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Autore: Unsub    17/10/2011    4 recensioni
Due persone completamente agli antipodi, come vivono le medesime emozioni? Cosa ci porta ad innamorarci di una persona? A volte la normalità della vita quotidiana porta un po' di luce in fondo al tunnel.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Morgan, Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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19 Capitolo 19.

Quantico, Virginia
Fermò la macchina sotto casa di lui e spense il motore, appoggiandosi allo schienale con un sospiro. Era passata a comprare caffè e ciambelle, pensando che gli avrebbe fatto piacere mangiare qualcosa appena alzato. Si morse il labbro nervosa, dicendosi che forse non era stata una buona idea. Era sparito per una settimana senza chiamarla, senza farle avere notizie e lei si era sentita persa e abbandonata.
Non sapeva neanche lei dove avesse trovato il coraggio di lasciargli quel messaggio in segreteria il giorno prima. Il loro rapporto non le era ben chiaro e, a volte, si sentiva di troppo. Le aveva chiesto di essere la sua ragazza e avevano cominciato a frequentarsi con regolarità, ma la vita di lui era ancora avvolta nel mistero. Non le parlava mai del suo lavoro e dei suoi colleghi, come se il loro rapporto e la sua vita fossero due cose distinti destinate a non incontrarsi mai.
Era per quello che non lo aveva chiamato sul cellulare, timorosa che lui fosse in compagnia dei suoi colleghi e che magari si potesse sentire scocciato di quell’intrusione, forse si sarebbe addirittura arrabbiato. E così aveva finito per passare le serate davanti al telefono sperando che squillasse, che lui si ricordasse di lei e che decidesse di farle sapere che stava bene. Sentì una lacrima scenderle lungo il viso, mentre rifletteva che, nonostante lui l’avesse definita la “sua” ragazza, lei era come un’estranea che ogni tanto entrava di straforo in un mondo dove non era bene accetta.
Quel periodo senza sentirlo le aveva chiarito determinati fatti. Si era innamorata e probabilmente il sentimento non era ricambiato, quindi era inutile esternare i propri sentimenti. Tirò giù il parasole e cercò di sistemarsi guardandosi nel piccolo specchio, era contrariata da quelle occhiaie scure che rivelavano quanto poco avesse dormito negli ultimi giorni.
Voltò gli occhi verso le finestre dell’appartamento di Spencer, pensando che c’era stata solo una volta, quando lui aveva insistito per prestarle subito un libro di cui avevano parlato per tutta la serata. Era rimasta una decina di minuti mentre lui cercava il tomo “incriminato”, rimanendo ferma vicino al divano e guardandosi intorno con occhio indagatore. L’appartamento era in ordine, ma sembrava stranamente impersonale, come se lui si limitasse a starci quando non aveva niente di meglio da fare. Non aveva quell’aria vissuta che di solito hanno le case, c’erano delle lauree appese alla parete, ma niente fotografie. Ne aveva viste un paio su una delle numerose librerie, che strabordavano di volumi. Non si era avvicinata, pensando che sarebbe stata una specie di intrusione chiedergli chi fossero le persone nelle foto con lui. Dopo che lui aveva trovato quello che cercava e glielo aveva consegnato, si era offerto di riaccompagnarla a casa vista l’ora tarda.
Scese dalla macchina afferrando la scatola e le due tazze che aveva comprato allo Starbucks che frequentavano di solito. Era molto abitudinari nelle loro uscite. Sempre la stessa caffetteria, sempre lo stesso cinema, sempre lo stesso parco. Si ritrovò a riflettere che anche quello era un modo per chiudere la loro relazione dentro una specie di campana di vetro, non c’era possibilità di fare incontro fuori dall’ordinario. Dopo due mesi, l’unico collega e amico del suo ragazzo che aveva conosciuto era Derek Morgan, il vicino di casa di sua cugina.
