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Autore: SidRevo    20/10/2011    8 recensioni
Lo so che la dovrei smettere di intasare questo fandom stressando il resto del mondo con la mia malsana dipendenza, e che farei meglio a chiamare uno psicologo...ma Britin porta anche a questo!
Ci sono migliaia di raccolte sulla suddetta coppia, me ne rendo conto, ma anche stavolta non sono riuscita a resistere dal propinarvi la “roba” – appunto – che zampetta nella mia testa a riguardo, e che per ovvi motivi di trama non posso inserire nella long che sto scrivendo.
Ogni capitolo è scollegato dall’altro, portando quindi a raiting, timeline, generi e ambientazioni diversi. Un grosso e casuale agglomerato di Britin per intendersi, che spero vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Brian Kinney, Justin Taylor
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Welcome back to St.James.

Raiting: Verde.
Timeline: Post 5x13.



*'*'*

a tutte le persone vittime di bullismo

e di quella cosa orrenda e inumana chiamata “omofobia”.
non so quando andrà meglio, ma lo farà...perché deve farlo,
perciò non smettete di sperare, non smettete di crederci,
non arrendetevi, non lasciateli vincere.
MAI.

I support #SpiritDay.



“Welcome back to St.James”


«Signor Taylor, c’è posta per lei.» esordisce Brian, avvicinandosi a te con una piccola busta bianca tra le mani, ed un pacco di altre scartoffie di ogni tipo. La lascia cadere sulla scrivania, davanti ai tuoi occhi, e si protende per baciarti. «E non immagineresti mai chi è il mittente.»
Abbassi lo sguardo incuriosito e i tuoi occhi si posano sul logo inconfondibile impresso in alto a sinistra. «La Saint James?» esclami interdetto. «E che diavolo vogliono ancora da me quel branco di capitalisti omofobi?» rigiri più volte il rettangolo bianco tra le mani, avanzando mille improbabili ipotesi nella tua testa, finché ti decidi ad aprirla e leggerne il breve contenuto. «Non ci credo.» ridacchi, attirando nuovamente l’attenzione di Brian, che nel frattempo si è dilettato nel gettare nel cestino, senza alcuna remora, le brochure delle associazioni gay che, come ogni anno, chiedono un suo decisamente lauto contributo. «È per una rimpatriata. Per ‘festeggiare i cinque anni trascorsi dal diploma dei nostri studenti dell’anno accademico duemila, duemilauno’.» scuoti la testa e lasci ricadere la lettera sulla scrivania. «Ma che stronzata è?»
«Lo fanno tutte le scuole.» replica lui indifferente. «Per i cinque anni, per i dieci, i quindici o i cinquant’anni per chi ci arriva.»
«Sono arrivate anche a te?»
«Sì, certo.»
Volti la sedia per guardarlo meglio e aggrotti la fronte incuriosito. «Ma se non me l’hai mai detto...»
«Non te l’ho mai detto perché non ci sono mai andato.» ribatte candidamente e prende a giocherellare con uno stecchino. «È solo un altro modo ipocrita per permettere a chi ha avuto successo di vantarsi, e chi non ne ha avuto di sentirsi umiliato dagli altri. Insomma, il classico meccanismo su cui ruotano i ‘bei tempi del liceo’.»
«Be’...non puoi certo dire che non spiccheresti tra quelli di successo. Perché non sei mai andato?»
Brian getta anche l’ultima delle brochure e si avvicina a te per passarti le mani nei capelli lunghi proprio come piacciono a lui, e baciarti ancora con un sorrisetto spavaldo. «Perché non ho alcun interesse a mischiarmi con certa plebaglia ignorante
«Hai ragione.» annuisci e fai per gettare l’invito. «Non andrò e...»
«Dovresti invece.» t’interrompe e tu lo guardi stranito.
«Perché mai? L’hai appena detto. Non c’è bisogno di...»
