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Autore: amaryllis_G    06/11/2011    6 recensioni
Molti pensano che non siamo soli nel nostro universo. Altri invece pensano che non ci sia un solo universo. Derek, un ragazzo di sedici anni, si troverà a cavallo fra due dimensioni, abbandonando la propria vita normale per ricominciare in un mondo diverso, dove l'acqua non obbedisce alla gravità, dove meduse grosse come orsi vanno a caccia di carne umana e dove baccanti in preda all'euforia si comportano come lupe affamate...
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao lettore. Sono anni che immagino un mondo totalmente diverso dalla realtà, in cui immergermi non appena avessi bisogno di un momento di pausa. L'intera storia è opera della mia fantasia. Ci tengo a precisare che, invece di serbare questo mondo per me, ho deciso di condividerlo, e per far si che ciò accada nel migliore dei modi, ho creato Derek. Derek è l'avatar con il quale tu, lettore, puoi immedesimarti nel protagonista, provando le tue personali emozioni: ecco perchè Derek è quasi privo di spessore psicologico e reagisce banalmente, almeno nella prima parte, mentre si integrerà man mano nella storia, ritagliando il suo posto. Chiunque deve potersi immedesimare nel protagonista, e una caratterizzazione avrebbe complicato il mio progetto. Spero che ti piaccia viaggiare nel mio mondo.

Capitolo 0

-Macabro Bizzarro-

 

Il sogno mostrava un'ampia sala dal soffitto moderatamente basso, con numerose torce sulle pareti, le cui fiamme bluastre concedevano una misteriosa atmosfera in contrapposizione alla luce del tramonto che filtrava attraverso le finestre gotiche, ornate da vetrate le cui tonalità oscillavano tra il rosso e il viola. La stanza, a pianta circolare, presentava un tavolo rotondo, ricoperto da una stoffa ricamata in tessuti color cobalto e oro. Al centro del tavolo era posata una sfera cristallina che brillava con la forza di un piccolo sole argenteo, fornendo da ulteriore fonte di luce. Intorno al tavolo erano disposte numerose sedie in ebano riccamente intagliato e decorato, dallo schienale rigido. Diciassette sedie per diciassette donne, sedute intorno al tavolo, bisbigliando fra loro. Ogni donna indossava o portava con se un minuscolo oggetto di manifattura orafa, forgiato da metalli poveri, come il bronzo o il ferro. Pochissime indossavano oggetti di acciaio, e ancora meno di argento. Orecchini, ciondoli, amuleti, pendenti, anelli, spille, piccole imitazioni di cose o animali, fino a forme astratte spiralizzate Ogni dama era particolarmente attenta e prudente nel mostrare alle altre il proprio gioiello, prestando molta cura e proteggendolo. Ogni dama indossava una lunga veste scura e un cappello a punta, alcune indossavano anche i guanti. Ognuna di loro era caratterizzata da un certo fascino misterioso, che cambiava man mano che si osservavano i diversi volti che sedevano al tavolo. La dama più anziana sedeva sulla sedia più grande e decorata, alle sue spalle il sole tramontava attraverso una vetrata che rappresentava un roseto. La dama indossava una veste blu notte lunghissima, con maniche che superavano di molto la lunghezza del suo braccio. Il vestito scopriva le spalle della donna, che erano comunque nascoste da un velo di stoffa che scendeva dalla tesa del cappello a punta, nascondendo anche il volto. In controluce, si riconosceva la sagoma della donna attraverso il velo: le spalle prendevano strane pieghe, come se numerose spine fossero cresciute sulle sue spalle. La dama alzò una mano nascosta dalla manica, che scese fino al gomito, mostrando dita lunghe e affusolate ricoperte da anelli vistosi, alcuni dei quali avevano un aspetto più grezzo, probabilmente ricavati da amuleti simili a quelli delle altre dame incastonati su semplici anelli. Il polso era ricoperto da bracciali tintinnanti, composti da ciondoli, rassomiglianti gli oggetti delle altre dame. La caratteristica più stupefacente però erano le unghie della donna: lunghe quanto una tibia, viola scuro e affilate come artigli. Un leggero cenno e una dama prese fuoco, diventando candida cenere. Il suo amuleto, un ciondolo raffigurante una falena, si librò in aria fino a giungere nella mano della Dama anziana, che richiuse la mano con soddisfazione e abbassò il braccio con grazia, tornando alla sua posizione originale. Il sogno si interrompeva quando una delle dame apriva bocca per parlare: il sogno piombava nel buio, per poi svegliare Derek con un sobbalzo.

