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Autore: Deilantha    25/10/2011    8 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 13





 

Nei  giorni seguenti la mia vita ritrovò una strana e onirica monotonia: avevo deciso di tornare a lavoro subito, perché Rita aveva rinunciato ai suoi impegni per starmi accanto e non volevo farle perdere altro tempo, né farla preoccupare ancora inutilmente. Pur di non lasciarmi sola non era nemmeno andata a trovare Stè, lasciando a Fede e Sofi il gravoso compito di far da spola tra noi due. Inoltre stare in casa a piangermi addosso, non era mai rientrato nel mio modo di vivere e soprattutto in una circostanza come quella, che non aveva alcun modo per essere risolta, non avevo alcuna scusa per restare tra le pareti domestiche. Così mi gettai sul lavoro, m’impegnai in qualcosa che richiedesse la mia concentrazione e che non mi costringesse a stare sola con in miei pensieri… Tuttavia questa risolutezza l’applicai solo al lavoro, poiché non mi sentivo ancora pronta per rivedere Claudine e Alberto.  

Il mio senso di colpa e quello di Stè mi avevano fatto comprendere quanto gli esseri umani fossero fragili e quanto la loro vita fosse appesa ad un filo, quanto sia nostro dovere parlare chiaro con chi amiamo, aprirci a loro finché possono sentirci e reagire a ciò che diciamo. Non avrei mai più avuto occasione di rivedere il volto di Simona, quel volto così simile al mio eppure così diverso, non avrei più potuto parlarle, scontrarci, aprirci… Avevo perso una persona importantissima nella mia vita e mi ripromisi che non sarebbe mai più accaduta una cosa simile.

Per questo motivo, prima di tornare a casa Castoldi, in quell’ambiente così caldo in cui regnava l’amore familiare più puro, prima di rivedere l’uomo che avrei voluto come padre, mi decisi una volta per tutte ad affrontare i miei genitori, per dir loro personalmente ciò che avevo lasciato in quel biglietto.

Bussai alla porta di casa (quanto tempo era trascorso dall’ultima volta che ero stata lì! Quella era stata anche l’ultima volta che avevo visto Simo…) e vidi mia madre che apriva la porta. Appena si rese conto che ero io, mi diede un sonoro schiaffo, ma dopo nemmeno un secondo mi abbracciò in lacrime.

 

*****

 

«Perché non sei venuta al funerale? Era tua sorella!»

Eravamo seduti nel soggiorno, mi sentivo un’ospite in quella casa e tremendamente a disagio davanti agli occhi accusatori dei miei genitori. Quella domanda postami da mio padre sciolse il momento d’imbarazzante silenzio che si era formato tra noi.

«Non ce l’ho fatta… stavo troppo male.»

I miei genitori erano seduti uno accanto all’altra di fronte a me, osservandomi con un misto di dolore e rancore negli occhi e probabilmente con il desiderio di capire chi fosse in realtà, quella figlia che avevano generato e che non riuscivano a comprendere.

«Ti aspettavamo… Credevamo che il tuo stupido orgoglio l’avresti messo da parte almeno per dare l’ultimo saluto a tua sorella… Ci odi a questo punto?» mia madre aveva il volto provato dalla sofferenza e dalla tristezza, mi si strinse il cuore nel vedere riflesso sul suo volto lo stesso mio dolore, sommato al dispiacere di vedere l’unica figlia rimasta in vita che le si rivoltava contro. Iniziai a dirmi di averla giudicata troppo severamente e pensai che forse potevo provare in quel momento così delicato, ad approfittarne per riavvicinarmi a lei e a mio padre: magari in quel momento erano più disponibili al dialogo, magari avrebbero voluto capirmi meglio per non perdere anche me…  Sentii le mie barriere protettive abbassarsi e aprii loro il mio cuore:

«Io non vi odio! E non è stato l’orgoglio a tenermi lontano da Simona… Mi sentivo in colpa… mi sento in colpa tuttora.»

«In colpa? Con noi? Ma questo cosa c’entra con tua sorella?»

«No, non con voi… ma con lei!»

«Con lei? E per quale motivo?»

«Perché non le sono stata accanto quanto avrei dovuto, perché non sono stata una buona sorella per lei.»

Sperai che potessero capire da dove nasceva il mio rammarico senza alterarsi… mia madre si zittì; fu mio padre a continuare.

