Capitolo 11
Il
giorno dopo andai a curiosare di nuovo in camera di Emile, per vedere
se mi
avesse risposto: avevo un’ansia da aspettativa enorme, mi
batteva il cuore
mentre entrai in quella stanza alla ricerca di un frammento di
comunicazione
fra me e lui: e scoprii che c’era, Emile mi aveva risposto!
Trovai un nuovo
biglietto con un nuovo messaggio:
Hai ragione,
c’è un po’ troppa polvere; ci pensi tu,
visto che sei
diventata un’abituale frequentatrice di camera mia?
Sempre
il solito venefico e sarcastico! Ma stavolta iniziavo a prenderci
gusto: in
qualche modo, inconscio o meno che fosse, avevamo trovato un modo per
comunicare e mi venne in mente il detto “Volere è
Potere”: l’idea del Destino
creato con le proprie mani iniziò a prendere punteggi nella
mia classifica
personale! Risposi anche questa volta alle sue provocazioni:
Mi
spiace, ma una sciocca esagitata come me
potrebbe far danni ai tuoi preziosi strumenti musicali…
è meglio che non li
tocchi!
A
quel punto mi feci una bella risata: iniziavo davvero a divertirmi!
Emile
rispose nuovamente alla mia frase e iniziammo così un gioco
tutto nostro fatto
di battutine sarcastiche e punzecchiature, che mi ricordavano un
po’ il modo in
cui Emile si rivolgeva a suo padre. Sperai che questo significasse che
stesse
abbassando di nuovo le barriere verso di me e che ci fosse davvero una
speranza
di avvicinarlo. Trascorsero così alcune settimane: ogni
pomeriggio il mio primo
pensiero era quello di leggere il messaggio di Emile e di rispondergli
prima di
concentrarmi su Claudine: avevo il solito batticuore ogni volta che mi
avvicinavo alla sua stanza, mi assaliva la gioia ogni volta che leggevo
ed ero
raggiante dopo aver risposto. Quello scambio di battute giornaliero era
diventato il mio punto di riferimento quotidiano, il mio corroborante,
il mio
elisir di felicità.
Iniziai
a capire cosa intendeva Alberto, quando diceva che Claudine lo faceva
star bene:
nonostante non ci vedessimo, sentivo Emile vicino a me. Anche se non
sapevo
molto al suo riguardo, sentivo che si era ricreata
quell’intimità nata una sera
in quella camera degli ospiti accanto alla sua stanza. In quei giorni
mi sentii
davvero felice!
Come
ogni cosa al mondo però, anche quel gioco
terminò. Entrai un pomeriggio in
camera di Emile pronta a leggere il nuovo biglietto ed invece trovai
proprio
lui che leggeva, seduto accanto al letto! Mi balzò il cuore
in gola per la
sorpresa!
«Stavolta
niente biglietto.» mi disse senza alzare la testa dal libro,
ma con un
sorrisetto soddisfatto sul viso. «Dannazione Emile! Potevi
anche avvertirmi che
eri qui!» Dio mio quanto sono
felice di
rivederti!
«Per
perdermi questo spettacolo? Assolutamente no!» Emile si fece
una bella risata e
mi guardò con quella luce maliziosa negli occhi che indicava
che si stava
divertendo un mondo… sulle mie spalle! Ma non riuscivo ad
essere arrabbiata con
lui, rivederlo e per di più così sorridente, mi
donava una gioia incontenibile
che superava qualsiasi altra emozione potessi mai provare in quel
momento.
«Che
ci fai qui?» gli chiesi, ritrovando la parola e la risposta
non si fece
attendere:
«È
camera mia fino a prova contraria, anche se l’hai
subaffittata!»
Corrugai
le sopracciglia contrariata…
«Io
non l’ho…» …e feci un respiro
profondo:
«Voglio
dire, esimio signor Castoldi, che gradirei sapere per quale motivo lei
si trova
in questa casa e non è a guadagnarsi il pane a
lavoro?»
