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Autore: Saerith    19/10/2011    8 recensioni
"Occhio per occhio, dente per dente" era in sintesi la logica dietro il codice di Hammurabi. Cosa succederebbe se Sanae iniziasse a ignorare Tsubasa?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nonostante le tredici ore di volo, Sanae era talmente eccitata all’idea di trovarsi su un altro continente che non badò alla stanchezza. Appena l’aereo completò le manovre di atterraggio, lei si preparò per uscire il prima possibile: non vedeva l’ora di trovare Yoshiko per abbracciarla e ringraziarla di cuore per quella vacanza improvvisata che l’aveva portata lontana dai problemi e dalle frustrazioni, poi non vedeva l’ora di mostrarle la sorpresa che le aveva fatto recapitare Matsuyama.

 

- Pronto, Nakazawa...Matsuyama-kun?!...sì...la settimana prossima...Tra cinque giorni. Per Yoshiko? D’accordo, fammelo recapitare a questo indirizzo...-

 

Sorrise, ricordando la telefonata un po’ impacciata, ma comunque molto carina del capitano della Furano. Aveva invidiato moltissimo la sua amica in quel momento, ma quando si ricordò della distanza che li divideva si sentì un po’ meschina.

Trascinandosi dietro la pesante valigia, Sanae si diresse verso l’uscita del Terminal e con un rapido colpo d’occhio vide subito Yoshiko che le corse incontro. L’amica le buttò le braccia al collo e contro ogni previsione scoppiò a piagere.

- Ehi, Yoshi-chan, dovrei essere io a piangere di gratitudine, non tu.- sorrise.

La ragazza si asciugò le lacrime e si lasciò scappare una risata, la sua reazione era stata del tutto istintiva. L’arrivo di Sanae le fece sembrare Hikaru meno distante, nonostante non fosse passato tantissimo tempo dal suo trasferimento con la famiglia. Ciò che le aveva fatto più male era stato sicuramente dover fare tutto di fretta e all’improvviso, senza aver avuto nemmeno il modo di metabolizzare la cosa. Non era comunque il momento per le lacrime, la sua amica aveva fatto un lungo viaggio per raggiungerla e doveva aiutarla a divertirsi e distrarsi.

Al parcheggio, due ragazzi giapponesi le stavano aspettando accanto alla macchina.

- Sanae-chan, loro sono i miei cugini Hiroyuki e Hachiro.- spiegò la sua amica.

Hiroyuki era il più alto dei due, aveva i capelli neri e corti e sul suo viso brillavano due occhi scurissimi, Hachiro invece aveva i capelli tinti di biondo e portava le lenti a contatto azzurre, ma ciò che attirò l’attenzione di Sanae fu la decina di piercing su ciascun orecchio. I ragazzi le strinsero la mano invitandola a evitare onorifici, erano troppo occidentalizzati per quello.

- Piacere.- rispose un po’ intimidita, soprattutto dall’aspetto “bizzarro” di Hachiro.

Yoshiko notò questo particolare e le bisbigliò di prepararsi.

- Vedrai, quando conoscerai i miei amici.- aggiunse sorniona.

Per arrivare a casa dei Fujisawa impiegarono quasi mezz’ora, dato che sull’Atlantic Avenue il traffico non mancava. Yoshiko ne approfittò per chiedere notizie degli altri amici che aveva lasciato in Giappone, stando sempre attenta a non accennare a Tsubasa. Sanae ne avrebbe parlato quando e se ne avesse avuto voglia, anche solo per sfogarsi un pochino. Non mancò, nel frattempo, di indicare i punti di maggior interesse che incontravano lungo il tragitto.

- Liberty Island è dall’altra parte, ci andremo con calma, tanto abbiamo tutto il tempo.-

 

 

Sanae seguì Yoshiko e i due ragazzi che entrarono nell’appartamento degli zii.

- Sanae-san, benvenuta.- le disse la signora Fujisawa.

I cugini di Yoshiko si congedarono dandosi appuntamento con lei per il giorno dopo.

