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Autore: Calcifer92    29/10/2011    1 recensioni
Jack Wheeler, per gli amici Jacky, viaggia su una nave pirata come mozzo insieme ad una ciurma i cui membri tutto sembrano, tranne che dei veri pirati. Sono in mare da molto tempo e le provviste stanno per finire, finché...
Genere: Avventura, Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arrembaggio!
Troppo tardi per invertire la rotta, un’idea troppo pazza quella di restare in mezzo all’oceano a fare la fame… male che vada, se hanno la luna storta e ci attaccheranno potranno saccheggiarci il “nulla” ora che avevamo finito anche l’ultimo barile di birra. Come mai il nostro Capitano Polly, un pirata così potente temeva quel Justin nonostante fosse individualmente il più forte nessuno poteva saperlo, sta di fatto che la sua ciurma era composta per lo più da barbari, e da persone con la sua stessa insanità mentale e spirituale. Decidemmo così di lasciar cozzare la nave contro la banchina facendo credere di essere abbandonata e di radunarci tutti nella sala grande per consumare l’ultimo pasto di quella tremenda agonia in modo recuperare le energie in attesa di affrontare quella terribile ciurmaglia; la canzoncina della fame quella sera non ci fu, e il sorriso sui volti dell’equipaggio aveva lasciato spazio ad una espressione seria ed accademica. Dopo la cena decidemmo di sprangare la porta e passare la notte lì anche se stavamo molto stretti, ma non facemmo neanche in tempo a toccare terra che si sentirono spari, grida e urla provenienti dalla penisola e già dal ponte della nostra nave: erano già partiti all’arrembaggio; noi eravamo lì al buio, con le candele spente, il capitano per sicurezza mi ordina di chiudere la porta con la speciale serratura che ho costruito, ma non faccio neanche in tempo ad infilare la chiave nella fessura che con un’accetta la sfondano dall’esterno e piombano nella sala puntandoci le loro sciabole e le loro quattro colpi. – La festa è finita, dobbiamo uscire con le mani in alto? – dissi ironicamente. Loro non risposero, nessuno rispose… l’unico a farlo fu forse il nostro navigatore con la sua espressione impaurita e allo stesso tempo dubbiosa, così ci incamminammo tutti verso riva. La banchina era illuminata su entrambi i lati da lucernari a gas e sulla punta era poggiata la passerella del famoso vascello di Justin sul quale venivano condotti in fila indiana numerosi prigionieri, doveva essere gente del posto. – Finalmente tocco terra! Anche se non è così che avrei voluto finire i miei giorni – disse una voce tra le persone che stavano per salire su quella nave, era vestito come quelli della nostra ciurma, ma io non l’avevo mai visto… forse era uno degli abitanti del posto che vestiva casualmente gli abiti che portavamo anche noi. Nel baccano generale, cercai strategicamente di allontanarmi dalla mischia facendo dei piccoli passi all’indietro pur sapendo che non potevo sfuggire al mio destino. Guardai distrattamente alla mia destra e notai che la penisola aveva l’inconsueta forma di un boomerang, sull’altra punta c’era una specie di guardiola, troppo grande per essere definita tale forse, comunque sia segnava l’accesso all’interno della città portuale ed i cornicioni erano ornati da decorazioni tipiche di questo secolo, le candele accese su ogni sporgenza lo facevano sembrare però un luogo abbastanza ambiguo e spettrale…
Ormai il sole si era congedato per lasciare spazio ad un meraviglioso manto oscuro stellato e ad una splendida mezza luna, forse avvolto dall’oscurità, anche se ben illuminata sia da stelle che da lucernari sarei riuscito a scappare in città… è vero, avrei dovuto lasciare tutti i miei compagni di viaggio in balia di quell’assassino… ma se qualcuno, se solo uno si fosse potuto salvare, loro di certo non avrebbero avuto nulla da obiettare.
