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Autore: Yellow_Falling_Leaves    23/10/2011    2 recensioni
In una New York caotica, due figure anonime vi abitano. Lui, Edward Cullen, è un ragazzo malinconico, che ha smesso di credere nell'amore dopo la rottura di una storia importante. Lei, Isabella Swan, è una persona chiusa, timida, con un passato non troppo felice, che ha chiuso i rapporti con i genitori da tempo. Le loro vite sono destinate a incrociarsi, e a vicenda si daranno la forza per tornare a sorridere davvero.
Estratto dal V capitolo:
Edward sorrise. «E questa era la perla di saggezza delle dieci e mezza. » Bella ridacchiò, scuotendo la testa e fissando lo sguardo nuovamente al cielo.
«Perché lo hai fatto? »
Bella sorrise appena. «Indendi, medicare un completo estraneo lasciato a marcire nel suo sangue in una strada buia di Manhattan? » Edward annuì.
Isabella si strinse nelle spalle. «Non lo so. In quel momento, ti ho visto fare a botte con quel tizio, e quando sono scesa a controllare..ho sentito che fosse la cosa giusta da fare, appena ho osservato il tuo viso. » E arrossì, per quella rivelazione.
«Però quando mi sono svegliato non c’eri. » osservò Edward.
«Ero appena salita a farmi una doccia, evidentemente..quando sono scesa, tu eri sparito.» mormorò, piano. «Mi è venuta l’ansia.. » E fece un sorriso imbarazzato.
Edward sospirò. «Se io non ti avessi riconosciuta oggi, tu mi avresti mai detto che mi avevi aiutato? »
Isabella scosse il capo. «No, non credo. »
Edward annuì. Lo immaginava, Bella non era una ragazza che amava le attenzioni; faceva le cose nell’ombra, senza esaltarsi e mettersi in mostra. Era semplicemente altruista.

- Se avete voglia, datele un'occhiata!^^ ciao!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Salve..^^"
Dopo, di nuovo, non so quanto tempo, sono tornata. Come sempre, mi chiedo se qualcuno si ricordi di questa pazzia che procede a rallenty.
Qualcuno la ricorda?? XD
Se sì, e aspettavate di leggerla, scusate. Lo so, che sto postando questa storia alla stessa velocità di un bradipo zoppo, credetemi, lo so..
Però, spero che nonostante tutto avrete voglia di leggerla ancora, perchè cercherò in ogni modo di sbrigarmi fuori. Spero che il capitolo non vi deluda...
Dai, faccio un breve riassuntino: Edward, dopo essere stato malmenato e medicato da Bella, torna al suo appartamento, dove Rosalie e Jasper (dopo averlo cercato in lungo e in largo, e dopo aver incontrato gli altri tre dell'Ave Maria) si precipitano. Edward, un po' acciaccato e spaventato dall'ira funesta della bionda, le chiede se c'è un modo per farsi perdonare. Perciò Rosalie organizza un'uscita con Alice, Emmett e Isabella. ù.ù
In questo capitolo, le varie coppiette cominceranno ad avvicinarsi. Alice e Jasper, vi avviso, sono i miei Alice e Jasper. Lui, è il classico puttaniere, lei è un tipo tutto pepe: mi sono immaginata così la scena, e spero non vi deluda, anche se non sono in linea con i personaggi della Meyer.
Bon. Ora mi defilo!Buona lettura! (spero lo sia, almeno XD)


»E ti sorriderò«
{Capitolo 6. Nuove emozioni }

..
Edward sorrise a Isabella, nel modo più naturale e spontaneo; sì stupì lui stesso, ma capì che probabilmente quella sarebbe stata la prima di tante altre volte, con quella ragazza che le ricordava tanto una bimba bisognosa di protezione.
Proprio così. Credeva che Isabella fosse una di quelle persone che si mostrava forte e capace di cavarsela da sola, ma che in realtà era molto fragile, e desiderosa, non bisognosa, di aiuto.
Edward riusciva a leggere le persone, e il più delle volte ci azzeccava sul serio.
Isabella gli sembrava così facilmente leggibile..i suoi occhi erano un qualcosa di meravigliosamente espressivo. Bastava scrutarle lo sguardo, e si poteva chiaramente leggere i suoi pensieri come se li dicesse ad alta voce.
Questa cosa piaceva particolarmente a Edward.
«Che dici..ci facciamo una passeggiata? » propose lui, staccandosi dal muro.
Isabella si strinse nelle spalle, e annuì. «Perché no. Tanto non sei un latin lover, non corro nessun pericolo, no? » chiese, con un sorrisetto divertito.
