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Autore: xenascully    14/10/2011    2 recensioni
Quando il loro intrepido Capo scompare, la squadra di Gibbs si impegna per trovarlo prima che il suo tempo giunga alla fine...
Genere: Generale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Erano quasi a metà strada per D.C. Tony era seduto accanto a Ducky davanti. Tim era seduto dietro, appoggiato pesantemente contro la portiera. Anche Tony era in silenzio. Ma solo perché stava parlando Ducky…parlava davvero tanto.

Dall’angolazione dello specchietto dalla parte del Dr. Mallard Tony poteva vedere Tim accasciato contro la portiera della macchina. Qualcosa gli diceva di continuare a controllarlo. Il ragazzo non aveva detto più di due parole da quando erano entrati in autostrada. Il suo sguardo era fisso da qualche parte sul finestrino.

Circa all’ottava occhiata, lo vide impallidire, considerevolmente. Il suo viso si fece dolorante. Tony si voltò. “Stai bene, McGee?” Chiese. Tim lo guardò momentaneamente negli occhi, poi li serrò e rilasciò un gemito quasi impercettibile. “Accosta, Ducky.” Disse Tony.

“Cosa?” Chiese il dottore.

“Accosta e basta!” Ripeté Tony, seriamente.

Ducky fece come gli era stato detto, lanciando una breve occhiata a McGee dove sembrava che fossero fissi gli occhi di Tony. All’improvviso capì cosa stava succedendo.

Tim si affrettò ad uscire dalla macchina prima che Tony avesse avuto l’occasione di aiutarlo. Si allontanò di qualche metro prima di afferrare il guardrail, chinandosi in avanti, svuotando completamente lo stomaco sull’erba.

Tony fece una smorfia e si avvicinò all’amico appoggiandogli una mano sulla spalla. “Meglio?”

Tim prese qualche profondo respiro, poi annuì. “Grazie.”

“Nessun problema. Non era la prima volta che noto i segni premonitori con te, no?” Gli sorrise lievemente squadrandolo. “Stai bene? Dobbiamo portarti indietro?”

“Sto bene. Sono certo che è tutta colpa della commozione cerebrale.”

“Giusto.”

“Qui, Timothy.” Ducky si avvicinò con una bottiglietta d’acqua.

“Grazie.” McGee la accettò e si sciacquò la bocca prima di sputare l’acqua oltre il guardrail.

“Aspetterò in macchina.” Gli disse Ducky. “Non ci vorrà ancora molto per arrivare a destinazione.”

Tony lo guardò tornare in macchina, poi si voltò verso McGee. “Pronto? O ti serve ancora un po’ di tempo?” Chiese.

“Credo di star bene, adesso.” Replicò lui, poi lo guardò in viso. “Grazie di non avermi reso la cosa più difficile.”

Tony si sentì improvvisamente colpevole. “Scusa se ti ho reso le cose difficili prima.”

“Va bene…”

“No, invece.” Ritorse lui. “Ho la tendenza a reagire in alcune situazioni come mio…” Si fermò, deglutì e distolse lo sguardo per un momento. Era una cosa personale, ma aveva bisogno che Tim capisse perché ogni tanto era quello che era. “Come alcune persone reagivano a me in quelle situazioni.” Decise di dire. “Immagino che alcune cose divengano parte di te, a dispetto di come ti facevano sentire, perché non conosci nessun altro modo di reagire…”

McGee fissò il suo amico per un momento. “Beh, hai fatto un bel lavoro, stavolta.” Sorrise. “La cosa è un po’ preoccupante, in effetti…tu gentile.”

“Cavolo, grazie, Pivello.” Fece una smorfia.

Tim rise. “Solo perché non capita spesso, Tony.” Chiarì. “Ma di certo è apprezzato. Quindi, grazie…”

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La prima cosa che Ziva notò quando riprese conoscenza, fu il fatto che poteva di nuovo respirare. La seconda, fu il dolore. Non era orribile, ma abbastanza da farle sapere che, in effetti, era ancora viva. Il fatto che il dolore non fosse orribile, le fece avere una terza illuminazione, che dovevano averle dato degli antidolorifici. Il che la fece finalmente arrivare alla conclusione finale, prima di aprire gli occhi per verificare, che si trovava in ospedale.

“Ziva?” La voce gentile di Gibbs risuonò al suo fianco, e lei aprì gli occhi. “Sei con me?” Lei annuì. “Sai dove sei?”

