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Autore: Ulissae    20/10/2011    4 recensioni
[Vita, morte e miracoli di Aro. Personale interpretazione della sua vita]
"Sarai pronto a perdonarmi?"
Genere: Dark, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro personaggio, Aro, Volturi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'enciclopedica visione dei Volturi'
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Historia Apollinis



Ci gelammo entrambi, io acquistai di nuovo lucidità e iniziai a correre verso la stanza di mia sorella. Caius, molto più veloce di me, la raggiunse in un battito di ciglia; spalancò la porta con violenza, facendo tremare il muro e rimase immobile a fissare la figura di un uomo che era entrato dalla finestra.
Era magro e piccolo, quasi gracile, dalla meravigliosa pelle perlacea; si guardava intorno come se niente fosse. Non degnò di uno sguardo Didyme, ma rimase immobile a fissare Caius.
«Cosa ci fai qui? Come hai osato entrare nella nostra casa?!» tuonò il mio amico, sporgendosi in avanti e scagliandosi contro di lui con rabbia.
Il vampiro, perché era il vampiro che avevo visto quella notte, lo fermò senza troppa difficoltà, prendendolo per il collo e sbattendolo a terra.
«Curiosa domanda, soprattutto se posta da un essere che passa le sue notte pedinandomi»
Didyme aveva iniziato a piangere, rannicchiandosi più che poteva contro la parete; lentamente si stava avvicinando all'orlo del letto, pronta a scendere.
Caius si divincolava, ma la presa dell'uomo era così ferma che non riusciva neanche a parlare ed emetteva solo dei rantoli indecifrabili.
«Cosa volete da lui?»
Il vampiro alzò lo sguardo, gli occhi rossi erano penetranti e grandi, sorrise in un modo affascinante e affabile, di scatto lasciò la presa su Caius, facendogli sbattere violentemente la testa a terra.
«Tu sei il ragazzino che mi ha visto cacciare, vero?»
Didyme era scesa dal letto e si avvicinava alla porta con passi cauti e lenti. Era una ragazzina intelligente, sapeva bene quando doveva andarsene per salvarsi la vita.
«Sì» risposi, cercando di non far vacillare la mia voce.
Studiai il suo viso, il naso leggermente adunco e le sopracciglia troppo folte, scure come l'ebano.
«E lo hai detto a loro» sibilò, avvicinò il suo viso al mio.
Caius si era alzato e stava per attaccarlo da dietro, spalancai gli occhi, facendogli segno di stare fermo. Non avrebbe avuto nessuna speranza contro di lui, era così anziano che sembrava trasudare antichità da tutti i pori; gli occhi sembravano lattiginosi, quasi vitrei.
«Sì» ripetei, facendomi coraggio.
«Sono anni che siamo alla ricerca di nostri simili»
La voce di Marcus interruppe la tensione che si era venuta a creare, il respiro sembrava affannato e il suo tono tradiva una certa preoccupazione.
Il vampiro alzò di scatto lo sguardo e lo fissò a lungo, sussurrando: «tu saresti...?»
«Marcus» disse deciso, avanzando e stringendomi una spalla. «Lui è Caius» indicò con la testa il nominato, che stava ringhiando sommessamente «e questo è un nostro caro amico, Aro. Tra poco diventerà come noi»
Il vampiro mi fissò a lungo e scoppiò a ridere: «cosa?»
«Sta passando con noi un lungo periodo, vogliamo che sia pronto per la trasformazione» Marcus sembrava stesse dicendo qualcosa di indispensabile e importante, perché fissò intensamente negli occhi il suo interlocutore, come se lo stesse rassicurando.
«Non vorremo certo che sia uno dei tanti neonati allo sbando, vero?»
Caius emise un grugnito scocciato «Roma ne è abbastanza piena»
Alle loro parole il vampiro tacque e li studiò attentamente. Portava una vecchia veste bianca, ormai così sporca da risultare marroncina; i piedi erano scalzi a eccezione di numerosi ghirigori, fatti con l'hennè all'orecchio portava un enorme monile d'oro, che gli aveva ormai dilatato il lobo.
«Siete romani... ma non pensate come romani» mormorò affascinato.
«Siamo come voi, mio ospite...» Marcus chinò leggermente il capo sorridendo, allargando un poco le braccia.
Nei lunghi giorni di assenza non si era mai cambiato, portava ancora i vecchi vestiti con i quali era sbarcato ad Alessandria. I suoi calzari erano così rovinati che la suola di uno era ripiegata in due, lasciando che il tallone toccasse la terra, e le mani erano lerce e luride. Sembrava come se si fosse seppellito sotto la sabbia, perché i suoi capelli neri erano pieni di piccoli granelli giallastri.
«Sono onorato dalla vostra ospitalità, allora» rispose l'altro, con un tono piuttosto ironico.
