Raiting: Verde.
Timeline:
Post 5x13.
a
tutte le persone vittime di bullismo
non so quando andrà meglio, ma lo farà...perché deve farlo,
perciò non smettete di sperare, non smettete di crederci,
non arrendetevi, non lasciateli vincere.
MAI.
I support #SpiritDay.
«Signor
Taylor, c’è posta per lei.» esordisce Brian, avvicinandosi a te
con una piccola busta bianca tra le mani, ed un pacco di altre
scartoffie di ogni tipo. La lascia cadere sulla scrivania, davanti ai
tuoi occhi, e si protende per baciarti. «E non immagineresti mai chi
è il mittente.»
Abbassi
lo sguardo incuriosito e i tuoi occhi si posano sul logo
inconfondibile impresso in alto a sinistra. «La Saint James?»
esclami interdetto. «E che diavolo vogliono ancora da me quel branco
di capitalisti omofobi?» rigiri più volte il rettangolo bianco tra
le mani, avanzando mille improbabili ipotesi nella tua testa, finché
ti decidi ad aprirla e leggerne il breve contenuto. «Non ci credo.»
ridacchi, attirando nuovamente l’attenzione di Brian, che nel
frattempo si è dilettato nel gettare nel cestino, senza alcuna
remora, le brochure delle associazioni gay che, come ogni anno,
chiedono un suo decisamente lauto contributo. «È per una
rimpatriata. Per ‘festeggiare i cinque anni trascorsi dal
diploma dei nostri studenti dell’anno accademico duemila,
duemilauno’.» scuoti la testa e lasci ricadere la lettera sulla
scrivania. «Ma che stronzata è?»
«Lo
fanno tutte le scuole.» replica lui indifferente. «Per i cinque
anni, per i dieci, i quindici o i cinquant’anni per chi ci arriva.»
«Sono
arrivate anche a te?»
«Sì,
certo.»
Volti
la sedia per guardarlo meglio e aggrotti la fronte incuriosito. «Ma
se non me l’hai mai detto...»
«Non
te l’ho mai detto perché non ci sono mai andato.» ribatte
candidamente e prende a giocherellare con uno stecchino. «È solo un
altro modo ipocrita per permettere a chi ha avuto successo di
vantarsi, e chi non ne ha avuto di sentirsi umiliato dagli altri.
Insomma, il classico meccanismo su cui ruotano i ‘bei tempi del
liceo’.»
«Be’...non
puoi certo dire che non spiccheresti tra quelli di successo. Perché
non sei mai andato?»
Brian
getta anche l’ultima delle brochure e si avvicina a te per passarti
le mani nei capelli lunghi proprio come piacciono a lui, e baciarti ancora
con un sorrisetto spavaldo. «Perché non ho alcun interesse a
mischiarmi con certa plebaglia ignorante.»
«Hai
ragione.» annuisci e fai per gettare l’invito. «Non andrò e...»
«Dovresti
invece.» t’interrompe e tu lo guardi stranito.
«Perché
mai? L’hai appena detto. Non c’è bisogno di...»
«Non
io.» replica lui. «Io non ho finito la mia carriera scolastica
con...» si blocca un attimo e lo vedi passarsi una mano sulla nuca
con uno strano sguardo incerto. Dopo tutti questi anni ancora non
riesce a parlare liberamente della tua aggressione. Sembra quasi che
ogni volta le immagini debbano correre a susseguirsi nella sua mente
per ferirlo; sembra quasi che sia stato aggredito anche lui con te,
solo che la sua ferita sanguina ancora dentro. «...insomma, hai
capito.» borbotta un po’ stordito. «Dovresti andare e mostrare a
quegli stronzi che, a dispetto del loro odio, sei stato più forte e
vali molto più di chiunque altro.»
Ti
alzi e lo abbracci, per poi sfiorargli il collo con una scia dolce di
baci. «Non ho bisogno di andare. Se sanno leggere un giornale, sanno
già dove sono e chi sono.»
«Ma
vuoi mettere la soddisfazione di ridere in faccia a ognuno di loro?»
continua lui, dopo essersi scostato appena per farsi guardare negli
occhi. «Va’ a quella festa e urla ancora il tuo ‘vaffanculo alla
Saint James’.»
Annuisci
un po’ incerto e con una smorfia poco convinta chiedi: «Verrai con
me?»
«Eh?»
ribatte lui sorpreso.
Scrolli
le spalle e gli sorridi raggiante. «Tutti porteranno la loro
fidanzata, o moglie, il loro fidanzato o il marito, o ciò che
faranno passare per tale perché non vorranno presentarsi da soli
come sfigati, no?» ridi e lo fissi con più decisione, come la prima
volta che gli hai chiesto di accompagnarti al ballo. «Fino a prova
contraria il mio compagno sei tu.»
