Nonostante
le
tredici ore di volo, Sanae era talmente eccitata all’idea di
trovarsi su un
altro continente che non badò alla stanchezza. Appena
l’aereo completò le
manovre di atterraggio, lei si preparò per uscire il prima
possibile: non
vedeva l’ora di trovare Yoshiko per abbracciarla e
ringraziarla di cuore per
quella vacanza improvvisata che l’aveva portata lontana dai
problemi e dalle
frustrazioni, poi non vedeva l’ora di mostrarle la sorpresa
che le aveva fatto
recapitare Matsuyama.
-
Pronto, Nakazawa...Matsuyama-kun?!...sì...la settimana
prossima...Tra cinque
giorni. Per Yoshiko? D’accordo, fammelo recapitare a questo
indirizzo...-
Sorrise,
ricordando la telefonata un po’ impacciata, ma comunque molto
carina del
capitano della Furano. Aveva invidiato moltissimo la sua amica in quel
momento,
ma quando si ricordò della distanza che li divideva si
sentì un po’ meschina.
Trascinandosi
dietro la pesante valigia, Sanae si diresse verso l’uscita
del Terminal e con un rapido colpo
d’occhio
vide subito Yoshiko che le corse incontro. L’amica le
buttò le braccia al collo
e contro ogni previsione scoppiò a piagere.
- Ehi,
Yoshi-chan,
dovrei essere io a piangere di gratitudine, non tu.- sorrise.
La ragazza
si
asciugò le lacrime e si lasciò scappare una
risata, la sua reazione era stata
del tutto istintiva. L’arrivo di Sanae le fece sembrare
Hikaru meno distante,
nonostante non fosse passato tantissimo tempo dal suo trasferimento con
la
famiglia. Ciò che le aveva fatto più male era
stato sicuramente dover fare
tutto di fretta e all’improvviso, senza aver avuto nemmeno il
modo di
metabolizzare la cosa. Non era comunque il momento per le lacrime, la
sua amica
aveva fatto un lungo viaggio per raggiungerla e doveva aiutarla a
divertirsi e
distrarsi.
Al
parcheggio,
due ragazzi giapponesi le stavano aspettando accanto alla macchina.
-
Sanae-chan,
loro sono i miei cugini Hiroyuki e Hachiro.- spiegò la sua
amica.
Hiroyuki
era il
più alto dei due, aveva i capelli neri e corti e sul suo
viso brillavano due
occhi scurissimi, Hachiro invece aveva i capelli tinti di biondo e
portava le
lenti a contatto azzurre, ma ciò che attirò
l’attenzione di Sanae fu la decina
di piercing su ciascun orecchio. I
ragazzi le strinsero la mano invitandola a evitare onorifici, erano
troppo
occidentalizzati per quello.
-
Piacere.- rispose
un po’ intimidita, soprattutto dall’aspetto
“bizzarro” di Hachiro.
Yoshiko
notò
questo particolare e le bisbigliò di prepararsi.
- Vedrai,
quando
conoscerai i miei amici.- aggiunse sorniona.
Per
arrivare a
casa dei Fujisawa impiegarono quasi mezz’ora, dato che
sull’Atlantic Avenue il
traffico non mancava.
Yoshiko ne approfittò per chiedere notizie degli altri amici
che aveva lasciato
in Giappone, stando sempre attenta a non accennare a Tsubasa. Sanae ne
avrebbe
parlato quando e se ne avesse avuto voglia, anche solo per sfogarsi un
pochino.
Non mancò, nel frattempo, di indicare i punti di maggior
interesse che
incontravano lungo il tragitto.
- Liberty Island è
dall’altra parte, ci
andremo con calma, tanto abbiamo tutto il tempo.-
Sanae
seguì Yoshiko
e i due ragazzi che entrarono nell’appartamento degli zii.
-
Sanae-san,
benvenuta.- le disse la signora Fujisawa.
I cugini
di
Yoshiko si congedarono dandosi appuntamento con lei per il giorno dopo.