- Stasera è meglio che ti riposi. Devi smaltire il jet lag[1].-

Annuì, poichè in effetti iniziava ad accusare un po’ di stanchezza. Salirono al piano di sopra, dove si trovavano le camere da letto. La stanza di Yoshiko era la prima di fronte alle scale: le pareti erano dipinte di un bell’azzurro effetto guantato e vi erano appesi poster di delfini e un bellissimo ingrandimento di lei sui roller blade all’età di sei anni. Sul tappeto, tra i due letti, era stata posata la valigia che Hiroyuki aveva gentilmente trasportato lì per evitare l’incombenza alle ragazze. Sul comodino c’era una cornice, molto simile a quella che Sanae teneva in camera sua, con una foto, guarda caso di Yoshiko e Matsuyama con la divisa della Furano. Si chinò a guardarla, ma fu fatale per lei, perchè inevitabilmente le ricordò la sua triste situazione.

- Tu prenderai il mio letto... - le indicò Yoshiko, che subito dopo uscì dalla camera, invitandola con un cenno a seguirla.

- ...e questo è il bagno, ce n’è uno anche di sotto, quindi non ti preoccupare e usalo pure quanto vuoi.- le fece l’occhiolino.

Finalmente era il momento di disfare i bagagli: aveva posto il regalo di Matsuyama proprio in cima, in modo da poterglielo consegnare subito. Il pacchettino fasciato in un involucro blu fu la prima cosa che estrasse e lo rivolse con un sorriso a Yoshiko, che incredula si indicò per chiedere se ne fosse proprio lei la destinataria. Prima di consegnarglielo, le fece notare il bigliettino con la calligrafia del ragazzo.

 

Cara Yoshiko,

non sai quanto vorrei essere lì con te. Sento molto la tua mancanza e quando la nostalgia mi prende, stringo l’hachimaki che mi hai regalato e mi sento meno solo. Siccome ho pensato che tu, invece, non hai niente di mio, ho chiesto a Sanae di portarti questo regalo.

Mi raccomando, pensami quando lo indossi.

Un bacio

               Hikaru

 

Indossarlo? Yoshiko scartò in fretta e furia il pacchettino e, aprendo la scatolina amaranto, trovò al suo interno un ciondolo d’argento a forma di cuore. Un sorriso le si allargò sul viso, mentre gli occhi si facevano lucidi. Sanae sorrise a sua volta, felice che il regalo avesse sortito l’effetto che, probabilmente, Matsuyama si aspettava.

- Mi manca.- sospirò.

- Lo so, ma quel regalo significa che sei sempre nei suoi pensieri.- le rispose posandole una mano sulla spalla.

Lei invece aveva poco di che rallegrarsi, si rendeva conto che la vacanza era un pretesto per scappare da Tsubasa, come se questo fosse sufficiente a farle dimenticare il forte sentimento che provava per lui. Guardò Yoshiko chiudersi la catenina sul collo e accarezzare il cuore con affetto: nemmeno la sua amica poteva dirsi felice. Certo, sapeva di essere ricambiata, ma dover esprimere i propri sentimenti a distanza poteva essere altrettanto triste. La lasciò da sola con i suoi pensieri e in silenzio iniziò a sistemare le sue cose.

 

 

I signori Fujisawa si dimostrarono da subito molto cordiali con lei: la signora Rika non faceva che riempirle il piatto,  mentre il signor Natsuo le faceva un sacco di domande sul Giappone. Era chiaro che, nonostante la gratificazione professionale, il signor Fujisawa sentiva la mancanza della sua terra natale, esattamente come la figlia.

- Sono contento che tu sia venuta. Yoshiko non si è ancora ambientata del tutto.-

La sua gratitudine la mise ancor più a suo agio, mitigando quell’imbarazzo per essere piombata all’improvviso in casa loro a causa dei suoi problemi di cuore. Evidentemente non era la sola ad aver bisogno di aiuto, anche Yoshiko voleva una spalla a cui appoggiarsi e, probabilmente, il suo invito improvviso era dovuto alla solitudine che stava provando. Sì, lei aveva pur sempre Yukari, che era al corrente della situazione, conosceva le persone coinvolte, era qualcuno che poteva capirla, mentre Yoshiko non aveva nessuno con cui sfogarsi quando la nostalgia per Matsuyama diventava insostenibile.