«No,
grazie.» risponde deciso. «L’ultima volta che sono andato ad un
ballo scolastico non è finita esattamente come in quei stupidi
telefilm che piacciono tanto a Emmett. Non ci tengo proprio a
ritentare.»
«Non
è un ballo scolastico.» tenti di contraddirlo, ma lui alza le
braccia.
«C’è
la musica, ci sono ex-scolaretti idioti e strafatti che si fingono
emancipati e ballano, ed è allestito in un liceo.» piega la testa
di lato ed accenna uno dei suoi sorrisetti. «È un ballo
scolastico.»
«E
dai!» provi a pregarlo, sfoderando uno dei tuoi migliori sorrisi
smaglianti e convincenti. «Non sarebbe mai il perfetto ‘vaffanculo’
senza di te.»
«Mi
spiace, ma stavolta passo. Invita Daphne.»
Aggrotti
la fronte e ti passi la lingua sui denti. «Perché ho la sensazione
di aver già fatto una conversazione simile a questa?»
«Perché
è avvenuta...» conviene, ricordando quella del Babylon.
«...ma stavolta non la spunterai. Non verrò a una festa di
ex-scolaretti...»
«‘rincoglioniti’...»
lo scimmiotti, roteando gli occhi blu ed ignorando la sua espressione
scocciata. Ancora non gli va giù che tu lo conosca così
bene da poter completare ogni sua frase e interpretare ogni suo
pensiero senza neanche un minimo sforzo o margine d’errore. «...lo
so, lo so.»
«Se
lo sai allora, perché diavolo me lo chiedi?»
«Perché
la speranza è sempre l’ultima a morire.» ribatti pronto con un
sorrisetto furbo. «E mi pare che quella volta abbia avuto ragione.»
«Non
contarci anche stavolta.» risponde, circondandoti il viso con le
mani e schioccandoti un bacio sulle labbra. «Chiama Daphne, e sta’
lontano dalle mazze da baseball.» ti bacia ancora, stavolta con più
passione e dolcezza, quasi volesse darti una sorta di protezione da
qualsiasi cosa con il suo amore, e si allontana, dirigendosi verso la
doccia e lasciandoti con un cipiglio interdetto.
Vorresti
davvero riaverlo al tuo fianco e rivivere ancora quel momento, senza
che nessuno te lo rovini o te lo porti via, ma non te la senti
d’insistere, perché sai quanto ancora il solo pensiero di quella
notte gli faccia male, e che la profonda cicatrice che l’ha
squarciato quando quello stronzo omofobo di Chris Hobbs ti ha
colpito, brucia ancora in modo atroce.
Ha
rischiato davvero di perderti e ha visto la morte sulla tua pelle; e
Debbie non fa che ripeterti come, secondo lei, sia stato quello il
momento in cui si è finalmente reso conto che dentro di lui qualcosa era
cambiato...che si stava innamorando di te.
Sospiri
combattuto e lanci un’occhiata alla busta indeciso sul da farsi,
finché con uno sbuffo, afferri il cordless e digiti il numero di
Daphne.
Non hai scelta. Stavolta
dovrai dare un “vaffanculo” molto più anonimo.
Sono
quasi le nove di venerdì sera quando, con un’espressione scocciata
e dispiaciuta, lasci che sia Brian ad annodare la tua cravatta. In
tutto questo tempo non hai mai imparato a farlo, e non si tratta di
pigrizia, ma del semplice fatto che lo senti come un vostro piccolo
rito, e perché comunque ti piace vederlo concentrato a così poca
distanza da te, mentre le sue dita abili girano la stoffa.
Lo
senti sistemare il nodo e il colletto della camicia, e non resisti
dal lanciargli l’ennesima occhiata supplichevole. «È inutile che
mi guardi così, Bambi.» ti apostrofa, con un mezzo sorriso.
«Non verrò.»
Gonfi
le guance, fingendoti disperato, ma neanche questo funziona. Saresti
quasi sul punto di tentare la minaccia di uno sciopero dal sesso, se
non sapessi perfettamente che tu ne sei dipendente proprio come lui.
Saresti il primo a non resistere neanche per mezzo secondo. «Che
palle.» sbuffi allora e t’infili la giacca, piccato. «Che farai
stasera?»
Brian
scrolla le spalle. «Non so. Passerò da Woody’s e poi andrò a
dare un’occhiata al Babylon più tardi. Ci vediamo lì?»