Con Fanny non aveva più affrontato l’argomento Spencer. Non che lui le avesse chiesto di mantenere il riserbo, ma avvertiva che se lui non aveva voluto parlarne con Morgan sarebbe stato indelicato da parte sua parlarne con sua cugina. Aveva timore che lei potesse parlarne con il ragazzo moro e che questi potesse andare da Spencer per parlare della loro relazione, era convinta che la cosa non avrebbe fatto piacere al ragazzo. Così si era chiusa alle spalle la possibilità di chiedere consiglio a chiunque su quella storia, piegandosi a quelli che supponeva fossero i desideri di lui.
Si disse che era meglio così, a conti fatti. Prima o poi sarebbe stata lasciata e le sarebbe già stato pesante riuscire ad uscirne con il cuore spezzato, senza dover dare anche spiegazioni a qualcun altro sul fatto che lei e Spencer non stavano più insieme. Mille cose le frullavano nella mente mentre si avvicinava al portone. Aveva ventisei anni ed era ancora vergine, non aveva mai incontrato un ragazzo con cui avesse provato il desiderio di vincere la sua naturale timidezza in certi ambiti. Di solito i ragazzi che frequentavano, per quanto calmi e tranquilli come lei, finivano per farle capire che volevano andare “oltre” e lei si ritrovava scaricata in un battibaleno appena saltava fuori la storia della sua inesperienza nel settore.
Con Spencer era diverso, lui non aveva mai allungato le mani e si erano limitati a qualche bacio senza che lui mostrasse interesse ad andare oltre. Forse non la trovava abbastanza attraente. Le uscì un altro sospiro dalle labbra: lei provava una forte attrazione per lui, anche a livello fisico, ma era troppo timida per fare il primo passo. E se poi lui avesse riso di lei e della sua verginità? Chi voleva sobbarcarsi una perfetta imbranata che non sapeva neanche da che parte incominciare?
Il portone era socchiuso e lei entrò nell’androne delle scale con passo incerto, mentre affogava ancora in un mare di pensieri che la portavano sempre alla medesima conclusione: era una tappabuchi, lui la chiamava solo quando non aveva niente di meglio da fare. Eppure a lei andava bene anche così, purché lui non uscisse completamente dalla sua vita era disposta ad essere solo un ripiego. Si impose di mandare via quel groppo che sentiva alla gola e di comportarsi normalmente, non voleva certo che lui decidesse che non voleva una piagnona fra i piedi.
Fece a piedi i due piani fino all’appartamento di Spencer, aveva evitato l’ascensore per darsi il tempo di ricomporsi prima di arrivare da lui. Si fermò davanti alla porta e prese un lungo respiro, mentre allungava la mano libera verso il bottone del campanello. Avvertì dei rumori dietro la porta chiuso e poi l’uscio finalmente si aprì, mostrando uno Spencer stupito che la guardava sbattendo le palpebre mentre teneva nella mano libera il telefono.
-    Ciao, stavo per chiamarti – disse sorridendole.
-    Scusami, avevo pensato di portarti la colazione – distolse lo sguardo preoccupata di una suo eventuale reazione negativa a quell’iniziativa – Forse dovevo chiamarti prima… oppure aspettare che mi chiamassi tu.
-    Entra – il sorriso ancora stampato sulle labbra – E’ una bella sorpresa. Grazie per la colazione.
-    Niente.
Si avviò decisa al tavolo e posò i contenitori sul ripiano, mentre si voltava lentamente ad osservarlo. Aveva addosso ancora i pantaloni del pigiama e una maglietta a mezze maniche, doveva essersi alzato da poco visto l’aspetto trasandato. Lo fissò mentre rimetteva a posto il telefono e poi si girava a guardarla.
-    Scusa l’abbigliamento, mi sono appena svegliato e devo ancora farmi la doccia – si giustificò lui facendo un passo in avanti – Ci metto dieci minuti, perché non ti metti comoda nel frattempo?
-    Scusami tu, non dovevo piombarti in casa senza preavviso – abbassò di nuovo lo sguardo stringendo i pugni.