Emile
mi stava osservando con divertimento, si stava godendo in pieno
l’effetto delle
sue parole e della sua presenza su di me: che adorabile bastardo sapeva
essere!
«Per
rispondere alla sua domanda così gentilmente formulata, si
dà il caso che oggi
io abbia le prove col gruppo e che quindi abbia preso il pomeriggio
libero e
nel frattempo che attendo i miei stimati colleghi musicisti, ho pensato
di
leggere qualcosa, nella mia
stanza.»
il sorriso divertito di Emile gli illuminava il volto, in quella camera
rischiarata dalla luce esterna sembrava l’emanazione del
sole, con la sua
chioma fiammeggiante e gli occhi ridenti e restai per un attimo
abbagliata
dalla sua luminosità.
«Pasi,
è tutto ok?» il cambiamento di tono nella sua voce
mi destò dalla mia
catalessi:
«Eh?
Sì sì, è tutto ok… ero
sovrappensiero.» Emile restò perplesso per qualche
istante, poi riprese a parlare: «Seguimi.»
«Eh?»
«Vieni
con me un attimo.» cosa voleva ora?
Scendemmo
le scale e voltammo verso il salotto: Emile si diresse verso un pacco
posto sul
mobile:
«Vedi
questo? È tuo. Sono i dischi di mia madre: stavolta li ho
protetti, così potrai
portarli a casa tua senza rischio di romperli.»
I
dischi in vinile di Claudine! L’ultima volta che ero stata in
procinto di
averli non avevo fatto in tempo a prenderli dalle mani di Emile, che
gli
caddero rovinosamente a terra... Da quella volta non ne parlammo
più e credetti
di averli persi ormai, invece se n’era ricordato e aveva
avuto anche la premura
di proteggerli questa volta!
«Ero
ancora in debito con te, dovevo ripagarti!» quel gesto
così premuroso, quel
sorriso così sincero… in quel momento il mio
cuore scoppiò di gioia: quanto era
bello e quanto l’amavo! Senza pensarci un secondo
l’abbracciai con le lacrime
agli occhi.
«Pasi!»
Emile sussultò e s’irrigidì: di sicuro
non si era aspettato una reazione
simile!
«Scusami
Emile, ora mi stacco, è che… grazie, sono
così felice!»
«Ma
non ho fatto nulla!» non ricambiò il mio
abbraccio, ma sentii che si rilassava,
non era più teso sentendomi vicina a lui.
«Hai
fatto tanto credimi, grazie!» rimasi per qualche secondo a
godermi quel
contatto con Emile, finché sentii Sabrina che mi chiamava e
mi staccai per
correre in direzione delle scale ed occuparmi di Claudine.
Quando
i Castoldi acquistarono quella casa, Claudine si premurò
subito di adattarla
alle esigenze sue e di suo marito trasformando alcuni ambienti,
così la serra
divenne un laboratorio perfetto per l’arte di Alberto e il
piano interrato fu
ristrutturato con l’edificazione di una sala prove
insonorizzata per la musica
di Claudine. Purtroppo quella stanza non fu mai usata da chi
l’aveva voluta, ma
andò a beneficio di suo figlio, che si ritrovò in
casa una sala prove a disposizione
per la sua band. Quel pomeriggio perciò i GAUS si riunirono
in casa Castoldi
per provare i loro brani, lasciando me nel tumulto interiore.
Mentre
ero con sua madre, non facevo che pensare al fatto che Emile fosse in
quella
stessa casa a pochi metri di distanza: pensai alla gioia che mi aveva
donato
ricordandosi di me, al suo sorriso luminoso e ripensai anche al
batticuore
provato abbracciandolo, alla sensazione estatica che avevo provato
poggiando il
mio corpo contro il suo… quello sarebbe stato un problema
grosso: l’attrazione
fisica!
Sarei
riuscita a tollerare il mio desiderio di sentirlo, toccarlo, baciarlo
senza
poter fare mai una di queste cose? Sarei riuscita a guardarlo e a
parlargli
tranquillamente (per quanto ne fossimo mai stati capaci), pensando a
quanto
invece avrei voluto saltargli addosso e farlo mio? A quel punto non
sapevo più se
fosse stato un bene
rivederlo o meno!