«Ti
chiamo.» rispondi mesto. Di certo, il suo programma è molto più
allettante del tuo. Anzi, a dirla tutta, qualsiasi cosa sarebbe più
allettante. «Tanto non resterò molto. Giusto un’oretta.»
«Non
divertirti troppo, eh.» ti canzona e ti bacia. «Saluta Daphne.»
Annuisci,
rivolgendogli un sorrisetto tirato e decisamente poco amichevole, ed
esci dal loft, roteando con l’indice le chiavi della tua frocissima
jeep nera che ti ricorda tanto quella che aveva Brian.
Sei
sempre stato un po’ romantico in fondo, e da questi dettagli non
riesci proprio a staccarti. Lo dimostra anche il fatto che,
nonostante possediate un castello meraviglioso in West Virginia come
Britin, vi ostiniate a trascorrerci solo i giorni festivi ed i
weekend, restando per il resto del tempo al loft.
La
scusa ufficiale che vi propinate entrambi è che è più comodo per
il lavoro, ma la realtà è che non riuscite a separarvi da quelle
quattro mura che hanno visto la nascita del vostro amore e tanti tra
i momenti più importanti vissuti insieme.
Lanci
un’occhiata fugace al palazzo in mattoni, seguendone le linee fino
alla finestra più alta illuminata – che sai appartenere al loft di
Brian – e ripensi per un attimo a tutte le volte che hai sostato lì
sotto; prima di salire in macchina fischiettando, e guidare fino a
casa di Daphne per poi raggiungere la Saint James, parlottando e
spettegolando del più e del meno.
Trovarsi
nuovamente davanti a quella scalinata in cemento, non è certo il
massimo della gioia, e dalla smorfia che si è disegnata sul tuo
viso, si capisce che neanche t’importa di nasconderlo.
Sospiri
un po’ sconsolato, al pensiero che potresti essere a ridere e
scherzare da Woody’s con tutti gli altri, e con uno sbuffo chiudi
la tua jeep e porgi il braccio a Daphne, perché lo afferri e si faccia
accompagnare fino all’edificio, proprio come si addice ad ogni
ballo.
«Ehi,
Justin...» ti chiama lei, ridacchiando. «Trattieni il tuo
entusiasmo!»
«Lo
sai che non sopporto queste cose...» borbotti, e già ti senti
soffocare nel momento in cui varcate la soglia, immergendovi tra le
persone e la musica.
«Già.»
conviene lei. «Avevo dimenticato quanto tu fossi snob! Adesso poi
che sei un’artista famoso...»
Le lanci una strana occhiata di sbieco e scoppi a ridere con lei. «Piantala, scema.»
ribatti, inarcando una delle sopracciglia, per poi chiederle: «Vuoi
che ti prenda da bere?»
«Sì,
ma vengo con te!» esclama in risposta, e si stringe con più forza al tuo
braccio. «Non è per fare l’uccellaccio del malaugurio, ma non
voglio neanche sfidare la sorte lasciandoti da solo. Se ti succede
qualcosa, Brian mi ammazza.»
Scuoti
la testa con fare rassegnato e fate per avvicinarvi ad uno dei
tavoli, quando qualcuno attira la tua attenzione, chiamando il tuo
nome: «Taylor!»
Ti
volti di scatto, e trovi davanti ai tuoi occhi il tuo “caro”, e
decisamente vecchio, preside – con cui madre natura ha continuato a
non essere molto gentile – affiancato dall’altrettanto “caro”
professore omofobo che si è prodigato per rendere il più spiacevoli
possibile i tuoi anni del liceo. Proprio una bella accoppiata.
Decidi però di fare buon viso a cattivo gioco, rifacendoti ad una delle
tante lezioni di vita impartite dal tuo uomo, e sorridi apertamente,
mostrandoti superiore a qualsiasi cosa. «Buona sera.» li saluti, e
ti sforzi di stringere le loro mani senza avere un conato di vomito.
«Chi
l’avrebbe mai detto!» inizia il preside, sprizzando entusiasmo da
tutti i pori; e già immagini dove vuole andare a parare. «Un nostro
studente che diventa un’artista di fama nazionale. Ci aspettiamo la
conquista del mondo a breve, lo sa vero?»
«Ce
lo aspettiamo e auguriamo tutti.» interviene Daphne, con un tono
decisamente acido, rafforzato da un sorrisetto caustico. Quei due non
sono mai andati a genio neanche a lei. «Sapete poi che...chi ha
davvero conosciuto Justin, era già assolutamente certo del fatto che
sarebbe arrivato molto in alto! Solo che...» si sofferma per un
attimo e solleva le sopracciglia, passando con attenzione gli occhi
su entrambi. «...non tutti si sono impegnati per aiutarlo in questo.