Terminata la cena Sanae si fece una doccia ristoratrice, poi, quando entrò in camera, vide Yoshiko che sorrideva di fronte allo schermo del PC. Sospettando che stesse chattando con Matsuyama non osò disturbarla, quindi si andò a sdraiare discretamente sul letto e concentrò lo sguardo sul colore della parete che trovava estremamente rilassante. La sua amica si allontanò dalla scrivania, una lacrima le scivolava lungo la guancia. Una mano gentile le toccò la spalla e Yoshiko si voltò e affondò il viso nell’abbraccio consolatorio di Sanae.

- Voglio vederlo, voglio stargli vicino.- ripetè tra i singhiozzi.

Capiva benissimo come poteva sentirsi, era una sensazione che conosceva bene, perchè l’aveva provata e la stava provando anche in quel momento, quando, attraverso il pianto di Yoshiko, aveva compreso quanto in realtà le mancasse anche solo vedere Tsubasa.

 

 

In Giappone, il sole del mattino splendeva alto vicino a toccare il mezzogiorno, mentre Tsubasa correva, palla al piede, attraverso il parco. Si era fatto il suo allenamento mattutino e ora stava riguadagnando la via di casa. Uscendo dal parco, notò un gruppo di ragazze con la divisa delle scuole medie e, per un riflesso incondizionato, si voltò a guardarle. Sbuffò e proseguì la sua corsa, affrentandosi ad arrivare a casa dato che il caldo stava diventando più insistente. Le cicale frinivano tra gli alberi del viale, interrotte ogni tanto dai tonfi che il pallone faceva sull’asfalto. Con un’ultima falcata arrivò al cancello di casa e suonò il campanello, correndo ancora sul posto. Sua madre gli aprì quindi, calciando il pallone di lato, lasciò il suo “migliore amico” sul prato del giardino ed entrò in casa. Con poca grazia buttò le scarpe qua e là nell’ingresso e salì velocemente le scale per dirigersi nella stanza da bagno. Si sfilò la maglietta madida di sudore e, per una strana associazione di idee, nella sua mente apparve Sanae intenta a passargli un asciugamano. Scosse la testa, andò a riempire la vasca e si fermò di fronte allo specchio, fissando la propria immagine. Come se il suo riflesso lo stesse invitando a un confronto, Tsubasa iniziò ad ammettere a se stesso che la sua amica gli mancava, perchè non era abituato a non vederla per così tanto e anche il non poterla sentire lo rattristava. Nella sua testa aveva dato per scontato che avrebbero passato le vacanze estive assieme uscendo in compagnia con i ragazzi del club di calcio e che lei gli avrebbe fatto compagnia durante i suoi allenamenti mattutini. Invece, era partita così di punto in bianco, come un evaso. L’acqua sfiorava ormai il bordo della vasca e Tsubasa si spogliò completamente per immergersi nel liquido ristoratore del bagno. Si passò la mano tra i ciuffi ribelli e abbandonò il collo all’indietro in completo relax.

Tornerà prima o poi...

 

 

 

I capelli di Yoshiko, sparsi sul suo grembo, erano così lisci e setosi al tatto, la fronte calda per il pianto. Ancora scossa da qualche singhiozzo, si alzò a sedere sul letto e asciugò con il fazzoletto di carta le ultime lacrime che ancora le bagnavano le guance.

- Sono una pessima amica.- tirò su col naso.

- In effetti, rischiavo quasi di annegare tra le tue lacrime stasera.- buttò la questione in ridere e riuscì proprio a sortire quell’effetto, perchè a Yoshiko scappò una risata che contrastava con gli occhi gonfi di pianto.

- Ti va di parlarmi, Sanae-chan?-

La ragazza valutò la proposta, indecisa se lasciar perdere o dar fuoco alle polveri. Si era sempre sfogata con Yukari, la quale, onestamente, non faceva che ripeterle le solite canoniche frasi: “é un maschio, non ci arriva”, “poverino, è un ragazzo timido” e via dicendo. Per quanto fossero vere, non erano dispensatrici di consigli o di soluzioni che potessero farle trovare la via per riacquistare un po’ della serenità perduta. Forse Yoshiko, che con la storia dell’hachimaki aveva dimostrato un’intraprendenza inusuale, poteva essere la persona più adatta a cui chiedere qualche dritta per il comportamento da tenere con Tsubasa.

- Mi sento una stupida, Yoshiko.-

L’amica spalancò lo sguardo allibita.