La
tortura continuò anche nei giorni successivi: Emile aveva
preso tutta la
settimana libera e provava nella saletta allestita nel piano interrato
della
casa; lo vedevo di sfuggita mentre passava per andare in camera sua o
viceversa
quando ne usciva e ogni volta mi salutava con qualche parola fugace,
prima di
scendere a provare. Essendo la saletta insonorizzata, non sentivo la
musica
proveniente dal basso, ma percepivo le vibrazioni degli strumenti
attraverso il
pavimento quando mi ritrovavo al piano terra e puntualmente ero presa
dal
desiderio e dalla curiosità di scendere quelle scale e
raggiungere Emile.
Vederlo
era sempre più una sofferenza fisica e a quella se ne
aggiunse un’altra un
pomeriggio in cui conobbi il resto del suo gruppo: ero in cucina quando
risalirono dalla saletta per venire a dissetarsi. I compagni di Emile
erano
quattro: il batterista, Claudio, era un tipo alto e ben piazzato, con
qualche
chiletto di troppo ma braccia muscolose che avevano fatto di sicuro
palestra, a
differenza di Maurizio, il chitarrista, che invece sembrava perdersi
dietro lo
strumento a causa del suo fisico gracile. Quei due erano gli stessi
tipi che
avevo visto con Emile al concerto dei TresneT,
eppure non ricordavo di averli visti sul palco… Ma era anche
vero che quando
sentivo cantare Emile, tutto il resto spariva… Gli altri due
componenti del
gruppo, Francesco e Filippo, erano due gemelli e suonavano
rispettivamente la
chitarra solista e il basso. Entrambi erano un po’
più alti di Emile che di
sicuro superava il metro e ottanta,
ma
meno di Claudio che rivaleggiava con Testa di Paglia ad altezza. I due
gemelli
avevano lo stesso fisico slanciato ma muscoloso e i capelli lunghi e
scuri, che
Francesco portava ricci e sciolti mentre Filippo li lisciava e li
legava con
una coda bassa. Mi ispirarono subito simpatia, erano allegri e
socievoli e il
modo in cui prendevano in giro Emile mi divertiva tantissimo.
Il
mio amato Pel di Carota tendeva ad essere terribilmente arrogante e
saccente
(più del solito) quando si parlava di musica e i due
fratelli sapevano smontare
le sue teorie con una semplice battuta di spirito!
Maurizio
parlava poco mentre Claudio sembrava fosse lì solo per caso,
ma fu lui ad un
certo punto a darmi la notizia che non mi aspettavo.
«Allora
è tutto pronto per la partenza?»
Partenza?
Di quale partenza stava parlando?
«Sì
Claudio, domani alle 15:00 abbiamo l’aereo quindi stasera non
datevi ai bagordi!»
rispose Emile.
«Partite?!»
gli chiesi sorpresa.
«Sì,
iniziamo un piccolo tour europeo: la nostra casa discografica ha deciso
di farci
esibire in qualche live internazionale come band di supporto, per
testare
l’impatto sul pubblico prima di lanciarci con
l’album.»
Il
viso di Emile sprizzava gioia e orgoglio da tutti i pori, ma nonostante
fossi felice
per lui, sentii un tuffo al cuore al pensiero che il giorno dopo non
sarebbe
stato più in quella casa e che avrebbe messo dei chilometri
di distanza tra
noi.
«E…
quanto starete via?» Cercai di nascondere la tristezza che mi
avvolse
all’improvviso.
«Un
mese circa: gireremo tra Germania, Inghilterra e Francia con cinque
tappe per
nazione e dovute pause tra loro per spostarci e organizzarci.»
«Capisco…
beh, sono davvero felice per voi!» feci il migliore sorriso
che riuscii a
stiracchiare sul mio volto e mi congedai da loro prima di mostrare
tutto il
vuoto che iniziai a sentire dentro.
