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Autore: Kokky    18/10/2011    6 recensioni
7 prompts, 7 fic su John e Sherlock.
«Effettivamente è un coinquilino che può creare qualche... problema», disse Sarah perplessa.
John la fissò per qualche istante: beh, quella era una verità universalmente riconosciuta, tuttavia non gli andava a genio che fossero gli altri a dirla. Così come non sopportava chi chiamava “mostro” quell'essere geniale di Sherlock Holmes.
... probabilmente si era trasformato nel suo cagnolino fedele.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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“Saldi di primavera”
Westfield London: http://uk.westfield.com/london, ho letto che sono costosi, ma non ho mai provato dal vivo X°D
 
Era metà mattina quando Sherlock esordì così: «Ho visto che ci sono gli sconti a Westfield London».
«Sì?», borbottò John, rialzando la testa dal petto – si era appisolato a causa della solita vita notturna trafficata – «Sarah c'è andata l'altro ieri con una sua amica».
«Pensavo ti interessasse, mi sembri il tipo d’uomo che fa i quattro, cinque tipici acquisti da saldi, più costosi di quanto può permettersi nonostante non voglia far sapere che non può concederseli», lo mitragliò Sherlock con una delle sue solite deduzioni.
John lo fissò perplesso. «Vuoi andare al centro commerciale e non sai come dirmelo?»
Sherlock lo squadrò silenziosamente, enigmatico.
«Va bene, andiamo. Tanto non ho nient’altro di meglio da fare... non ci sono morti in giro in questi giorni», sospirò John.
«Terribilmente noioso», commentò l’altro mentre indossava i guanti neri.
 