«Pasifae, non è solo con tua sorella che hai mancato, eppure non vedo sensi di colpa da parte tua nei nostri confronti! Non è una scusa plausibile, almeno al funerale potevi presentarti! Già tutti ci chiedono che fine tu abbia fatto, con la tua assenza alle esequie hai dimostrato a tutti di non amare più alcun membro della tua famiglia, senza contare che ci hai gettato la vergogna in faccia fuggendo via così!»

Le mie speranze di essere capita andarono in frantumi nell’istante in cui mio padre prese parola:  l’apparenza! Tutto si riduceva a quello, anche il dolore era solo un mezzo per dimostrare quanto la nostra splendida famiglia fosse legata! I miei genitori erano arrabbiati perché non avevo dato l’ultimo saluto a mia sorella, ma ciò che premeva loro in maggior parte era la figura che avevano fatto davanti a familiari e conoscenti con il mio più totale disinteresse nei loro confronti! 

«Ecco, lo sapevo! Simona era un pretesto per farmi notare quanto profondamente vi avessi messo la vergogna addosso! È sempre quello il nocciolo del problema!  L’apparenza, il dovere, il sacrificio e la buona condotta per non far parlare i vicini! Voi non vi rendete nemmeno conto di quanto il vostro modo di fare abbia fatto del male a Simona, di quanto siate oppressivi! Se non fosse stato l’infarto a portarcela via, probabilmente mia sorella si sarebbe suicidata prima o poi!»

Presa dall’ira mi alzai in piedi e i miei genitori fecero altrettanto: mia madre mi diede un altro schiaffo sul viso, scandalizzata e offesa dalle mie parole, mentre fu mio padre a replicare alle mie dure accuse:

«Ti rendi conto di quello che dici? Sono senza parole! Come abbiamo potuto crescere una figlia simile?!»

Arrabbiata, delusa e amareggiata per la piega che aveva preso il nostro confronto, cercai di chiudere il discorso:

«Non ti preoccupare papà, questa è l’ultima volta che mi vedi!»

Mi stavo voltando per andarmene quando mia madre mi prese per un braccio:

«Pasifae ferma! Ho già perso una figlia, non voglio perdere anche te!» Mi girai a fronteggiarla con parole amare sulla bocca:

«Di’ piuttosto che saresti stata contenta di perdere me anziché la tua diletta primogenita! Io non sono mai stata il vostro orgoglio e non lo sarò mai, è inutile che ci giriamo intorno!»  Il mio risentimento esplose senza barriere, compresi che con loro due non avrei mai potuto instaurare il rapporto che desideravo, non avrei mai avuto ciò che Emile aveva con suo padre…

«Non dire sciocchezze simili! Sei nostra figlia e ti amiamo al pari di Simona, anche se non condividiamo il modo in cui vivi.»

«Mamma questa è la mia vita e voglio viverla a modo mio! E se non vi piace, non vi disturberò ancora con la mia presenza.»

Mia madre continuava a tenermi il braccio e mi osservava con il viso contratto dal dolore. Si ammutolì alle mie parole e mio padre continuò per lei:

«Pasifae stai esagerando, nessuno ha detto che devi sparire dalle nostre vite, vogliamo solo che tu riveda il tuo modo di vivere, ma questo non significa che non ti vogliamo qui con noi.»

«Io non tornerò qui papà, non siamo fatti per vivere insieme e lo sai anche tu! Guarda come stiamo: ero venuta per parlare di Simona, per cercare di farmi capire, per aprirvi il mio cuore e invece siamo solo riusciti a recriminare e ad erigere barriere tra noi!»

In quel momento a mia madre tornò la forza per continuare a parlare: 

«Ci vuoi abbandonare così allora? Ci stai ripudiando perché non siamo i genitori che vuoi?»

«No mamma, non vi abbandonerò, voi non sarete i genitori che voglio, ma anche io non sono la figlia che volete, in questo proviamo la stessa delusione! Ma siete sempre coloro che mi hanno messo al mondo, quelli a cui devo la mia vita e quelli che mi hanno cresciuto, in un modo che non comprendo ma che è comunque basato sull’affetto ed io nonostante tutto vi voglio bene. Ma non posso venire a vivere qui con voi, non gioverebbe ad alcuno di noi tre.»