- Stasera
è
meglio che ti riposi. Devi smaltire il jet
lag[1].-
Annuì,
poichè in
effetti iniziava ad accusare un po’ di stanchezza. Salirono
al piano di sopra,
dove si trovavano le camere da letto. La stanza di Yoshiko era la prima
di
fronte alle scale: le pareti erano dipinte di un bell’azzurro
effetto guantato
e vi erano appesi poster di delfini e un bellissimo ingrandimento di
lei sui roller blade
all’età di sei anni. Sul
tappeto, tra i due letti, era stata posata la valigia che Hiroyuki
aveva
gentilmente trasportato lì per evitare
l’incombenza alle ragazze. Sul comodino c’era
una cornice, molto simile a quella che Sanae teneva in camera sua, con
una
foto, guarda caso di Yoshiko e Matsuyama con la divisa della Furano. Si
chinò a
guardarla, ma fu fatale per lei, perchè inevitabilmente le
ricordò la sua triste
situazione.
- Tu
prenderai
il mio letto... - le indicò Yoshiko, che subito dopo
uscì dalla camera,
invitandola con un cenno a seguirla.
- ...e
questo è
il bagno, ce n’è uno anche di sotto, quindi non ti
preoccupare e usalo pure
quanto vuoi.- le fece l’occhiolino.
Finalmente
era
il momento di disfare i bagagli: aveva posto il regalo di Matsuyama
proprio in
cima, in modo da poterglielo consegnare subito. Il pacchettino fasciato
in un
involucro blu fu la prima cosa che estrasse e lo rivolse con un sorriso
a
Yoshiko, che incredula si indicò per chiedere se ne fosse
proprio lei la
destinataria. Prima di consegnarglielo, le fece notare il bigliettino
con la
calligrafia del ragazzo.
Cara
Yoshiko,
non
sai quanto vorrei essere lì con te. Sento molto la tua
mancanza e quando la
nostalgia mi prende, stringo l’hachimaki che mi hai regalato
e mi sento meno
solo. Siccome ho pensato che tu, invece, non hai niente di mio, ho
chiesto a
Sanae di portarti questo regalo.
Mi
raccomando, pensami quando lo indossi.
Un
bacio
Hikaru
Indossarlo?
Yoshiko scartò in fretta e furia il pacchettino e, aprendo
la scatolina
amaranto, trovò al suo interno un ciondolo
d’argento a forma di cuore. Un
sorriso le si allargò sul viso, mentre gli occhi si facevano
lucidi. Sanae sorrise
a sua volta, felice che il regalo avesse sortito l’effetto
che, probabilmente,
Matsuyama si aspettava.
- Mi
manca.-
sospirò.
- Lo so,
ma quel
regalo significa che sei sempre nei suoi pensieri.- le rispose
posandole una
mano sulla spalla.
Lei invece
aveva
poco di che rallegrarsi, si rendeva conto che la vacanza era un
pretesto per
scappare da Tsubasa, come se questo fosse sufficiente a farle
dimenticare il forte
sentimento che provava per lui. Guardò Yoshiko chiudersi la
catenina sul collo
e accarezzare il cuore con affetto: nemmeno la sua amica poteva dirsi
felice. Certo,
sapeva di essere ricambiata, ma dover esprimere i propri sentimenti a
distanza
poteva essere altrettanto triste. La lasciò da sola con i
suoi pensieri e in
silenzio iniziò a sistemare le sue cose.
I signori
Fujisawa si dimostrarono da subito molto cordiali con lei: la signora
Rika non
faceva che riempirle il piatto, mentre
il signor Natsuo le faceva un sacco di domande sul Giappone. Era chiaro
che,
nonostante la gratificazione professionale, il signor Fujisawa sentiva
la mancanza
della sua terra natale, esattamente come la figlia.
- Sono
contento
che tu sia venuta. Yoshiko non si è ancora ambientata del
tutto.-
La sua
gratitudine la mise ancor più a suo agio, mitigando
quell’imbarazzo per essere
piombata all’improvviso in casa loro a causa dei suoi
problemi di cuore.
Evidentemente non era la sola ad aver bisogno di aiuto, anche Yoshiko
voleva
una spalla a cui appoggiarsi e, probabilmente, il suo invito improvviso
era
dovuto alla solitudine che stava provando. Sì, lei aveva pur
sempre Yukari, che
era al corrente della situazione, conosceva le persone coinvolte, era
qualcuno
che poteva capirla, mentre Yoshiko non aveva nessuno con cui sfogarsi
quando la
nostalgia per Matsuyama diventava insostenibile.
Terminata
la
cena Sanae si fece una doccia ristoratrice, poi, quando
entrò in camera, vide
Yoshiko che sorrideva di fronte allo schermo del PC. Sospettando che
stesse
chattando con Matsuyama non osò disturbarla, quindi si
andò a sdraiare
discretamente sul letto e concentrò lo sguardo sul colore
della parete che trovava
estremamente rilassante. La sua amica si allontanò dalla
scrivania, una lacrima
le scivolava lungo la guancia. Una mano gentile le toccò la
spalla e Yoshiko si
voltò e affondò il viso nell’abbraccio
consolatorio di Sanae.