Il Westfield London era strapieno di gente, ovviamente. Il parcheggio quasi esplodeva di macchine e all’interno del centro commerciale non c’era un angolo vuoto in cui riposare un po’.
John osservò stralunato la gente correre da un lato all’altro, fra un negozio di vestiario e uno di telefonini, cercando di non far crollare le pile di buste ripiene; Sherlock, d’altro canto, li guardava con indifferenza, studiando blandamente le persone che gli passavano di fronte.
«Quello tradisce la moglie tutti i martedì sera. Vedi il risvolto della sua camicia e il modo in cui porta gli occh-»
«Sherlock», lo interruppe John rapidamente. «Sua moglie è con lui, potrebbe sentirti».
«Anche lei lo tradisce»
«Sherlock», ripeté esasperato.
«Guarda la sua borsa!»
«Sì, certo. Andiamo, torniamocene a casa», sentenziò John, agguantandolo per un braccio, «se no rischi di fonderti il cervello – troppe informazioni tutte in una volta, non è una cosa che puoi ignorare».
«Ma posso ignorare gli altri», ribatté Sherlock, liberandosi dalla sua stretta e fissandolo ripetutamente. «E poi devo comprare un paio di guanti nuovi, questi sono lisi», gli mostrò i bordi a mo’ di prova.
«Va bene», acconsentì stancamente John, guardandosi intorno alla ricerca di un negozio adatto a quella richiesta.
«Al secondo piano», gli consigliò Sherlock qualche istante dopo, dirigendosi verso le scale mobili. John lo seguì accelerando il passo.
Raggiunto un negozio che vendeva abiti maschili, pieno di donne in cerca del regalo perfetto per il fidanzato, Sherlock iniziò a guardare di controvoglia i guanti, prendendone un paio e poi posandoli, studiando stizzito le cuciture e affermando che nessuno di essi meritava la sua attenzione. John lo fissava stranito alla sua sinistra.
«Invece... hai notato che sconti ci sono su quei maglioni lì?», indicò Sherlock con lo sguardo verso la sua destra, «Sarà che ricordano una pecora, ma nessuno li vuole».
«Sono simili a quello che avevo l’altro giorno», commentò John, andando a saggiarne il tessuto.
«Quello macchiato sul bordo?», chiese Sherlock con noncuranza, lanciando schifato un paio di guanti rossi al primo commesso che passava. «Me li incarti e li faccia spedire a Mycroft Holmes», e continuò recitando a memoria l’indirizzo con sadica gioia. «Li odierà, odia le cose bizzarre».
«A te vuole bene», ribatté John, ancora tutto intento a studiare i maglioni di quel negozio: certo che quella era un’offerta! Se si fosse portato qualcosa in più, invece di dieci sterline per pagare il viaggio di ritorno con il taxi...
«Bravo John, hai imparato cos’è il sarcasmo», si complimentò Sherlock avvicinandolo da dietro.
«È la verità», si voltò verso di lui, facendo una smorfia incerta con le labbra.
«Hai deciso di sposarti con quel pullover?», sviò il discorso Sherlock, sogghignando.
«Stavo pensando che converrebbe proprio comprarli, uno grigio e uno blu scuro», mormorò piano John, sovrappensiero. Le sue mani si staccarono dal tessuto morbido e ricaddero sui fianchi.
«Posso prestarti la mia carta», disse Sherlock.
«Vuoi che mi scambino di nuovo per te? L’altra volta ho rischiato di perderci la testa», ridacchiò John, negando col capo.
Sherlock afferrò i due maglioni e li lanciò a un altro povero commesso passato di lì per caso, ignaro. «Incarta anche questi», ordinò trascinando John alla cassa.
«Sherlock», incominciò dubbioso, «Non è che, così, casualmente, hai notato non solo la macchia, ma anche il buco del mio cardigan? E quindi hai deciso, sempre casualmente, di voler andare al centro commerciale perché non avevi nulla da fare...»
«Dovevo far dispetto a Mycroft», gli spiegò Sherlock.
Intanto la cassiera aveva finito di battere il prezzo e aspettava, guardando incuriosita quei due.
«Solo questo? Dunque non c’entra niente la tua voglia improvvisa con l’acquisto di ben due maglioni, no?»
«Non vedo dove vuoi andare a parare», Sherlock lo squadrò attentamente, corrucciando le sopracciglia.
«Non so, magari... magari anche tu sei umano e volevi... farmi un reg-», John si bloccò con imbarazzo, pensando che quell’opzione era impossibile. «No, va beh, quando torniamo a casa ti ripago tutto, dovrei avere i soldi dell’ambulatorio».
«John, hai perso la capacità di comunicare che ti era stata magicamente infusa all’università?», ghignò Sherlock.
«Sei tu che mi lasci senza parole», borbottò, agguantando il suo portafoglio – visto che Sherlock non sembrava curarsi del pagamento – e prendendo la sua carta, che porse rapidamente alla cassiera imbambolata a fissarli.
«Lo prendo come un complimento. La gente normale non sa mai cosa dire di fronte alla mia genialità», continuò Sherlock.
«Come posso aver mai osato immaginare che un essere così volesse farmi un favore, un regalo», sospirò John.
«Già, come hai potuto», ridacchiò Sherlock alle sue spalle.
«Ma è ovvio, perché il suo fidanzato la ama, signore!», mormorò la cassiera con gioia, porgendogli busta e scontrino.
«Penso convenga scappare», disse Sherlock allarmato, «Credo che Mrs Hudson si sia impossessata di quella ragazza».
John afferrò il pacchetto al volo e lo seguì di corsa. Ansimando gli rispose: «Fino a stamattina era viva, sono sicuro, ho controllato».
«Potresti esserti confuso, ormai incominci a credere che possa avere un qualche interesse nel pagarti i tuoi vestiti».
«Sì, il volerti bene mi fa credere che tu sia umano, Sherlock», disse John dandogli una pacca sulle spalle.
Sherlock lo guardò sorpreso, divertito, e poi si voltò dall’altra parte, come scottato.
«Grazie per il pensiero, comunque. Ne avevo bisogno», John continuò nella sua disarmante sincerità.
Ormai l’aveva capito: quell’uomo cinico e follemente geniale aveva un cuore, lì da qualche parte nella sua gabbia toracica: magari era mal funzionante, di dimensioni ridotte, in parte di pietra, dedito soprattutto al suo lavoro... ma era pur sempre un cuore.
 
 
 
 
   
 
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