Edward assunse un’aria ambigua. «No, non sono un latin lover..ma potrei essere terrificantemente cattivo e pericoloso.. » Bella alzò un sopracciglio, scettica: dopo averlo visto mezzo morto per dissanguamento, non le avrebbe più potuto far paura.
Edward le lanciò uno sguardo da predatore, che al posto di farle battere il cuore per lo spavento, le fece provare ben altre sensazioni: Edward era davvero affascinante. Anche quando sfoggiava uno sguardo che avrebbe dovuto essere terrificante. «Mai sentito di creature bellissime e spietate che accompagnano le donne in vicoli bui per cibarsi con il loro sangue? Di vampiri
Isabella si guardò distrattamente le unghie, trattenendo una risatina: «Chiamerò Van Helsing»
Edward si bloccò in mezzo al marciapiede, incrociando le braccia al petto, gli occhi spalancati. «Sei incredibile» commentò, divertito.
Bella fece un gesto di sufficienza, «Lo so.»
Edward rise. «Ti credevo più modesta, sai?» l’apostrofò, «Invece sei solo un’egocentricona» la prese in giro, con un ghigno.
Isabella lo fissò scandalizzata. «Ehi! Parla quello che dice che il suo sangue è troppo prezioso per essere sprecato! »
Edward alzò le braccia in segno di resa, «Touchè» e le sorrise. «Allora..da quanto tempo conosci Emmett e Alice? » chiese, infilando le mani in tasca per tenerle al caldo.
Anche Isabella sentiva il freddo pungente nelle ossa, e sfregò le sue una con l’altra per scaldarle un po’, poi ci soffiò sopra.
Edward, allora, frugò nelle sue tasche del giubbotto, ne tirò fuori due grossi guanti, e li porse a Isabella. Lei lo guardò storto. «Perché non li metti? » chiese lei. Edward si strinse nelle spalle. «Io odio i guanti; mettili tu»
Prese velocemente le mani di Isabella; ma non fu la percezione della sua pelle gelata a farlo sussultare, quanto una piccola scossa che aveva attraversato la sua di pelle quando le aveva afferrate.
Deglutì a vuoto, guardando di sottecchi Isabella, che era improvvisamente arrossita, e pensò che magari anche lei fosse destabilizzata da quella strana sensazione.
Edward si riscosse e infilò i guanti a Isabella, che lo lasciò fare, sentendo il cuore sfarfallare nel petto. Per quanto fosse imbarazzata, soprattutto per la scossa che aveva precedentemente sentito, le piaceva troppo sentire il tocco delle mani tiepide di Edward.
Poi Edward lasciò le mani di Isabella, e ripresero a camminare spalla contro spalla, nelle strade di Manhattan.
«Io e i ragazzi ci conosciamo da una vita, praticamente.. » riprese Bella, cercando di stemperare l’aria elettrica. «Sono i miei migliori amici, la mia famiglia.. » mormorò, con un sorriso dolce ad incresparle le labbra rosee. Edward si perse ad osservarla, mentre i suoi occhi scintillavano a parlare dei suoi amici. «Alice è esuberante, a volte vorrei darle una botta in testa e spegnerla..ma so che senza di lei e la sua vitalità diventerei un vegetale.. » Edward rimase colpito da quella uscita, ma non osò interrompere quel flusso di coscienza che, incomprensibilmente, gli sembrava il tesoro più prezioso al mondo. «Emmett, be’, lui è il mio Orso» Isabella si voltò verso di Edward, un po’ perché voleva vedere il suo viso, un po’ per controllare di non starlo annoiando. «Mi ha sempre fatto da padre e fratello. Se Alice è la mia perseveranza, Emmett è la mia risata. Sì, ecco: Alice e Emmett sono i miei angeli custodi.» e annuì tra sè, distrattamente, come a ribadire il concetto.
Edward rimase ancora una volta colpito dalle parole di Isabella.
Lei si voltò a guardarlo in viso, «Tu e Rosalie da quando conoscete Jasper? »
Edward si strinse nelle spalle, e sorrise. «Jasper è il mio migliore amico, il fratello maschio che non ho mai avuto. E per Rose, è un po’ la stessa cosa»
Bella annuì, «E da quando abitate a New York? » domandò, curiosa.
Edward ridacchiò. «Non sarebbe toccata a me la domanda, ora? »
Lei gli fece una linguaccia. «E chi l’ha imposto? Su, rispondi!» insistette.
Il rosso scosse la testa, divertito. «Da circa quindici anni, ormai» rispose, dopo aver riflettuto un po’, «Prima abitavo in una piccola cittadina nello Stato di Washington, con i miei e Jasper. Ma non credo che tu la conosca..è davvero insignificante.»
Bella alzò gli occhi al cielo, compatendo Edward. «Credimi, in quanto a cittadine sperdute, io vinco su tutti i piani! Anch’io vengo dallo stato di Washington, comunque!»