“Ospedale.” Replicò, vergognandosi di quanto la sua voce era debole.

“Ti ricordi cos’è successo?” Chiese lui.

Lei annuì di nuovo. Si ricordava ogni momento, fino a quando Vance era arrivato e le aveva parlato. Il che le fece ricordare la domanda che si era posta prima di svenire. Il monitor accanto a lei cominciò a suonare più rapidamente, mostrando il battito cardiaco che accelerava per l’ansia.

“Cosa c’è?” Chiese Gibbs, appoggiando una mano sopra la sua. “Cosa c’è che non va? Stai soffrendo?”

“Tony.” Disse lei, incontrando i suoi occhi. “Era insieme a Berk…non l’ho visto…”

Gibbs vide l’apprensione nei suoi occhi e capì cosa doveva aver creduto. “Tony sta bene.” Le disse. “Come tutti noi. Anche se, a te è andata peggio, e per questo, mi scuso.”

Lei si rilassò un po’; il battito cardiaco tornò normale. “Stai infrangendo la tua stessa regola, Gibbs.” Fece un sorrisetto. “Non mi dispiace. Se non fossi uscita, saremmo morti tutti. Il Direttore Vance non sarebbe arrivato in tempo per disinnescare la bomba.”

Gibbs le sorrise, appoggiandole una mano sulla fronte scostando qualche ciuffo di capelli. “Sei stata brava.” Le disse. “Sono davvero orgoglioso di te, Ziver.”

“Sono stata addestrata per cose come questa, Gibbs.” Sollevò le sopracciglia.

“Non cambia nulla.” Ritorse lui. “Ti hanno sparato a distanza ravvicinata, ti sei rialzata, e hai fatto ciò che hai fatto…Non si può essere addestrati a fare una cosa simile.”

“Ho fatto ciò che dovevo per salvare la mia squadra.” Replicò lei. “La mia famiglia.”

La bocca di lui si incurvò all’insù da un lato e lui si chinò per baciarle la fronte. Ziva chiuse gli occhi in quel momento, beandosi del fatto che quest’uomo, che lei considerava un padre migliore di quanto suo padre biologico avrebbe mai potuto essere, ci teneva davvero a lei. Riaprì gli occhi quando le sue labbra lasciarono la sua pelle, e incontrò i suoi occhi.

“Allora,” sospirò “che danni ha causato il proiettile?”

“Ti ha rotto una costola.” Le disse. “Poi quella costola ti ha perforato un polmone. Ti hanno rimesso a posto, però. Avevi perso molto sangue, ma ti hanno fatto una trasfusione. Dovresti poter uscire di qui già domani o dopodomani, a quanto dice Ducky.”

“Tutti gli altri stanno bene?” Verificò lei.

“Ora che tu stai meglio.” La voce di Tony risuonò dal corridoio, e Ziva spostò gli occhi in quella direzione. Anche se Gibbs le aveva assicurato che stava bene, vederlo la rallegrò immensamente. Lui sorrise e si avvicinò al letto. “Ducky sta lasciando McGee al suo appartamento. Voleva venire a trovarti, ma non si sente molto bene. Niente di cui preoccuparsi però. Solo un paio di cose collegate alla commozione cerebrale…Ducky dovrebbe passare più tardi.” Le prese la mano libera con la sua. “Come ti senti?”

“Sto bene.” Gli sorrise. “Sono felice che anche tu stia bene. Ero…preoccupata…quando Vance mi ha detto che eri venuto insieme a Berk.”

“Beh, niente di cui preoccuparsi.” Sorrise, anche se poi tornò serio. “Mi dispiace di non essermene accorto…Mi dispiace di averlo portato lì, Zi. Te la saresti cavata bene, non mi fossi presentato.”

“Non potevi saperlo.” Gli strinse la mano. “Nessuno di noi poteva. È parte del motivo per cui ho abbassato la guardia. Ma non è più importante ormai. Lui è morto, noi siamo vivi.”

“Sì. Grazie, a proposito.” Sorrise, poi si chinò a baciarle la guancia.

“Avresti fatto lo stesso per me.” Replicò lei, dolcemente. “In effetti, l’hai fatto. Tutti voi l’avete fatto.” Disse, poi si volto a guardare Gibbs…

 

Ah, scene come questa mi scaldano il cuore! Al prossimo capitolo! XD

  
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