Mia madre e mio padre si ammutolirono, apparentemente vinti dalle mie argomentazioni e vidi nascere la comprensione sui loro volti: anche loro sapevano che le mie parole erano vere, che per quanto ci si possa voler bene, quando si hanno dei caratteri incompatibili, quando si vede la vita in due ottiche opposte, non c’è legame che tenga, la convivenza diventerebbe un vero e proprio incubo.  “Se ami qualcuno devi lasciarlo libero di andar via”; avevo letto questa frase su qualche muro a scuola e mi tornò alla mente in quel momento, mentre ero in procinto di testare l’amore dei miei genitori, soprattutto la loro propensione a lasciarmi andar via, libera di vivere a modo mio.

Mia madre lasciò andare il mio braccio e chinando il capo, mi disse:

«Ti chiedo solo di non dimenticarti di noi»  in quel momento tornai a vederla fragile e disperata e il cuore tornò a contrarsi per qualche secondo, prima che la mia razionalità avesse la meglio:

«No mamma, non potrei mai dimenticarvi. Ci vediamo presto.»

Mi voltai definitivamente diretta all’uscio e chiusi la porta alle mie spalle dicendo addio alle mie illusioni, abbracciando la nuova realistica consapevolezza sul tipo di rapporto che avrei instaurato con i miei genitori.

 

 

*****

 

Tornare a casa di Emile mi fece uno strano effetto: l‘ultima volta che ero stata in quel luogo, tutto era diverso e la mia unica preoccupazione era la malinconia che sentivo perché lui non era lì. Da allora erano cambiate alcune cose dentro di me, avevo perso delle speranze ma ne avevo acquistate di nuove: Emile mi chiamava appena poteva, la prima cosa che faceva era chiedermi come mi sentissi e quando gli dicevo davvero come stavo, solo allora, passava a raccontarmi del tour e del successo che sembravano avere col pubblico. Era sempre gentile e pacato, eppure sentivo una nota di distacco in lui e continuavo a temere che quella premurosità fosse solo dettata da un suo senso del dovere per ripagarmi per le cure che prestavo a sua madre. Con lui il mio proposito di non rimandare il confronto con chi amavo era inutile, quel confronto c’era già stato e avevo ricevuto anche il benservito, eppure il nostro rapporto sembrava ora più confidenziale di prima, più intenso… potevo davvero sperare di essere speciale per lui o la sua gentilezza era solo formalità?

Sapendo che sarei tornata da loro, Alberto rincasò un po’ prima per salutarmi: appena mi vide mi salutò con un caldo abbraccio:

«Come ti senti piccola?»

«Va meglio ora, anche se non credo che mi riprenderò mai.»

«Se ti va di parlarne io ci sarò sempre ad ascoltarti.» Mi guardò col solito viso affettuoso e sentii il sincero attaccamento che aveva nei miei confronti.  

Senza Emile in casa e senza di me a dargli una mano nel pomeriggio, Alberto si era ritrovato totalmente solo a dover prestare le cure a Claudine e non potendo rinunciare al lavoro per un mese intero, aveva dovuto chiedere aiuto ad un altro infermiere, che si alternava a Sabrina durante il giorno, mentre la sera Claudine era accudita esclusivamente da suo marito. In una situazione simile, non era stato in grado di venire a trovarmi e vidi nei suoi occhi un sincero dispiacere per non essermi stato accanto in quei momenti così bui. Riscaldata da quell’affetto e desiderosa di farlo sentire meno in colpa, l’abbracciai.

«Grazie.»

Probabilmente non aveva la più pallida idea di quanto avesse preso importanza la sua presenza nella mia vita, al contrario io in quel momento mi resi conto che di quella famiglia non avrei più potuto fare a meno; ne amavo ogni singolo componente e non avrei mai più potuto concepire la mia vita senza di loro.

 

*****

 

Una volta riprese le mie attività quotidiane, i giorni iniziarono a scorrere via: ero tornata alla mia routine e la mia vita sembrava essere come l’avevo lasciata, col solo dettaglio che un dolore forte e opprimente mi premeva sul cuore ogni giorno e che se solo mi fermavo a pensarci, venivo schiacciata dal senso di colpa. Cercai di non lasciarmi andare alla disperazione, tentando di pensare ad altro ogni qual volta il mio cuore sembrava pesarmi come un macigno, ma se non pensavo a Simona, spuntava l’altro mio cruccio, che per forza di cose era stato messo in secondo piano, ma che continuava a infestare i miei sogni.