Il ragazzo si alzò e si sedette sul proprio letto, stropicciandosi gli occhi, mentre sentiva la propria testa scoppiare. Era sbagliato pretendere incubi meno macabri, meno.... bizzarri? Prese una T-shirt e un jeans dall'armadio e li indossò rapidamente. Benchè la T-shirt fosse particolarmente colorata, questo non rendeva il suo possessore più allegro. Scese per fare colazione, solo, ovviamente. I suoi non erano mai in casa, dedicati giorno e notte alla costruzione di opere d'arte moderna. Avevano smesso di provvedere a lui direttamente dopo che ebbe compiuto otto anni, da allora Derek si era abituato a vivere in totale autonomia. Ingoiò lentamente un morso di toast, mentre la sua fame passava, e decise di dirigersi direttamente a scuola. L'autobus era chiassoso e veloce, il tempo impiegato era di molto inferiore rispetto a quello degli altri autisti, ma a Derek non importava più di tanto: prima o dopo, quale sarebbe stata la differenza?

Dopo una mancata interrogazione, l'insegnante lo cacciò fuori, poiché “si asteneva dal rispettare i compiti assegnati”.

Derek era fuori dall'aula, appoggiato al muro, aspettando l'ora successiva. Non era mai stato un tipo molto affabile. Solo e senza amici, quattro parole che fornivano un'eccellente descrizione di sedici anni di vita, passati a sopravvivere a qualunque situazione, senza badare a ciò che se ne potesse ricavare. Per qualche motivo, allontanava coloro che gli si avvicinavano. Prendeva con sarcasmo e disinteresse tutto ciò che la vita gli offriva. Non piaceva alle ragazze, non piaceva ai possibili amici, ne ai possibili conoscenti. La vita per lui scorreva monotona e piatta. Aveva smesso di sperare in qualcosa di positivo anni addietro, da quando ha dovuto cominciare a vivere con se stesso.

 

“Che noia...”

 

Contemporaneamente, ma in una dimensione diversa e più...umida, un altro ragazzo della sua stessa età era appoggiato ad un muro, e pensava alla stessa cosa.

 

“Che noia...”

 

Il giorno dopo, Derek tornò a scuola. Il suo banco aveva due posti, il secondo di solito era vuoto, in quanto il numero di alunni in classe era dispari, e lui, l'ultimo arrivato, era rimasto fuori. La faccenda non gli dispiaceva, il tempo e l'esperienza gli avevano insegnato che ciascuno di noi può essere il miglior amico di se stesso. Tuttavia,quel giorno il secondo posto era occupato da un altra persona. Un ragazzo con i capelli castani e una capigliatura arruffata, che indossava una felpa e un paio di jeans chiari, con delle sneakers. Il ragazzo lo guardò negli occhi, castani e scuri come i suoi capelli, ma molto più profondi. Per un attimo gli sembrarono azzurro ghiaccio, ma dopo il battito di ciglia successivo erano di nuovo scuri.

“Uno scherzo della luce, tutto qui” pensò, cercando di dimenticare quella bizzarra impressione. La sua insegnante di Letteratura, la signorina Pence, decise di rompere il silenzio che si era creato intorno al ragazzo.

-Ah, Derek, puoi sederti. Questo è Felix. È nuovo, e deve ancora ambientarsi, prego tutti di essere molto gentili e accoglienti con lui..-

Mentre la signorina Pence, la più tenera e accogliente, nonché la più giovane e inesperta del corpo docenti faceva il suo solito discorso sul rispetto reciproco per convincere gli alunni a fare conoscenza con il nuovo arrivato, Derek noto lo strano alone di isolazione che si era creato attorno a lui. Molti lo guardavano quasi intimiditi, altri, più goliardici, vedevano in lui un nuovo giocattolo, altri più violenti, un nuovo punching ball. Si sedette tranquillo, e il ragazzo al suo fianco mostrò freddezza e indifferenza quasi inumani. -Mah- pensò - un po' di cordialità non fa mai male a nessuno, e potrei rompere io il ghiaccio...-

Provare non costa MAI nulla dopotutto, e Derek vedeva se stesso nel ragazzo: solo in un nuovo ambiente, ma dal carattere abbastanza forte per poter affrontare sia la solitudine che la compagnia. Nonostante molti siano convinti che stare in compagnia sia la cosa più naturale per ogni persona, lui sapeva che spesso era esattamente l'opposto.

