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Autore: Stella94    11/10/2011    4 recensioni
Dal primo capitolo:
"La vita può cambiare.
Da un momento all'altro può portarti ad essere diversa, a vivere in modo diverso.
Perchè la vita non è un continuo fluire di giorni monotoni già prescritti.
La vita è scelta.
La vita è rinuncia".
Spero vi piaccia è un JinxLili.
Mi raccomando recensite! Buona lettura!
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emily Rochefort, Jin Kazama, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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primo cap boh       Alla mia migliore amica Charlotte94
          Che sopporta ogni mia pazzia
            Ed apprezza ogni mia storia.
Purtroppo però vuole sapere sempre tutto prima del tempo!
                                                                                                                                                                                                                                         
                                                                         
 Changed
 
                                                                                       
 
                                                            6

                                                                                 
    Nightmare



Tutte le notti lo stesso macabro, raccapricciante incubo.
Era quasi diventato un rituale al quale non sapevo sfuggire. Sotto le mie palpebre serrate, cominciavano a delinearsi sprazzi di immagini sconnesse.
Volti che non sapevo decifrare. Parole frammentarie, quasi codificate. Implorazioni, urla, paure...
E quell'odore che nel sogno sembrava esalare nell'aria la sua acre consistenza. Un olezzo forte, disgustoso, impetuoso, omicida.
Assassino, come quel volto che ogni notte si formulava nelle mie membra. Riuscivo a sentire il peso del suo corpo, la morsa che in me gettava panico e terrore, la sensazione claustrofobica di essere nel mirino della morte.
E quella notte lo rividi. I suoi occhi gelidi come ghiaccio, i suoi capelli grigi come lame di un coltello affilato, e la sua espressione... quella di chi non ha pietà, quella di chi non conosce pietà.
Era l'uomo nero dei miei incubi.
Veniva a farmi visita regolarmente, ricordandomi quasi di essere un ospite nel mio stesso sogno. Un ospite ingrandito e una pietanza da gustare lentamente.
A lui non sapevo mai sfuggire. Mi trascinava nel suo limbo di perdizione e morte. Mi trasportava nell'ignoto, sussurrandomi una sorda minaccia al quale mi ritraevo a fatica.
Ed ogni volta vedevo qualcosa di nuovo. Una cicatrice, il colore della sua pelle, una fascia rossa sul braccio sinistro, un andatura lenta ma percettibile anche ad un sordo.
Mi beffeggiava, mi tramortiva semplicemente con la sua mole, mi tormentava e rideva. Rideva a crepa pelle, ma non per compiacersi. Era un ghigno di puro sadismo, di pura perversione. Era il sorriso del diavolo.
Lui era il diavolo. Nelle mia testa è così che immaginavo il suo volto.
Anche se mi appariva offuscato, quasi come una macchia. Una macchia d'olio che si espandeva giorno per giorno.
Olio caldo e viscido che scorreva sul il mio corpo. Mi toccava senza riservo. Sulle gambe, sul addome, sul seno.
Sentivo la sua lingua percorrere la mia pelle. Quasi come un'anguilla si faceva largo viscida e vischiosa.
Arrivava al mio collo e li mi stringeva, mi soffocava, mi faceva mancare il respiro. I polmoni a corto d'aria erano un insolito macigno sul petto. Cominciavo a sudare e urlavo in silenzio.
Ero sola, sempre sola. Nessuno sentiva le mie urla, nessuno aveva orecchi. E lui rideva sempre, sempre.
Rideva e mi stringeva. Osservandomi con le sue iridi prive di espressione, quasi come se non avesse un'anima.
E tra le sue grida quella notte mi svegliai urlando.