Edward parve sorpreso, «Davvero?»
«Già! » Isabella sorrise, «Dalla cittadina più piovosa degli States, il massimo per una come me che ama il sole!»
Edward si fermò, e la osservò curioso. «Ti prego, non dirmi che sei anche tu di Forks.»
Bella gettò all’indietro la testa e liberò una risata cristallina. «Purtroppo devo dirtelo: sì, vengo proprio da lì!»
Il rosso si passò una mano tra i capelli indomabili, stupito. «Oddio! E’ una cosa traumatizzante! E quando ti sei trasferita qui?»
«Quando ho compiuto diciott’anni.» Negli occhi di Isabella passò un guizzo di tristezza, che lei scacciò con prepotenza, e Edward non osò indagare per quale motivo si fosse incupita in quei brevi istanti. «Abito qui da due, e sono stati gli anni più belli della mia vita. New York è magnifica.»
Edward assunse un’aria pensosa, cercando di allontanare l’apprensione per quel momento di debolezza di Bella, in cui i suoi occhi si erano spenti. «Quindi, hai venti anni, giusto?»
Isabella fece una faccia indignata. «Lo sai che non è educazione chiedere né far presente l’età di una signora?»
Edward ridacchiò. «Sì, che lo so. Ma tu non sei una signora! » Le fece una boccaccia, per poi sfuggire ad un pugno in arrivo da un’Isabella fintamente indignata e visibilmente divertita.
Bella sbuffò, incrociando le braccia sotto il seno. «Sì, ho vent’anni. Tu? Non mi metto di certo a macchinare per saperlo, io.»
Edward sfoggiò un sorrisone: «Ventiquattro.»
Isabella spalancò la bocca. «Sei un vecchio!» Sì, beh, il vecchio più bello e affascinante che avesse mai visto.
Lui fece una faccia offesa: «Non sono vecchio! Anzi, sono un avvenente ragazzo!»
«Pff!» fece Isabella, alzando gli occhi al cielo. «Vecchietto! Occhio a non perdere la dentiera, quando sfoggi quei sorrisi!»
Edward ridacchiò, e, per un attimo, gli passò per la mente di dirle che era solo grazie a lei, che quella sera continuava a sorridere come un idiota.
Perché erano anni, che Edward non si faceva coinvolgere così emotivamente, tanto da essere veramente sereno.
Isabella, inconsapevolmente, quella sera gli stava facendo riscoprire il piacere di assaggiare la pace dai pensieri tristi.
Lei, che gli aveva medicato le ferite della rissa, lei che aveva impedito di farle sanguinare ancora;
Lei, che, senza saperlo, stava facendo molto in una sola sera.
E Edward le era grato, non solo perché lo aveva aiutato la sera prima, ma perché stranamente quella sera il pensiero che la sua vita non fosse importante non lo aveva sfiorato nemmeno per un secondo.
Perché lei era la prova che la vita andava vissuta, perché conoscere lei era un miracolo.
Ma quel fiume di pensieri passò in un istante, e lo accantonò subito.
«Ah, sei una strega!» disse, spingendola leggermente con una spallata.
«Ehi!» fece, indignata, ricambiando la spinta. «Stai buono, vecchietto!»
Edward rise.
«Sai, se fossi nata nella tua era, nonno, magari ci saremmo incontrati a Forks.» riflettè Isabella.
«No, che disgrazia!» esclamò Edward, con una finta aria terrorizzata. «Per fortuna non è accaduto!» Anche se, in realtà, il pensiero che avrebbe potuto incontrare prima quella meravigliosa ragazza lo lasciava davvero con l’amaro. Chissà, se si fossero conosciuti prima, come sarebbe andata la loro vita.
Isabella gli diede una sberla sul braccio, conscia di avergli solo fatto il solletico.
«Beh, Bella.» usò il nomignolo che aveva utilizzato Emmett, prima al tavolo, «Perché questo soprannome? Isabella è un nome molto bello.»
Isabella fece una smorfia. «Io non credo proprio. E’ decisamente altisonante. E vecchio, quasi quanto te.- Gli fece un sorrisetto divertito- Bella è molto meglio.»
Edward ammiccò, ricambiando al sorriso. «Bella. Sì, ti si addice. Sai che in Italiano, bella significa avvenente?»
Isabella, a cui piaceva particolarmente come suonava il suo nomignolo detto dalle labbra di Edward, evitò accuratamente di arrossire per il complimento implicito che il rosso le aveva fatto. «Ma come, sai parlare Italiano? Che uomo dalle mille risorse!»