Un
mese!
Un
mese senza vederlo né sentirlo, senza avere contatti di
alcun genere con lui!
Avevamo
avuto momenti di distanza tra noi, ma non erano mai stati
così lunghi e
soprattutto non doveva capitare ora che iniziavo a sentire un bisogno
fisico di
averlo accanto a me! Sarei riuscita a sopportare una tale assenza?
Del
resto non potevo fare altrimenti…
*****
Quando
entrai in quella
casa il giorno dopo
sapendo che Emile non ci sarebbe stato, sentii la tristezza avvolgermi,
per cui
cercai di non pensarci e andai direttamente nella stanza di Claudine.
Ma poco
prima che finisse il mio turno, avvertii il bisogno di entrare nella
camera di
quell’adorabile rompiscatole per sentire in qualche modo la
sua presenza: un
libro lasciato aperto, un bicchiere d’acqua dimenticato sulla
scrivania, una
penna solitaria, o anche solo il suo odore. Invece la stanza era in
ordine
perfetto: sul comodino non c’era alcun biglietto ad
attendermi e nessuno era
seduto a leggere, non c’era alcuna traccia recente di Emile a
parte il fatto
che avesse dormito in quel letto ore prima. A quel pensiero, spinta
dalla
profonda malinconia, mi ci accomodai e un secondo dopo mi ci ero del
tutto
sdraiata su. Non mi resi conto del tempo che passava finché
non comparve
Alberto sulla soglia della stanza:
«Stanchezza
o malinconia?» si accomodò sul letto accanto a me:
avevo il viso sprofondato
nel cuscino e cercai di non pensare alla vergogna di essere stata colta
in
flagrante: scioccamente avevo lasciato la luce accesa in una stanza che
doveva
essere disabitata… Per fortuna si trattava di Alberto che
non si scomponeva per
alcuna cosa al mondo!
Tuttavia
incapace di rispondergli, mugugnai un: «Mmmm!»,
al che appoggiò una mano comprensiva sulla mia
spalla.
«Ti
manca, eh?»
«Tantissimo!»
era inutile tentare di mascherare, non
sarei mai riuscita a fingere con Alberto, tantomeno in
quella situazione
in cui qualsiasi altra risposta sarebbe parsa per quella che era: una
semplice
scusa.
«Coraggio
ragazza mia il tempo scorre, anche se in questo momento ti sembra
eterno e quando
meno te l’aspetterai lo rivedrai comparire qui, stanco ma
soddisfatto e di
sicuro felice di rivederti.»
A
quelle parole osai staccare la faccia dal cuscino, Alberto stava
insinuando
qualcosa a cui non riuscivo a credere.
«Davvero
pensi che lo sarà? Felice di vedermi?» mi
guardò con affetto, gli occhi colmi
di un’emozione inespressa:
«Piccola,
tu non ti rendi conto di quanto lo stai rasserenando, non
l’ho mai visto così
tranquillo e sorridente come in questi ultimi tempi! Sei una
benedizione per
questa casa, ma soprattutto per lui.» lo guardai sorpresa,
non avevo la minima
idea di aver avuto qualche effetto su Emile!
«Davvero?!
Non lo dici solo per consolarmi?» non potevo crederci, certo
ero felice che si
rivolgesse a me senza astio ed era tornato a sorridermi sereno come
dopo quella
nottata trascorsa a parlare… ma non credevo di avergli
migliorato la vita, non
osavo credere di avere un qualsivoglia effetto su di lui!
«Ti
assicuro Pasi, che di tutte le ragazze che ho visto accanto a mio
figlio, tu
sei stata l’unica in grado di farlo sorridere in quel
modo!»
«Ma
forse è felice perché le cose col gruppo vanno
bene e poi si diverte a
prendermi in giro, ecco tutto!»