Con uno scatto mi diressi così verso le porte della città, ma non feci neanche dieci passi quando piombò davanti a me sbarrandomi la strada una donna dall’aspetto lugubre, apparteneva senz’altro a quella dannata ciurma. – Dove vai così di fretta? – mi domandò, tra l’altro cosa mi sarei dovuto aspettare? Un uovo di pasqua forse? – Di dove sei? Sei uno di Alhafra? – aggiunse non ottenendo per ora alcuna risposta. Provai per un attimo a dimenticare le mie origini e di cercare una lingua diversa con cui risponderle ma il risultato fu pessimo, tanto che lei si mise a ridere. Aveva un fazzoletto bianco, sporco in testa ed un dente d’oro, sembrava molto giovane, sulla ventina, dal modo in cui mi fissava, con quegli occhi salmastri, pareva volesse uccidermi da un momento all’altro… cercai di approfittare della sua lunga risata per svignarmela all’interno dell’edificio ma appena aprii la porta fui di nuovo bloccato. – Sembra che qualcuno voglia fuggire come un codardo e lasciar morire i suoi compagni di ciurma… non ho forse ragione? – furono le sue vili e testuali parole – Sono solo un commerciante di tappeti… - non riuscii ad inventare altro, e come risultato ebbi un’altra delle sue risate corredata dalle seguenti parole –Vestito in quel modo? E dove sarebbe la tua nave? E soprattutto… i “tappeti”? – perché me lo chiedeva? Qualunque cosa avesse sfiorato quelle acque sarebbe stata sgraffignata dai suoi compagni di ciurma e lei si  chiedeva ancora cosa avesse fatto la mia presunta mercanzia? ... molto strano. – Ho una fame terribile, devo parlare assolutamente con il governatore – fu quello che mi suggerì il mio stomaco che da tempo non vedeva altro che pesce, pesce, pesce e solo pesce. – Accomodati pure, fai come se fossi a casa tua… questo è un ristorante – mi disse spalancando la porta che avevo prima aperto e facendomi notare le tavole apparecchiate con tovaglie e posate di lusso, tuttavia mancavano le varie portate. Mi diressi con disinvoltura fino al centro della sala, mi guardai un po’ in torno, tanto quanto bastava per notare i lussuosi candelabri dorati che emanavano una tiepida luce soffusa che riscaldava con classe l’ambiente circostante e metteva in risalto il colore rossastro delle pareti e le tende purpuree delle finestre che davano da un lato sul mare e dall’altro sulla città. Dopo aver sfiorato per l’ultima volta lo sguardo di quella misteriosa donna mi precipitai nella stanza adiacente, molto simile a quella di prima con la sola differenza che nonostante fosse più sviluppata in lunghezza i tavoli erano solo ai lati, sotto le finestre, una delle quali era semi aperta e dava su una radura piuttosto rigogliosa per trovarsi nei pressi di un promontorio.
La donna, mi seguì e disse: – lucciole – lucciole? Cosa c’entrano le lucciole? Pensai… poi mi accorsi che nella radura lì fuori l’illuminazione era più instabile e fioca del solito, dovevano essere quelle le lucciole, poi esclamai – lucciole qui!? Cosa ci fanno?? -  non mi rispose, stava annusando come un segugio la tovaglia bianca di uno di quei tavoli, poi fulmineamente afferrò qualcosa con un arto e tirò fuori con violenza da sotto al tavolo una figura umana, un’altra donna, questa volta bionda, vestita con degli stracci e impaurita – Ti prego, non farmi del male! Aiuto… no! – non finì neanche di implorare pietà che la piratessa sguainò la sua sciabola e le trafisse il petto. – Ecco cosa succede ai traditori… mio caro… Jacky… - disse rivolta verso di me con uno sguardo assassino e dopo aver assaporato il sangue di quella povera donna leccando la lama della sua spada, la rimise nella fodera, affondò voracemente le sudate mani nel petto della vittima e le intinse di sangue, dopodichè dipinse di rosso la tovaglia del tavolo alla sua destra con ampi gesti delle sue braccia indemoniate come se stesse impastando qualcosa, era un rosso vivo che mi fece dimenticare di chiederle il perché sapesse il mio nome, un rosso vivo di fronte al quale restai sconvolto, un rosso vivo di fronte al quale quasi non svenni… Proprio in quel momento il trambusto all’esterno si faceva più rumoroso così come il ferro delle spade che riprendevano a spargere sangue, la donna si girò verso di me con un viso indemoniato e dopo aver sghignazzato disse – la festa è finita, che le luci siano spente! – così fu, le luci della sala in cui ci trovavamo, come per magia si spensero e le uniche fonti luminose che ci separavano dalla completa oscurità erano quelle della radura e della sala che avevamo passato prima.
  
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