Edward alzò un sopracciglio. «Sei davvero assurda. Io faccio sfoggio di una vasta gamma di modi per dirti che ti trovo particolarmente attraente, e tu smonti i miei tentativi! Come faccio di questo passo a sposarti?»
Isabella gli riservò un’occhiata. «Te l’hanno mai detto che potresti fare la parte della prima donna in una tragedia?» fece, retorica e ironica.
Edward ridacchiò. «No. Vedrò di prendere in considerazione la recitazione, anche se preferisco di gran lunga la musica.»
Le labbra di Bella s’incresparono in una ‘o’ per la sorpresa. «Suoni? Che cosa?»
Il rosso si morse l’interno della bocca, dandosi dello stupido. Accidenti a lui, e alla sua boccaccia. Sperava che Isabella non indagasse oltre, spiegarle i suoi stupidi sogni lo avrebbero fatto apparire un povero illuso.
«Sì, so qualche parola di Italiano..abbiamo degli amici di famiglia, in Toscana, sai. Ci sono andato qualche volta.»
Isabella lo guardò con un sopracciglio alzato, e si bloccò di nuovo, incrociando le braccia al petto. Si era accorta del suo tentativo, per altro patetico e inutile, di eludere la domanda.
Fissò Edward con ostinazione.
Lui sospirò, e si passò una mano tra i capelli rossicci senza una forma precisa.
«Diciamo che so suonare discretamente la chitarra e il pianoforte. Così, per passatempo.» minimizzò il rosso, guardando da tutt’altra parte che verso Isabella.
«Chissà perché, ma non credo che sia solo per hobby. E anche che tu sia molto meglio che ‘discreto’» disse, facendo le virgolette con le dita.
Edward si strinse nelle spalle. «La musica è sempre stata la mia passione più grande, e ho sempre sognato di poter diventare un musicista di professione. O un cantante, di fondare qualcosa di carino..ma non ho mai avuto l’occasione.» sospirò. «Poi è cambiata l’aria, e anche la mia capacità di comporre pezzi è morta, e per di più ho abbandonato da un po’ il piano.. Ma ovviamente sono solo cazzate di un adolescente illuso.»
Bella scosse la testa con decisione ma Edward sembrava non calcolarla. Continuava a guardare altrove, e la cosa la irritava.
Isabella, più intraprendente di qualsiasi altra volta nella sua vita, allungò le mani fino al viso di Edward, che aveva già avuto la fortuna di sfiorare, e lo obbligò a guardarla negli occhi. Lui era visibilmente stupito.
«Edward. Non osare dire che sono cazzate. E’ un sogno bellissimo, il tuo. Scommetto che, se solo volessi davvero ricominciare, riusciresti a trovare l’ispirazione per comporre.»
La convinzione con cui lo disse trasmise un po’ di determinazione in Edward, e lui ne fece tesoro.
Lei levò le mani dal suo viso, lentamente, lasciandogli una carezza lieve, e Edward memorizzò ogni brivido che sentì.
Fece un sorrisetto, affilando lo sguardo. «Come fai ad essere sicura del mio talento, se non mi hai mai sentito suonare?»
Isabella ricambiò, con furbizia. «Lo sento. E io non sbaglio mai.»
Lui fece un cenno col capo, come a dargliene atto, e il sorriso di Bella divenne soddisfatto. «Bene. Ora che si fa?»
Edward infilò nuovamente le mani in tasca. «Ricomincia il mio interrogatorio. E magari torniamo indietro, non mi fido a lasciare Alice e Rosalie da sole» .
-
«Bella non è ancora tornata?» brontolò Emmett, tornato dal bancone per prendere i drink per lui e Jasper.
«No, Em. Ma penso che sia in buone mani. » sorrise Alice, pensandola con Edward. Non lo conosceva assolutamente, ma chissà perché solo a vederlo sembrava un ragazzo sveglio, simpatico, affidabile e soprattutto single. Bastava pensare al fatto che, pur di proteggere la sorella si era fatto pestare, e si capiva quanto fosse ammirabile.
Senza contare che con la sua Bella, sarebbe stato divinamente.
«In buonissime mani!» concordò Rosalie, che le scoccò un’occhiata complice. Evidentemente, erano più in sintonia che mai.
Jasper bevve un sorso di cocktail, guardando di sottecchi Alice.
Ogni volta le sembrava più bella di prima, e questo pensiero costante lo spaventava.
Sì, gli era capitato di perdersi a guardare una ragazza carina, ma questa fissa per Alice era strana. Mai, mai era stato uno sforzo fisico staccare di dosso gli occhi da una ragazza; mai gli era capitato di volerla guardare non per le curve o le gambe, ma per la tenerezza che emanava.
Questi pensieri erano davvero deleteri, per il biondo, che decise di inghiottire tutto il resto del drink in un sorso.