Come se la battaglia di poco prima non fosse esistita, Marcus lo condusse nella stanza dove erano stati disposti i triclini e gli fece cenno di sdraiarsi. Caius era così furioso che non riusciva neanche a smettere di tremare. Il vampiro non si sdraiò, ma rimase seduto severamente, con la schiena perfettamente dritta.
«Come ti chiami?» chiese brusco Caius, fissandolo sospettoso.
Il vampiro alzò un sopracciglio irritato, poi quasi sputò le parole: «Non mi chiamo»
Marcus sospirò e rise sommessamente. «Mi ricorda qualcuno, mh?» lanciò un'occhiata al compagno, che scostò lo sguardo scocciato.
L'intruso mi guardava intensamente, curioso e preoccupato allo stesso tempo. Lanciò uno sguardo veloce a Marcus.
«Cosa ci fa un umano con voi?»
«Te l'abbiamo detto» rispose calmo il mio amico «gli stiamo insegnando come va vissuta la notte, prima di lasciarlo libero tra le sue braccia»
Il vampiro senza nome rimase in silenzio, quando riprese a parlare la sua voce sembrò addolcirsi un poco, pur rimanendo severa e asciutta.
«Strano, solitamente voi romani vendete la nostra natura come il resto delle cose, lasciando allo sbando decine e decine di neonati che non fanno altro che fomentare folli leggende sul nostro conto» borbottò scocciato, stringendo le ginocchia con le mani.
Marcus parve essere a conoscenza di questa cosa, a differenza di Caius, che spalancò gli occhi sorpreso.
«Come vendere?» domandò, non resistendo.
«Vendere. In cambio di aurei e cariche politiche. In quel letamaio che è il vostro Impero!» sputò con rancore il vampiro, fissando il suo sguardo su di me.
«Ero solo uno schiavo» risposi quasi ridendo, sentendomi accusato da quegli occhi rosso sangue. Lui parve rilassarsi un poco e poi guardò i miei due compagni.
«Mi sembrate degli sprovveduti... non sapete neanche cosa accade nella vostra città...» sbuffò, alzandosi e guardandosi intorno.
Caius strinse la mascella, reprimendo l'istinto, piuttosto evidente, di attaccarlo di nuovo; guardò tetro Marcus, che sembrava l'unico non sconvolto o sorpreso.
«Siamo venuti qui in Egitto cercando risposte e le stiamo trovando, poco alla volta. Ma se tu ci aiutassi...» mormorò, chinando leggermente la testa.
«Perché mi hai aspettato, quella notte? E perché mi avete rivolto quel sorriso?» chiesi all'improvviso, guardandolo e cercando di risultare il più calmo e sicuro di me possibile.
Sorpreso dalle domande, l'ospite si voltò di scatto verso di me e con un gesto così repentino, che nessuno dei miei due amici riuscì a prevedere, si portò a pochi centimetri da me, fissandomi intensamente.
«Sembri avere molte qualità, Aro»
«Come fate a sapere...» iniziai, sconvolto.
Lui scoppiò a ridere e si tirò su, guardò Caius e Marcus e dopo aver alzato una mano in segno di salutò si voltò.
«Domani sera, ai confini con il deserto. Portate anche l'umano» disse pacatamente, poi sparì tra le ombre della strada, oltre il portone che era rimasto aperto dopo l'incursione di Marcus.
Quella notte nessuno di noi osò fiatare, perfino Caius che sembrava ardere dalla voglia di insultare e rimproverare Marcus per la sua prolungata assenza fece a meno di esporre la sua furia; io mi ritirai nella mia camera e tornai a cuocermi lentamente nella curiosità e nella paura.
Quello strano vampiro dai tratti orientali sapeva qualcosa, qualcosa che Marcus aveva cercato come un disperato per settimane e che, forse, aveva quasi raggiunto”.
Aro sorrise tra sé e allargò le braccia, poi alzò lo sguardo e si fermò a osservare le spire del Serpente Tentatore, avvolte intorno all'albero della conoscenza.
“La curiosità mi farà ammazzare” rise tra sé, “sono il più grande peccatore, vero? Così avido di sapere, di scoprire, di poter stringere tra le mie mani qualcosa di nuovo e sconosciuto! Se fossi stato lì, nell'Eden, il demonio neanche si sarebbe dovuto scomodare!” continuò a ridere, estremamente divertito. Arrivò al punto di doversi sedere e tenersi lo stomaco; si accasciò a terra, continuando a essere percorso da una risata irrefrenabile.
“Era un ebreo” disse, quando si fermò. Puntò lo sguardo all'uomo che si trovava dietro al Cristo del Giudizio, l'uomo che indossava il classico copricapo giudaico. “Un ebreo che diceva di chiamarsi Abramo, perché lui era il primo. Ma in verità sapevamo tutti, lui compreso, che non era così. Era, però, il primo ad aver coltivato un interesse umano verso la specie alla quale apparteneva. Un interesse che l'aveva portato a cercare e studiare.