Emile in quegli ultimi tempi non si era fatto sentire, non avevo sue notizie da più di una settimana: nei primi giorni di silenzio pensai semplicemente che fosse troppo occupato con il tour, ma quando si fecero più numerosi, mi dissi che probabilmente si era stancato di quelle formalità e iniziai a temere di ritrovarlo nuovamente distaccato e formale, una volta tornato a casa…

Quanto avrei potuto reggere ancora una situazione così logorante? Eppure sapevo che non avevo modo di sottrarmi a lui e a ciò che scatenava in me ogni volta che lo vedevo o lo sentivo: non avevo scelta, ormai ne ero consapevole, non avrei potuto fare altro che amarlo, qualsiasi cosa avesse detto, qualsiasi cosa avesse fatto nei miei confronti.   

Un tardo pomeriggio come tanti di quei giorni tutti uguali, scanditi dall’alternarsi del dolore e della malinconia, allo scadere del mio turno con Claudine, invece di congedarmi Alberto mi trattenne con sé:

«Ho preparato una cosa deliziosa. Vieni con me in cucina!» mi prese la mano e mi trascinò al piano terra.

«Ma Claudine è sola...»

«Non preoccuparti, Sabrina è ancora con lei, e poi ci metteremo poco!»

Alberto aprì il frigorifero e ne trasse due coppe di un dolce freddo al cioccolato dall’aria più che invitante:

«L’hai fatto tu?!» gli chiesi sorpresa.

«Ebbene sì! Sono un ottimo pasticcere, sai! Questa è una delle mie specialità, la Coppa Lussuria!» ed era proprio una lussuria dei sensi quel dolce! Strati di cioccolato alternati a biscotti e panna con una spruzzata di Nutella in superficie, qualcosa che  alzava il tasso glicemico a livelli epici e metteva anche dei chiletti addosso, ma che almeno una volta nella vita si doveva provare! Ero immersa nella delizia di quel dolce quando sentii la porta di casa aprirsi:

«Stanco per il viaggio? Vieni a rallegrarti con noi, siamo in cucina!» disse Alberto, prima di infilarsi un cucchiaino stracolmo di bontà in bocca: aveva le labbra contornate di cioccolata e sembrava un bambino alle prime prese col cibo, io non dovevo essere da meno e ne ebbi conferma quando Emile comparve sulla soglia della cucina e si fece una grande risata:

«Siete ridicoli! Due bambini ingordi!»

Si appoggiò all’uscio della porta, lasciando andare la valigia a terra accanto a sé per osservarci divertito. Era visibilmente stanco eppure per me era uno spettacolo: la sua figura alta e longilinea, quella pelle chiara che risaltava sull’abbigliamento blu scuro, il sorriso luminoso, gli occhi lucenti e quella chioma rossa che sembrava avere vita propria… Ero così felice di vederlo! Dentro di me ero preda dalla gioia più grande e quel sorriso così spontaneo e vero rivolto non solo a suo a padre ma anche a me, mi fece tornare tutte le speranze. Per di più, nonostante avessi dovuto sentire una grande agitazione nel rivederlo, la familiarità della scena e quel senso di intimità che si era creato in quel momento tra noi, non diedero spazio al mio cuore per mettersi a battere più velocemente e reagii alla sua battuta con tutta la naturalezza del mondo, come se non ci vedessimo che da poche ore: 

«Saremo anche ingordi ma siamo nel Paradiso ora! Non sai cosa ti stai perdendo!» e presi un’altra cucchiaiata di quella delizia.

«E chi ti dice che voglia perdermelo!?» entrò in cucina e si diresse direttamente verso il frigorifero, l’aprì, prese la sua coppa e si accomodò di fronte a me, accanto al padre, che gli assestò un bacio al cioccolato sulla fronte dandogli il bentornato. Uniti da quella delizia che, seppure non era in grado di togliermi il dolore dal cuore, era riuscita a darmi un benvenuto momento di felicità e di serenità, trascorremmo una mezzoretta a parlare insieme in armonia, come le famiglie a colazione delle pubblicità.