Rosalie gli scoccò un sorrisetto, e lui la trucidò con lo sguardo.
La sua migliore amica era una perfida strega; se prima lo diceva tanto per dire, ora aveva la certezza e il motivo per chiamarla così.
Alice si alzò, «Scusatemi, vado un attimo al bagno».
Jasper serrò le mani sotto il tavolo per trattenersi dall’alzarsi e seguirla.
E non a scopi perversi, come avrebbe fatto con qualsiasi altra ragazza.
Ma Alice Brandon non era una qualsiasi ragazza: Alice era Alice.
Voleva andare con lei per evitare che qualcuno si avvicinasse a lei, per proteggerla. Perché, dopotutto, c’era tanta di quella gente losca in quei locali, e lei era così minuta e indifesa.
No, eh. Così non andava proprio! Stava diventando geloso, e Alice non era nemmeno sua!
Scosse la massa di riccioli biondi, e si schiaffeggiò una mano sulla fronte.
Era così preso dai suoi pensieri, che si stava perdendo la conversazione tra Rosalie ed Emmett, tanto da non notare come i due si guardavano.
Annuì appena, quando la sua migliore amica lo avvisò che andavano a farsi un giro. Emmett e Rosalie sparirono tra la massa, e a quel punto, Jasper mandò a fanculo qualsiasi buon proposito. Tra l’altro, le uniche due persone che lo tenevano lì se n’erano andate per i fatti loro, e lui, francamente, stava morendo dall’ansia.
Si alzò, e s’infilò tra la calca di gente per seguire Alice. Riuscì a trovare le scale che portavano da basso, dove, in teoria, dovevano esserci i bagni.
Peccato che sembrasse un ritrovo di arrapati che si strusciavano l’un con l’altra.
Poco contava che un tempo Jasper si fosse comportato quasi allo stesso modo-certo, diciamo che lui aveva la sua privacy, e non lo faceva in mezzo alle scale-perché in quel momento, tutta quella gente avvinghiata in modo poco consono gli dava enormemente fastidio, se non gli faceva addirittura ribrezzo.
Scese le scale, cercando di ignorare i polipi in accoppiamento, e arrivò al bagno delle signore, appostandosi alla porta neanche fosse uno stalker.
Perché Alice ci metteva tanto?
Cercò di auto convincersi che le donne, al bagno, ci mettevano i secoli, ma il suo stomaco era annodato e una smorfia seccata gli sfigurava il volto.
Una ragazza gli si avvicinò ancheggiando. «Ehi».
Lui la ignorò.
«Non sei Jasper? Ho sentito parlare molto bene di te.» disse lasciva, con un sorrisetto. «Una mia amica ti ha conosciuta più da vicino e--»
«Scusami, cara» una voce familiare lo fece sussultare. Era Alice, dietro alla spilungona, con le braccia incrociate sotto il seno, e un’espressione seccata.
Jasper si concesse un momento per analizzarla bene: Alice, con quel vestitino era magnifica, elegante. Sembrava una dea. Riluceva di luce propria.
E sì, non era da Jasper Withlock dire queste cose, ma prima non conosceva Alice Brandon. Con lei era tutto diverso, ormai si era rassegnato a questa consapevolezza.
«Se non lo hai notato, non è interessato. Quindi, ti conviene evaporare». L’occhiataccia che riservò alla ragazza lo fece rabbrividire: avrebbe potuto incenerire. Eppure, anche da arrabbiata era bellissima.
La ragazza la guardò dall’alto, con ostentata irritazione. «Senti cocca, non rompere, ok? Mettiti in coda, se non vuoi che ti calpesti.».
Jasper scattò. Quell’ultima affermazione era intollerabile. Aveva accettato il tono, ma di certo quelle frecciatine gratuite sull’altezza di Alice.
Il suo Folletto-Angelo era intoccabile.
«Non osare parlarle così, razza di gallina. Vale mille volte più di te. E ora evapora per davvero» ringhiò, fissandola con astio.
La ragazza sconosciuta rimase un attimo stupita: «Oh, ma vaffanculo, bastardo! » poi stizzita girò i tacchi.
Jasper si voltò verso Alice, ansioso. Lei aveva ancora il visetto sfigurato dalla rabbia. «Brutta troietta. Se la becco, la picchio». Chissà perché, dal tono Jasper intuì che diceva sul serio.
«Lasciala perdere, Alice» cercò di farla desistere, ma lei gli riservò un’occhiataccia truce. «E tu, perché cacchio sei venuto qui giù? »
Alice era furibonda. Già era indisposta perché quel ragazzo sembrava diventato il suo unico e costante pensiero; poi si era ritrovata davanti un’escort in vena di elargire piacere, e, dulcis in fundo, aveva appena realizzato che il suo ‘pensiero costante’ fosse un maledetto puttaniere. Di bene in meglio, no?