Anzi, ricordo diversi episodi in cui gli sono stati messi i bastoni
tra le ruote.»
«Daphne...»
sussurri per richiamarla, sporgendoti verso di lei e ti trattieni a
stento dallo scoppiare a ridere, quando ti accorgi di quanto abbia
messo entrambi a disagio.
«Comunque
sia...» borbotta il tuo ex preside, schiarendosi la voce. «...l’importante
è che lei stia raggiungendo i suoi obbiettivi, e vorrei che sapesse
che per la nostra scuola è davvero un vanto e un prestigio poter
annoverare tra i suoi studenti un’artista come lei.»
«Certo. Non
lo metto in dubbio.» replichi caustico, lanciando di proposito
un’occhiata raggelante al tuo vecchio professore, che abbassa lo
sguardo e si passa una mano sulla bocca, prima di tornare a fissarti
e parlarti.
«E
siamo tutti ovviamente molto dispiaciuti per il brutto episodio che
le è capitato...»
«Certo.»
annuisci, arricciando le labbra in modo sarcastico. «Proprio un ‘brutto
episodio’. Sempre che un’aggressione razzista di stampo omofobo,
possa definirsi semplicemente tale...» sollevi le sopracciglia, con
un’espressione d’accusa, per poi tornare a sorridere come nulla
fosse. «...ma come avete detto voi, ovviamente, l’importante
è che io stia raggiungendo i miei obbiettivi, no?»
Sia
il preside che il professore annuiscono imbarazzati e, dopo essersi
scambiati un paio di occhiate allarmate, è il primo dei due a
riprendere la parola: «A proposito di questo, noi avevamo pensato
che lei potesse...» ti fissa incerto e sorride mellifluo. «...si
insomma, potesse venire in questa scuola per un paio d’incontri con
i nostri studenti. Ovviamente quando avrà tempo!»
«E
a fare che?» domandi scettico, quasi divertito.
«A parlare con loro e a raccontare del suo successo...della sua
esperienza per motivarli!» esclama, incoraggiato dal tuo apparente
interesse.
Arricci
le labbra e annuisci lentamente, per poi aggrottare la fronte. «Come
mai proprio io?»
«Ma
è ovvio!» ti risponde il tuo vecchio professore. «Lei è la
persona che ha ottenuto più successo. È un’artista affermato e
ricercato e non potrebbe esserci miglior esempio e incentivo di lei
per i nostri studenti. Potrebbero prendere spunto dalle sue
conquiste.»
«Oh
certo.» mormori e stavolta non riesci a trattenerti dal ridergli in
faccia. «Ma...c’è una cosa che mi chiedo...» ti umetti le labbra
e guardi entrambi con finta aria incuriosita. «Non avete paura che
un finocchio possa traviare le povere menti di questi giovani
ragazzi?»
«Signor
Taylor...» interviene subito il preside. «...non è che...»
balbetta, ma è ovvio che non sa come rispondere alla tua
provocazione.
«Sa, io
non credo che il fatto che lei sia omosessuale cambi qualcosa.»
prova a risponderti il tuo ex-professore, e tu scoppi ancora a ridere
insieme a Daphne.
«È
davvero incredibile.» scuoti la testa e sospiri. «Ha proprio
ragione Brian, se sei famoso puoi anche sputargli in faccia e ti
ringrazieranno come se fosse l’onore più grande...e a quel punto
neanche gli importa se sei gay.» passi lo sguardo su entrambi e
sorridi. «Se sei famoso, ti ascoltano anche se sei un frocio.»
«Signor
Taylor.» ritenta il preside, sempre più in difficoltà, ma non gli
lasci neanche il tempo di riaprir bocca.
«Signor
preside, con tutto il rispetto possibile...» ti soffermi un attimo
per essere certo che ti stiano ascoltando attentamente, e continui:
«...la sua proposta mi lusinga ma, sa dove può ficcarsela?»
«Ecco,
veramente...»