 

*****

 

«Sono felice di vedere che stai reagendo.» mi disse Emile quando suo padre andò a congedare Sabrina per prendere il suo posto accanto a Claudine. 

«Sì, era inutile comportarmi in quel modo poco dignitoso, non avrebbe fatto bene né a me, né a…  a Simona.»

«Tante volte mi sono chiesto come reagirei se perdessi mia madre… Sai ogni volta che ha una crisi mi preparo al peggio e non solo allora! Però resta il fatto che lei è ancora qui e nonostante mi dica di essere preparato a perderla, credo che nessuno di noi lo sia mai quando una persona cara se ne va.»

«Già… non si è mai preparati. Simona mi mancherà per il resto della mia vita e non finirò mai d’incolparmi per non essere stata una buona sorella con lei.» Emile non replicò a quella affermazione, anche lui aveva un senso di colpa non indifferente verso sua madre anche se di natura diversa e capiva il mio stato d’animo. Rimanemmo in silenzio per un po’, entrambi immersi nei propri pensieri, finché Emile riprese a parlare:

«Pasi, mi sono reso conto di non averti mai ringraziato per essermi stata accanto tutto il tempo quando mia madre ha tentato il suicidio.» calò improvvisamente la testa sentendosi colpevole.

«N-no Emile che dici! Non ti preoccupare! E poi hai fatto altrettanto per me, questo vuol dire tanto credimi, vale più di tante parole, ti sei sdebitato completamente!»

«Non l’ho fatto per sdebitarmi... O meglio, non solo per quello.»

Allora il suo non era solo un gesto di gratitudine come credevo! Ma allora…

«Quando mio padre mi ha detto di tua sorella, ho pensato immediatamente a come potevi sentirti e ho capito che volevo stare accanto a te, che non volevo farti affrontare quel dolore da sola, così ho preso il primo aereo utile e sono venuto.» lo ascoltai senza aprire bocca, troppo in ansia, troppo agitata per dire qualsiasi cosa: Emile mi stava forse per dire…

«Pasi, io… io ho capito di amarti… e la cosa mi terrorizza!» Emile alzò gli occhi verso i miei, mi guardò con un’espressione tormentata sul viso: perché doveva rendere così complicato un sentimento così bello?! Mi amava! Emile aveva appena detto di amarmi! Non riuscivo a crederci, non mi uscivano le parole di bocca!

«Lo so che detta così non è affatto una dichiarazione romantica, ma non posso nasconderti tutto ciò che provo, sia i lati positivi che negativi. Ti dissi tempo fa che la mia vita è votata al riscatto dei miei genitori e che finché avrò vita la musica avrà sempre la precedenza su tutto ed è ancora così! Però da quando sei entrata nella mia vita, sento che stai  prendendo prepotentemente un posto nel mio cuore: ho lottato con me stesso per  tenermi a distanza da te ma ho capito che non riesco e non voglio mandarti via! Ma non voglio venir meno alla promessa che mi sono fatto, non voglio venir meno a mia madre: tu e lei ora vi state dividendo tutto ciò che c’è dentro di me e sono terrorizzato all’idea di perdere di vista i miei obiettivi! Riesci a capirmi?» 

Gli occhi di Emile erano di un azzurro intenso, vedevo le acque agitate del suo animo rispecchiarsi nelle sue iridi cangianti e capii la tremenda battaglia che infuriava nel suo animo: non voleva perdere di vista il suo giuramento, ma non voleva perdere nemmeno me. Mi amava a questo punto! Mi amava quanto amava sua madre e questo lo spaventava perché non credeva di poter amare così due persone diverse! Aveva giurato a se stesso di vivere solo per la musica, si era negato il lusso di legarsi a qualcuno e invece ora si era ritrovato a combattere (e a perdere) davanti a ciò che sentiva per me!

Gli presi le mani che in quel momento si stava torturando e con una calma che non avevo mai avuto prima in vita mia, gli risposi:

«Sì, ti capisco, perché io stessa ho combattuto prima di accettare ciò che provo per te. Ma ora capisco anche che le nostre vite sono brevi e che dobbiamo viverci il più possibile le persone che abbiamo accanto, trovando un giusto equilibrio tra i nostri sogni, i nostri doveri e le persone che amiamo. Io non ti chiederò mai di rinunciare alla musica Emile, né di scegliere tra lei e me. E non rinuncerò mai a me stessa per starti accanto, non rinuncerò ai miei sogni o a ciò in cui credo. Io ti amo e che Dio mi benedica, ho il tuo amore e questo è ciò che conta, perché sono certa che riusciremo a venirci incontro e a superare gli ostacoli per il solo fatto che entrambi vogliamo il bene dell’altro.»

