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Autore: francy13R    26/10/2011    1 recensioni
La vita, chissà come, ti sorprende sempre quando meno te l'aspetti. Pensi che non ci sia via di scampo, pensi di rimanere quella emarginata per sempre e un giorno succede l'impensabile. Sei lì, sei importante per qualcuno, anzi essenziale e ti senti nuova. Lavinia è così e non sa cosa aspettarsi dalla vita e dalle persone che la circondano, ma sa che il suo posto non è dove è nata, sa di valere più di coloro che non la capiscono, di coloro che la ostacolano e ne ha la certezza in questo viaggio. Una giovane donna che cerca di scoprire se stessa, che sogna e spera sempre, perchè la speranza è l'ultima a morire.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3.Boy you got my heartbeat runnin' away

 

Heart beats fast
Colors and promises
How to be brave
How can I love when I’m afraid to fall?
But watching you stand alone
All of my doubt suddenly goes away somehow
One step closer

 

A thousand years
Christina Perri

 

 

 

Le lezioni pomeridiane erano una completa noia tanto che per restare sveglia dovetti bere tre caffè. Ci avevano diviso in classi a seconda del punteggio ottenuto ai test ed io e Alice eravamo finite in due classi diverse, ma dello stesso livello: Advanced.

Naturalmente ne eravamo fiere e ce lo aspettavamo, insomma eravamo in quarta. Rosalind, la nostra insegnante, aveva lunghi capelli bianchi e la pelle candida ma rugosa, eppure, nonostante l'età, era fin troppo attiva e solare. Continuò a parlare della sua vita privata per almeno un'ora e notai guardandomi attorno che non nessuno era interessato quanto me.
Non ero una secchiona, chiariamoci. Semplicemente mi piaceva l'inglese e lei, essendo nata a Londra, lo parlava divinamente. Ero incantata dal modo in cui ad ogni sua parola se ne univa armonicamente un'altra senza spezzare il suono con delle pause, sembrava un fiume che correva ininterrotto ed ero anche elettrizzata per il semplice fatto che riuscissi a capire cosa dicesse mentre gli altri o si sforzavano di comprendere e azzeccavano due parole su dieci o si estraniavano iniziando a parlare con il vicino di banco.

La classe era composta da tredici elementi, tra cui quattro ragazze cinesi (l'unica che conoscessi era Cherry), quattro Padovani e due Romani. Fabio e Stefano erano seduti vicino a me e per non addormentarsi sul banco scarabocchiavano sui libri consegnatici.
Conoscevo bene il ragazzo dagli occhi azzurri e i capelli biondi seduto alla mia sinistra dato che ci avevo legato molto durante la vacanza studio a Londra dell'anno precedente, ma talvolta mi sorprendeva. Spesso Fabio si allontanava dal gruppo, si sedeva distante ed accendeva l'i-pod assorto nei suoi pensieri, come se un ragazzo di diciassette anni potesse avere grandi preoccupazioni...
Ma questo accadeva di rado, la maggior parte delle volte era un giocherellone. Correva e saltava appena eravamo all'aria aperta incapace di stare fermo, era per questa sua allegria e per i suoi continui cambi d'umore che era uno dei miei migliori amici, inoltre mi capiva sempre, soprattutto quando facevo dei discorsi insensati sulla vita o sulla morte.

Alla seconda ora Rosalind ci lasciò nelle mani di Gosha, una giovane insegnante con grandi occhi glaciali e lunghi capelli corvini, la quale non mi aveva preso propriamente in simpatia dato che la parlantina trattenuta per più un'ora si riversò su Fabio e Stefano durante sua lezione. Naturalmente i due non ne erano dispiaciuti anzi mi incitarono divertiti dalle stupidaggini che mi uscivano di bocca. D'altronde era da me, quando parlavo perchè non sapevo che altro fare discutevo su cavolate e la nostra giovanissima insegnante se n'era accorta tanto non faceva altro che ammonirci esclamando: -Nella mia classe niente italiano!-.