Sbarrai gli occhi cercando di prendere aria e colmare i miei polmoni in subbuglio. Mi rilassai appena quando mi accorsi di essere stata vittima di un plagio di Morfeo. Ma la macabra sensazione che quell'uomo fosse reale, rendeva il mio sogno solo una lontana e quasi irrealizzabile prerogativa.
Mi toccai i capelli al di sopra della ferita quasi rimarginata. Erano giorni che non portavo più quella squallida fasciatura, e quasi mi sembrava come se in realtà mancasse qualcosa.
Riscoprii i miei fili di grano umidi. Come lo era il mio volto e gran parte del mio corpo. Cercai di rilassarmi, raccontando a me stessa di essere al sicuro. Ma non mi sentivo al sicuro.
Almeno non li, non sul divano di Jin.
Mi alzai con fatica, barcollando come un claudicante. Alla cieca cercai il frigo e presi da bere. Ma dietro alle mie spalle una gelida presenza mi intorpidiva i sensi. Vidi un'ombra, mi girai di scatto. Era ancora una fantomatica presenza.
Scrutai il circondario, attentamente. Silenzio, solo silenzio. Le pareti tacevano eppure io lo sentivo ancora ridere.
Con mia estrema disgrazia mi accorsi che tutta la casa era piena di ombre. Ombre che si muovevano, ombre che mi deridevano, mi afferravano, mi schiacciavano sotto il loro peso.
Con la paura nel cuore e nelle mente, lasciai il bicchiere ricolmo d'acqua e corsi frastornata verso la stanza di Jin.
Il petto era solo un palloncino che non voleva mai gonfiarsi, le gambe burro fuso, caldo e lattiginoso. Inappropriato per reggere il mio peso.
Nel buio notai il corpo di Jin. Dormiva beatamente, tra le distese immacolate di chissà quali miraggi. Il suo corpo che si muoveva lento a ritmo del suo respiro, mi tranquillizzò l'animo.
Per un attimo pensai di essere in procinto di qualcosa di davvero stupido. Non potevo  con lui, non potevo neppure avvicinarmi a lui.
Mi avrebbe afferrata? Soffocata? Derisa come l'uomo dei miei sogni?
Ebbi un fremito quando lo vedetti smuoversi. Sulla soglia della porta avvertì ancora quell'insolita presenza strisciarmi dentro come un fantasma. Come se potesse prendere possesso del mio corpo. Giocarci per poi gettarlo, lontano.
La dove Jin non sarebbe arrivato.
Un brivido mi colse alla sprovvista. Senza rendermene conto le mie gambe si mossero da sole raggiungendo il letto.
Sfiorai il bordo con le ginocchia. Percepii la morbidezza del cotone bianco, il calore del suo corpo.
Mi accorsi solo allora che volevo quel calore. Ne avevo bisogno. Che quell'angoscia non sarebbe svanita, che il mio malore si sarebbe pacato solo tra le sue braccia.
Ed il cuore tumultò più forte. Come un tamburo nelle mie orecchie sembrava beffeggiarsi delle mie stesse elucubrazioni.
Ricordandomi quanto fosse labile il confine tra ragione e sentimenti, tra l'amore e l'odio, tra la paura e la pace.
Con estremo stupore lo sentii mugugnare qualcosa. Aprì gli occhi neri lentamente per poi sbarrarli quando si accorse della mia insolita presenza.
Alla vista delle sue iridi di buio crollò alla svelta il mio autocontrollo. Come se avesse improvvisamente svelato qualcosa di me che volevo tenere nascosto. Come se una parte di me ora gli appartenesse per sempre.
Cominciai a singhiozzare, perché nelle ombre quell'immagine del male non voleva lasciarmi libera.
Nell'incertezza accese la luce dell'abatjour posta sul comodino, dando un volto alle mie lacrime ed un'angosciosa realtà lo pervase.
Nella luce soffusa nel suo sguardo vi lessi preoccupazione e disagio. Agii d'istinto.
Mi buttai tra le sue braccia che non mi attendevano. Mi sedetti su di lui a cavalcioni, mentre lo stringevo con tutte le mie forze, con tutte quelle che ancora avevo.
<< Ma che è successo? >>
I miei singhiozzi furono l'unica risposta. Troppo agitata per parlare, troppo emozionata per rispondere.
Nascosi il viso la dove il collo e la spalla si incontravano. Fu allora che diedi un'immagine al suo profumo.
Forte e deciso, come quello impercettibile delle distese innevate. Dolce e caldo come quello di un tulipano rosso.