Derek cambiò idea, man mano che sentì in lui svanire la voglia di fare conoscenza, mentre questa faceva posto ad un freddo interiore piuttosto singolare, che non aveva mai provato prima. Decise quindi di assistere alla lezione, e magari tentare di attaccare bottone durante il cambio dell'ora, dove il caos creato dai suoi compagni avrebbe di sicuro spezzato la freddezza del suo nuovo compagno di banco.

Durante la lezione, improvvisamente, Derek udì una bizzarra melodia, come se qualcuno stesse cantando. Si girò e, con grande stupore, si rese conto che il suono proveniva dalle labbra del suo compagno di banco. Si girò attorno e notò che nessun altro sembrava aver notato qualcuno cantare, nemmeno la signorina Pence, nota nell'istituto per il suo forte senso dell'udito, famoso per aver percepito i sussurri più remoti provenienti dai banchi più lontani.

-You don't need to understand, my fears are high as the waves over me-

Derek sentì il sangue gelarsi nelle sue vene, mentre vedeva tutti proseguire nelle loro azioni quotidiane, mentre quel suono melodioso, simile allo stridere delle corde di un violino, dolce come il paradiso e doloroso come l'inferno, riempiva lo spazio circostante, facendosi strada tra i suoi pensieri, sconfiggendo ogni tentativo di resistenza.

-I will remember how to fly, till I reach the secret heaven's door-

Felix si girò, e Derek sentì il proprio cuore cercare di uscire dal petto, gli occhi sbarrati e la bocca spalancata, nell'espressione che precede un urlo del più puro terrore, che però non giunse mai alle sue orecchie. Si accorse di non riuscire a muoversi, e a malapena di riuscire a pensare, il suo cervello avvolto nella morsa di quel suono terrificante. Gli occhi di Felix erano tornati azzurri. Non era quel colore che potevi trovare attraente, simile al mare più profondo o al cielo più vasto. Questo era simile alla più desolata landa ghiacciata, distante migliaia di chilometri da casa, fredda e priva di vita. Le sue pupille apparivano minuscole, quasi invisibili, avvolte nella luce accecante di quelle iridi, incorniciate da candide sclere luminose, mentre un piccolo sorrisetto malizioso si faceva strada sul suo volto.

-Cosa c'è, ? Vedi forse qualcosa di diverso, di...interessante? Qualcosa di non umano? Sembra che tu abbia visto un fantasma...- la voce che usciva dalla sua bocca era come lo stridere del gesso sulla lavagna, un suono che desideravi dal più profondo del tuo animo che cessasse, che tacesse per dare pace alla tua mente.-Sarebbe carino rispondere...Derek? Derek!!?! Mi senti?-

Derek si accorse in un battito di ciglia di riuscire di nuovo a muoversi e a pensare come prima, ma qualcosa era cambiato. Gli occhi di Felix erano di nuovo scuri e profondi, e la signorina Pence si era fermata.

-Derek, cos'hai? Sembra che tu abbia visto un fantasma, sei bianco come il gesso...OH DIO! Derek! Sei freddo come il ghiaccio! Cos'hai? Ti senti male? Vuoi che chiami tua madre?-disse la signorina Pence, dopo aver sfiorato la fronte del ragazzo.

Derek non riusciva a comprendere come mai questo repentino cambiamento, non solo del suo corpo, ma anche della realtà circostante. Era come se avesse sognato quel suono terrificante, ma gli basto girarsi di nuovo per ritrovare Felix, il medesimo sorriso di pochi attimi fa ancora stampato sul volto, seduto vicino a lui, con un'aria interessata sul volto.