«Non io.» replica lui. «Io non ho finito la mia carriera scolastica con...» si blocca un attimo e lo vedi passarsi una mano sulla nuca con uno strano sguardo incerto. Dopo tutti questi anni ancora non riesce a parlare liberamente della tua aggressione. Sembra quasi che ogni volta le immagini debbano correre a susseguirsi nella sua mente per ferirlo; sembra quasi che sia stato aggredito anche lui con te, solo che la sua ferita sanguina ancora dentro. «...insomma, hai capito.» borbotta un po’ stordito. «Dovresti andare e mostrare a quegli stronzi che, a dispetto del loro odio, sei stato più forte e vali molto più di chiunque altro.»
Ti alzi e lo abbracci, per poi sfiorargli il collo con una scia dolce di baci. «Non ho bisogno di andare. Se sanno leggere un giornale, sanno già dove sono e chi sono.»
«Ma vuoi mettere la soddisfazione di ridere in faccia a ognuno di loro?» continua lui, dopo essersi scostato appena per farsi guardare negli occhi. «Va’ a quella festa e urla ancora il tuo ‘vaffanculo alla Saint James’.»
Annuisci un po’ incerto e con una smorfia poco convinta chiedi: «Verrai con me?»
«Eh?» ribatte lui sorpreso.
Scrolli le spalle e gli sorridi raggiante. «Tutti porteranno la loro fidanzata, o moglie, il loro fidanzato o il marito, o ciò che faranno passare per tale perché non vorranno presentarsi da soli come sfigati, no?» ridi e lo fissi con più decisione, come la prima volta che gli hai chiesto di accompagnarti al ballo. «Fino a prova contraria il mio compagno sei tu.»
«No, grazie.» risponde deciso. «L’ultima volta che sono andato ad un ballo scolastico non è finita esattamente come in quei stupidi telefilm che piacciono tanto a Emmett. Non ci tengo proprio a ritentare.»
«Non è un ballo scolastico.» tenti di contraddirlo, ma lui alza le braccia.
«C’è la musica, ci sono ex-scolaretti idioti e strafatti che si fingono emancipati e ballano, ed è allestito in un liceo.» piega la testa di lato ed accenna uno dei suoi sorrisetti. «È un ballo scolastico
«E dai!» provi a pregarlo, sfoderando uno dei tuoi migliori sorrisi smaglianti e convincenti. «Non sarebbe mai il perfetto ‘vaffanculo’ senza di te.»
«Mi spiace, ma stavolta passo. Invita Daphne.»
Aggrotti la fronte e ti passi la lingua sui denti. «Perché ho la sensazione di aver già fatto una conversazione simile a questa?»
«Perché è avvenuta...» conviene, ricordando quella del Babylon. «...ma stavolta non la spunterai. Non verrò a una festa di ex-scolaretti...»
«‘rincoglioniti’...» lo scimmiotti, roteando gli occhi blu ed ignorando la sua espressione scocciata. Ancora non gli va giù che tu lo conosca così bene da poter completare ogni sua frase e interpretare ogni suo pensiero senza neanche un minimo sforzo o margine d’errore. «...lo so, lo so.»
«Se lo sai allora, perché diavolo me lo chiedi?»
«Perché la speranza è sempre l’ultima a morire.» ribatti pronto con un sorrisetto furbo. «E mi pare che quella volta abbia avuto ragione.»
«Non contarci anche stavolta.» risponde, circondandoti il viso con le mani e schioccandoti un bacio sulle labbra. «Chiama Daphne, e sta’ lontano dalle mazze da baseball.» ti bacia ancora, stavolta con più passione e dolcezza, quasi volesse darti una sorta di protezione da qualsiasi cosa con il suo amore, e si allontana, dirigendosi verso la doccia e lasciandoti con un cipiglio interdetto.
Vorresti davvero riaverlo al tuo fianco e rivivere ancora quel momento, senza che nessuno te lo rovini o te lo porti via, ma non te la senti d’insistere, perché sai quanto ancora il solo pensiero di quella notte gli faccia male, e che la profonda cicatrice che l’ha squarciato quando quello stronzo omofobo di Chris Hobbs ti ha colpito, brucia ancora in modo atroce.
Ha rischiato davvero di perderti e ha visto la morte sulla tua pelle; e Debbie non fa che ripeterti come, secondo lei, sia stato quello il momento in cui si è finalmente reso conto che dentro di lui qualcosa era cambiato...che si stava innamorando di te.
Sospiri combattuto e lanci un’occhiata alla busta indeciso sul da farsi, finché con uno sbuffo, afferri il cordless e digiti il numero di Daphne.
Non hai scelta. Stavolta dovrai dare un “vaffanculo” molto più anonimo.