Denso e trasparente come miele. Inafferrabile come il vento.
Neve, tulipano, miele, vento. Jin.
Il mio Jin, quello che solo io potevo percepire, quello che solo io potevo aver afferrato.
<< Vuole farmi del male. Lui vuole farmi del male. >>
Piansi disperata, oltre me stressa. Confusa, agiata, persa ancora nei miei incubi che credevo tanto reali.
Mi strinse forte, mettendo le mani dietro la mia schiena. Possessivo.
Allora allacciai con maggiore intensità le braccia al suo collo, certa che avrebbe ricambiato. Che mi avrebbe protetta.
<< Chi vuole farti del male? >>
<< L'uomo con la cicatrice. L'uomo con la cicatrice. >> Lo ripetetti due volte nel momento in cui mi accorsi che non conoscevo il suo nome. Non sapevo chi fosse, ma era reale.
Per me lo era, io lo sentivo.
Ed ebbi la bislacca sensazione che fosse reale anche per Jin, nel momento in cui mi passò un mano dalla schiena ai miei capelli. Sfiorò la mia ferita ma senza oltraggiarla. Li accarezzò piano, amorevole, per trasportami nei suoi sogni, la dove quell'uomo non poteva raggiungermi.
Quando ripresi a respirare mi accorsi che non stavo più piangendo.
<< Non c'è nessun uomo qui. E' stato solo un incubo. >>
Scossi la testa guardandolo negli occhi, dove io non potevo mentire, non sapevo sfuggire.
Mi apparvero nuovi. Quasi come se quello che mi trovavo di fronte fosse un nuovo Jin. Quello che non avevo mai visto.
Mi osservò in profondo, scavando nelle mie iridi color mare. Imbarazzandomi, facendomi desiderare di essere lontana.
Ero una stupida.
<< No, Jin. Lui viene sempre. Lui vuole farmi del male. Mi tocca, mi tocca dovunque. >>
E proprio li, nel mezzo delle sue pupille intravidi una scintilla. Come se all'improvviso avesse compreso, come se mi stesse capendo.
Anche per lui era diventato reale.
Aggrottò la fronte, prestandosi al silenzio. Non seppi reggere il suo sguardo, mi nascosi di nuovo tra il suo collo.
Neve, tulipano, miele, vento. Jin.
Ancora il suo profumo, come gocce di un elisir d'oro e d'argento. Alcolico come vino, inebriante...
<< Io non voglio che lui mi tocchi. Ma non mi ascolta. Mi fa del male. >>
Solo carezze. Paterno.
Fra i miei capelli le sue dita sembravano denti di una spazzola d'acciaio. Emanavano un carezzevole torpore, come quello di una fiammella di una candela.
Davano luce. E nel buio per la prima volta seppi vedere. E riconobbi il mio stesso volto. Il volto di chi non ha un passato e teme allo stesso tempo di scoprirlo.
E vidi ancora quell'uomo. Ora più lontano, ma onnipotente  e minaccioso nella sua piccola figura.
<< E' solo un incubo, Eri. Basta piangere. >>
Ma sapevo che da qualche parte mi stava aspettando. Sapevo che aspettava potermi afferrare nelle tenebre e imprigionarmi tra l'oscurità di un incubo.
Guardai Jin nei suoi occhi, ora puntinati di stelle. Cercai di respirare, di convincermi che tra le sue braccia niente avrebbe potuto ferirmi. Lo sapevo e volevo che anche lui lo sapesse.
<< Mi dispiace averti svegliato. >> Mugugnai asciugandomi il viso umido di stille salate << Sono una stupida e anche infantile. Sono un disastro. >>
Abbassai lo sguardo puntandolo sulle lenzuola. Le braccia scesero lungo i fianchi, l'abbraccio si sciolse.
Mi annebbiò l'orrenda sensazione di abbandono.
<< Non preoccuparti. Ormai credo di essermi abituato ai tuoi sbalzi isterici di umore. >> Alitò con noncuranza << Ora però torna a dormire. >>
C'era qualcosa che ancora mi teneva ancorata sulle sue gambe. Mi accorsi con stupore che non volevo andare via.
Che non volevo tornare a dormire.
Che quel momento si fermasse per sempre. Che fosse così. Semplicemente io e Jin. Io e lui.
Lui. Neve, tulipano, miele, vento.
Il mio respiro era il suo profumo. Il mio narcotico era il suo profumo. Il mio più bel sogno era il suo profumo.
E non potevo stare senza il suo profumo. Senza i suoi occhi che mi guardavano, senza il suo corpo che mi stringeva.