«Ascoltatemi
bene. Mi state ascoltando?» sibili, e mai come adesso nella tua vita
ti sei sentito “contaminato” da Brian. «L’unico motivo per cui
sono tornato in questo schifo di posto, pieno di gente bigotta e con
l’apertura mentale di un microcefalo, è per ridervi in faccia. Per
mostrarvi dove è arrivato questo frocio che avete tanto
disprezzato e a cui avete provato a togliere ogni diritto.» scrolli
le spalle e ti mordicchi le labbra. «Perciò, non ha importanza
quanto vi prodigherete a leccarmi il culo adesso che posso esservi
utile. Non importa quante belle parole userete, o quanto vi
sforzerete di sorridermi, perché per quel che mi riguarda resterete
solo due vermi insignificanti e omofobi, che altro non meritano che
essere elegantemente mandati a ‘fanculo.» gli sorridi
ancora e afferri un calice di champagne, per poi fingere un brindisi
con loro. «Quindi, per rispondere alla vostra domanda...‘No, non
verrò’, e per quel che mi riguarda, questa cazzo di scuola può
crollare e sotterrare per sempre ognuno di quei bastardi razzisti che
ci trascorrono il proprio tempo, esattamente come voi due...» prendi
un calice per Daphne con nonchalance, e pieghi le
labbra in un altro sorrisetto ironico, per salutarli, lasciandoli di
stucco. «...adesso, se volte scusarmi, andrei a fare un giro.»
Avanzi
di qualche passo in un silenzio perfetto, finché – come
del resto ti aspettavi – Daphne ti si getta letteralmente al
collo per la
felicità. «Oddio,
Justin! Sei stato...sei stato davvero incredibile!» si stringe con
più forza a te e sussurra: «Se Brian fosse qui, sarebbe
orgogliosissimo di te.»
«Lo
so.» mormori con un sorriso un po’
triste, proprio per il fatto che lui non è al tuo fianco e non ha
potuto vedere come i suoi insegnamenti ti siano entrati dentro.
«Ehi,
non fare quella faccia.» ti rimprovera la tua migliore amica. «Non
puoi biasimarlo dopo quello che è successo.»
«No,
certo che no.» sospiri e scrolli le spalle. «È solo che sarebbe
stato perfetto con lui, ma va bene comunque.»
Daphne
ti rivolge un sorriso comprensivo e ti bacia sulla guancia. «Senti
un po’
grande artista...credi di poter stare da solo per cinque minuti senza
attirare catastrofi?» ti scruta attentamente e poi scoppia a ridere.
«Voglio salutare un paio di amici, e da antisociale quale sei, so
quanto non li sopporti...quindi ti risparmio la fatica di sfoderare
finti sorrisi.»
«Vai
pure.» le rispondi, sollevando le sopracciglia. «Anzi, a dirla
tutta...ero quasi stanco di averti sempre intorno.»
«Vaffanculo.»
esclama, colpendoti con un pugno sulla spalla e, con un ultimo
sguardo, si allontana da te per raggiungere alcune ex compagne di
scuola.
Prendi
un sorso del tuo champagne e, con l’altra
mano infilata nelle tasche del tuo costoso completo di Armani – che
Brian ti ha costretto a comprare – sposti lo sguardo in giro per la
sala, giocando a cercare di riconoscere i vecchi studenti della Saint
James.
«Justin?»
ti senti chiamare da un ragazzo con gli occhi azzurri, circondati da
occhiali dalla montatura nera e fine, i capelli scuri e la pelle
lattea. «Justin Taylor, giusto?»
«Sì.»
rispondi e lo guardi con molta
attenzione, prima di riconoscere in lui un tuo vecchio compagno di
classe. È diventato un po’ più
alto e i lineamenti paffuti e da bambino sono scomparsi, lasciando il
posto a una leggera barba e a uno sguardo un po’ più sicuro, ma in
lui riesci comunque a ricordare quel ragazzino impacciato che hai
difeso in classe da quello stronzo di Chris Hobbs. «Stuart?» lo
chiami allora, per chiederne conferma, e lo vedi annuire con un
sorriso.
«Ne
è passato di tempo.»
«Eh
già.» sorridi a tua volta e gli stringi la mano. «Come stai?»
«Piuttosto
bene, direi. Sono il direttore di una banca adesso.» ribatté
rinfilandosi le mani nelle tasche di un completo scuro. «A te non
c’è neanche bisogno di chiederlo. Sei sulla bocca di tutti e su
ogni rivista d’arte o architettura e su ogni inserto di cultura.»
Scrolli
le spalle un po’ imbarazzato – ancora non sei riuscito ad
abituarti a tutto il tuo successo – e mormori: «Cerco di fare del
mio meglio. E di te che mi dici, oltre il lavoro?»
«Adesso
vivo a Harrisburg, con il mio compagno.»
«Compagno?»
borbotti sorpreso e accigliato.
Stuart
sorride e scrolla le spalle. «All’epoca non avevo il coraggio di
ammetterlo, ma Hobbs non aveva poi tutti i torti a chiamarmi
‘frocio’.» solleva le sopracciglia e poi indica un ragazzo
castano chiaro e piuttosto alto vicino alla finestra che parla con
alcune persone. «È lui.»