Marcus era affascinato da lui e dal deserto. Ci fece sedere su una duna e lui, poco davanti a noi, iniziò a narrarci tutte le leggende che erano nate intorno a noi o a loro, come pensai a quel tempo.
Iniziò raccontandoci di Satana, di come qualcosa di perfetto come un angelo fosse sprofondato nell'oscurità.
«Siamo così» disse Abramo, pacato. «Angeli caduti. Perfette creature di Dio, uomini, caduti a divenute bestie, in preda ai loro istinti»
Marcus non fiatava, ascoltava e assimilava tutte le informazioni, come se ne dipendesse della sua vita. Caius, al contrario, si batteva con tutte le sue forze per ribattere alle concezioni di Abramo.
«Non siamo bestie!» tuonava, alzandosi e lasciando cadere tutta la sabbia che gli si era depositata in grembo, mentre giocava annoiato.
«Pensiamo meglio degli uomini, più velocemente, più approfonditamente. Siamo predatori, ma capaci di un'umanità più profonda! Satana non è una bestia, noi non lo siamo!» gridava, infervorandosi.
Abramo, nei primi tempi, si arrabbiava a sua volta e ribatteva; alla fin fine, arrivarono al punto tale che nessuno dei due diceva più nulla, scambiandosi solo occhiate di odio.
«Voi romani, e prima di voi i greci, avete associato la nostra specie alla leggenda di Dioniso. E tu lo sai, vero Marcus?» disse una sera, guardando intensamente l'interpellato.
«È per questo motivo che hai cercato scritti su questo vostro “dio”, alla biblioteca»
«Come fai a saperlo?» mormorò sorpreso Marcus.
Abramo scoppiò a ridere e lo guardò furbescamente: «pensi di essere l'unico ad avere dei poteri?»
Caius e io rimanemmo sconvolti, guardammo Marcus con aria confusa, cercando qualche spiegazione a quell'affermazione.
«Quali poteri?» chiesi, sfiorando una mano a Marcus. Lui la ritrasse e mormorò: «ve ne riparlerò più tardi»
Per la prima volta da quando lo conobbi, provai rabbia nei suoi confronti. Mi sentivo deluso, lasciato da parte, ingannato; non solo ci aveva tenuto nascosto questo suo “potere”, ma anche la lunga ricerca che aveva condotto da solo.
«Dioniso, Bacco, il dio nato due volte» mormorò a bassa voce Abramo, ricatturando la nostra attenzione.
«Il Dio che fu allevato per tre mesi nella coscia di Giove. Tre mesi, come i nostri Tre Giorni di Fuoco. Il Dio che rappresenta la sfrenatezza, la libertà degli istinti, la consacrazione della natura. Ci sono così tante leggende... ma Selene, la luna, potrebbe essere sua madre. O Semele, figlia di Armonia. Comunque la sua storia è fatta di sangue, no?» Marcus guardò intensamente l'ebreo che annuì.
«Ma tutte le storie sono fatte di sangue, miei cari...» sorrise amaramente, sedendosi per la prima volta.
«Ma il punto sono la seconda nascita e il vino. I baccanali sono feste sfrenate, feste temute dalle persone per bene, feste condannate»
«E ottimi posti dove vendere l'immortalità» mormorai sottovoce.
Abramo sorrise, furbescamente e disse: «allora non è uno sprovveduto come credevo».
Passammo altre giornate ad Alessandria, ma il pensiero di Marcus e dei suoi segreti mi tormentava. Non riuscivo a trovare pace, neanche nei momenti di ozio e divertimento che passavo con Didyme, il segreto di Marcus riaffiorava. Cercavo in ogni modo di parlargli; di avvicinarmi a lui, ma non faceva altro che evitarmi e uscire a caccia con Abramo.
Al contrario, Caius era così infuriato con Marcus che ogni volta che lo vedeva gli lanciava contro delle occhiate capaci di fulminare perfino Giove, superandolo con rabbia e irritazione.



Angolo autrice:
piano piano sto rispondendo a tutti :D
Abramo... ecco, Abramo è probabilmente un personaggio che ritornerà, perché ho amato inventarlo XD
La battuta di Marcus (mi ricorda qualcuno) è dovuta al fatto che in una precedente ff ho descritto che è stato Marcus a inventare il nome di Caius, visto che lui non lo ricordava.
Altra leggenda da due soldi: quella di Dioniso. Ci sono infinite leggende su di lui, quindi vi rimando alla pagina wikipedia (: cercate.
Non so che altro dirvi... spero vi piaccia e che decidiate di commentare :D 
Salutoni a tutti!
   
 
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