*'*'*



Sono quasi le nove di venerdì sera quando, con un’espressione scocciata e dispiaciuta, lasci che sia Brian ad annodare la tua cravatta. In tutto questo tempo non hai mai imparato a farlo, e non si tratta di pigrizia, ma del semplice fatto che lo senti come un vostro piccolo rito, e perché comunque ti piace vederlo concentrato a così poca distanza da te, mentre le sue dita abili girano la stoffa.
Lo senti sistemare il nodo e il colletto della camicia, e non resisti dal lanciargli l’ennesima occhiata supplichevole. «È inutile che mi guardi così, Bambi.» ti apostrofa, con un mezzo sorriso. «Non verrò.»
Gonfi le guance, fingendoti disperato, ma neanche questo funziona. Saresti quasi sul punto di tentare la minaccia di uno sciopero dal sesso, se non sapessi perfettamente che tu ne sei dipendente proprio come lui. Saresti il primo a non resistere neanche per mezzo secondo. «Che palle.» sbuffi allora e t’infili la giacca, piccato. «Che farai stasera?»
Brian scrolla le spalle. «Non so. Passerò da Woody’s e poi andrò a dare un’occhiata al Babylon più tardi. Ci vediamo lì?»
«Ti chiamo.» rispondi mesto. Di certo, il suo programma è molto più allettante del tuo. Anzi, a dirla tutta, qualsiasi cosa sarebbe più allettante. «Tanto non resterò molto. Giusto un’oretta.»
«Non divertirti troppo, eh.» ti canzona e ti bacia. «Saluta Daphne.»
Annuisci, rivolgendogli un sorrisetto tirato e decisamente poco amichevole, ed esci dal loft, roteando con l’indice le chiavi della tua frocissima jeep nera che ti ricorda tanto quella che aveva Brian.
Sei sempre stato un po’ romantico in fondo, e da questi dettagli non riesci proprio a staccarti. Lo dimostra anche il fatto che, nonostante possediate un castello meraviglioso in West Virginia come Britin, vi ostiniate a trascorrerci solo i giorni festivi ed i weekend, restando per il resto del tempo al loft.
La scusa ufficiale che vi propinate entrambi è che è più comodo per il lavoro, ma la realtà è che non riuscite a separarvi da quelle quattro mura che hanno visto la nascita del vostro amore e tanti tra i momenti più importanti vissuti insieme.
Lanci un’occhiata fugace al palazzo in mattoni, seguendone le linee fino alla finestra più alta illuminata – che sai appartenere al loft di Brian – e ripensi per un attimo a tutte le volte che hai sostato lì sotto; prima di salire in macchina fischiettando, e guidare fino a casa di Daphne per poi raggiungere la Saint James, parlottando e spettegolando del più e del meno.
Trovarsi nuovamente davanti a quella scalinata in cemento, non è certo il massimo della gioia, e dalla smorfia che si è disegnata sul tuo viso, si capisce che neanche t’importa di nasconderlo.
Sospiri un po’ sconsolato, al pensiero che potresti essere a ridere e scherzare da Woody’s con tutti gli altri, e con uno sbuffo chiudi la tua jeep e porgi il braccio a Daphne, perché lo afferri e si faccia accompagnare fino all’edificio, proprio come si addice ad ogni ballo.
«Ehi, Justin...» ti chiama lei, ridacchiando. «Trattieni il tuo entusiasmo!»
«Lo sai che non sopporto queste cose...» borbotti, e già ti senti soffocare nel momento in cui varcate la soglia, immergendovi tra le persone e la musica.
«Già.» conviene lei. «Avevo dimenticato quanto tu fossi snob! Adesso poi che sei un’artista famoso...»
Le lanci una strana occhiata di sbieco e scoppi a ridere con lei. «Piantala, scema.» ribatti, inarcando una delle sopracciglia, per poi chiederle: «Vuoi che ti prenda da bere?»
«Sì, ma vengo con te!» esclama in risposta, e si stringe con più forza al tuo braccio. «Non è per fare l’uccellaccio del malaugurio, ma non voglio neanche sfidare la sorte lasciandoti da solo. Se ti succede qualcosa, Brian mi ammazza.»
Scuoti la testa con fare rassegnato e fate per avvicinarvi ad uno dei tavoli, quando qualcuno attira la tua attenzione, chiamando il tuo nome: «Taylor!»
Ti volti di scatto, e trovi davanti ai tuoi occhi il tuo “caro”, e decisamente vecchio, preside – con cui madre natura ha continuato a non essere molto gentile – affiancato dall’altrettanto “caro” professore omofobo che si è prodigato per rendere il più spiacevoli possibile i tuoi anni del liceo. Proprio una bella accoppiata.
Decidi però di fare buon viso a cattivo gioco, rifacendoti ad una delle tante lezioni di vita impartite dal tuo uomo, e sorridi apertamente, mostrandoti superiore a qualsiasi cosa. «Buona sera.» li saluti, e ti sforzi di stringere le loro mani senza avere un conato di vomito.
«Chi l’avrebbe mai detto!» inizia il preside, sprizzando entusiasmo da tutti i pori; e già immagini dove vuole andare a parare. «Un nostro studente che diventa un’artista di fama nazionale. Ci aspettiamo la conquista del mondo a breve, lo sa vero?»