Dove mi fossero uscite parole così ponderate e decise non lo capii mai, forse aveva fatto capolino quella saggezza che Alberto diceva di vedere in me o forse lasciai che il mio cuore parlasse con la sua nuova consapevolezza. Fatto sta che dovettero avere effetto su Emile perché quando finii di parlare, staccò le sue mani dalle mie per prendermi il viso e baciarmi.

Mi colse di sorpresa ma reagii immediatamente al suo bacio: le sue labbra mi cercavano, erano assetate e desiderose, ed io avevo sognato così tanto quel momento che non avevo la minima intenzione di staccarmi da lui. Sentivo il suo bisogno di me e conoscevo benissimo il mio, il nostro fu un lungo bacio tanto atteso e voluto, carico di speranza e desiderio.

L’abbracciai forte a me, ero così bramosa di lui, che non volevo staccarmi per niente al mondo:

«Non allontanarti da me, restiamo cosi.» gli sussurrai, mi strinse forte a sé nello stesso modo, sospirando il mio nome ed io mi sciolsi di felicità tra le sue braccia.

 

 

*****

 

Avrei voluto godermi quella serata insieme ad Emile, ma sapevo che doveva essere stanco per il viaggio, inoltre non volevo iniziare ad essere appiccicosa, anche se ero sicura che entrambi avessimo il desiderio di trascorrere del tempo insieme. Ma quando gli dissi che tornavo a casa, mi rispose che se avessi atteso il tempo di una doccia, mi avrebbe accompagnato lui personalmente: staccando le mani dalle mie, mi diede un bacio e si avviò al piano di sopra.

Ancora non riuscivo a crederci: Emile mi amava!

Sentivo ancora l’eco di quel bacio appassionato che ci eravamo scambiati, così carico di parole non dette e sentimenti repressi, che mi batteva forte il cuore al solo pensarci! Per un attimo pensai alla follia di quel momento: avevo un dolore immenso nel cuore, eppure ora quello stesso cuore batteva all’impazzata per la felicità… L’essere umano è davvero un insieme di contraddizioni!

Salii anch’io al piano di sopra per condividere quella gioia con un’altra persona che di sicuro sarebbe stata felice quanto me ad apprendere la notizia. Entrai nella stanza di Claudine: Alberto le stava dando un brodino mentre lei lo osservava con sguardo perso; quando fu palese la mia presenza, al padre di Emile bastò guardarmi due secondi negli occhi per capire che c’era qualcosa di nuovo e bello nell’aria:

«Finalmente lo ha ammesso!» la sua era un’affermazione più che una domanda ed io feci un cenno d’assenso incapace di dar voce alla mia gioia: possibile che Emile si fosse aperto a suo padre? O forse più semplicemente, Alberto aveva compreso senza bisogno di parole cosa si agitasse nell’animo tormentato di suo figlio…

«Oh bambina, sapessi come sono felice! Vieni qua che voglio abbracciarti come si deve!» Si alzò dalla poltrona con le braccia aperte ed io mi fiondai verso di lui, per farmi avvolgere dall’abbraccio di quell’uomo che desideravo fosse mio padre.

«Era ora figliolo! Menomale che ti sei deciso!» Alberto urlò all’improvviso in direzione del figlio, chiuso in bagno nella stanza accanto ed io mi feci piccola al pensiero dell’irritazione che di sicuro doveva provare ora, sentendosi prendere in giro da suo padre… ma un’altra parte di me gongolava tantissimo! Adoravo vederlo mentre perdeva la sua aria di superiorità e il suo freddo contegno: lo rendeva più umano, più reale, più adorabile!

«Cherié notre petit Emile est heureux finallement!» Alberto si rivolse a Claudine in francese, probabilmente era un modo per arrivare più facilmente alla sua anima, o era solo un vezzo, ma Claudine si volse verso suo marito e fece uno stanco sorriso, come se in un angolo della sua mente avesse compreso tutto ciò che era accaduto:

«Mon petit Emile, est un bon fil.» rispose ed io ne fui sorpresa:

«Ti ha risposto! Allora interagisce con te!» mi staccai dall’abbraccio di Alberto per guardarlo negli occhi.