- Voglio
vederlo, voglio stargli vicino.- ripetè tra i singhiozzi.
Capiva
benissimo
come poteva sentirsi, era una sensazione che conosceva bene,
perchè l’aveva
provata e la stava provando anche in quel momento, quando, attraverso
il pianto
di Yoshiko, aveva compreso quanto in realtà le mancasse
anche solo vedere
Tsubasa.
In
Giappone, il
sole del mattino splendeva alto vicino a toccare il mezzogiorno, mentre
Tsubasa
correva, palla al piede, attraverso il parco. Si era fatto il suo
allenamento
mattutino e ora stava riguadagnando la via di casa. Uscendo dal parco,
notò un
gruppo di ragazze con la divisa delle scuole medie e, per un riflesso
incondizionato, si voltò a guardarle. Sbuffò e
proseguì la sua corsa,
affrentandosi ad arrivare a casa dato che il caldo stava diventando
più
insistente. Le cicale frinivano tra gli alberi del viale, interrotte
ogni tanto
dai tonfi che il pallone faceva sull’asfalto. Con
un’ultima falcata arrivò al
cancello di casa e suonò il campanello, correndo ancora sul
posto. Sua madre
gli aprì quindi, calciando il pallone di lato,
lasciò il suo “migliore amico”
sul prato del giardino ed entrò in casa. Con poca grazia
buttò le scarpe qua e
là nell’ingresso e salì velocemente le
scale per dirigersi nella stanza da
bagno. Si sfilò la maglietta madida di sudore e, per una
strana associazione di
idee, nella sua mente apparve Sanae intenta a passargli un asciugamano.
Scosse
la testa, andò a riempire la vasca e si fermò di
fronte allo specchio, fissando
la propria immagine. Come se il suo riflesso lo stesse invitando a un
confronto, Tsubasa iniziò ad ammettere a se stesso che la
sua amica gli
mancava, perchè non era abituato a non vederla per
così tanto e anche il non
poterla sentire lo rattristava. Nella sua testa aveva dato per scontato
che
avrebbero passato le vacanze estive assieme uscendo in compagnia con i
ragazzi
del club di calcio e che lei gli avrebbe fatto compagnia durante i suoi
allenamenti mattutini. Invece, era partita così di punto in
bianco, come un
evaso. L’acqua sfiorava ormai il bordo della vasca e Tsubasa
si spogliò
completamente per immergersi nel liquido ristoratore del bagno. Si
passò la
mano tra i ciuffi ribelli e abbandonò il collo
all’indietro in completo relax.
Tornerà
prima o poi...
I capelli
di
Yoshiko, sparsi sul suo grembo, erano così lisci e setosi al
tatto, la fronte
calda per il pianto. Ancora scossa da qualche singhiozzo, si
alzò a sedere sul
letto e asciugò con il fazzoletto di carta le ultime lacrime
che ancora le
bagnavano le guance.
- Sono una
pessima amica.- tirò su col naso.
- In
effetti,
rischiavo quasi di annegare tra le tue lacrime stasera.-
buttò la questione in
ridere e riuscì proprio a sortire quell’effetto,
perchè a Yoshiko scappò una
risata che contrastava con gli occhi gonfi di pianto.
- Ti va di
parlarmi, Sanae-chan?-
La ragazza
valutò la proposta, indecisa se lasciar perdere o dar fuoco
alle polveri. Si
era sempre sfogata con Yukari, la quale, onestamente, non faceva che
ripeterle
le solite canoniche frasi: “é un maschio, non ci
arriva”, “poverino, è un
ragazzo timido” e via dicendo. Per quanto fossero vere, non
erano dispensatrici
di consigli o di soluzioni che potessero farle trovare la via per
riacquistare
un po’ della serenità perduta. Forse Yoshiko, che
con la storia dell’hachimaki aveva
dimostrato
un’intraprendenza inusuale, poteva essere la persona
più adatta a cui chiedere
qualche dritta per il comportamento da tenere con Tsubasa.
- Mi sento
una
stupida, Yoshiko.-
L’amica
spalancò
lo sguardo allibita.