«Devi
avere più fiducia in te ragazza! So che mio figlio
è un osso duro: si è sempre
circondato di ragazze adoranti, ma duravano molto poco, non gli vedevo
mai
negli occhi un sincero affetto verso di loro, perché
è restio, molto restio, a
legarsi a qualcuno. Invece ora lo vedo più felice e non
è dovuto al gruppo, è
una felicità ben diversa quella che vedo nei suoi occhi, una
felicità che viene
dal cuore… abbi fiducia e pazienza e ti accorgerai che ho
ragione!» Guardai Alberto
con speranza, il suo volto così affettuoso e amorevole mi
commosse e l’abbracciai
di colpo.
«Lo
spero tanto!» Quell’abbraccio
emanava
affetto puro e sincero, mi dava conforto, mi dava coraggio, mi
sosteneva e mi
dava speranza; adoravo gli abbracci di Stè perché
erano molto simili, ma quello
di Alberto era un abbraccio che sapeva di padre: un padre che mi era
sempre
mancato, un padre che avrei voluto fosse come lui… Ancora
una volta, invidiai
Emile per la sua famiglia.
*****
Per la
serata del nostro pigiama party, Rita fece
grandi spese: siccome in camera sua tre lettini sarebbero stati troppo
ingombranti, pensò bene di acquistare direttamente un
matrimoniale in modo da
stare tutte e tre vicine e nel caso fosse servito, aggiungere il
singolo a
distanza molto ravvicinata.
Iniziai
a sospettare che quella manovra fosse collegata agli sguardi tra lei e
Fede
dell’altra sera, ma finché nessuno dei due avesse
accennato alla cosa, il mio
era solo un pettegolezzo spicciolo. Mi ripromisi di indagare con “scioltezza
e noncuranza” quella sera: le
riunioni tra ragazze non erano forse il momento per antonomasia per
raccontarsi
segreti intimi e confidenziali?!
E
a proposito di confidenze: Sofia ancora non sapeva di me ed
Emile… Me ed Emile…
Già fantasticavo che esistesse un me ed Emile!?
Le
parole di Alberto mi avevano dato speranza : chi meglio di un genitore
conosce
l’animo del proprio figlio?! A parte forse i miei…
Ultimamente
mi capitava spesso di pensare a loro. Non ero pentita della mia scelta,
che era
rafforzata anche dal fatto che né mia madre tantomeno mio
padre, avevano fatto
il minimo tentativo per cercarmi. Probabilmente si erano chiusi nel
loro
orgoglio ferito, di genitori in attesa che la figliuol prodiga tornasse
a testa
china da loro per scusarsi… e questo non sarebbe accaduto
mai! Tuttavia,
invidiavo ogni giorno di più il rapporto tra Emile e suo
padre (invidiandogli
il padre soprattutto!), sentivo un nodo alla gola al pensiero di non
avere dei
genitori simili. Ma ciò che avevo detto ad Alberto sui
caratteri dei figli del
resto era valido anche al contrario: i genitori ci capitavano, non li
sceglievamo e stava a noi figli decidere se accettarli o meno
così com’erano,
senza recriminazioni. A quanto sembrava, io non ero riuscita ad
accettarli.
Probabilmente peccavo di troppo orgoglio o semplicemente ero
un’egoista, come
diceva Simona…
Simona…
Che
più di una volta avevo paragonato ad Emile…
Che
probabilmente avevo giudicato troppo duramente…
Eppure
non riuscivo a pensare di cercarla, non dopo le dure parole che mi
aveva
rivolto ripudiandomi! Di nuovo, il mio orgoglio mi teneva lontano dalla
mia
famiglia. Forse ci sarebbe stato un giorno, crescendo, in cui mi sarei
resa
conto di essere una sciocca e l’avrei cercata, ma non era
ancora giunto quel
momento. Per ora non riuscivo a pensare a mia sorella con
razionalità e senza
rabbia.
*****
«Quindi
alla fine, tu sei innamorata di lui, lui lo sa ma fa finta di
niente.» riassunto
di Sofia, perfetto e letale, della mia situazione sentimentale.
«Grazie
per avermi demolito in un secondo Sofi!» aggrottai le
sopracciglia decisamente contrariata
da quell’analisi spietata.