«Ce lo aspettiamo e auguriamo tutti.» interviene Daphne, con un tono decisamente acido, rafforzato da un sorrisetto caustico. Quei due non sono mai andati a genio neanche a lei. «Sapete poi che...chi ha davvero conosciuto Justin, era già assolutamente certo del fatto che sarebbe arrivato molto in alto! Solo che...» si sofferma per un attimo e solleva le sopracciglia, passando con attenzione gli occhi su entrambi. «...non tutti si sono impegnati per aiutarlo in questo. Anzi, ricordo diversi episodi in cui gli sono stati messi i bastoni tra le ruote.»
«Daphne...» sussurri per richiamarla, sporgendoti verso di lei e ti trattieni a stento dallo scoppiare a ridere, quando ti accorgi di quanto abbia messo entrambi a disagio.
«Comunque sia...» borbotta il tuo ex preside, schiarendosi la voce. «...l’importante è che lei stia raggiungendo i suoi obbiettivi, e vorrei che sapesse che per la nostra scuola è davvero un vanto e un prestigio poter annoverare tra i suoi studenti un’artista come lei.»
«Certo. Non lo metto in dubbio.» replichi caustico, lanciando di proposito un’occhiata raggelante al tuo vecchio professore, che abbassa lo sguardo e si passa una mano sulla bocca, prima di tornare a fissarti e parlarti.
«E siamo tutti ovviamente molto dispiaciuti per il brutto episodio che le è capitato...»
«Certo.» annuisci, arricciando le labbra in modo sarcastico. «Proprio un ‘brutto episodio’. Sempre che un’aggressione razzista di stampo omofobo, possa definirsi semplicemente tale...» sollevi le sopracciglia, con un’espressione d’accusa, per poi tornare a sorridere come nulla fosse. «...ma come avete detto voi, ovviamente, l’importante è che io stia raggiungendo i miei obbiettivi, no?»
Sia il preside che il professore annuiscono imbarazzati e, dopo essersi scambiati un paio di occhiate allarmate, è il primo dei due a riprendere la parola: «A proposito di questo, noi avevamo pensato che lei potesse...» ti fissa incerto e sorride mellifluo. «...si insomma, potesse venire in questa scuola per un paio d’incontri con i nostri studenti. Ovviamente quando avrà tempo!»
«E a fare che?» domandi scettico, quasi divertito.
«A parlare con loro e a raccontare del suo successo...della sua esperienza per motivarli!» esclama, incoraggiato dal tuo apparente interesse.
Arricci le labbra e annuisci lentamente, per poi aggrottare la fronte. «Come mai proprio io?»
«Ma è ovvio!» ti risponde il tuo vecchio professore. «Lei è la persona che ha ottenuto più successo. È un’artista affermato e ricercato e non potrebbe esserci miglior esempio e incentivo di lei per i nostri studenti. Potrebbero prendere spunto dalle sue conquiste.»
«Oh certo.» mormori e stavolta non riesci a trattenerti dal ridergli in faccia. «Ma...c’è una cosa che mi chiedo...» ti umetti le labbra e guardi entrambi con finta aria incuriosita. «Non avete paura che un finocchio possa traviare le povere menti di questi giovani ragazzi?»
«Signor Taylor...» interviene subito il preside. «...non è che...» balbetta, ma è ovvio che non sa come rispondere alla tua provocazione.
«Sa, io non credo che il fatto che lei sia omosessuale cambi qualcosa.» prova a risponderti il tuo ex-professore, e tu scoppi ancora a ridere insieme a Daphne.
«È davvero incredibile.» scuoti la testa e sospiri. «Ha proprio ragione Brian, se sei famoso puoi anche sputargli in faccia e ti ringrazieranno come se fosse l’onore più grande...e a quel punto neanche gli importa se sei gay.» passi lo sguardo su entrambi e sorridi. «Se sei famoso, ti ascoltano anche se sei un frocio.»
«Signor Taylor.» ritenta il preside, sempre più in difficoltà, ma non gli lasci neanche il tempo di riaprir bocca.
«Signor preside, con tutto il rispetto possibile...» ti soffermi un attimo per essere certo che ti stiano ascoltando attentamente, e continui: «...la sua proposta mi lusinga ma, sa dove può ficcarsela?»
«Ecco, veramente...»
