi
tossici!-
Axl non si sarebbe mai
aspettato che una voce tanto velenosa potesse uscire dal quella rosea
bocca. Gli stava addossando tutta la colpa, era ingiusta, ma quello
che lo fece K.O. Fu quel “tossico”, che aveva
pronunciato con
tanto disprezzo, perchè lui non era tossico, o per lo meno
credeva
di non esserlo.
Mona d'altra parte era
molto nervosa, sapeva che stava esagerando, dopotutto si rendeva
conto la colpa era soprattutto sua. La vergogna della situazione,
però, bloccava la sua razionalità e si accorse
che forse aveva
esagerato, quando vide Axl paralizzarsi.
Si liberò dalla sua
presa, che si era fatta debole e se ne andò. Si sentiva in
colpa, le
era sembrata una persona a posto, quando l'aveva rivisto, quando sul
pullman aveva allontanato quel maniaco da lei. Avrebbe voluto che
fosse finita in un altro modo, voleva avergli detto: “grazie
Axl,
per avermi salvato da uno stupro, grazie per essermi stato vicino e
non aver pensato che sono una pazza che va a confidarsi con gli
sconosciuti”.
-Ehi, Alex, giusto?-
-Che cazzo vuoi?- si
girò verso il malcapitato, incenerendolo con lo sguardo.
Non lo conosceva, e
sembrava abbastanza timoroso di rivolgersi a lui.
-Ehm... Mi dicono che
questa è la borsa di quella ragazza..- disse mostrando una
borsa
nera.
Gliela strappò dalle
mani e, infuriato, urlò:
-HEY CENERENTOLA, HAI
DIMENTICATO LA BORSA!-
Ma Mona era già troppo
lontano per sentire.
-Fottiti, te e la tua
borsa- concluse lanciandola per terra.
Tossico, tossico a lui?
Come cazzo si permetteva? No, non solo, come cazzo si permetteva lei
di rivolgersi con quel tono, con quelle parole a LUI? Che ne sapeva,
lei?
-Che cazzo hai ancora da
guardare, eh, moscerino?-
-Alex..-
-Mi chiamo Axl coglione.
Chiamami ancora Alex e ti spacco la faccia, merda!-
-Scusa.- si affrettò a
dire il giovane ragazzo, si vede che non era un frequentatore
abituale della Hell, se no si sarebbe tenuto lontano da Axl in quella
situazione. -E' solo che hai la mia maglia.. e la vorrei indietro.-
Axl si guardò. Ecco
perchè mi sta stretta.
-La tua maglia? Vuoi la
tua fottuta maglia? Ficcatela nel tuo culo la tua maglia!
Vaffanculo!- strillò, togliendosi e lanciandogli in faccia
la
maglia.
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Ci
credete che è già ottobre? Io sono rimasta ancora
alla fine di Agosto e penso che vado a scuola solo per dei recuperi :O.
Eh.. il tempo passa veloce. Detta questa cosa completamente inutile, ma
che serve a giustificarmi, in un certo senso, voglio-come al solito-
ringraziare quelli che seguono la storia e che recensiscono, mi paice
sentire i vostri pareri ;).
Al prossimo capitolo!
PS: Non sapevo come intitolare questo capitolo XD Questa volta non volevo mettere lo stesso titolo della canzone di riferimento e non ho molta fantasia...