Fabio all'ennesima ammonizione si girò con aria di sfida e rispose:-Stiamo parlando spagnolo infatti!-.

Io e Stefano scoppiammo a ridere e riuscimmo a calmarci solo dopo una decina di minuti quando gli occhi smisero di lacrimare, inoltre il fatto che ogni volta che Gosha si girasse Fabio iniziasse a farle le linguacce e a sussurrarle parolacce in tutte le lingue che conosceva non aiutava di certo a placare la nostra ridarella.

Finalmente le ore di lezione terminarono e potei stiracchiarmi le gambe. Optai per un giro attorno al college e Fabio mi accompagnò. Era alto circa un metro e novanta così quando iniziammo a camminare mi appoggiò le braccia sulle spalle senza alcun problema.

-Si ma così sembro una bambina di dieci anni Fabio!-, mi lamentai.

-Non è colpa mia se i tuoi genitori ti hanno fatta così bassa! Ti potrei sfruttare per altri fini, ma non sarebbe leale come cosa quindi ringraziami e facciamoci questa maledetta passeggiata immersi nella natura morta di questo maledetto college-. Non capii a che cosa si riferiva parlando di secondi fini, ma feci finta di niente dato il suo umore alla Leopardi.

-Mi raccomando, continua così mister simpatia-, sussurrai tirandogli una pacca sullo stomaco.

Girammo attorno alla palestra e notai che sul retro c'era un orticello, mentre affiancato a questa vi era un altro edificio dal quale entravano e uscivano insegnanti e studenti con almeno due anni in più di noi. Forse frequentavano il college anche durante l'estate.

-Sai che tra dieci minuti si mangia?-. Controllai l'orologio e notai che erano le sei meno dieci.

-Ma ho mangiato cinque ore fa. Ne sei sicuro?-, chiesi non fidandomi molto.

-Guarda che è pinocchio quello che racconta le balle, non io. E comunque lo sapresti se stessi più attenta durante le lezioni-, si lasciò sfuggire.

-Oh ma piantala! Non fare il saputello-.

-Se mi dai una pianta la pianto-, disse trattenendo una risata. Mi bloccai indignata. -è più vecchia di mio nonno questa battuta! Che cretino che sei. Comunque sono stata attenta durante l'ora di Rosalind, non puoi pretendere che stia attenta anche durante quella di Gosha-.

-Rosalind..... Le donne adulte come lei mi sono sempre piaciute-, mormorò sovrappensiero. Lo guardai torva.

-Oddio ma dove sono finita?-, chiesi più a me stessa che a lui, ma Fabio rispose togliendomi ogni dubbio. -All'inferno mia cara-.

 



Mangiammo come predetto alle sei e il mio stomaco sussultò a contatto con l'hamburger e le patatine fritte tanto che inghiottii solo qualche boccone. A casa mia mamma non cucinava prima delle otto e mezza e questo cambiamento scombussolò leggermente il mio organismo.

-Massì, abbiamo i Twix in frigorifero. Se avrò fame mi mangerò quelli-, disse Alice, seduta vicino a me, allontanando il piatto.

Mentre guardavo imbronciata il mio vassoio pieno la mia attenzione fu catturata da una maglietta rossa dall'altra parte della sala. Alzai lo sguardo e incontrai i suoi occhi apparentemente scuri.

“Eh no, adesso mi sono rotta. Ci sarà pure qualcuno che conosce il suo nome. Mmmmm azz Ste ci stava giocando oggi a calcio”. Senza perdere un secondo mi alzai e mi diressi verso Stefano che stava parlando animatamente con Lorenzo e mi sedetti sulla sua sedia spostandolo di poco. Ok, il fatto che non chiedessi il permesso era un optional per me... non pensate male.