«Ma
quello non è Manderson?» domandi sorpreso, ricordando come anche
lui facesse parte della squadra di football, e si dilettasse in
scherzi idioti insieme a Hobbs e a tutta la sua combriccola di
cerebrolesi.
«Già.
Sorpreso, vero?» ridacchia, e tu muovi le labbra in una smorfia a
conferma per le sue parole. «Clarence ha trascorso gli anni del
liceo a tormentare quelli come noi. Lo faceva soprattutto anche per
non ammettere con se stesso quello che in realtà è. Ho perso
perfino il conto di quante cheerleader si è scopato a quei tempi!»
«E
come hai fatto? Cioè...come è successo?»
Stuart
accenna a un sorriso, continuando a fissare il suo compagno che,
resosi conto delle sue attenzioni, gli fa un cenno con la testa e
addolcisce il suo sguardo: prova di quanto lo ami. «È stato un
incontro strano. Non volevo neanche crederci quando me lo sono
ritrovato davanti a Liberty Avenue. Era lì da solo, per provare a se
stesso che in realtà non era gay, che gli uomini non lo attraevano.»
scoppia a ridere, probabilmente ricordando qualcosa e scuote la
testa. «Quando mi ha riconosciuto, mi ha pregato e fatto giurare di non dire niente
a nessuno. Io non avevo più problemi ad ammettere la mia
omosessualità. Avevo già fatto i conti sia con me stesso che con i
miei genitori da tempo, ma lui era davvero terrorizzato. Era
spaventato da se stesso e dalle pulsioni che sentiva e ripudiava, ma
da cui non riusciva a liberarsi.»
Ascolti
attentamente rapito, e lo esorti a continuare. Ti è sempre piaciuto
sentire la storia di certe relazioni normali, soprattutto visto che
la tua, di normale, non ha avuto proprio un bel niente. «E poi, che
è successo?»
«Abbiamo
iniziato a parlare davanti a una birra. Lui continuava ad insistere
di essere etero e che la sua potesse essere solo sciocca curiosità o
stress dovuto agli esami universitari, finché non gli ho detto:
‘allora baciami, se ti fa schifo, avrai ragione’.»
«E
ha accettato?»
Lui
scuote lentamente la testa. «Non quella sera. Se n’è andato e non
l’ho rivisto per qualche settimana, finché non è ricomparso
all’improvviso e mi ha baciato.»
Muovi
ancora il tuo sguardo tra lui e Clarence, e sorridi entusiasta.
«Quindi è così che è nata.»
«Eh
sì, e dura da tre anni circa, anche se non è tutto rose e fiori. I
suoi genitori non l’hanno presa affatto bene.»
Ammicchi
e arricci le labbra, per poi sospirare. «Ah be’...lo capisco. Mia
madre non ha alcun problema, ma non posso dire certo lo stesso di mio
padre.»
«Allora
è vera la storia che ti ha fatto arrestare?»
«Ebbene
sì.» confermi, aggrottando la fronte con rassegnazione. «Mio padre
è uno stronzo omofobo, ma ormai non ci faccio più neanche caso.
Sono così tanti i bastardi a questo mondo che non ci accettano che,
uno più, uno meno, non fa poi così tanta differenza.»
Stuart
ti sorride comprensivo e abbassa lo sguardo un po’ imbarazzato.
«Senti Justin...so che a distanza di tutti questi anni è pressoché
inutile ma...» mormora incerto. «...ecco, ci tenevo a ringraziarti
per avermi difeso quella volta, ma soprattutto a scusarmi per non
averti aiutato quando ne avevi bisogno. Per non averti sostenuto in
quella causa che poi era anche la mia.» si morde le labbra e poi
trova il coraggio di risollevare gli occhi su di te. «Ero
spaventato. Vedevo quello che accadeva a te per aver avuto il
coraggio di ammettere la tua omosessualità e non riuscivo a fare
altrettanto. Io non ero forte come te.»
Lo
fissi in silenzio per un attimo, sorpreso da queste scuse che di
certo non ti aspettavi e neanche ritenevi necessarie e, con un
sorriso sincero per tranquillizzarlo, rispondi: «Avevo paura anch’io
a volte, ma ho avuto la fortuna di avere persone al mio fianco che mi
hanno sempre sostenuto.» sospiri e ti lasci andare ad una piccola
risata. «E poi Brian mi avrebbe ripudiato e preso a calci in culo se
fossi rimasto in un angolo a tremare o a fingere di essere quello che
non sono.» fai schioccare la lingua e concludi: «Lo dovevo essere
anche per lui. Dovevo dimostrargli che ero un omosessuale di cui
esser fiero.»