«Però
se ho ben capito, suo padre ti ha dato delle speranze,
giusto?» La mia amata
Rita era sempre pronta con una parola buona, per questo
l’adoravo! «Sai, io
credo che la vita sia sempre piena di sorprese e che ti dia quello che
cerchi
proprio quando meno te l’aspetti.» il viso della
mia amica era improvvisamente
solare e radioso… le mie antenne mi dicevano che il mio
sesto senso aveva
ragione… «Devo dirvi una cosa ragazze…
forse io e Fede torniamo insieme!»
«LO
SAPEVO!» ero così esultante per aver capito tutto
prima ancora che me lo
dicesse, che non riuscii a contenere la gioia e feci un salto sul letto
mentre
urlavo a squarciagola!
«PASIII!
Non urlare o sveglierai tutti!»
«Scusami
Rita, è che l’avevo immaginato e sono troppo
contenta di avere ragione, tu e
Fede siete fatti l’uno per l’altra!»
Ero
raggiante, i miei amici-genitori avrebbero fatto coppia sul serio! La
loro
intesa era troppo speciale per essere solo amicizia!
«Pasi
stai dimenticando che ho detto “forse”! Non siamo
ancora sicuri di fare quel
passo… sai stavolta se le cose non dovessero andar bene
sarebbe molto più
doloroso… potrebbe finire anche la nostra
amicizia.»
«E
perché dovrebbe finire tutto?! Rita sono quasi dieci anni
che vi conoscete e se
vi siete resi conto di amarvi ancora, allora significa che è
Destino, come
diceva la leggenda di Sofia! Vero Sofi?» mi girai verso di
lei, per avere
sostegno nella mia teoria.
«È
probabile, ma non la trovo una ragione adatta per incitarli a tornare
insieme.»
quella risposta mi lasciò di stucco: non era esattamente il tipo di sostegno che mi
aspettavo…
«Ma
Sofi, non sei stata proprio tu a dire che credi che alcune persone sono
destinate a stare insieme?» non riuscivo davvero a capire
secondo qualche
criterio stavolta stesse contraddicendo le sue stesse parole!
«Sì
certo, ma lo dicevo in senso generico: qui si tratta di progettare un
futuro
con una persona con cui già in passato le cose non hanno
funzionato e non si
può mettere la testa sotto la sabbia davanti a questa
realtà, giustificandosi
con un mito romantico senza fondamento.» la logica di Sofia
aveva la
caratteristica di essere sbaragliante e di irritarmi a
morte… al diavolo la
razionalità, io volevo crederci!
«Invece
io sono convinta che Fede e Rita sono anime gemelle predestinate a
stare
insieme!»
Rita
accennò un sorriso: «Pensi che dovrei vivermi
questa storia? Riprovarci senza
pensare al futuro?»
«Sì,
diamine! Vi conoscete da una vita, sai com’è fatto
Fede, conosci tutto sul suo
conto e se ancora ti fa battere il cuore l’idea di stare con
lui, io dico che
il vostro amore non si è mai spento ed ora è
pronto per essere vissuto!» Rita
mi prese una mano e mi guardò con la speranza negli occhi,
probabilmente
aspettava di sentirmi dire proprio quelle parole per decidere. Sofia
però la
fece tornare nel dubbio:
«Dal
mio punto di vista, è uno spreco di energie. Non ha
funzionato una volta,
perché dovrebbe funzionare la seconda? Proprio
perché vi conoscete, dovreste
sapere che ciò che vi ha separato una volta potrebbe farlo
di nuovo… per quello
che ne so, nessun ragazzo vale la pena di rovinare
un’amicizia o di soffrire
come fa Pasi!» Nonna Sofia aveva mostrato il suo lato
più amaro: non avevo la
più pallida idea di quale fosse il motivo , ma quella
ragazza aveva un’acidità
verso gli uomini degna di una quarantenne single!
«Sofi,
tu devi uscire più spesso di casa e incontrarli i ragazzi,
non sono mica tutti
così odiosi! E poi perché devi sottolineare il
mio modo di soffrire, c’è per
caso una classifica?! Mi
fai sembrare
una stupida!»