-Buonasera meraviglia-, disse Lory interrompendo il suo discorso. Gli sorrisi e mi rivolsi a Ste.

-Per caso sai come si chiama il tizio con la maglietta rossa?-, chiesi e lo indicai velocemente.

-Il portoghese?-. Annuii abbassando il capo come se fossi una spia che stava per venire a coscienza di un segreto a livello internazionale.

-Manuèl mi sembra-.

-Ok, grazie-. Sorrisi e mi alzai diretta verso la mia sedia.

-Perché sei andata da Ste?-, mi chiese Alice, la quale aveva ripreso a mangiare.

-Così, c'è un portoghese carino e gli ho chiesto come si chiama-.

-E?-, chiese più interessata.

-E mi ha detto il suo nome?-.

-Oh cristo Lavinia! In che senso ti piace?-. Prese una fetta di ananas e la divorò in un secondo. Mi ritrovai a fissare la sua bocca che si muoveva ritmicamente per inghiottire il frutto. In che senso mi piaceva? E io cosa ne sapevo? Mi aveva chiesto indirettamente il suo numero di telefono e mi aveva dedicato tre goal... Forse non gli piacevo nemmeno. Forse faceva così con tutte le sue amiche.

Notando il mio sguardo assorto Alice mi chiese agitata: -Ho il muso sporco?-.

-No no, non è per quello è che non so, forse non è niente!-, dissi confusa con uno strano tono che sembrava triste... triste?

-Ok, adesso sistemo io le cose! Se vuoi vado da quel tipo che... aspetta non mi hai ancora detto chi è! Insomma ho capito tutto, ma non posso indovinare chi è tra quei bei fustacchioni l'uomo dei tuoi sogni anche se conoscendoti potrei anche azzeccare...mmm ce n'è uno riccio carino, ma non mi piace la sua maglietta, insomma dai, sembra uscito dal film “Il bambino con il pigiama a righe”. Magari è Ebreo. No, ma non credo che ti piacciano gli Ebrei... Oh non pensare che io sia razzista, ti pare? È solo che tu hai un po' di senso dello stile e di certo non ti vai a cercare uno che si veste a righe bianche e blu. Passiamo oltre. Accipicchia guarda quello moro in piedi con la faccia da mezzo ebete che... ti sta fissando!-. Rimase impalata per qualche secondo e io cercai di non guardare verso Manuèl.

-Ti sta fissando?-, chiese ancora più stupita. Dopo di che si girò verso di me con la bocca aperta e gli occhi sgranati. -Ti sta fissando?-.

-L'ho capito cretina che mi sta fissando! Non c'è bisogno che me lo ripeti mille volte-, esclamai perdendo la pazienza. Lei, senza dire una parola, tornò a fissare il suo sguardo sul portoghese.

-Mmm abbigliamento discreto. Fisico da nove, il dieci lo do solo a Cristiano Ronaldo anche se mi sta sulle balle con quell'aria da io-sono-l'unico-e-il-solo-Dio-del-calcio-. Capelli? Mi piace il taglio, alla Robert Pattinson-, disse assorta. Alzai gli occhi al soffitto trattenendo una risata.

-E viso, aspetta, non è che posso alzarmi e vederlo meglio? Perché da qui mi sembra uscito da un video di Taylor Swift, ma forse da vicino fa pena-. Fece per alzarsi, ma la tenni stretta per un braccio. Gliel'avrei staccato volentieri. Meno male che nessuno sembrava darci retta.

-Rimani qui!-, sussurrai. Notando il mio volto basso e la mia figura rannicchiata si abbassò anche lei e mormorò:-Mi piace sta cosa, dico dare i voti ai ragazzi. Dovremmo farlo più spesso!-.