«Ascoltatemi bene. Mi state ascoltando?» sibili, e mai come adesso nella tua vita ti sei sentito “contaminato” da Brian. «L’unico motivo per cui sono tornato in questo schifo di posto, pieno di gente bigotta e con l’apertura mentale di un microcefalo, è per ridervi in faccia. Per mostrarvi dove è arrivato questo frocio che avete tanto disprezzato e a cui avete provato a togliere ogni diritto.» scrolli le spalle e ti mordicchi le labbra. «Perciò, non ha importanza quanto vi prodigherete a leccarmi il culo adesso che posso esservi utile. Non importa quante belle parole userete, o quanto vi sforzerete di sorridermi, perché per quel che mi riguarda resterete solo due vermi insignificanti e omofobi, che altro non meritano che essere elegantemente mandati a ‘fanculo.» gli sorridi ancora e afferri un calice di champagne, per poi fingere un brindisi con loro. «Quindi, per rispondere alla vostra domanda...‘No, non verrò’, e per quel che mi riguarda, questa cazzo di scuola può crollare e sotterrare per sempre ognuno di quei bastardi razzisti che ci trascorrono il proprio tempo, esattamente come voi due...» prendi un calice per Daphne con nonchalance, e pieghi le labbra in un altro sorrisetto ironico, per salutarli, lasciandoli di stucco. «...adesso, se volte scusarmi, andrei a fare un giro.»
Avanzi di qualche passo in un silenzio perfetto, finché – come del resto ti aspettavi – Daphne ti si getta letteralmente al collo per la felicità.
«Oddio, Justin! Sei stato...sei stato davvero incredibile!» si stringe con più forza a te e sussurra: «Se Brian fosse qui, sarebbe orgogliosissimo di te.»
«Lo so.» mormori con un sorriso un po
triste, proprio per il fatto che lui non è al tuo fianco e non ha potuto vedere come i suoi insegnamenti ti siano entrati dentro.
«Ehi, non fare quella faccia.» ti rimprovera la tua migliore amica. «Non puoi biasimarlo dopo quello che è successo.»
«No, certo che no.» sospiri e scrolli le spalle. «È solo che sarebbe stato perfetto con lui, ma va bene comunque.»
Daphne ti rivolge un sorriso comprensivo e ti bacia sulla guancia. «Senti un po
grande artista...credi di poter stare da solo per cinque minuti senza attirare catastrofi?» ti scruta attentamente e poi scoppia a ridere. «Voglio salutare un paio di amici, e da antisociale quale sei, so quanto non li sopporti...quindi ti risparmio la fatica di sfoderare finti sorrisi.»
«Vai pure.» le rispondi, sollevando le sopracciglia. «Anzi, a dirla tutta...ero quasi stanco di averti sempre intorno.»
«Vaffanculo.» esclama, colpendoti con un pugno sulla spalla e, con un ultimo sguardo, si allontana da te per raggiungere alcune ex compagne di scuola.
Prendi un sorso del tuo champagne e, con l
altra mano infilata nelle tasche del tuo costoso completo di Armani – che Brian ti ha costretto a comprare – sposti lo sguardo in giro per la sala, giocando a cercare di riconoscere i vecchi studenti della Saint James.
«Justin?» ti senti chiamare da un ragazzo con gli occhi azzurri, circondati da occhiali dalla montatura nera e fine, i capelli scuri e la pelle lattea. «Justin Taylor, giusto?»
«Sì.» rispondi e lo guardi con molta attenzione, prima di riconoscere in lui un tuo vecchio compagno di classe. È diventato un po più alto e i lineamenti paffuti e da bambino sono scomparsi, lasciando il posto a una leggera barba e a uno sguardo un po’ più sicuro, ma in lui riesci comunque a ricordare quel ragazzino impacciato che hai difeso in classe da quello stronzo di Chris Hobbs. «Stuart?» lo chiami allora, per chiederne conferma, e lo vedi annuire con un sorriso.
«Ne è passato di tempo.»
«Eh già.» sorridi a tua volta e gli stringi la mano. «Come stai?»
«Piuttosto bene, direi. Sono il direttore di una banca adesso.» ribatté rinfilandosi le mani nelle tasche di un completo scuro. «A te non c’è neanche bisogno di chiederlo. Sei sulla bocca di tutti e su ogni rivista d’arte o architettura e su ogni inserto di cultura.»
Scrolli le spalle un po’ imbarazzato – ancora non sei riuscito ad abituarti a tutto il tuo successo – e mormori: «Cerco di fare del mio meglio. E di te che mi dici, oltre il lavoro?»
«Adesso vivo a Harrisburg, con il mio compagno.»
«Compagno?» borbotti sorpreso e accigliato.
Stuart sorride e scrolla le spalle. «All’epoca non avevo il coraggio di ammetterlo, ma Hobbs non aveva poi tutti i torti a chiamarmi ‘frocio’.» solleva le sopracciglia e poi indica un ragazzo castano chiaro e piuttosto alto vicino alla finestra che parla con alcune persone. «È lui.»
«Ma quello non è Manderson?» domandi sorpreso, ricordando come anche lui facesse parte della squadra di football, e si dilettasse in scherzi idioti insieme a Hobbs e a tutta la sua combriccola di cerebrolesi.
«Già. Sorpreso, vero?» ridacchia, e tu muovi le labbra in una smorfia a conferma per le sue parole. «Clarence ha trascorso gli anni del liceo a tormentare quelli come noi. Lo faceva soprattutto anche per non ammettere con se stesso quello che in realtà è. Ho perso perfino il conto di quante cheerleader si è scopato a quei tempi!»
«E come hai fatto? Cioè...come è successo?»