Che venisse un accidente a quello stupito di Jasper! Perché doveva essere così dannatamente bello, fiero e perfetto per lei? Perché era matematico: Jasper era la metà perfetta della sua mela, se Alice era lo Ying, lui era lo Yang, o la sua anima gemella, che dir si voglia. Da chiamarsi come si voleva, ma Jasper era quello, indiscutibilmente, per Alice. Anche se lui ancora non lo sapeva, ed anche se era uno sciupa femmine molto rinomato.
Il biondo sospirò. «Emmett e Rosalie sono andati a fare un giro. E io ero troppo preoccupato che qualcuno potesse importunarti per starmene buono buono seduto al tavolo. »
Gli occhi azzurri di Alice erano sprezzanti. «Peccato che quello importunato, sia stato tu. Anche se mi chiedo quanto possa essere stato fastidioso per te. Da quel che ho capito, sei avvezzo a questo genere di cose». Sputò.
Jasper s’infiammò. «Cosa dovrei dirti, eh? E’ la verità, hai ragione, diciamo che sono abituato. Ma ciò non significa che stasera mi abbia fatto piacere!»
«Oh, ma lasciamo perdere! » sibilò Alice, superandolo e urtandolo deliberatamente. Era conscia che probabilmente stesse facendo la figura dell’immatura, o della schizofrenica, ma il pensiero che Jasper Withlock non fosse altro che un infimo puttaniere le faceva andare il sangue al cervello, e sentiva ogni fibra del suo corpo vibrare per quell’indignazione immotivata.
Salì le scale, imperterrita, senza curarsi se Jasper la stesse seguendo o meno, e si buttò in pista per ballare.
Non m’importa nulla, si ripeteva come un mantra. Perché, dopotutto, Jasper non era assolutamente niente per lei. Era solo la terza volta che si vedevano, come poteva fare tali scenate? Perché poi questo fastidio? Insomma, non ce n’era motivo! A malapena conosceva il nome e il cognome di Jasper! Le sue idee da illusa cronica poteva anche debellarle.
«Ehi, balliamo insieme?» le domandò un ragazzo carino, con un sorriso gentile. Quanto fosse realmente tale, Alice non se lo chiese nemmeno, e annuì. Tanto non le importava, e non le importava nemmeno che Jasper fosse un maledetto sciupa femmine e che non desse peso ai sentimenti.
Il ragazzo le sorrise di nuovo: «Mi chiamo Chris, piacere»
Alice stava per rispondere, ma una voce maschile, affascinante quanto la irritava, lo fece per lei. «Il piacere è tutto tuo. Ora scusa, ma deve venire con me.». Jasper le afferrò il braccio e la trascinò fuori dalla ressa di persone che ballavano, incurante del fatto che lei si stesse opponendo.
Continuò a tirarla fino in un angolo vuoto e ignorato da tutti.
Alice lo fissò molto male e molto irritata. «Che cazzo fai?!» sbraitò, strattonando il braccio e liberandosi finalmente dalla stretta di Jasper.
Gli occhi azzurri del ragazzo sembravano bruciare di rabbia cieca.
«Ti proteggo, no?».
«E chi te l’ha chiesto, eh? » fece Alice, acida, stringendo i pugni per trattenersi dal schiaffeggiarlo.
Jasper prese un profondo respiro. « Faccio solo quello che farebbe Emmett al posto mio.» disse, cercando di calmarsi, «Mi spieghi perché prima eri così arrabbiata?»
«Per lo stesso motivo di adesso, e ora sciò»
Ma Jasper non voleva farla scappare, non più, e di certo non se ne sarebbe andato lui.
Perché prima, quando gli aveva voltato le spalle, a vederla allontanarsi, aveva sentito una fitta allo stomaco. Era una brutta sensazione, non voleva ripeterla ancora.
Posò le mani sulla parete, ai lati della testa di Alice, imprigionandola tra le sue braccia. Come se non bastasse essere ingabbiata tra il muro e il suo petto, la infilzò con uno sguardo definibile illegale, e lei perse ogni speranza e voglia di scappare da lui.
«Alice..Brandon.» disse, lentamente, scandendo il suo nome e cercando di mantenere un briciolo di lucidità. Ma quegli occhi azzurri gli davano qualche problema: era la prima volta che li fissava così da vicino, e li aveva riscoperti ancor più brillanti e maravigliosi.