- Per tre anni gli sono stata vicina e solo ultimamente mi sono accorta di quello che provo, mi sono innamorata di lui, senza quasi rendermene conto.-

- Bè, mi sembrava che già alle elementari provassi qualcosa per lui, no?- chiese cautamente.

- Sì, ma quella, era una cottarella infantile, poi vedevo che lui era tutto preso dal pallone e io sono cambiata da allora. Insomma, credevo che il rapporto tra noi fosse quello di due normali amici.- si passò la mano tra i capelli corvini e tirò un sospiro cercando di raccogliere le idee, perchè era difficile spiegare com’era potuto succedere che la situazione le fosse sfuggita di mano a quel modo.

- Invece, da un momento all’altro, mi ritrovo a fissarlo adorante a bordo campo, ad avere i batticuori mentre mi parla o semplicemente mi guarda...-

- A pensare quanto sia attraente, quando fa qualche azione di gioco fantastica...- la interruppe.

- Lo so a cosa ti riferisci, Sanae, è capitata la stessa cosa a me.-

- Ma non sarebbe dovuto succedere, non ci si può innamorare di un amico di punto in bianco!- esclamò affranta.

Yoshiko la fissò interrogativa, poi scoppiò a ridere.

- Da quando i sentimenti si possono controllare? E poi, chi meglio di un amico, può diventare una persona speciale?- chiese.

Yoshiko era una continua fonte di sorprese: alle volte, pensare che avessero la stessa età le risultava difficile, ma probabilmente gran parte della sua maturità era dovuta alla cultura a metà tra quella giapponese e quella americana, di certo meno castrante di quella orientale.

- Almeno avrei potuto scegliere un amico più sveglio.- si rigirò sul letto, coprendosi il volto con il braccio.

- Dai, dai, ti sei scelta il più carino della squadra, piccola volpe.- la punzecchiò colpendola tra le costole con la punta del dito. Sanae si sollevò a sedere di scatto e incrociò le gambe.

- Veramente non c’è solo lui, anzi, all’inizio di molto carino c’era Wakabayashi, ma abbiamo due caratteri straincompatibili e poi, c’era anche Taro Misaki, non credo tu lo conosca. Ecco, sì, lui sarebbe stato perfetto, carino e anche più sveglio, decisamente.- si picchiettò col dito indice sul mento.

- Eppure alla fine hai scelto lui.-

- Già.- si ributtò sdraiata sul fianco.

Yoshiko la imito e faccia a faccia le regalò un sorriso rassicurante.

- Sanae, certe cose non avvengono seguendo un filo logico, succedono e basta. A te è capitato di innamorarti di Tsubasa, che sarà pure timido e impacciato al di fuori del campo di calcio, ma qualcosa in lui ti ha attratta inevitabilmente. Non ci puoi fare niente.-

Sospirò ammettendo che le parole della sua amica erano assolutamente vere.

- Però, se la situazione è così in stallo, la colpa è anche tua.-

Si rialzò di scatto e la guardò come se volesse incenerirla.

- Mia? Quell’idiota ha accettato le spudorate avance di Kumi e sarebbe colpa mia?- domandò furiosa.

- Oh, Sanae, lascia perdere Kumi, ha le arti di seduzione di una mantide religiosa. Non credere che buttarsi addosso a qualcuno come fa lei sia utile.- le spiegò, poi proseguì, per farle capire cosa doveva cambiare se voleva ottenere dei risultati.

- Tu hai sbagliato a essere sempre così disponibile e condiscendente con lui. E’ ovvio che ti dia per scontata.-

Le ultime parole la invitarono a riflettere sul suo comportamento: in tre anni non aveva mai detto “no”.

Sanae, mi passi i palloni dalla cesta? Arrivo subito, Tsubasa.

Sanae, non ho capito un accidenti della lezione di ieri, me la rispiegheresti? Volentieri, Tsubasa.

Sanae, l’asciugamano, per favore? Te lo porto subito, Tsubasa.

E, negli ultimi mesi, non aveva nemmeno più aspettato che lui le chiedesse qualcosa, perchè era lei che prontamente lo serviva e riveriva come un principino, spinta da quel sentimento che aveva scoperto di provare. Sì, era lei la stupida che aveva fatto precipitare la situazione.