«Qualche volta piccola mia, quando le parlo in francese, qualche volta riesco ad attirare la sua attenzione. Se poi le dico che Emile è felice, è quasi sicuro che reagisca, anche se in un modo del tutto distaccato dal discorso.»

Ecco perché Alberto non si rassegnava e non voleva rinchiuderla in una clinica: Claudine in qualche modo dava ancora dei segnali e al di là di tutto, era viva, per cui poteva ancora capire cosa accadeva intorno a lei ed esserne stimolata! Iniziai a sognare un giorno in cui come per magia, la madre di Emile si svegliasse di colpo e tornasse a vivere, abbandonando una volta per tutte quello stato di catalessi che faceva soffrire tutti gli abitanti di quella casa. Sarebbe stato bello vederla muoversi attivamente, sentire  la sua presenza, sentirla parlare, ridere, scherzare… di sicuro ne avrebbe giovato anche l’animo sofferente di Emile!

Dopo qualche minuto quest’ultimo sbucò sull’uscio della porta e con aria inacidita disse:

«Abbiamo finito di fare mercato, sbandierando i fatti altrui al vento?» Non capii se si riferisse a me o a suo padre, ma m’importò poco, adoravo troppo vederlo in imbarazzo! 

«Oh insomma non fare l’acido, sembri una vecchia zitella!»

«E tu sei un’infida strega! Coraggio andiamo.»

«Vai via Pasi? Non ti fermi a dormire qui?»

Ad un tratto mi feci viola all’idea di dormire nella stessa casa di Emile dopo ciò che ci eravamo detti: di sicuro avrei trascorso la notte insonne prima di decidermi a saltargli addosso! Probabilmente visto il modo in cui mi aveva baciato, l’idea non lo repelleva, ma qualcosa mi diceva che avrebbe avuto ancora più paura di me se mi fossi lasciata andare in quel modo. Per cui decisi che sarebbe stato meglio se avessi messo distanza tra me ed Emile quella notte...

«N-no... ecco... domani devo andare a lavorare, e... Emile è stanco per il viaggio...» balbettai anche più del solito e sapevo che quella risposta avrebbe innescato qualche battuta che non volevo sentire:

«E quindi stasera non è il caso che vi divertiate, capito!» Alberto colpì immediatamente il segno e com’era suo solito si fece una bella risata mentre il mio volto prendeva tonalità dal fucsia all’amaranto! Emile che si era avvicinato a Claudine per salutarla,  rispose con una solita battutina acida:

«Eh no, il divertimento l’abbiamo lasciato tutto a te che, noto, te la stai spassando! Vieni Pasi, andiamo.» Allungò una mano in mia direzione per invitarmi ad unirmi a lui. Salutai Alberto con un caldo abbraccio e diedi un bacio sulla guancia di Claudine che si voltò lievemente in mia direzione, sorridendomi col suo abituale flebile sorriso e mi affrettai a prendere la mano di Emile che mi attendeva in direzione della porta.  

 

 

*****

 

«Perché non mi hai detto che non vivevi più con i tuoi?»

Eravamo fermi sotto casa di Rita ed Emile esordì con questa frase appena spense il motore dell’auto.

«Non sono rimasto tanto  sorpreso nel sapere che stavi dalla tua amica, quanto nel rendermi conto che la sua casa era la stessa che credevo fosse quella che dividevi con la tua famiglia! Ho avuto un momento di perplessità su quanto di vero io sappia di te.»

«Vorresti dire che per una cosa che ho omesso già hai dei dubbi sul fidarti o meno di me?!»

«Diciamo che ti ho vista sotto un’altra luce!» Lo sguardo di Emile era insieme ironico e in attesa di ricevere una risposta, così mi decisi a parlare:

«Beh… ecco… Avevo timore di deluderti. Tu desideri così tanto avere tua madre accanto ed io invece ho lasciato i miei genitori… temevo la tua reazione!»