 

La giornata era stata pazzesca, Derek ha continuato a sentirsi freddo e debole per tutto il giorno. Al suono dell'ultima campanella, Derek si sentiva molto meglio, ma non riusciva a scrollarsi di dosso quella strana sensazione che l'aveva percorso per tutta la giornata. Fuori pioveva a dirotto, e aspettò pazientemente l'auto di suo padre, affinché potesse tornare a casa. Si tranquillizzò ulteriormente quando vide Felix girare l'angolo, sentendo il panico abbandonare il suo corpo, ma si sentì in colpa quando vide che era seguito da un gruppetto di teppisti piuttosto violento, che girava nei corridoi cercando qualcuno da poter sbattere violentemente a terra. Fortunatamente, Derek attirava raramente l'attenzione, quindi non ha mai dovuto difendersi in casi del genere. Punto dalla curiosità, si avvicinò cautamente alla scena, nascosto dietro un muro. Se Felix era stato capace di bloccare la sua mente e il suo corpo, in chissà quale misteriosa maniera, sarebbe stato capace di difendersi o scappare. Dal suo punto di vista, vedeva che Felix era circondato dai tre più grossi, mentre i rimanenti erano in un angolo, intenti a commentare la scena. Il primo si fece avanti, un'espressione sinistra sul volto, massaggiandosi il pugno destro, evidentemente la mano dominante. Derek rimase sbalordito quando vide l'espressione svanire dalla sua faccia, le sue ginocchia cedere e la sua testa alzarsi verso l'alto, come se qualcuno lo stesse tirando per i capelli. Improvvisamente Derek sentì le forze abbandonarlo, cedendo alla disperazione e si ritrovò a terra, gli occhi sbarrati e vacui, sbalordito e terrorizzato dalla scena che si presentava al suo sguardo: la pelle sul collo del teppista si tendeva, come se un laccio invisibile stesse stringendo la presa. Il suo cuore batteva così velocemente da produrre un unico mormorio, mentre i singoli battiti si perdevano in un suono più grande, diventando impercettibili. Vide il bagliore della paura negli occhi del teppista, ma rimase ancora più terrificato dalla visione del secondo bullo sospeso in aria, dopo che aveva cercato di aiutare il suo compagno. Felix fece un leggero gesto della mano e il terzo teppista finì con la schiena alla parete più vicina, le braccia distese, paralizzato, come la debole preda di un ragno affamato. Le iridi di Felix erano tornate luminose e azzurre, mentre squadrava i suoi avversari, concedendo loro uno sguardo di disprezzo, come se si aspettasse una maggiore resistenza al suo attacco. Ad un tratto la presa sulle gole e sui corpi dei teppisti scomparve, e dopo pochi secondi adoperati per riprendere fiato, il gruppo fuggì, preoccupato per la propria incolumità.

-Beh, Derek, ci vediamo domani...ok?- disse Felix, facendo un bizzarro gesto con le braccia, come ad aprire una tenda e un varco di luce si aprì. Felix vi si inoltrò, scomparendo, inghiottito dalla luce. Derek ebbe l'impressione che il varco si stesse per chiudere, e rifletté rapidamente. Non si sentiva in grado di tornare a casa e vivere di nuovo in quel pozzo di solitudine che era la sua vita. Era vero che si trattava di una prospettiva decisamente più sicura rispetto all'attraversare il varco. Non riusciva a resistere, sentiva di appartenere al mondo oltre il varco. Era qualcosa che gli somigliava in qualche modo: il varco emetteva raggi di luce che lo facevano sentire in un posto sicuro man mano che si avvicinava. La sua mente era ormai totalmente affascinata dal portale, e Derek non riuscì più a pensare seriamente a ciò che doveva o non doveva fare. Irrimediabilmente attratto dalla luce, come un insetto attratto dall'odore di una pianta carnivora, si avvicinò al varco, che lo avvolse in una pellicola soffice come il velluto. L'odore, il colore, la sensazione del varco sulle proprie dita erano familiari, come un ricordo infantile rimosso dalla propria mente, e poi miracolosamente recuperato, come un giocattolo considerato perso per sempre ma poi ritrovato. Il varco si chiuse dietro di lui, proprio come una pianta imprigiona la propria preda, lasciando soltanto un bizzarro, insignificante solco sul terriccio bagnato dalla pioggia.

  
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