- Per tre
anni
gli sono stata vicina e solo ultimamente mi sono accorta di quello che
provo,
mi sono innamorata di lui, senza quasi rendermene conto.-
-
Bè, mi
sembrava che già alle elementari provassi qualcosa per lui,
no?- chiese cautamente.
-
Sì, ma quella,
era una cottarella infantile, poi vedevo che lui era tutto preso dal
pallone e
io sono cambiata da allora. Insomma, credevo che il rapporto tra noi
fosse
quello di due normali amici.- si passò la mano tra i capelli
corvini e tirò un
sospiro cercando di raccogliere le idee, perchè era
difficile spiegare com’era potuto
succedere che la situazione le fosse sfuggita di mano a quel modo.
- Invece,
da un
momento all’altro, mi ritrovo a fissarlo adorante a bordo
campo, ad avere i
batticuori mentre mi parla o semplicemente mi guarda...-
- A
pensare
quanto sia attraente, quando fa qualche azione di gioco fantastica...-
la
interruppe.
- Lo so a
cosa
ti riferisci, Sanae, è capitata la stessa cosa a me.-
- Ma non
sarebbe
dovuto succedere, non ci si può innamorare di un amico di
punto in bianco!-
esclamò affranta.
Yoshiko la
fissò
interrogativa, poi scoppiò a ridere.
- Da
quando i
sentimenti si possono controllare? E poi, chi meglio di un amico,
può diventare
una persona speciale?- chiese.
Yoshiko
era una
continua fonte di sorprese: alle volte, pensare che avessero la stessa
età le
risultava difficile, ma probabilmente gran parte della sua
maturità era dovuta
alla cultura a metà tra quella giapponese e quella
americana, di certo meno
castrante di quella orientale.
- Almeno
avrei
potuto scegliere un amico più sveglio.- si rigirò
sul letto, coprendosi il
volto con il braccio.
- Dai,
dai, ti
sei scelta il più carino della squadra, piccola volpe.- la
punzecchiò
colpendola tra le costole con la punta del dito. Sanae si
sollevò a sedere di
scatto e incrociò le gambe.
-
Veramente non
c’è solo lui, anzi, all’inizio di molto
carino c’era Wakabayashi, ma abbiamo
due caratteri straincompatibili e poi, c’era anche Taro
Misaki, non credo tu lo
conosca. Ecco, sì, lui sarebbe stato perfetto, carino e
anche più sveglio,
decisamente.- si picchiettò col dito indice sul mento.
- Eppure
alla
fine hai scelto lui.-
-
Già.- si
ributtò sdraiata sul fianco.
Yoshiko la
imito
e faccia a faccia le regalò un sorriso rassicurante.
- Sanae,
certe
cose non avvengono seguendo un filo logico, succedono e basta. A te
è capitato
di innamorarti di Tsubasa, che sarà pure timido e impacciato
al di fuori del
campo di calcio, ma qualcosa in lui ti ha attratta inevitabilmente. Non
ci puoi
fare niente.-
Sospirò
ammettendo che le parole della sua amica erano assolutamente vere.
-
Però, se la
situazione è così in stallo, la colpa
è anche tua.-
Si
rialzò di
scatto e la guardò come se volesse incenerirla.
- Mia?
Quell’idiota ha accettato le spudorate avance
di Kumi e sarebbe colpa mia?- domandò furiosa.
- Oh,
Sanae,
lascia perdere Kumi, ha le arti di seduzione di una mantide religiosa.
Non
credere che buttarsi addosso a qualcuno come fa lei sia utile.- le
spiegò, poi
proseguì, per farle capire cosa doveva cambiare se voleva
ottenere dei
risultati.
- Tu hai
sbagliato a essere sempre così disponibile e condiscendente
con lui. E’ ovvio
che ti dia per scontata.-
Le ultime
parole
la invitarono a riflettere sul suo comportamento: in tre anni non aveva
mai detto
“no”.
Sanae,
mi passi i palloni dalla cesta? Arrivo subito, Tsubasa.
Sanae,
non ho capito un accidenti della lezione di ieri, me la rispiegheresti?
Volentieri, Tsubasa.
Sanae,
l’asciugamano, per favore? Te lo porto subito, Tsubasa.
E, negli
ultimi
mesi, non aveva nemmeno più aspettato che lui le chiedesse
qualcosa, perchè era
lei che prontamente lo serviva e riveriva come un principino, spinta da
quel
sentimento che aveva scoperto di provare. Sì, era lei la
stupida che aveva
fatto precipitare la situazione.