Stuart accenna a un sorriso, continuando a fissare il suo compagno che, resosi conto delle sue attenzioni, gli fa un cenno con la testa e addolcisce il suo sguardo: prova di quanto lo ami. «È stato un incontro strano. Non volevo neanche crederci quando me lo sono ritrovato davanti a Liberty Avenue. Era lì da solo, per provare a se stesso che in realtà non era gay, che gli uomini non lo attraevano.» scoppia a ridere, probabilmente ricordando qualcosa e scuote la testa. «Quando mi ha riconosciuto, mi ha pregato e fatto giurare di non dire niente a nessuno. Io non avevo più problemi ad ammettere la mia omosessualità. Avevo già fatto i conti sia con me stesso che con i miei genitori da tempo, ma lui era davvero terrorizzato. Era spaventato da se stesso e dalle pulsioni che sentiva e ripudiava, ma da cui non riusciva a liberarsi.»
Ascolti attentamente rapito, e lo esorti a continuare. Ti è sempre piaciuto sentire la storia di certe relazioni normali, soprattutto visto che la tua, di normale, non ha avuto proprio un bel niente. «E poi, che è successo?»
«Abbiamo iniziato a parlare davanti a una birra. Lui continuava ad insistere di essere etero e che la sua potesse essere solo sciocca curiosità o stress dovuto agli esami universitari, finché non gli ho detto: ‘allora baciami, se ti fa schifo, avrai ragione’.»
«E ha accettato?»
Lui scuote lentamente la testa. «Non quella sera. Se n’è andato e non l’ho rivisto per qualche settimana, finché non è ricomparso all’improvviso e mi ha baciato.»
Muovi ancora il tuo sguardo tra lui e Clarence, e sorridi entusiasta. «Quindi è così che è nata.»
«Eh sì, e dura da tre anni circa, anche se non è tutto rose e fiori. I suoi genitori non l’hanno presa affatto bene.»
Ammicchi e arricci le labbra, per poi sospirare. «Ah be’...lo capisco. Mia madre non ha alcun problema, ma non posso dire certo lo stesso di mio padre.»
«Allora è vera la storia che ti ha fatto arrestare?»
«Ebbene sì.» confermi, aggrottando la fronte con rassegnazione. «Mio padre è uno stronzo omofobo, ma ormai non ci faccio più neanche caso. Sono così tanti i bastardi a questo mondo che non ci accettano che, uno più, uno meno, non fa poi così tanta differenza.»
Stuart ti sorride comprensivo e abbassa lo sguardo un po’ imbarazzato. «Senti Justin...so che a distanza di tutti questi anni è pressoché inutile ma...» mormora incerto. «...ecco, ci tenevo a ringraziarti per avermi difeso quella volta, ma soprattutto a scusarmi per non averti aiutato quando ne avevi bisogno. Per non averti sostenuto in quella causa che poi era anche la mia.» si morde le labbra e poi trova il coraggio di risollevare gli occhi su di te. «Ero spaventato. Vedevo quello che accadeva a te per aver avuto il coraggio di ammettere la tua omosessualità e non riuscivo a fare altrettanto. Io non ero forte come te.»
Lo fissi in silenzio per un attimo, sorpreso da queste scuse che di certo non ti aspettavi e neanche ritenevi necessarie e, con un sorriso sincero per tranquillizzarlo, rispondi: «Avevo paura anch’io a volte, ma ho avuto la fortuna di avere persone al mio fianco che mi hanno sempre sostenuto.» sospiri e ti lasci andare ad una piccola risata. «E poi Brian mi avrebbe ripudiato e preso a calci in culo se fossi rimasto in un angolo a tremare o a fingere di essere quello che non sono.» fai schioccare la lingua e concludi: «Lo dovevo essere anche per lui. Dovevo dimostrargli che ero un omosessuale di cui esser fiero
«Brian è il tuo compagno?»
«Sì.» rispondi un po’ incerto, sorridendo. Nonostante tu sappia bene che tu e Brian siete davvero una coppia, senti un legame così profondo con lui, che non riesci a definirlo. Chiamarlo solo “compagno” ti sembra riduttivo, paragonato a ciò che quell’uomo significa per te. «Da più di sei anni ormai.»
«Sei anni?» ti chiede stupito. «Ma, allora è quello del ballo?»
Annuisci, delineando maggiormente il tuo sorriso. «È sempre stato lui.» confessi, più a te stesso, rendendoti nuovamente conto di quanto, a prescindere da tutto quello che avete affrontato e dai torti fatti e subiti, è sempre stato solo e soltanto lui l’amore della tua vita.
«Quel ballo è stato davvero spettacolare!» esclama, quasi volesse complimentarsi con te. «Quando vi ho visti ballare e quando vi siete baciati...Dio, ti ho davvero invidiato e ammirato allo stesso tempo. Avrei voluto essere come te e al tuo posto.» ammette, con un leggero imbarazzo e si sistema gli occhiali spingendo l’asta centrale con l’indice. «Quindi, è qui con te anche lui?» ti chiede, guardandosi intorno incuriosito.
«No.» rispondi un po’ dispiaciuto. «Lui è...»