- Capisci, Sanae, non puoi essere il suo zerbino, devi avere più considerazione di te.-

- Tu come facevi con Matsuyama?- le chiese per capire meglio il suo discorso.

- Io ero gentile con lui, ma fino a un certo punto e sicuramente non tolleravo se faceva il simpatico con qualcun’altra. Naturalmente, il tutto nella massima discrezione, ma ti posso assicurare che il giorno che aveva fatto il cascamorto con il capitano della squadra di pallavolo gliel’ho fatta sudare. Non che abbia fatto scenate o fatto capire il mio malumore, semplicemente ho iniziato a ignorarlo, finchè non è venuto a chiedermi perchè.-

- E tu come hai reagito?-

- Ho fatto la vaga, ho detto che non sapevo di cosa parlasse, che a me sembrava di essere sempre uguale e che mi doveva scusare se in qualche modo lo avevo trattato male...poverino, a ripensarci ora mi sento anche in colpa.- sorrise bonariamente.

- I ragazzi vanno stuzzicati in qualche modo, a me ha dato una grossa mano la partenza, perchè chissà quanto ci avrebbe messo Hikaru a dichiararsi. Oltretutto, anche tu non hai molto tempo per scucirgli una dichiarazione, non hai detto che vuole andare in Brasile alla fine delle scuole medie? -

Sanae annuì rabbuiandosi, quel discorso la metteva tremendamente a disagio.

- Devi solo lasciare che sia un po’ lui a rincorrerti.-

- Fosse facile, Yoshi-chan, l’unica cosa che può rincorrere lui è il pallone da calcio.- sbuffò.

- Sì, perché sa che se si volta tu sei lì a bordo campo che aspetti, ma cosa accadrebbe se voltandosi non ti trovasse più?- le rivolse uno sguardo malizioso. La sua amica la fissò ammutolita, stava iniziando a comprendere la logica del suo ragionamento.

- Sono convinta che già la tua partenza improvvisa lo ha frastornato.- aggiunse con uno sguardo sadicamente ironico.

In realtà non sapeva come avesse reagito e nemmeno se Yukari ne avesse fatto parola con lui.

- Per quanti giorni, al massimo, non vi siete visti, in tre anni che vi conoscete?-

- Direi, una settimana al massimo...sì.-

- Pensa a come starà un mese e mezzo senza vederti.- sorrise compiaciuta.

 

 

Distrutta dalla stanchezza Sanae si lasciò scivolare sotto le lenzuola, diede la buonanotte e si voltò dandole la schiena. Una punta di nostalgia le stuzzicava i pensieri: era sempre così quando si allontanava da casa, anche durante i ritiri con la squadra a Tokyo e, sicuramente, essere così lontana approfondiva questa sua reazione che contrastava con il piacere del viaggio, della scoperta di nuove cose e del divertimento che avrebbe vissuto.

 

Un mese e mezzo...come starò senza di te, Tsubasa? Forse, riuscirò a rivederti come un amico?

 

Le domande si accavallavano l’una all’altra formando un intreccio fitto, simile a una rete pronta a rinchiuderla. Sospirò, scacciando quell’immagine dalla mente: aveva preso il volo per essere libera, per ritrovare la serenità di cui si sentiva defraudata e per passare un’estate fuori dal comune. Rivolse un ultimo sguardo verso Yoshiko, che probabilmente aveva già preso sonno, e una volta di più pensò che venire da lei fosse stata la scelta più giusta.

 

 

 

Yoshiko e le sue perle di saggezza…ahem, non so se si è notato, ma ciò che Yoshiko dice è ciò che io stessa penso, diciamo che lei è un po’ la mia voce in questa fanfiction. Sanae ha preso veramente il volo e come ogni uccellino deve imparare a battere le ali anche quando le correnti d’aria sono troppo forti. Il dialogo tra lei e Yoshiko mi è servito per esprimere la mia personale visione su come sia andata tra lei e Tsubasa: una cottarella infantile che si è evoluta in un sentimento più maturo e consapevole. Riuscirà Sanae a cacciare il “tontolone” dai suoi pensieri?

Grazie a tutti i lettori e a chi vorrà farmi sapere cosa ne pensa con una recensione. ;)



[1] Il cosiddetto “mal di fuso”.

  
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