«Brian
è il tuo compagno?»
«Sì.»
rispondi un po’ incerto, sorridendo. Nonostante tu sappia bene che
tu e Brian siete davvero una coppia, senti un legame così profondo
con lui, che non riesci a definirlo. Chiamarlo solo “compagno” ti
sembra riduttivo, paragonato a ciò che quell’uomo significa per
te. «Da più di sei anni ormai.»
«Sei
anni?» ti chiede stupito. «Ma, allora è quello del ballo?»
Annuisci,
delineando maggiormente il tuo sorriso. «È sempre stato lui.»
confessi, più a te stesso, rendendoti nuovamente conto di quanto, a
prescindere da tutto quello che avete affrontato e dai torti fatti e
subiti, è sempre stato solo e soltanto lui l’amore della tua vita.
«Quel
ballo è stato davvero spettacolare!» esclama, quasi volesse
complimentarsi con te. «Quando vi ho visti ballare e quando vi siete
baciati...Dio, ti ho davvero invidiato e ammirato allo stesso tempo.
Avrei voluto essere come te e al tuo posto.» ammette, con un leggero
imbarazzo e si sistema gli occhiali spingendo l’asta centrale con
l’indice. «Quindi, è qui con te anche lui?» ti chiede,
guardandosi intorno incuriosito.
«No.»
rispondi un po’ dispiaciuto. «Lui è...»
«Elegantemente
in ritardo.» completa per te una voce calda e familiare alle tue
spalle. Un suono che è balsamo per le tue orecchie e che ti lascia
pervadere di brividi lungo tutta la schiena, mentre un sorriso
luminoso e spontaneo va ad incresparti le labbra. Ti volti raggiante
e incroci i suoi bellissimi occhi verde scuro, che ti guardano con lo
stesso tuo grande amore.
«Non
avevi detto che non saresti venuto ad una festa di ragazzini?»
«Ho
deciso di rivivere la perduta gioventù.»
Scuoti
la testa, incapace di impedire alle tue labbra di distendersi in
un’enorme sorriso, e lasci che
le sue dita scorrano tra i tuoi capelli, all’altezza
della nuca, in una dolce carezza, prima di lasciarti spingere verso
la bocca del tuo uomo.
Lo
baci fregandotene di tutto; senza la sciocca paura di mostrare ancora
a tutti i presenti di chi sei follemente innamorato. Non t’importa
di cosa pensa la gente, e te ne freghi ancora di più di tutto quello
che ti – e vi – hanno fatto passare in questi anni, perché
la tua felicità conta più di tutto questo...
Perché
non hai mai smesso di sperare e credere che le cose potessero andar
meglio; non ti sei lasciato spaventare dal loro odio ed hai raggiunto
ed afferrato tutto quello che sognavi.
Perché
non ti sei mai arreso e alla fine sai di aver vinto.
Ti
allontani di poco da Brian, e lo fissi con occhi sicuri. Lui solleva
una delle sopracciglia e ti sorride, conscio di quello che ti sta
passando nella testa, ed assolutamente fiero di quello che sei
diventato.
Questa
consapevolezza ti scalda il cuore ed intrecci le tue dita con le sue,
con una stretta decisa, per poi voltarti verso Stuart con un sorriso.
«Penso che tu l’abbia
già capito, ma lui è Brian.»
«S-sì.»
balbetta in risposta, totalmente incantato dall’indiscutibile
ed impeccabile bellezza del tuo compagno. «Piacere, Stuart.»
mormora poi, porgendogli la mano che Brian stringe con decisione.
«Adesso
scusaci...» gli dice poi, con uno dei suoi soliti sorrisi
mozzafiato. «...ma avremmo una cosa da fare.»
«Certo,
certo.» replica Stuart, salutandovi con la mano e tu ti volti con
aria confusa verso Brian.
«Cos’è
che dovremmo fare?»
Lui
però non ti risponde subito. Si limita a rivolgerti una strana
occhiata e a stringere di più la presa sulle tue dita, prima di
trascinarti al centro della sala dove alcune coppie stanno già
ballando.
Si
sofferma a guardarti per un attimo, mentre fa scivolare l’altra
mano dietro la tua schiena ed appoggia la fronte contro la tua,
socchiudendo gli occhi. «Ti prometto che questo sarà
ancora più indimenticabile...» sussurra poi, e nel momento in cui
una canzone a voi molto familiare si diffonde nell’aria,
Brian inizia a guidarti nei passi.