«Elegantemente in ritardo.» completa per te una voce calda e familiare alle tue spalle. Un suono che è balsamo per le tue orecchie e che ti lascia pervadere di brividi lungo tutta la schiena, mentre un sorriso luminoso e spontaneo va ad incresparti le labbra. Ti volti raggiante e incroci i suoi bellissimi occhi verde scuro, che ti guardano con lo stesso tuo grande amore.
«Non avevi detto che non saresti venuto ad una festa di ragazzini
«Ho deciso di rivivere la perduta gioventù.»
Scuoti la testa, incapace di impedire alle tue labbra di distendersi in unenorme sorriso, e lasci che le sue dita scorrano tra i tuoi capelli, allaltezza della nuca, in una dolce carezza, prima di lasciarti spingere verso la bocca del tuo uomo.
Lo baci fregandotene di tutto; senza la sciocca paura di mostrare ancora a tutti i presenti di chi sei follemente innamorato. Non timporta di cosa pensa la gente, e te ne freghi ancora di più di tutto quello che ti – e vi – hanno fatto passare in questi anni, perché la tua felicità conta più di tutto questo...
Perché non hai mai smesso di sperare e credere che le cose potessero andar meglio; non ti sei lasciato spaventare dal loro odio ed hai raggiunto ed afferrato tutto quello che sognavi.
Perché non ti sei mai arreso e alla fine sai di aver vinto.
Ti allontani di poco da Brian, e lo fissi con occhi sicuri. Lui solleva una delle sopracciglia e ti sorride, conscio di quello che ti sta passando nella testa, ed assolutamente fiero di quello che sei diventato.
Questa consapevolezza ti scalda il cuore ed intrecci le tue dita con le sue, con una stretta decisa, per poi voltarti verso Stuart con un sorriso. «Penso che tu labbia già capito, ma lui è Brian.»
«S-sì.» balbetta in risposta, totalmente incantato dall
indiscutibile ed impeccabile bellezza del tuo compagno. «Piacere, Stuart.» mormora poi, porgendogli la mano che Brian stringe con decisione.
«Adesso scusaci...» gli dice poi, con uno dei suoi soliti sorrisi mozzafiato. «...ma avremmo una cosa da fare.»
«Certo, certo.» replica Stuart, salutandovi con la mano e tu ti volti con aria confusa verso Brian.
«Cos
è che dovremmo fare?»
Lui però non ti risponde subito. Si limita a rivolgerti una strana occhiata e a stringere di più la presa sulle tue dita, prima di trascinarti al centro della sala dove alcune coppie stanno già ballando.
Si sofferma a guardarti per un attimo, mentre fa scivolare l
altra mano dietro la tua schiena ed appoggia la fronte contro la tua, socchiudendo gli occhi. «Ti prometto che questo sarà ancora più indimenticabile...» sussurra poi, e nel momento in cui una canzone a voi molto familiare si diffonde nellaria, Brian inizia a guidarti nei passi.
«Ah sì?» gli chiedi allora, con un sorrisetto spavaldo. «E come potresti?»
Di nuovo resta in silenzio ad osservarti, con unintensità che ti lascia bruciare dentro. Respiri il suo profumo a pieni polmoni e sorridi ancora quando lo vedi avvicinarsi a te per baciarti.
Le vostre labbra si ricongiungono, così come il tuo sapore con il suo. La sua lingua si lega alla tua in un caldo abbraccio, e come ogni volta, ti senti esplodere di felicità.
Schiudi le palpebre per inchiodare i tuoi occhi blu nei suoi, così da potergli comunicare quanto gli sei grato per la sua presenza; per il suo esserti sempre vicino, pronto a sostenerti in qualsiasi momento.
Vorresti dirgli che solo con questo gesto lui ha reso questo ballo davvero indimenticabile, ma quando tenti di farlo, ti blocca stampandoti un dolce e morbido bacio sulla bocca, per poi guardarti con amore e muovere le labbra in una breve sequenza che ti lascia di stucco, proprio come la prima volta.
Senti il tuo respiro bloccarsi, insieme al tuo cuore, mentre gli occhi iniziano a pizzicarti e riempirsi di lacrime, rendendo liquida limmagine delluomo che ami.
E anche se le tue orecchie non hanno potuto sentirlo; anche se in realtà l’ha solo mimato, plasmandolo sulla tua bocca, sai perfettamente cosa significa il modo in cui si sono mosse le sue labbra.
È una sequenza inconfondibile e perfetta nella sua unicità: la punta della lingua che sfiora i denti, il labbro superiore che si separa da quello inferiore, schiudendo la bocca, per poi tornare a congiungersi delicatamente e concludere la sua rara confessione.
Non puoi udirlo, ma puoi sentirlo nei brividi che scorrono lungo il tuo corpo, nel calore che divampa dal petto, fino ad annebbiarti la mente; puoi sentirlo nella lacrima di felicità che scende veloce sulla tua guancia, nel sorriso spontaneo che nasce sulle tue labbra, seguite dalle sue, o nel battito potente del tuo cuore improvvisamente accelerato, che sembra poter esplodere di gioia da un momento all’altro.
Non ha avuto bisogno di voce, né di urlarlo...ed è perfetto così.