«Non ho idea di cosa mi stia prendendo, ma so che l’ultima cosa che voglio è averti arrabbiata con me. Anche se ci siamo visti tre volte in tutta la nostra vita, mi sembra chiaro che tu mi abbia sconvolto. Per la prima volta mi sono sentito uno schifo per la mia condotta con le ragazze, e per la prima volta una donna disponibile è passata in secondo piano, alla tua sicurezza. Be’, diciamo che questa è la sera delle prime volte, perché normalmente non sono così apprensivo.. »
Alice era rimasta pietrificata, o meglio, pendente dalle labbra di Jasper. Le osservava muoversi, e più recepiva le parole di Jasper, più la sua voglia di baciarlo diventava esponenziale.
Un secondo, e Alice perse definitivamente la ragione, e si alzò sulle punte per posare le sue labbra su quelle di Jasper.
Il biondo rimase per qualche istante stupito, poi in lui si fece strada una strana sorta di beatitudine che non aveva mai provato in vita sua.
Le mani delicate di Alice salirono ai suoi capelli, e lui sospirò sulle sue labbra; era seriamente creta, nelle sue mani.
Jasper ricambiò il bacio per qualche secondo, sentendo la sua lucidità calare alla velocità della luce.
Però, poi si rese conto che non voleva che Alice fosse una come le altre, perché, come aveva già appurato, lei era di un altro livello, e non meritava di essere trattata come un giocattolo.
Perciò posò una mano su una guacia delicata e l’allontanò lentamente, sentendo una fitta allo stomaco.
«Alice.. » Lei arrossì, e apparve ancora più bella ai suoi occhi. «Non voglio»
Il cuore di Alice ebbe una fitta, stava per divincolarsi da lui e scappare via, ma Jasper non la lasciò mai. «Tu non sei come le altre, Alice, tu sei diversa. Sarebbe come mancarti di rispetto, ed è l’ultima cosa che vorrei».
Gli occhi di Jasper lampeggiarono in quelli di Alice.
La Folletta aprì la bocca per parlare, anche se non aveva la benchè minima idea di quello che avrebbe detto, ma la voce di Emmett, alle spalle di Jasper, fece spegnere la voce e il cervello di Alice. «Eccolo là! »
Jasper si scostò immediatamente, mentre il ragazzo bruno si avvicinava a loro con Rosalie al fianco, gli occhi accesi dalla gioia e puro divertimento.
«Ah, menomale Alice è con te!-Emmett sciabolò le sopracciglia in direzione di Alice, poi si voltò verso Jasper- Abbiamo perso Edward e Bella!» annunciò, con un sorriso divertito. Si passò una mano tra i riccioli scuri, e Rosalie si ritrovò a pensare che fosse tenerissimo.
Quella serata con Emmett si stava rivelando più divertente di quanto avrebbe mai creduto. Nei momenti in cui erano rimasti soli, girando un po’, avevano parlato molto e un po’ di tutto; dall’amicizia con Alice e Isabella, al suo lavoro da meccanico, mentre lei gli aveva raccontato di Edward e Jasper, di come fosse preoccupata per il fratello e quanto la irritassero certi atteggiamenti dell’amico. Poi avevano virato su argomenti molto più leggeri, come musica e hobby, e avevano pure sfiorato l’argomento ex. Dopotutto, era noto a tutti il motivo per cui Edward si era dato alla rissa per strada. Mentre Emmett aveva appena accennato che era da un po’ che non aveva una ragazza; Rosalie, con una stretta allo stomaco inspiegabile, si era ritrovata a sperare che quel “da un po’ ” fosse tanto, tanto tempo fa.
«Accidenti a quei due, dove si saranno cacciati? » chiese Rosalie, avvolgendo al collo la sciarpa. Emmett e Jasper la seguirono, e per ultima Alice li raggiunse.
La Folletta rabbrividì, sentendo una ventata gelida arrivarle sin nelle ossa.
«Che freddo.. » alitò, facendo uscire dalle labbra una nuvoletta di aria ghiacciata, sotto lo sguardo attendo di Jasper. Avrebbe tanto voluto stringerla e scladarla, ma era ben conscio di non poterlo fare. E poi, era malsana questa voglia di aver sempre un contatto con lei, dopo quel bacio.
«Non saranno troppo lontani» commentò Emmett, guardandosi intorno. Poi due risate li raggiunsero, e tutti e quattro i ragazzi trattennero il fiato. Come Alice e Emmett si scambiarono uno sguardo stupito, lo fecero anche Jasper e Rosalie, visibilmente scossi. Si voltarono all’unisono verso un punto del marciapiede, e videro due figure avvicinarsi, spalla contro spalla.