-Chiudi quella bocca barbona-, esclamai e mi raddrizzai appoggiando la schiena allo schienale mezzo rotto della sedia e sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

-Oh si sta avvicinando. Assolutamente un bel nove al viso, capiscimi il dieci lo do solo ai tipi che scelgo io-. Feci finta di non ascoltarla, ma non dovetti sforzarmi tanto visto che appena mi girai verso l'uscita trovai Manuèl a guardarmi divertito come se avesse sentito tutta la conversazione tra me ed Alice. Mi salutò con un cenno della mano e sparì oltre la porta.

Rimasi impalata a guardare l'uscita sperando che tornasse indietro da me fin quando la mia migliore amica mi scosse con la delicatezza di un elefante.

-Cazzo Lavinia ripigliati! Oddio! Stai male?-.

-Alice sono viva, sto bene. Dai su dobbiamo trovarci davanti alla palestra tra pochi minuti-, dissi alzandomi e posando il vassoio sopra la pila di stoviglie all'angolo della sala.

All'esterno la temperatura si era abbassata così indossai il chiodo e mi avvolsi con una sciarpa. Arrivate davanti alla palestra notammo subito il Corvoni farci segno di raggiungerlo, eravamo le ultime, come al solito.

-Ok ragazzi! Domani si va in piscina quindi ricordatevi il costume da bagno e le ciabatte. Per chi preferisce stare qui si faranno dei giochi tra squadre-.

-Ci sarà senz'altro James! Dobbiamo rimanere qui! Cosa ci vai a fare in piscina? Fa freddo-, sussurrò al mio orecchio Alice iniziando a saltellare esaltata.

-E adesso cosa c'entra James? Mica ti piaceva un Padovano?-, chiesi leggermente confusa.

-Si ma è un bambino, si comporta da poppante. James invece è adulto, insomma mi hai capito?-.

-Ho capito solo che James vive a Edimburgo, mentre tu abiti a Brembate, in Italia e, lui avrà si e no venticinque anni mentre tu ne hai diciassette e che lui è un membro dello staff mentre tu sei una sua alunna. Mettiamola così! Ho dimenticato qualcosa?-.

-Devi sempre rovinare le mie speranze vero? Se la tua vita è una cacca anche la mia deve essere così-, disse mettendo su il muso. Si girò dall'altra parte e iniziò a tirare su il naso teatralmente.

Ok, forse avevo esagerato. -Scusa, non volevo! Dai domani non vado in piscina. Sto qua con te-, dissi per tirarla su di morale. Si girò all'improvviso sorridente e mi abbracciò. -Sei la migliore! Grazie-.

 





Il mio pigiama stava disteso sul letto mentre indossavo la mia adorata maglietta con stampato sul retro in giallo il numero sette, il numero di David Villa, attaccante della mia squadra preferita e un paio di pantaloni lunghi da ginnastica.
Il Corvoni ci avrebbe portato a svagarci un po' in un parco vicino all'Arthur Sit, una catena di colline molto ripide da cui si godeva un meraviglioso panorama. Non c'era anima viva quindi ci dividemmo in gruppi e iniziammo a giocare. Io e Alice volevamo giocare a calcio così ci unimmo al gruppo dei ragazzi che tracciarono le estremità del campo e le porte.

Fabio mi prese immediatamente nella sua squadra dato che conosceva le mie potenzialità e sapeva anche che nessuno si sarebbe aspettato che una ragazza potesse giocare così bene, mentre Alice fu scelta da Lorenzo.
Appena la partita iniziò non persi tempo in passaggi inutili e puntai subito alla porta. Visto che il gioco sarebbe durato solo mezz'ora conveniva sbrigarsi. Colsi di sorpresa tutti tranne Alice che si aspettava da parte mia una mossa del genere. Tentò di bloccarmi, ma, facendo una finta e (devo ammetterlo) rischiando di perdere il controllo della palla, la superai e con un sinistro perfetto portai la palla in porta. Fabio mi sollevò per aria e iniziò a correre come un pazzo facendomi morire dalle risate, dopo di che Lorenzo riportò la palla al centro e iniziò l'azione.