Sapevo che quell'uomo sarebbe tornato.
Ebbi il coraggio di perdermi ancora nei suoi occhi e credo che nello stesso istante lui si perse nei miei.
La mia mano fini candita e leggera sul suo collo. Lentamente, quasi da renderla una carezza.
Lo riscoprì disarmato e incerto. Mi lasciò fare, curioso ed impacciato.
Mi avvicinai al suo viso. Il suo respiro sulle mie labbra che solleticava la mia essenza proibita.
Ma per quanto in quel momento desiderassi sfiorarle, deviai la mia destinazione appoggiando la mia testa sulla sua spalla.
Ancora.
Neve, tulipano, miele, vento. Jin.
<< Posso restare qui con te? >> Sussurrai sfiorando il suo lobo con le labbra.
Lo sentì fremere interdetto. Fui infastidita quando mi accorsi che da quella posizione non potevo osservare il suo viso.
Lo immaginai imbarazzato.
<< Non credo che sia una buona idea. >>
Affermò lui, lasciandomi l'amaro in bocca di una risposta non certa. Come una lama a doppio taglio.
Scollegato dalla realtà, immerso nelle sue elucubrazioni, mi scostò brusco, mettendomi a sedere sul letto.
Ma non volevo arrendermi. Perché li, sul qual divano, l'uomo dei miei incubi sarebbe ritornato.
<< Ti prego. Ho così tanta paura. Non riuscirei a chiudere occhio. >>
Deglutì, fissandomi da capo a piedi. Solo allora mi accorsi del mio reale stato. Avevo indosso solo una vecchia t-shirt di Jin che mi arrivava a stento al linguine. Capelli ridotti ad un mucchio incolto di fili di grano, occhi gonfi e rossi.
Non dovevo essere un bello spettacolo. Mi sentì nuda sotto il suo sguardo indagatorio.
Ebbi vergogna di me stessa. Afferrai un lembo della maglia tirandolo, cercando di renderlo più lungo possibile.
Ma non ci fu una grande differenza. Improvvisamente mi sembrò tutto sbagliato.
L'ombra di Christie si fece spazio nelle mie membra. Il volto di Jin mentre mi ingiuriava, la sua espressione di pura rabbia.
Ma ormai non potevo tornare indietro. L'avevo già detto e anche pregato. Valeva la pena allora andare fino in fondo.
<< Non ti darò fastidio. Promesso. >>
<< Fa come ti pare. >> Si arrese. << Basta che non ti appiccichi. >>
Ghignai soddisfatta. Avrei tanto voluto conoscere quali fossero i suoi reali pensieri.
Spese la luce dell'abatjour, rimettendosi supino sotto le coperte. Io feci lo stesso, inebriandomi della sensazione di essere con Jin. Nel letto di Jin.
Era comodo il suo letto. Morbido e caldo come bambagia. Appoggiai la testa al cuscino e mi persi a fissare il suo volto trasognato. A palpebre chiuse sembrava un angelo. Dolce come marzapane. Aveva perso quella sua espressione da eterno duro e scontroso. Sembra un normale ragazzo. Un ragazzo e basta.
Mi accorsi che volevo toccarlo, sfiorarlo, accarezzarlo. Volevo renderlo mio.
E sentire ancora il suo profumo. Perdermi nelle sue braccia. Dove nessun incubo mi avrebbe mai raggiunto.
Non seppi arrestarmi. Mi avvicinai, fino ad incassare la mia testa sul suo petto nudo e stringerlo con le mia braccia, sicuro che stesse dormendo.
Subito una sensazione di pace e armonia mi invase funesta. Un calore inebriante infiammò le mie gote.
<< Avevo detto di non appiccicarti. >>
Mi allarmai e sorrisi allo stesso momento quando mi accorsi che era ancora sveglio. Ma tutti sanno quando può essere sfacciatamente insistente Lili Rochefort.
E anche se in qual momento ero Eri, niente avrebbe scalfito il mio vero Io.
Gli accarezzai delicatamente una guancia sorridendo ancora. << Sogni d'oro, Jin. >>
<< Anche a te. >> Rispose solamente. Poi l'inaspettato. Una sua mano giunse sul mio fianco. Lo strinse. Ancora. Possessivo. Amorevole. Paterno.
Fu allora che capì che quello era il mio posto. Tra le sue braccia, con il suo respiro caldo sulla pelle. Respirando il suo profumo.
Neve, tulipano, miele, vento. Jin.
Un'inaspettata gioia mi pervase. Nessun incubo mi avrebbe più afferrato. Fin quando Jin mi avrebbe tenuta stretta io sarei stata al sicuro...