Lottava con se stessa per non scoppiare a piangere e non chiedere spiegazioni per quell’assenza prolungata, corredata da una totale mancanza di telefonate da parte del ragazzo. Improvvisamente le gambe di lui entrarono nel suo campo visivo e fu costretta a rialzare la testa. Spencer allungò le mani verso il suo viso e poi si chinò su di lei per baciarla. Si impose di non fare niente, di non seguire quell’impulso di stringersi a lui e fargli capire quanto desiderasse che lui non si allontanasse. Dopo averla baciata, invece di allontanarsi, poggiò la fronte sulla sua e continuando ad accarezzarle il viso con le mani.
-    Piomba qui quando vuoi – le disse in un sussurro – Mi sei mancata.
Lo vide allontanarsi e sparire dietro la porta del bagno, si girò tornando a respirare normalmente. Si portò una mano alle labbra e chiuse gli occhi, la frase che aveva detto l’aveva rincuorata. Gli faceva piacere vederla e non considerava un’intrusione inaccettabile il fatto che lei gli avesse portato la colazione senza avvertirlo. Si abbracciò le spalle e si perse in un momento tutto suo, al ricordo del calore e dell’odore di lui, per non parlare del sapore delle sue labbra.
Voleva che lui uscisse dal bagno e continuasse a baciarla, per poi… Sentì il rossore arrivarle prepotentemente alle guance, mentre si rendeva conto che non aveva mai desiderato nessuno come desiderava il ragazzo. Era innamorata e voleva dividere tutto con lui. A volte si era detto che rasentava la logorrea quando parlavano, gli raccontava tutto della sua infanzia alla fattoria del nonno, dei ricordi che aveva di suo padre, delle giornata alla biblioteca… voleva renderlo partecipe di tutta la sua vita, come se raccontargli tutto quello che aveva visto e sentito lo facesse essere parte integrante del suo passato oltre che del suo presente.
Aprì gli occhi e si girò verso le librerie che riempivano tutta una parete. I libri erano letteralmente stipati all’interno dei ripiani ed era un miracolo che quelle poche foto che spuntavano qua e là non cadessero. Si avvicinò furtiva, rassicurata dal rumore della doccia che le garantiva di non essere colta in flagrante.  Esaminò attentamente le fotografie incorniciate. Il soggetto era sempre lo stesso: lui ed un gruppo di persone sedute intorno ad un tavolo. In tutte le foto era presente Derek, quindi era logico supporre che quelli fossero i suoi colleghi dell’F.B.I., quelli che aveva definito i suoi amici.
Notò anche che in tutte le foto lui era seduto vicino ad una ragazza bionda e molto bella, in alcune foto, affianco a lui era seduto un uomo più grande. Dovevano essere state scattate nel corso degli anni, vista la diversa lunghezza dei capelli di Spencer. Improvvisamente l’uomo più grande spariva, così come non c’era più traccia di una ragazza mora. I due personaggi sconosciuti erano stati rimpiazzati da un altro uomo più grande, con un pizzetto e dall’aria paterna, e da un’affascinante ragazza mora dal sorriso aperto. In tutte le foto apparivano anche un uomo sui quarant’anni dall’aria seria e composta e una ragazza bionda vestita in modo colorato e stravagante.
La sua attenzione si focalizzò di nuovo sulla ragazza bionda dagli occhi blu. Spencer era sempre seduto accanto a lei, anche se gli altri occupavano posti diversi a seconda della foto, e sembrava sempre allegro e sorridente. Una foto più di tutte la colpì: Spencer non guardava l’obiettivo del fotografo, era girato verso la misteriosa bionda e le sorrideva con uno sguardo adorante. Prese la foto in mano per osservarla meglio e solo allora si rese conto di non essere più sola nella stanza.
Lui era fermò a pochi passi da lei, vestito e con i capelli ancora umidi. Si guardarono per quella che parve un’eternità, senza che nessuno dei due proferisse parola.

Continua…


P.S. Ehi tu, sì dico proprio a te che leggi questa pazzia di FF... potresti lasciarmi un commentino? Mi piacerebbe sapere se ti piace oppure no. Grazie.

   
 
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