Jasper si passò una mano tra i ricci, la bocca che sfiorava il cemento della strada per lo stupore. Il cuore di Rosalie mancò di un battito, perché tutto aveva visto nella vita, anche le cose più impossibili: ma ormai la speranza di sentire la risata cristallina e serena di Edward era un qualcosa in cui aveva smesso di credere. Eppure suo fratello stava sorridendo, di un sorriso senza ombre, e i suoi occhi verdi, così simili ai suoi e quelli della loro madre, erano più brillanti di tutte le luci di Manhattan. Quasi stentava a riconoscerlo, il che era tutto dire.
Dal canto loro, anche Alice e Emmett si trovavano paralizzati davanti a quella visione di Isabella. Perché non vedevano quell’aria spensierata da quando era bambina e i suoi genitori stavano ancora insieme e andavano d’accordo, e lei non si sentiva ancora un peso sulla sua famiglia.
«Ehilà! » salutò Edward, notando gli amici sul marciapiede a pochi metri da loro. Isabella fece un cenno, sempre mantenendo un largo sorriso a tirarle le labbra, e gli occhi di Emmett ed Alice si spalancarono maggiormente. «Dove andate di bello? »
«Ve-veramente volevamo cercarvi, dato che non tornavate» spiegò Jasper, con la gola secca, per il troppo tempo in cui aveva tenuto aperta la bocca.
Edward alzò un sopracciglio. La faccia stralunata di Jazz proprio non la capiva.
«Capito» annuirono i due ritrovati, all’unisono. Edward rivolse un sorriso brillante a Bella, che si sentì andare a fuoco e scoppiare il cuore.
«Be’, rientriamo o facciamo un giro? » incalzò il rosso, allegro.
A Rosalie, inevitabilmente, cadde l’occhio sull’orologio,che ormai segnava la mezzanotte largamente sorpassata.
Incredibile come vola il tempo quando si sta bene.
«Ed, è tardi..io domani lavoro» gli ricordò la bionda, anche se a malincuore. Nemmeno lei aveva tanta voglia di tornare a casa e di dover salutare Emmett, Alice e quel miracolo di Isabella. Soprattutto Emmett. Non si era mai divertita tanto con un ragazzo-che non fossero Edward nella fase “pre-Tanya” e Jasper.
«Ah» fu l’unica cosa che riuscì a pronunciare il rosso, e anche se un pizzico di delusione gli passò nello sguardo, non smise di sorridere.
«Quindi ci salutiamo? Rose, non voglio farti tardare.. » disse Alice, facendo un passo verso di lei. Rosalie le sorrise e l’abbracciò, come fa una sorella maggiore con quella più piccola, anche se erano coetanee.
«Già..grazie di tutto Alice. Ci sentiamo presto, vero? » chiese Rosalie, speranzosa. «Certo che sì! » trillò la folletta, battendo le mani. «Ricordati che dobbiamo pure fare quella battuta di shopping! »
Emmett, Jasper, Edward e Isabella alzarono gli occhi a cielo, per poi sorridersi a vicenda.
«Ok, allora..a presto compaesana» Sorrise Edward, e Bella ricambiò, ancora una volta. Ormai aveva perso il conto di tutte le volte che aveva sorriso quella sera: forse più di tutta la sua vita.
«A presto, compaesano» ridacchiò lei, passandosi una mano tra i capelli castani per spostarli indietro.
A Edward venne spontaneo chinarsi verso visetto a cuore di Bella e scoccarle un bacio sulla fronte, che fece andare entrambi in auto-combustione quando se ne resero conto.
Emmett accarezzò una guancia a Rosalie, e le sorrise, con un’espressione ebete; per lui, non c’era altra verità, Rosalie era un angelo caduto in terra. Ed era sfacciatamente felice di questo, e sperava proprio che rimanesse sempre accanto a lui.
«Buonanotte, Rosalie»
«Notte, Emmett» mormorò Rosalie, perdendosi negli occhi grigi di Emmett, a sua detta, meravigliosi.
Jasper sbuffò. Continuava a tenere lo sguardo su di Alice, sperando che lei si voltasse e lo salutasse. Ma lei volgeva gli occhi altrove, incapace di guardarlo. Non tanto per l’imbarazzo, quanto per la voglia irrefrenabile di baciarlo ancora: al diavolo il rispetto, e tutte le cose che aveva gloglottato pochi minuti prima.
Quando il biondo si decise a farla girare, volente o nolente, il saluto generale di Alice lo bloccò. «Allora, arrivederci ragazzi! Buonanotte! Em, Bells, andiamo! »
Emmett e Bella rivolsero un sorriso caldo a Edward, Rosalie e Jasper, in particolare ai due fratelli, chi per l’una, chi per l’altro. E loro ricambiarono.
Jasper fissava ancora Alice trotterellare verso l’auto di Emmett, poi sospirò.
Cosa diamine gli era preso, quella sera?
  
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