Il trillo del campanello fu come una sveglia. Quella mattina aprì gli occhi in modo diverso. Decisamente...
I raggi del sole che penetravano dal balcone, mi riscaldavano il volto, pizzicandolo.
Dietro alla mia schiena avvertivo ancora il calore di Jin. Il suo amato profumo.
Un suo possente braccio mi cingeva i fianchi. Lo tenevo stretto a me con una mano e piano l'accarezzai.
Quella mattina mi risvegliai in modo diverso, perché quella mattina ero felice.
E risi. Illuminando il mio volto di una luce che credevo perduta.
Il campanello suonò ancora e fece destare Jin dai suoi sogni. Mugugnò qualcosa che non compresi a pieno.
<< Eri, vai ad aprire tu. >> Mi ordinò poi. La voce ancora impastata dal suo torpore.
Non avevo gran voglia di alzarmi ma dovetti farlo. Con rancore abbandonai quel giaciglio caldo ed accogliente, avviandomi verso la porta. Ero ancora felice.
Inciampai sul qualcosa ma riuscì ad evitare una rovinosa caduta. Giunsi alla porta con trepidazione. Credevo che fosse Asuka e non vedevo l'ora di raccontarle ciò che era accaduto.
Ma il mio sorriso divenne un ghigno perplesso quando di fronte a me si palesò la figura di una bellissima ragazza.
Capelli castani lucidi e morbidi raccolti in una lunga coda di cavallo. Occhi da cerbiatto ma penetranti come quelli di un gatto. Pelle ambrata ed un fisico scolpito da ore e ore di palestra.
Schiusi la bocca nel momento in cui il mio ingegno mi suggerì una direttiva. Ma non volli ascoltare, non volevo sapere.
Mi scrutava con un'espressione impenetrabile. Sembrava una statua. Una Venere certa del suo fascino.
<< Tu devi essere Eri? >>
Feci un breve assenso con la testa. Quella strana sensazione di vergogna questa volta fu più funesta. Ripresi ancora tra le mani i lembi della maglia che indossavo, cercando inutilmente di allungarla.
Avevo freddo.
<< Io sono Christie. La fidanzata di Jin. >>
E in un attimo non fui più felice.


CONTINUA...

Be' che dire? Un capitolo molto inteso e romantico sotto un certo punto di vista.
Peccato che la guastafeste Christie è arrivata al momento poco opportuno. Cosa succederà adesso? Prevedo una guerra fredda senza esclusioni di colpi.
Mi raccomandi recensite ci conto!!
Kiss kiss

                                                                                                                                               
Stella94







   
 
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