«E
questo ora che cosa c’entra! Io sto bene come sto, davo solo
un parere
personale vedendo come ne soffrite voi due quando le cose vanno
male!»
«E
la stupida Pasi è la prima in classifica per masochismo
sincronizzato! Molto
gentile da parte tua!»
«Se
non sai accettare la realtà dei fatti non è colpa
mia, guarda come sei ridotta
per uno che non mostra nemmeno di tenerci a te!” –
«Non
è vero! Emile ci tiene a me!» Alberto
ne
è convinto e voglio crederci!
«Ragazze
dai, non litigate, siamo qui insieme per la prima volta, voglio che sia
una
bella serata per tutte, chissà quando ricapiterà
di nuovo!»
L’intervento
di Rita ci salvò da quello che sembrava l’inizio
di una bella litigata. Sofi
aveva toccato un tasto dolente per me, proprio come io avevo fatto con
lei, ma volgendo
lo sguardo al viso della nostra amica, ci ricordammo del motivo per cui
eravamo
lì: noi tre ci conoscevamo da quattro anni circa e non
eravamo mai riuscite a
stare così… Rita aveva pienamente ragione, non
potevamo sprecare la serata in
quel modo, chissà se ci sarebbe stata una seconda occasione!
Una
seconda occasione… ed ecco che mi tornava in mente
Simona…
Probabilmente
mi sarebbe piaciuto vivere una serata simile anche con lei, parlare e
confidarci come amiche ma soprattutto come sorelle… Forse
era arrivato il
momento di affrontarla… eppure c’era ancora
qualcosa dentro di me che si
rifiutava. Così rimandai di nuovo al mittente quel pensiero
fastidioso e tornai
a godermi la mia serata tutta al femminile che, archiviata la
discussione con
Sofia, con la sua atmosfera di complicità fu una panacea per
me e allontanò
momentaneamente anche i pensieri malinconici su Emile.
Alla
fine ci addormentammo tutte nel lettone di Rita e un attimo prima di
chiudere
gli occhi, pensai che se lei e Fede fossero tornati insieme, sarebbe
giunto per
me il momento di traslocare…
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NDA
Salve a tutte sorelline! Come avete potuto notare, quella testa dura di Emile si è riavvicinato a Pasi... quanto durerà questa volta? Si accettano scommesse xD
La mia fase di revisione di questa storia sembra non avere fine: sarà che sono una maledetta pignola (mica siamo pesanti, vero Cicci? xD), sarà che l'ultima parte non mi soddisfa in pieno, o sarà che non voglio staccarmi dai miei ragazzi, ma mi trovo ancora con la voglia di scrivere e di raccontare, come se avessi tralasciato dettagli importanti nei prossimi capitoli. Questo per dirvi che se riesco nel mio intento, probabilmente riuscirò ad andare oltre i 19 capitoli e a prolungare la vostra lettura (e delle voci agonizzanti mi chiesero "Pietàààà!"), spero che le Muse mi sorridano ^ ^
L'Angolo dei Ringraziamenti come sempre è dedicato alle mie sorelle speciali: Iloveworld (momentanemanete disconnessa), Saretta, Niky, Vale, Cicci, Concy, Ana-chan ed Ely.
Più sento il vostro desiderio di leggere e saperne di più, maggiormente sono soddisfatta di me e di ciò che ho creato. Non sapete quanto mi faccia felice sapere di essere in grado di donare emozioni a chi legge, grazie davvero per esservi entusiasmate così tanto a questa storia da non vedere l'ora di avere il capitolo nuovo. Grazie per tutto il vostro sostegno, per l'opera di PR che fate a mio vantaggio (<3) e per l'empatia che dimostrate verso i miei ragazzi. Grazie davvero all'infinito! Vi adoro!
Grazie mille anche a coloro che mi seguono silenziosamente, e a chi ha messo questa storia tra le preferite; non sapete quanta soddisfazione mi date!