Due semplici parole, appena sussurrate come l’alito di vento più lieve e leggero di questo mondo, eppure più assordanti di qualsiasi altro suono.
Le senti rimbombare dentro di te, in un’eco infinito e progressivamente più potente, capace di cancellare qualsiasi altra cosa.
È un “ti amo” soffiato su di te; dentro di te, per riempirti di lui e completarti...
E adesso sai che ha perfettamente ragione: questo ballo sarà ancora più indimenticabile.


Note dell
autrice:

Eccomi di nuovo ad infestare il fandom con una delle mie stupidaggini, ma mi sembrava giusto scrivere qualcosa in questo giorno.
Oggi è lo SpiritDay - per chi non lo sapesse, è il giorno in cui si ricordano tutte le persone morte suicide a causa di quello schifo chiamato "omofobia"; e viene utilizzato il viola proprio perché nella bandiera arcobaleno rappresenta "lo spirito" - ed oltre ad andare in giro con qualcosa di viola addosso, ho deciso di scrivere due righe, dopo aver provato ad immaginare come sarebbe stato per Justin tornare in quella scuola - che comunque non gli ha reso la vita facile - dopo esser riuscito a diventare famoso.  
A dire la verità avrei trovato molto più gratificante vedere un Chris Hobbs pestato come si deve, ma visto che Justin si era già comunque preso parte della sua rivincita nella quarta serie, stavolta ho preferito fargliela ottenere utilizzando gli insegnamenti di Brian...cioè diventando una persona di cui poter esser fiero, migliore di chiunque altro, e di dimostrarlo a tutti coloro che in precedenza lo avevano umiliato o discriminato...proprio come il suo preside o quel
professore che tanto avrei voluto prendere a schiaffi.
Per quanto riguarda Stuart, ovviamente il nome è inventato, visto che non viene mai detto, comunque penso vi ricorderete di quel ragazzino un po
’ paffutello che viene preso di mira in classe da Chris, e difeso da Justin, nella prima stagione!
Precisazioni a parte, mi auguto che anche questa OS vi sia piaciuta, anche se, pur trattando di una tematica molto importante, ho deciso di renderla comunque leggera e molto fluffleggiante. Perdonatemi, ma ci sono momenti in cui proprio non riesco a prescindere dal lato "zuccheroso" dei Britin, e vengono fuori queste cose. XD
Comunque sia, ringrazio ovviamente tutti coloro che l
’hanno letta, così come tutti quelli che hanno recensito quelle pubblicate in precedenza, e vi mando un bacione gigantesco.

Alla prossima,
Veronica.

PS: Per chi segue la long "Time's Up", tranquille che non l
’ho certo abbandonata! Conto di pubblicare il nuovo capitolo verso l’inizio della prossima settimana. :)

   
 
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