Alice segnò un goal dopo circa cinque minuti, ma Alberto ci portò in vantaggio con un pallonetto ad arte. Finito il primo tempo ci ritrovammo due a uno. Corsi a bere qualche sorso d'acqua alla fontana dall'altra parte del parco e appena tornai ricominciammo. Ero carica e volevo una vittoria epica, così impegnandomi insieme ad Alberto segnai altri tre goal. Negli ultimi trenta secondi mi ritrovai con la palla in mano e non esitai nemmeno un secondo a dirigermi verso la porta, ma Davide (il difensore dell'altra squadra) mi si parò davanti e scartandolo mi fece lo sgambetto. Caddi a terra, ma non seppi come la palla finì in rete. La partita finì cinque ad uno per noi.

Ormai le ombre delle ripide colline davanti a noi si riversavano su quasi tutto il parco e il vento gelido della sera non tardò ad arrivare, così stremati tornammo a casa.

-Devo ammettere che sei migliorata dall'ultima volta che abbiamo giocato-, disse Alice apparendo al mio fianco.

-Dì la verità: non te l'aspettavi!-.

-Assolutamente no. L'ultima volta ho vinto quattro a zero. Villa si è impossessato di te-. Risi e la strinsi a me.

Probabilmente Alice era l'amica più preziosa che avessi, nonostante non lo dessi molto a vedere. Ci conoscevamo sin da piccole, quando frequentavamo il catechismo insieme, ma non eravamo mai state così intime come al liceo. In prima non la consideravo molto, ma in seguito notai che avevamo molte cose in comune: la passione per il calcio, per i libri di Ken Follet o Patricia Cornwell e.... l'amore per un ragazzo. Si, anche a lei piaceva Marco, forse non quanto piacesse a me, ma cercava di farsi notare appena lui si avvicinava. Il fatto che lui non considerasse entrambe ci fece avvicinare sempre di più, così ci ritrovavamo nelle rispettive camere da letto a parlare di lui, ad ammirare le foto sul suo profilo di Facebook, a odiare ogni ragazza che lo abbracciava e a immaginare come sarebbe stato se lui ci avesse almeno dato retta. Passavamo ore sdraiate sul mio letto a sognare ad occhi aperti la sua persona che si avvicinava e ci domandava come stessimo. E quando Alessia se ne impossessò la nostra rabbia divenne un'ossessione, non facevamo altro che sputare addosso a quella coppia così falsa quanto le tette di Pamela Anderson, forse con troppo vigore, ma eravamo state tradite. L'unica cosa a favore di Alice fu il fatto che lei non rivelò mai la sua cotta mentre nel mio caso tutta la scuola lo sapeva ed ogni volta che passavo accanto alle pettegole dell'istituto queste trasudavano falsa pietà da tutti i pori.

Grazie al cielo c'era lei, silenziosa, quasi invisibile, eppure con me era un'altra persona, non c'era giorno che non la vedessi allegra, pronta a darmi tutti i consigli del mondo e sempre ottimista. Secondo Alice tutti gli sfigati al mondo sarebbero diventati persone importanti ed era convinta che tra quelli ci fossimo noi, a questo punto se ciò risultava vero mi andava più che bene essere una disadattata sociale.





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Ecco qua il terzo capitolo!! Spero davvero che vi piaccia :D
Non ho avuto molto tempo per ricontrollarlo quindi mi scuso in anticipo per eventuali errori grammaticali. 
In questo capitolo ho voluto descrivere più dettagliatamente Alice. Nonostante sia un personaggio di secondo piano è pur sempre la migliore amica della nostra Lavinia, quindi mi sembrava più che giusto dedicarle una parte, forse un po' troppo piccola, ma spero che capiate e percepiate il valore della loro amicizia.  Fatemi sapere :D




UN BACIO <3

  
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