«Ah
sì?» gli chiedi allora, con un sorrisetto spavaldo. «E come
potresti?»
Di
nuovo resta in silenzio ad osservarti, con un’intensità
che ti lascia bruciare dentro. Respiri il suo profumo a pieni polmoni
e sorridi ancora quando lo vedi avvicinarsi a te per baciarti.
Le
vostre labbra si ricongiungono, così come il tuo sapore con il suo.
La sua lingua si lega alla tua in un caldo abbraccio, e come ogni
volta, ti senti esplodere di felicità.
Schiudi
le palpebre per inchiodare i tuoi occhi blu nei suoi, così da
potergli comunicare quanto gli sei grato per la sua presenza; per il
suo esserti sempre vicino, pronto a sostenerti in qualsiasi momento.
Vorresti
dirgli che solo con questo gesto lui ha reso questo ballo davvero
indimenticabile, ma quando tenti di farlo, ti blocca stampandoti un
dolce e morbido bacio sulla bocca, per poi guardarti con amore e
muovere le labbra in una breve sequenza che ti lascia di stucco,
proprio come la prima volta.
Senti
il tuo respiro bloccarsi, insieme al tuo cuore, mentre gli occhi
iniziano a pizzicarti e riempirsi di lacrime, rendendo liquida
l’immagine dell’uomo
che ami.
E
anche se le tue orecchie non hanno potuto sentirlo; anche se in
realtà l’ha solo mimato, plasmandolo sulla tua bocca, sai
perfettamente cosa significa il modo in cui si sono mosse le sue
labbra.
È
una sequenza inconfondibile e perfetta nella sua unicità: la punta
della lingua che sfiora i denti, il labbro superiore che si separa da
quello inferiore, schiudendo la bocca, per poi tornare a congiungersi delicatamente e concludere la sua rara confessione.
Non
puoi udirlo, ma puoi sentirlo nei brividi che scorrono lungo il tuo
corpo, nel calore che divampa dal petto, fino ad annebbiarti la
mente; puoi sentirlo nella lacrima di felicità che scende veloce
sulla tua guancia, nel sorriso spontaneo che nasce sulle tue labbra,
seguite dalle sue, o nel battito potente del tuo cuore
improvvisamente accelerato, che sembra poter esplodere di gioia da un
momento all’altro.
Non
ha avuto bisogno di voce, né di urlarlo...ed è perfetto così.
Note dell’autrice:
Eccomi di nuovo ad infestare il fandom con una delle mie stupidaggini, ma mi sembrava giusto scrivere qualcosa in questo giorno.
Oggi è lo SpiritDay - per chi non lo sapesse, è il giorno in cui si ricordano tutte le persone morte suicide a causa di quello schifo chiamato "omofobia"; e viene utilizzato il viola proprio perché nella bandiera arcobaleno rappresenta "lo spirito" - ed oltre ad andare in giro con qualcosa di viola addosso, ho deciso di scrivere due righe, dopo aver provato ad immaginare come sarebbe stato per Justin tornare in quella scuola - che comunque non gli ha reso la vita facile - dopo esser riuscito a diventare famoso.
A dire la verità avrei trovato molto più gratificante vedere un Chris Hobbs pestato come si deve, ma visto che Justin si era già comunque preso parte della sua rivincita nella quarta serie, stavolta ho preferito fargliela ottenere utilizzando gli insegnamenti di Brian...cioè diventando una persona di cui poter esser fiero, migliore di chiunque altro, e di dimostrarlo a tutti coloro che in precedenza lo avevano umiliato o discriminato...proprio come il suo preside o quel professore che tanto avrei voluto prendere a schiaffi.
Per quanto riguarda Stuart, ovviamente il nome è inventato, visto che non viene mai detto, comunque penso vi ricorderete di quel ragazzino un po’ paffutello che viene preso di mira in classe da Chris, e difeso da Justin, nella prima stagione!
Precisazioni a parte, mi auguto che anche questa OS vi sia piaciuta, anche se, pur trattando di una tematica molto importante, ho deciso di renderla comunque leggera e molto fluffleggiante. Perdonatemi, ma ci sono momenti in cui proprio non riesco a prescindere dal lato "zuccheroso" dei Britin, e vengono fuori queste cose. XD
Comunque sia, ringrazio ovviamente tutti coloro che l’hanno letta, così come tutti quelli che hanno recensito quelle pubblicate in precedenza, e vi mando un bacione gigantesco.
Alla prossima,
Veronica.
PS: Per chi segue la long "Time's Up", tranquille che non l’ho certo abbandonata! Conto di pubblicare il nuovo capitolo verso l’inizio della prossima settimana. :)