Mi feci piccola, in attesa dell’ira per aver detto e/o fatto una stupidaggine, invece Emile parlò con calma:

«Ciò che dici è vero, dentro di me spero sempre che un giorno mia madre si risvegli con la voglia di vivere e che torni ad essere presente nella nostra vita… Ma questo non significa che gli altri si debbano sentire in colpa se non vanno d’accordo con i propri genitori! È una scelta tua, che presumo avrai ponderato attentamente, quindi se hai deciso che questo è il meglio per te, io non ho nulla da rimproverarti. E poi cosa temevi? Che ti facessi la ramanzina? Come se non fossi capace di rispondermi per le rime!» Fece un sorrisetto ironico, ma non era malefico come il suo solito, era un sorriso caldo, lo stesso sorriso che rivolgeva a suo padre quando gli rispondeva: quel sorriso mi scaldò il cuore e mi buttai decisa tra le sue braccia.

«Sei proprio venefico!» Emile si fece una risata e mi circondò con il suo abbraccio:

«Adoro vederti imbarazzata.» mi prese il viso dal mento e lo sollevò verso il suo, «Adoro vedere come i tuoi occhi si agitano in preda al tumulto interiore, come le tue guance diventino più rosa e come il tuo viso assuma quell’espressione indifesa di bambina.» avvicinò il suo volto al mio e mi diede un caldo bacio. Le sue labbra continuarono a esplorare il mio viso, baciò il mio naso, la mia fronte, i miei occhi... e poi scese lungo il collo… e all’improvviso si staccò.

«Ora vai sennò facciamo tardi, sogni d’oro mia adorabile streghetta.» mi diede un altro bacio e a malincuore mi separai da lui.

 

 

*****

 

Inutile dire che quella notte non dormii granché, il mio sonno fu costellato di sogni strani: sogni dolci, sogni bollenti e sogni tristi. La gioia infinita che provavo si mischiava al dolore ancora troppo fresco per Simona, il suo viso e quello di Emile si alternavano e a volte si confondevano e in certi momenti non sapevo più nemmeno se essere felice o piangere.









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* "Tesoro, il nostro piccolo Emile è felice finalmente!"

** "Il mio piccolo Emile è un bravo figlio"












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NDA

ALLORA, siete contente stavolta? xD
Capitolo lungo (come piace alla sister Vale ^ ^) e, come promesso senza lacrime e direi che per la parte finale un bel ALLELUJA ci sta tutto! xD
Ci sono voluti 13 capitoli e una triste dipartita, ma il nostro eroe finalmente ha ammesso ciò che prova per Pasi, e ora siamo tutti più felici! ^ ^

[Deilantha Meyer's Corner] (Sulla scia della zia Steph, consigli musicali relativi al capitolo xD)

Mentre ricontrollavo questo capitolo, complice una certa ossessione finnica che imperversa da qualche tempo, ho pensato ad una canzone degli HIM perfetta per sottolineare il momento in cui Emile si dichiara a Pasi.

Si chiama " Scared to Death" e alcuni versi dicono così:

"Sono spaventato a morte,

Sono spaventato a morte

d'innamorarmi di te

...

E tu sei dolce come un veleno"


Se volete sentirla tutta vi lascio i links al Video e al Testo
Io la sto canticchiando anche ora xD


Angolo dei Ringraziamenti:
Amori mieiiiii!!! Il capitolo precedente è stato duro e impietoso e credetemi, mi sono commossa anche io mentre lo scrivevo, ho sofferto insieme a Pasi per la perdita di sua sorella. Per questo ho deciso che doveva meritarsi una felicità che compensasse almeno in parte il suo dolore ^ ^
Ma veniamo al dunque: le vostre reazioni al capitolo sono state altrettanto forti, e non mi ero nemmeno resa conto che ciò che avevo scritto potesse scatenare una tristezza e una sofferenza simile, per cui mi dispiace per avervi fatto star male (e spero di aver compensato con questo capitolo ^ ^), ma vi ringrazio ancora immensamente perché la vostra partecipazione al dolore di Pasi, ha reso la mia bimba viva anche dentro di voi, e non solo dentro di me. Grazie un milione di volte perché se non ci foste voi, questa storia sarebbe solo un file di Word messo in una cartella in un hard disk di un pc qualsiasi.
Grazie davvero tesore mie, di cuore <3




Grazie infinite anche a chi ha messo questa storia tra le preferite, le ricordate e le seguite. Grazie mille davvero!

   
 
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