- Capisci,
Sanae, non puoi essere il suo zerbino, devi avere più
considerazione di te.-
- Tu come
facevi
con Matsuyama?- le chiese per capire meglio il suo discorso.
- Io ero
gentile
con lui, ma fino a un certo punto e sicuramente non tolleravo se faceva
il
simpatico con qualcun’altra. Naturalmente, il tutto nella
massima discrezione,
ma ti posso assicurare che il giorno che aveva fatto il cascamorto con
il
capitano della squadra di pallavolo gliel’ho fatta sudare.
Non che abbia fatto
scenate o fatto capire il mio malumore, semplicemente ho iniziato a
ignorarlo,
finchè non è venuto a chiedermi
perchè.-
- E tu
come hai
reagito?-
- Ho fatto
la
vaga, ho detto che non sapevo di cosa parlasse, che a me sembrava di
essere
sempre uguale e che mi doveva scusare se in qualche modo lo avevo
trattato
male...poverino, a ripensarci ora mi sento anche in colpa.- sorrise
bonariamente.
- I
ragazzi
vanno stuzzicati in qualche modo, a me ha dato una grossa mano la
partenza,
perchè chissà quanto ci avrebbe messo Hikaru a
dichiararsi. Oltretutto, anche
tu non hai molto tempo per scucirgli una dichiarazione, non hai detto
che vuole
andare in Brasile alla fine delle scuole medie? -
Sanae
annuì
rabbuiandosi, quel discorso la metteva tremendamente a disagio.
- Devi
solo
lasciare che sia un po’ lui a rincorrerti.-
- Fosse
facile,
Yoshi-chan, l’unica cosa che può rincorrere lui
è il pallone da calcio.-
sbuffò.
-
Sì, perché sa
che se si volta tu sei lì a bordo campo che aspetti, ma cosa
accadrebbe se
voltandosi non ti trovasse più?- le rivolse uno sguardo
malizioso. La sua amica
la fissò ammutolita, stava iniziando a comprendere la logica
del suo
ragionamento.
- Sono
convinta
che già la tua partenza improvvisa lo ha frastornato.-
aggiunse con uno sguardo
sadicamente ironico.
In
realtà non
sapeva come avesse reagito e nemmeno se Yukari ne avesse fatto parola
con lui.
- Per
quanti
giorni, al massimo, non vi siete visti, in tre anni che vi conoscete?-
- Direi,
una
settimana al massimo...sì.-
- Pensa a
come
starà un mese e mezzo senza vederti.- sorrise compiaciuta.
Distrutta
dalla
stanchezza Sanae si lasciò scivolare sotto le lenzuola,
diede la buonanotte e
si voltò dandole la schiena. Una punta di nostalgia le
stuzzicava i pensieri:
era sempre così quando si allontanava da casa, anche durante
i ritiri con la
squadra a Tokyo e, sicuramente, essere così lontana
approfondiva questa sua
reazione che contrastava con il piacere del viaggio, della scoperta di
nuove
cose e del divertimento che avrebbe vissuto.
Un
mese e mezzo...come starò senza di te, Tsubasa? Forse,
riuscirò a rivederti
come un amico?
Le domande
si
accavallavano l’una all’altra formando un intreccio
fitto, simile a una rete
pronta a rinchiuderla. Sospirò, scacciando
quell’immagine dalla mente: aveva
preso il volo per essere libera, per ritrovare la serenità
di cui si sentiva
defraudata e per passare un’estate fuori dal comune. Rivolse
un ultimo sguardo
verso Yoshiko, che probabilmente aveva già preso sonno, e
una volta di più
pensò che venire da lei fosse stata la scelta più
giusta.
Yoshiko
e le sue perle di saggezza…ahem, non so se si è
notato, ma
ciò che Yoshiko dice è ciò che io
stessa penso, diciamo che lei è un po’ la mia
voce in questa fanfiction. Sanae ha preso veramente il volo e come ogni
uccellino deve imparare a battere le ali anche quando le correnti
d’aria sono
troppo forti. Il dialogo tra lei e Yoshiko mi è servito per
esprimere la mia
personale visione su come sia andata tra lei e Tsubasa: una cottarella
infantile che si è evoluta in un sentimento più
maturo e consapevole. Riuscirà
Sanae a cacciare il “tontolone” dai suoi pensieri?
Grazie
a tutti i lettori e a chi vorrà farmi sapere cosa ne pensa
con una recensione. ;)